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                 Il 25 ottobre si è svolta a Terni in largo Villa 
                  Glori una iniziativa pubblica sul tema Libertà 
                  e diritti per il popolo palestinese, promossa dal Terni 
                  Social Forum. Ad essa sono intervenuti come relatori Bassam 
                  Saleh, portavoce della comunità palestinese di Roma, 
                  e Peppe Sini, responsabile del Centro di ricerca per la pace 
                  di Viterbo; riportiamo una sintesi della relazione svolta da 
                  questultimo.  
                1. Tra i maestri che ho avuto due mi sono assai cari, 
                  defunti ormai da anni; si chiamavano  si chiamano, poiché 
                  la memoria non muore  Primo Levi e Vittorio Emanuele Giuntella. 
                  Entrambi erano superstiti dei lager nazisti.  
                  Primo Levi credo sia il più grande testimone della dignità 
                  umana; e forse grazie a lui più che a ogni altro noi 
                  serbiamo memoria dellorrore di Auschwitz; da lui più 
                  che da ogni altro abbiamo ereditato la consegna di impedire 
                  che Auschwitz ritorni. Non possiamo dimenticare.  
                  Vittorio Emanuele Giuntella fu uno degli ufficiali italiani 
                  nei Balcani che dopo l8 settembre 1943 dovettero scegliere 
                  tra continuare la guerra al servizio dei nazisti, o il lager. 
                  Scelse il lager, scelse quella che Alessandro Natta ha chiamato 
                  laltra Resistenza, la Resistenza dimenticata 
                  ma non meno eroica di migliaia e migliaia di soldati italiani 
                  che dissero di no a Hitler e Mussolini, e subirono il lager: 
                  migliaia e migliaia di uomini spesso molto giovani che posti 
                  per la prima volta in vita loro di fronte ad una concreta e 
                  cogente possibilità di scelta tra diventare complici 
                  dei carnefici ed avere garantita la vita, o essere fedeli allumanità 
                  e subire ogni sorta di angherie ed essere esposti alla morte, 
                  seppero fare la scelta giusta, la scelta sublime di donare interamente 
                  se stessi alla causa dellumanità. Non possiamo 
                  dimenticare.  
                2. Ho fatto questa premessa per due motivi:  
                  a) il primo: la Shoah, e a monte di essa e intorno ad essa la 
                  bimillenaria bestiale persecuzione antiebraica, è per 
                  me, per la mia esistenza, nel mio vissuto di essere umano, un 
                  nodo storico e morale ed esistenziale decisivo: non tradirò 
                  mai i miei maestri vittime del lager.  
                  b) Il secondo: Primo Levi è anche luomo, il giusto, 
                  il saggio, che nel 1982 levò la sua voce che risuonò 
                  in tutto il mondo come la voce stessa dellumanità 
                  contro i responsabili e i complici dei massacri di Sabra e Chatila, 
                  e tra essi cera anche Ariel Sharon. Ed è nel ricordo 
                  e nel nome di Primo Levi e delle sue parole che qui io oggi 
                  ripeto: Sharon deve dimettersi.  
                  
