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                 Sto guardando la televisione e incappo 
                  in un servizio Mediaset che commemora Pietro Valpreda, e in 
                  uno Rai che riporta le ultime notizie dallo sciopero della fame 
                  e della sete di Giacinto Pannella detto Marco. I due servizi 
                  mi fanno venire subito in mente una delle battute meno impresentabili 
                  del compianto Silvio Ceccato, che nella sua grande e complessa 
                  umanità sapeva anche essere un buontempone, e talvolta 
                  sbottava, in veneto, amenità come la seguente: La 
                  xè gà revoltada la Tera: i Todeschi fa i sghei 
                  e i Ebrei fa la guera! Di quali sensi di colpa, mi chiedo, 
                  di quali contorte pulsioni saranno frutto, i due servizi? Ma 
                  fa troppo caldo e la domanda, con relativa risposta, è 
                  soffiata via dal ventilatore e dal suo ronzio, che mi riporta 
                  alla memoria antichi ricordi.  
                  Avevo circa 15 anni quando Pietro Valpreda fu arrestato. Più 
                  di ventanni dopo mi trovavo a Milano, ed ebbi questa conversazione 
                  telefonica con lamico Carlo Oliva, con cui avevo appuntamento 
                  per lora di pranzo.  
                  IO:  Vieni a prendermi tu, o chiamo un taxi? 
                  CARLO:  Dove sei? 
                  IO:  In una cabina telefonica a Piazza Fontana
 
                  CARLO:  Spero che tu non abbia portato con te qualche 
                  borsa voluminosa
  
                  Fu proprio Carlo a farmi conoscere di persona Valpreda, conducendomi, 
                  in uno dei nostri giri di turismo superalcolico, nel locale 
                  a quei tempi gestito da Pietro, La Barricata. Lì 
                  ebbi lopportunità di farmi preparare da lui un 
                  Cuba libre e di stringergli la mano. Offro oggi quella bevanda 
                  e quella stretta di mano come estremo omaggio alla memoria di 
                  Valpreda. Ognuno di noi ha i suoi eroi della giovinezza, e li 
                  conserva, se può, in quella parte dellanima in 
                  cui è ancora un ragazzo.  
                  Nella mia mitologia personale, Marco Pannella è invece 
                  scomparso da tempo. Dalla seconda metà degli anni 70 
                  egli è stato il responsabile di due enormi conquiste 
                  civili  come al solito non meritate  degli italiani: 
                  il divorzio e laborto. Ricordo, lo confesso, di avere 
                  votato per lui. A quei tempi, se ci fosse stato da togliere 
                  il burqa alle donne italiane, Giacinto ci sarebbe riuscito, 
                  ve lassicuro. Ero pronto a sostenerlo sulleutanasia 
                  e sulla legalizzazione delle droghe. E lo sarei ancora. Ma Giacinto, 
                  con la scusa che non lo facevano parlare, si è sempre 
                  più sbrodolato in sempre più lunghe presenze televisive 
                  e in sempre più insulsi schieramenti intraparlamentari. 
                  Laltra sera, nel nuovo quiz televisivo dattualità 
                  condotto da Amadeus, Azzardo, una domanda verteva 
                  su quale fosse lo scopo dello sciopero della fame e della sete 
                  di Pannella. Le quattro possibili risposte erano: 1) Ridurre 
                  le tasse; 2) Abolire lesercito; 3) Legalizzare le droghe; 
                  4) Fare attribuire seggi vacanti in parlamento. Ho scorto una 
                  men che sottile punta di dileggio, nelle intenzioni degli autori 
                  del programma. E ha fatto un po male anche a me. Anchio, 
                  a casa, ho risposto. Ho risposto: no comment. Pannella rischia 
                  la vita per 13 seggi non ancora attribuiti.  
                  Benché, quanto al rischiare la vita, noi occidentali 
                  non abbiamo lo stesso rigore e la stessa raffinatezza degli 
                  orientali. Quando Giacinto negli anni 70 faceva lo sciopero 
                  della fame, si teneva su con cappuccino e vitamine. Doveva durare 
                  a lungo. Se fosse morto dopo soli 5 giorni chi mai si sarebbe 
                  accorto del suo sacrificio, degli ideali morali cui tendeva? 
                  Tre giorni sono invece il limite massimo di resistenza umana 
                  senza bere, a meno di non riciclare le proprie urine, nel qual 
                  caso si può anche più o meno raddoppiare la propria 
                  resistenza, salvo probabili gravissimi danni ai reni e forse 
                  anche al cervello. La durata dello sciopero di Pannella farebbe 
                  sospettare linciucio anche ad unadolescente anoressica. 
                  Poiché ero in fase di zapping compulsivo, non ho colto 
                  linizio del servizio su di lui. E vedendo la sua immagine, 
                  sorseggiante con cautela e parsimonia da un bicchiere di plastica, 
                  ma sempre col suo solito sorriso beffardo e provocatorio che 
                  vorrebbe essere gandhiano ma risulta più simile a quello 
                  di Rasputin, per alcuni minuti ho pensato con istintivo disgusto 
                  che lo sciopero continuasse e che lui stesse mostrandosi in 
                  pubblico durante un riciclaggio di cui sopra. Poi, dalle parole 
                  del commentatore, ho capito che quella era acqua, che Giacinto 
                  aveva sospeso lo sciopero, che si riproponeva di riprenderlo 
                  se appena avessero continuato a non ascoltare le sue richieste, 
                  e che quello non era un sorriso di vergogna, come avrebbe dovuto. 
                  Lunica cosa che non ho capito, o che ancora mi rifiuto 
                  di capire, è il motivo della sospensione dello sciopero. 
                  Ma, tantè. Lunga vita a Giacinto detto Marco! La 
                  legalizzazione delle droghe e delleutanasia laspetteremo 
                  ancora a lungo.  
                  A meno che non si tratti di una legalizzazione metaforica, 
                  termine usato dalla difesa di Nanni Moretti, assolto dallaccusa 
                  di aver insultato Emilio Fede, e dal medesimo, incavolatissimo, 
                  Emilio Fede, estrapolato gigionescamente dal testo della sentenza 
                  e usato a spada tratta durante un TG4, certo di impunità, 
                  per dare dellimbecille allo stesso Moretti. Beninteso, 
                  e più volte sottolineato sarcasticamente: metaforicamente. 
                  Se diamo anche a Fede gli strumenti per fare della satira, è 
                  finita: è davvero una Terra capovolta.  
                  Vi lascio con una domanda che attraversa completamente lambiguità 
                  delluniverso: ha ragione Fede a ritenere che qualsiasi 
                  cosa può essere considerata metafora, o aveva ragione 
                  Massimo Troisi, che per crearne qualcuna cercava di farsene 
                  insegnare il modo da Pablo Neruda?  
                  Io me ne ritaglio una, pronto a difendermi sia con le armi di 
                  Fede sia con quelle di Moretti, nel caso improbabile che Giacinto, 
                  nel suo ansito libertario, leggesse queste pagine. Il proverbio 
                  dice: chi non muore si rivede. Valpreda è morto, Pinelli 
                  anche, ma Pannella sta benissimo, e prevedo di rivederlo ancora 
                  molte volte (a meno che io stesso non debba precederlo nella 
                  tomba). Se poi mi sbaglio, come disse il Papa, mi correggerete. 
                  
                  Carlo E. Menga 
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