| Uno dei sentimenti più diffusi 
                  in questo mondo così globalizzato è la paura. 
                  Non passa giorno infatti che ognuno di noi non sia raggiunto 
                  da immagini, notizie, racconti, appelli, avvertimenti, di disastri 
                  naturali, epidemie, guerre, omicidi, stragi, ecc. Tutto questo 
                  provoca reazioni diverse perlopiù però caratterizzate 
                  da un aumento di insicurezza e di precarietà. I media 
                  contribuiscono da par loro ad aumentare questi sentimenti. E 
                  si sa che laumento della insicurezza produce un restringimento 
                  degli ambiti di libertà personale e collettiva. La paura ha quindi uninfluenza diretta sulla società, 
                  anzi spesso ne caratterizza le condizioni e ne disegna i contorni. 
                  Proprio per questo è utile soffermarsi a riflettere e 
                  cercare di capire bene cosa si può celare dietro ad essa.
 Naturalmente ciò che ci interessa qui è la paura 
                  come forma sociale, collettiva, come reazione o condizione di 
                  comportamenti privati e pubblici, individuali e sociali.
 Luso che viene fatto, dalla logica del dominio, della 
                  paura è ben sintetizzato da quella teoria psicoanalitica 
                  freudiana che sostiene che lessere umano ha barattato 
                  un po della sua libertà con un po di sicurezza. 
                  È proprio in questa potente affermazione che si cela 
                  la logica del potere.
 Essere un po meno liberi per poter godere dei vantaggi 
                  della sicurezza è il presupposto ideologico attorno al 
                  quale si giustificano le convinzioni autoritarie.
  Pressioni sociali 
 Questa tensione continua tra libertà (che diventa sinonimo 
                  di felicità) e sicurezza è un problema collettivo 
                  e sociale ma prima ancora diventa un dilemma individuale. Ambedue 
                  questi sentimenti sono connaturati allessere umano e sono 
                  sempre stati oggetto di confronti reciproci. La spiegazione, 
                  che si è pretesa risolutiva, che di questa tensione tra 
                  opposti ha dato Freud e ha assunto la modernità (la repressione 
                  dellindividuo è necessaria alla civiltà), 
                  è diventata patrimonio psicologico dellindividuo. 
                  Dallincapacità di far quadrare questa contraddizione 
                  nascono le malattie psichiche e si richiedono sempre maggiori 
                  interventi di censura e repressione sociale. Il bisogno di sicurezza è realmente incompatibile con 
                  il bisogno di libertà? Può darsi una sintesi tra 
                  le due istanze umane oppure la sintesi è sempre e comunque 
                  rappresentata dal rafforzamento della repressione e del dominio?
 A me pare che, come sosteneva un tempo, in diretta polemica 
                  con Sigmund Freud, Pierre Janet che i disturbi caratteristici 
                  degli individui moderni derivino da un deficit dellio, 
                  vale a dire dallincapacità di affrontare la realtà, 
                  di viverla e di trovare la propria singolare strada al suo interno. 
                  Questo fatto però, aggiungo io, è a sua volta 
                  determinato da pressioni sociali che condizionano in maniera 
                  pesante limmaginario individuale trasferendo in esso le 
                  logiche e le perversioni del dominio. È un po la 
                  storia del serpente che si mangia la coda, che non è 
                  capace di esplorare altre direzioni e che pertanto ritorna sempre 
                  in se stesso caricandosi e facendo propri valori e principi 
                  che in realtà gli sono imposti subdolamente.
 Se la sicurezza è una condizione essenziale del vivere 
                  non può pensarsi libertà al di fuori di essa così 
                  come non è concepibile essere sicuri se non si è 
                  liberi. Si tratta quindi di un rapporto continuo, incessante, 
                  che costituisce non tanto una risoluzione necessaria in uno 
                  dei due presupposti, quanto una condizione connaturata allessere 
                  umano che non deve mai prescindere dalla sua interrelazione. 
                  Non cè insomma una sintesi in grado di risolvere 
                  questo rapporto, quanto piuttosto la necessità di viverlo 
                  nella sua contraddittorietà. Questo dal punto di vista 
                  psicologico ed individuale. Ma non si risolve in questa dimensione 
                  il problema. Vi è un uso politico della sicurezza e della 
                  libertà che determina, in tempi e spazi diversi, un affievolimento 
                  della seconda in nome della prima. Cè dunque un 
                  uso ideologico della sicurezza a tutto vantaggio di azioni politiche 
                  di varia natura che tendono a restringere, talvolta a cancellare, 
                  spazi e tempi di libertà consolidata.