                  Così diffuso e pervasivo  
                 
                3. E un altro ricordo mi affiora alla mente: molti anni 
                  fa come molti altri adottai a distanza un bambino palestinese. 
                  Non so se è ancora vivo, oggi sarebbe un uomo. Vorrei 
                  che almeno lui, Muatez, possa vedere quel giorno che tarda tanto 
                  a venire, in cui due popoli in due stati possano vivere da vicini 
                  in fraternità.  
                4. Ma perché questo accada, e mentre la tragedia 
                  è in corso, occorre, io credo, un agire consapevole per 
                  la giustizia e quindi la pace e quindi la riconciliazione; un 
                  agire che per essere consapevole, di questa tragedia, di questo 
                  conflitto, deve cercare e cogliere le radici, le più 
                  profonde radici, e queste radici stanno qui, in Europa.  
                  Siamo noi europei i responsabili di ciò che accade colà 
                  dal 48; e quindi prima di fare la predica agli altri, 
                  facciamo un esame di coscienza a noi stessi.  
                  In due forme lEuropa è responsabile:  
                  a) per il colonialismo: lungo cinque secoli, e che continua 
                  tuttora; rapporto Nord/Sud è un eufemismo che occulta 
                  e insieme dice questa rapina che da cinque secoli le elites 
                  del quinto più ricco dellumanità compiono 
                  ai danni dei quattro quinti dellumanità impoveriti 
                  perché rapinati.  
                  b) per il razzismo: che oggi raggiunge forme parossistiche e 
                  nuovamente atrocemente invade fino le legislazioni; e nellalveo 
                  del pregiudizio e della persecuzione razzista quella sua manifestazione 
                  la più prolungata e feroce, la persecuzione antiebraica: 
                  persecuzione compiuta dai romani prima con linvasione, 
                  la distruzione del tempio, la deportazione, il disconoscimento 
                  di dignità; dalle chiese cristiane poi, con una crudeltà 
                  superiore a quella stessa dei romani; al delirante razzismo 
                  scientista delle epoche illuminista e romantica; fino al culmine 
                  dei pogrom come arma politica e tecnica amministrativa stragista, 
                  fino allorrore assoluto della Shoah. Lantisemitismo 
                  che è ancora così diffuso, pervasivo e virulento 
                  in Europa e nel nostro paese, lantisemitismo che contamina 
                  oscenamente anche tante persone che pure si credono sinceramente 
                  democratiche ed antifasciste.  
                  Come possiamo, noi che sappiamo questo, non capire le forti 
                  autentiche ragioni della maggioranza della popolazione di Israele 
                  e dellebraismo della diaspora nella difesa di Israele 
                  come ultimo, estremo rifugio per le vittime di duemila anni 
                  di persecuzione, per i sopravvissuti dei campi di sterminio 
                  e i loro figli?  
                  La nostra solidarietà con il popolo palestinese, ed affinché 
                  cessi la persecuzione, loccupazione, liniquità 
                  mostruosa che esso subisce, è anche la nostra solidarietà 
                  con la popolazione di Israele e con entrambe le diaspore: affinché 
                  mai più alcun essere umano debba temere la persecuzione 
                  e la morte; affinché mai più colonialismo e razzismo 
                  terrorizzino, opprimano, massacrino, neghino il diritto stesso 
                  ad esistere ad alcuna cultura e ad alcun essere umano.  
                5. Solo recuperando la memoria di tutte le vittime si 
                  può operare per una strategia nonviolenta di liberazione, 
                  per unazione di pace che costruisca riconoscimento di 
                  diritti e convivenza.  
                6. Ma il conflitto israelo-palestinese va contestualizzato 
                  non solo lungo lasse del tempo ma anche nel campo spaziale, 
                  ovvero  come si usa dire oggi  geopolitico. Rispetto 
                  al paradigma interpretativo consueto e consunto che vede solo 
                  un conflitto tra due soggetti peraltro asimmetrici, uno stato 
                  occupante e una popolazione disperata; o allaltro paradigma 
                  anchesso consueto e consunto che vede solo un conflitto 
                  tra un popolo perseguitato per millenni e circondato da stati 
                  dittatoriali ostilissimi; credo occorra un modello ermeneutico 
                  più complesso rispetto agli approcci banalizzanti e disutili 
                  che in quanto si prestano alla propaganda più irriflessiva 
                  divengono complici degli errori ed orrori ideologici e pratici 
                  che ne conseguono.  
                  Da tempo propongo un approccio per così dire a 
                  scatole cinesi: quel conflitto  che pure ha le sue 
                  assolute peculiarità  intendendo come spicchio 
                  (ma per molti versi olografico) del conflitto regionale, che 
                  a sua volta è spicchio e specchio del conflitto nord/sud, 
                  luogo di precipitazione di cruciali nodi economici, strategici, 
                  politici: ovvero del sistema di dominazione di quella che oggi 
                  si usa chiamare globalizzazione neoliberista ma che in termini 
                  di modellistica economica dovremmo chiamare espansione su scala 
                  quasi planetaria del modo di produzione capitalistico nelle 
                  forme tipiche dello stadio neoimperialistico  ma mi rendo 
                  ben conto che anche questi termini perdono molto della loro 
                  capacità euristica se intesi come etichette ideologiche 
                  invece che come indicazioni metodologiche per la riflessione, 
                  la ricerca, lanalisi (ed ovviamente per lazione 
                  contro lingiustizia e in difesa ed a promozione dellumanità, 
                  ovvero del riconoscimento di tutti i diritti umani per tutti 
                  gli esseri umani).  
                7. Ed anche la memoria delle vittime ha le sue dialettiche 
                  (Tzvetan Todorov ha scritto delle pagine indimenticabili ed 
                  imprescindibili su questo cruciale argomento), ed occorre quindi 
                  avere memoria delle vittime nella prospettiva della liberazione 
                  e della riconciliazione (penso allesperienza dalla Commissione 
                  per la verità e la riconciliazione in Sudafrica, unesperienza 
                  non solo morale e politica, ma giuridica e giuriscostituente 
                  che porta la nonviolenza al cuore dellorganizzazione delle 
                  istituzioni, dello stato, della società e della cultura, 
                  proprio a partire dal recupero della memoria e dal riconoscimento 
                  della verità e dei crimini subiti e commessi); la memoria 
                  quindi che salva e che libera e che riconcilia, che fonda convivenza; 
                  non quella dellinfinitizzazione degli odi e delle faide, 
                  del disprezzo e del rancore gentilizio e razzista, degli egoismi 
                  di massa e delle abominevoli pulizie etniche.  
                  
                  
                  Caratteristiche nonviolente  
                 
                8. E allora una strategia di solidarietà e di 
                  liberazione che tenga conto di ciò io credo debba avere 
                  due caratteristiche, o  se si preferisce  debba 
                  muovere da due persuasioni (come tali indimostrabili): a) che 
                  lindipendenza dei popoli oppressi o sarà socialista, 
                  democratica e libertaria o non sarà; intendendo con il 
                  decisivo aggettivo socialista purtroppo così 
                  abusato e deturpato nel corso del Novecento limpegno ad 
                  una organizzazione sociale che sia intesa al fine della giustizia 
                  e della solidarietà, che non permetta la riproduzione 
                  sotto mentite spoglie della dominazione oppressiva dei pochi 
                  sui più, ma tutti chiami a cooperare per il comune benessere: 
                  la storia delle decolonizzazioni del XX secolo ci rivela come 
                  il non essere riusciti a dotare i paesi di nuova indipendenza 
                  di autentiche caratteristiche socialiste, democratiche e libertarie 
                  abbia provocato la degenerazione delle esperienze di liberazione 
                  e il permanere o il riaffermarsi di forme di dominazione ferocissime 
                  e sostanzialmente neocoloniali;  
                  b) che la strategia e la prassi della lotta di liberazione dei 
                  popoli oppressi o sarà tendenzialmente sempre più 
                  e sempre più unicamente nonviolenta, o quella liberazione 
                  non sarà; intendendo con questo aggettivo la scelta intellettuale 
                  e morale della lotta più nitida ed intransigente contro 
                  lingiustizia e loppressione, la lotta che della 
                  violenza della dominazione tutto ripudia e rigetta, nei fatti 
                  e nei metodi; la scelta che caratterizzò la grandissima 
                  parte delle esperienze storiche di Resistenza e di liberazione 
                  da quando lumanità è in lotta per il diritto 
                  a vivere e la dignità. Di contro ad una storiografia 
                  sempre dalla parte dei vincitori ed affascinata 
                  e fin ipnotizzata dalla violenza, occorre affermare che le lotte 
                  più grandi e le più grandi conquiste di libertà, 
                  di diritto, di solidarietà, hanno avuto precipue e decisive 
                  caratteristiche nonviolente; e che anche quel grandioso fenomeno 
                  di cui tutti noi siamo figli riconoscenti che è la Resistenza 
                  vittoriosa dei popoli contro il nazifascismo è stata 
                  nella sua massima parte una esperienza di lotta nonviolenta, 
                  come testimoniano le memorie e le analisi di moltissimi eroici 
                  protagonisti dellantifascismo e della stessa lotta partigiana. 
                 