 Ecco allora che, con questa chiave di lettura, possiamo cogliere 
                  quanto, ad esempio, cè nella Chiesa e nello Stato, 
                  di uso strumentale della paura dellAIDS, per inibire i 
                  rapporti sessuali liberi tra persone consenzienti. Oppure come 
                  laumento sbandierato degli omicidi, delle rapine, delle 
                  violenze di vario tipo e natura, possano servire soprattutto 
                  ad inasprire la logica della sanzione e quella della repressione, 
                  senza lasciare spazio ad altre spiegazioni più veritiere 
                  e profonde che però potrebbero intaccare la convinzione 
                  che la malvagità delluomo sia connaturata alla 
                  sua medesima natura.
 Ed esempi come questi e altri ancora si potrebbero fare fino 
                  a riempire pagine e pagine di questa rivista.
 Ma ciò che interessa qui è sottolineare un concetto 
                  e offrire punti di domanda a chi voglia sinceramente interrogarsi 
                  sul senso più e vero e profondo delle cose.
  Luoghi e simboli sempre più lontani 
 Linsicurezza, lincertezza, la solitudine esistenziale, 
                  sono caratteristiche proprie delletà postmoderna 
                  alle quali rispondono santoni, guru, dittatori, uomini forti, 
                  immaginari e culture determinati che ostentano ricette e soluzioni, 
                  religioni più o meno mistiche, insomma tutta una gamma 
                  di sostitutivi dellio individuale, lacerato e vilipeso 
                  come non mai. Pensate a come si è trasformato il cogito 
                  cartesiano in appaio dunque sono, cioè come 
                  questo mondo, così forte nelle sue apparenze ostentate, 
                  ma così debole negli esseri che lo compongono, abbia 
                  posto lapparenza come il vero surrogato dellesistenza. 
                  E come questa apparenza sia così forte da diventare vera 
                  e propria esistenza. E allora tutto ciò che può mettere lessere 
                  umano davanti a se stesso senza filtri, veline, senza la mediazione 
                  delle false e artificiali certezze del consumo e del potere, 
                  diventa occasione per scatenare il panico, la paura, linsicurezza.
 Occorre dunque essere consapevoli di ciò e stimolare 
                  gli esseri umani a ricercare lessenziale che è 
                  in ognuno di loro, abituarsi e allenarsi alla convivialità, 
                  favorendo il sorgere di tante occasioni di vero e autentico 
                  incontro, al di fuori della logica del dominio e del possesso.
 Criticare e deplorare il cinismo crescente degli uomini e delle 
                  donne di questepoca, condannare la loro miopia, la loro 
                  indifferenza a progetti esistenziali e di ampio respiro, legoismo 
                  dilagante dei loro desideri, la propensione a frazionare la 
                  vita in singoli episodi da spremere al massimo per la ricerca 
                  di un piacere effimero, è giusto ma anche semplice. Ciò 
                  che occorre capire, è che questi comportamenti sono dettati 
                  da pulsioni che gli uomini e le donne non razionalizzano affatto, 
                  perché troppo presi dalla paura incombente di un futuro 
                  incerto che rappresenta più una minaccia che unaspirazione.
 Il continuo ed inarrestabile spostamento del potere e dellesercizio 
                  del dominio in luoghi e simboli sempre più lontani e 
                  irraggiungibili, da un lato dissolve in una dimensione irraggiungibile 
                  e variegata quello che era il centro identificabile del dominio 
                  stesso, dallaltro accresce il senso di impotenza e rassegnazione. 
                  Lo spettro della catastrofe sistematicamente agitata alimenta 
                  parimenti il senso di impotenza e di rassegnazione e di paura 
                  e distoglie gli uomini e le donne da una dimensione progettuale 
                  della propria vita, fiacca la loro resistenza, indebolisce perpetuamente 
                  la loro capacità di sognare.
 In pratica, tutto ciò spinge gli individui ad occuparsi 
                  tuttalpiù degli effetti collaterali e a rifuggire dallinterrogarsi 
                  in merito ai significati più profondi della situazione.
 Inoltre la maggior parte dei critici di questo sistema-mondo 
                  evita di proposito di rilevare che questo mondo è una 
                  creatura delluomo ed è lungi dallessere creazione 
                  di forze naturali imperscrutabili o invincibili oppure la conseguenza 
                  logica di una natura umana peccaminosa e irrecuperabile.
 Molto più proficuo e utile comprendere invece che nulla 
                  di ciò che è umano non è che il frutto 
                  dellazione delluomo e che pertanto ogni cosa può 
                  essere modificata anche radicalmente.
 Sconfiggere la paura allora diventa una priorità per 
                  liberare lessere umano da questa sorta di servitù 
                  volontaria. E la paura si può cominciare a distruggere 
                  riconoscendo la propria contraddittorietà, la propria 
                  esistenziale incertezza, la specificatamente umana limitatezza, 
                  ma anche la propria incontinente capacità di sognare.
  Francesco Codello
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