                9. Perché questa è la mia convinzione: 
                  che la nostra solidarietà con il popolo palestinese oppresso 
                  deve essere concreta e nonviolenta, rigorosa ed esigente, esigente 
                  nei confronti di noi stessi e degli altri; e che in quanto questa 
                  solidarietà svolgiamo, dobbiamo chiedere a chi lotta 
                  per il diritto ad esistere di voler vivere, di non darsi alla 
                  morte, e di accostarsi sempre di più alla nonviolenza. 
                  Come ci hanno insegnato nel loro estremo agire e nelle loro 
                  ultime parole i condannati a morte della Resistenza al nazifascismo; 
                  come ci ha insegnato Gandhi; come ci ha insegnato Nelson Mandela; 
                  come ci ha insegnato il movimento delle donne, la più 
                  grande esperienza storica di lotta nonviolenta, la lotta che 
                  ha promosso il più grande cambiamento positivo della 
                  storia, una lotta nel corso della quale le protagoniste di essa 
                  non hanno mai ucciso una sola persona.  
                10. Questa scelta implica altresì il rifiuto 
                  della menzogna e di ogni atteggiamento totalitario. Implica 
                  il rifiuto di ogni ideologia sacrificale.  
                  Implica la scelta di quel principio che è alla base di 
                  tutte le grandi tradizioni di pensiero religiose e laiche: non 
                  uccidere.  
                  Implica la solidarietà piena con tutte le vittime (ha 
                  scritto una volta  e per sempre  Heinrich Böll 
                  che ogni vittima ha il volto di Abele).  
                  Implica la condanna di ogni terrorismo: di stato, di gruppo 
                  e individuale.  
                  Implica laffermazione del diritto del popolo e dello stato 
                  palestinese a esistere; ed implica il diritto del popolo e dello 
                  stato di Israele a esistere. Verrà forse un tempo in 
                  cui lumanità riuscirà a superare le divisioni 
                  di stati e di classi, ma per preparare quel tempo, per muovere 
                  in quella direzione, per uscire da questo nostro terribile tempo 
                  che quel geniale pensatore definì la preistoria 
                  dellumanità, occorre intanto, qui e adesso, 
                  riconoscere il diritto di ogni popolo ad esistere, ad avere 
                  la sua cultura, la sua terra in cui vivere liberamente, il suo 
                  stato.  
                  
                  
                  Dopo Hiroshima  
                 
                11. Occorre che cessi loccupazione dei territori 
                  palestinesi da parte dellesercito dello stato di Israele. 
                   
                  Occorre che cessino gli insediamenti coloniali nei territori 
                  occupati.  
                  Occorre il riconoscimento immediato della nascita dello stato 
                  palestinese.  
                  Ed occorre un piano internazionale di aiuti al popolo e allo 
                  stato palestinese per lo sviluppo, la democrazia, la sicurezza 
                  e la convivenza; ed occorre altresì un piano di aiuti 
                  al popolo e allo stato di Israele per lo sviluppo, la democrazia, 
                  la sicurezza e la convivenza.  
                  Ed occorre sconfiggere il terrorismo, innanzitutto cessando 
                  di mettergli a disposizione armi e pretesti, risorse economiche 
                  ed esseri umani disperati.  
                12. E per contrastare il terrorismo occorre altresì 
                  bandire la guerra dal novero delle azioni lecite; le leggi vigenti 
                  lo dicono già: è scritto nella Carta delle Nazioni 
                  Unite; è scritto anche nei principi fondamentali della 
                  Costituzione della Repubblica Italiana.  
                  Poiché di tutti gli atti di terrorismo la guerra è 
                  il più grande; consistendo essa, come osservava Gandhi, 
                  della ripetuta commissione di omicidi di massa di esseri umani 
                  del tutto innocenti.  
                  Nessun motivo può giustificare una guerra, che invece 
                  di sconfiggere il terrorismo ne prosegue e ingigantisce la spirale. 
                   
                  Né è ammissibile lidea di una guerra contro 
                  un paese perché questo detiene armi di sterminio di massa: 
                  da questo punto di vista i sostenitori di tale teoria  
                  in primis il presidente degli Usa  dovrebbero allora muover 
                  guerra innanzitutto contro il loro stesso paese.  
                  Né è ammissibile lidea di una guerra contro 
                  un paese sulla base dellaccusa di aver fornito sostegno 
                  a gruppi terroristici: sotto questo punto di vista mentre non 
                  è dimostrato che ad esempio il governo dellIraq 
                  abbia sostenuto i terroristi autori delle stragi dell11 
                  settembre 2001, è invece dimostrato che ad esempio il 
                  governo degli Usa abbia sostenuto i terroristi autori del golpe 
                  cileno dell11 settembre 1973.  
                  Come si vede le pretese ragioni in pro della guerra si rovesciano 
                  contro chi le propone.  
                  Una guerra nellepoca aperta dallorrore di Hiroshima 
                  è una guerra che mette in pericolo la sopravvivenza stessa 
                  della specie umana: e  per dirlo con le parole di don 
                  Lorenzo Milani  noi dovremmo star qui a discutere se sia 
                  lecito distruggere lumanità intera?  
                 
                13. Siamo quindi solidali con il popolo palestinese, 
                  e siamo altresì solidali con il popolo israeliano; siamo 
                  solidali con il popolo iracheno, e siamo altresì solidali 
                  con il popolo statunitense.  
                  Siamo contrari al governo dello stato di Israele come a quello 
                  dellIraq come a quello degli Usa, come a quei decisori 
                  in sede Onu che da dieci anni portano la responsabilità 
                  della catastrofe umanitaria in corso in Iraq, limmane 
                  strage determinata dallembargo.  
                  Siamo contro il terrorismo di stato come contro il terrorismo 
                  dei gruppi e dei singoli.  
                  Siamo contro la guerra sempre.  
                  Siamo donne e uomini di pace: ma perché questa nostra 
                  posizione sia credibile dobbiamo fare la scelta della nonviolenza, 
                  dobbiamo praticare la solidarietà concreta, dobbiamo 
                  prendere sul serio la nostra comune umanità.  
                  In questo incontro di oggi qui a Terni di solidarietà 
                  con il popolo palestinese abbiamo sentito le luminose parole 
                  del nostro fratello rappresentante palestinese: parole di calda 
                  umanità, di eroica dignità, di rivendicazione 
                  del proprio diritto ad esistere come essere umano e come popolo, 
                  e ad avere un proprio stato; ed insieme parole di sincera fraternità 
                  con il popolo israeliano, di riconoscimento dello stato di Israele, 
                  di condanna incondizionata di ogni terrorismo e di ogni forma 
                  di razzismo e di antisemitismo.  
                  Ebbene, che anche questo incontro odierno possa essere un piccolo 
                  contributo allaffermazione di unumanità di 
                  liberi ed eguali: sì, la Palestina vivrà, e vivrà 
                  Israele. Che cessi loccupazione, che cessino tutte le 
                  stragi, e che sia impedita la guerra.  
                  
                  Peppe Sini 
                  
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