|  
  Ricordiamoli! 
                
La sera del 26 settembre del 1970, cinque giovani anarchici (Gianni Aricò, 
Angelo Casile, Franco Scordo, Luigi Lo Celso, Annalise Borth) si dirigevano a 
Roma con la loro Mini Minor carica di documenti comprovanti che il deragliamento 
del treno di Gioia Tauro (22 luglio 1970) era stato causato da una bomba messa 
ad arte dai neofascisti in accordo con la 'ndrangheta. Questi documenti mostravano 
un evidente collegamento tra la rivolta di Reggio Calabria scoppiata al grido 
"boia chi molla ", lanciato dal missino Ciccio Franco il giorno 14 luglio 
1970 e l'attentato di Gioia Tauro, ed inoltre mettevano in luce la catena di comando 
che da Reggio Calabria conduceva fino alla Roma del disegno golpista del principe 
Junio Valerio Borghese che sarebbe scattato 8 dicembre 1970.  
Ad aspettare i cinque giovani a Roma quella notte c'erano i compagni anarchici 
della capitale, con i cinque giovani viaggiavano i sogni, le utopie, la speranza 
di cambiare l'Italia, gli ideali rivoluzionari, tutto questo però fu inutile 
perché a 58 Km da Roma, nel tratto che attraversa la provincia di Frosinone, 
la piccola macchina tampona misteriosamente un camion spezzando le vite dei cinque 
eroi. Il caso viene archiviato come una disgrazia dovuta all'alta velocità 
e all'età (media 22 anni), trenta anni dopo (lo si sapeva già allora) 
si è scoperto che l'incidente in cui persero la vita i cinque anarchici 
fu una strage neofascista-servizi segreti. 
Prima di partire Gianni Aricò dirà alla madre: "Abbiamo scoperto 
cose che faranno tremare l'Italia", non ci riuscirono ma il loro coraggio 
rimarrà sempre in chi vuole provare ancora a cambiare il mondo. Non dimentichiamoli, 
la loro giovinezza è volata dietro l'onestà, l'utopia, il coraggio, 
la rivoluzione, l'anarchia e per questo saranno per noi sempre degli eroi. 
Grazie Gianni, Angelo, Franco, Luigi, Annalise. Saremo sempre con voi. 
Continuate a lottare. Un bacio a tutti, vostro Luigi 
Luigi Del Prete  
(ludopeca@libero.it) 
 Ancora 
su Leda 
Gentile Signora Chessa 
Apprendo dalla sua lettera che lei ha letto "attentamente" il mio articolo 
su Leda Rafanelli (in A 269, febbraio 2001) e che non condivide "la maggior 
parte" delle mie argomentazioni. 
Dal momento che, dal prosieguo della lettera, non mi è stato dato di capire 
quali argomentazioni di preciso da lei non siano state condivise, mi sono permesso 
di elencargliele qui di seguito, una per una. A fianco ho poi messo un "sì" 
ed un "no" che lei potrà barrare per ulteriore chiarezza. 
1. Sulla base della documentazione presente nel libro di Leda Rafanelli, Una 
donna e Mussolini, la medesima non può essere legittimamente definita 
"una delle amanti" di Mussolini  come invece fa Petacco in L'archivio 
segreto di Mussolini.  
SI    NO 
2. Il libro in questione è "ben costruito".  
SI    NO 
3. Nel primo approccio, Mussolini non vuole compromettersi, sia sul versante dei 
rapporti personali che sul versante dei rapporti politici.  
SI    NO 
4. Nelle sue lettere, Mussolini batte sentieri tortuosi al limite della patologia. 
 
SI    NO 
5. Dalle lettere emergono elementi incongrui tra quanto affermato da Mussolini 
e quanto affermato dalla Rafanelli nel suo commento.  
SI    NO 
6. La Rafanelli non fu un modello di pensiero anarchico (ad esempio, per la sua 
fiduciosa pratica di "leggere" la mano; ad esempio, per la sua fede 
nella religione islamica).  
SI    NO 
7. La Rafanelli, tuttavia, può essere considerata ugualmente "pura 
d'animo" e "votata alla causa degli oppressi".  
SI    NO 
8. La Rafanelli non ha nulla da rimproverarsi per la diffidenza che Mussolini 
le induceva (mi si passi il bisticcio).  
SI    NO 
9. La Rafanelli - a quanto mi constava nel momento in cui scrivevo - non aveva 
alcun motivo per raccontare bugie.  
SI    NO 
10. Mussolini, invece, era palesemente "cialtrone e bugiardo"  
prima e dopo i fatti in questione.  
SI    NO 
11. Le patologie comportamentali di un dittatore si manifestano anche prima del 
potere raggiunto. 
SI    NO 
Delle affermazioni altrui riportate nel resto dell'articolo, ovviamente, non 
rispondo.  
Dal quadro complessivo delle mie affermazioni potrà, forse, trarre lo spunto 
per nuove ipotesi circa le motivazioni che mi hanno spinto a scrivere l'articolo. 
Potrebbe essersi trattato, per esempio, né di "voyeurismo ormai sorpassato" 
né di "voyeurismo in attesa di farsi sorpassare", ma di scrupoli 
umani e, pertanto, metodologici e ideologici.  
Per quanto concerne l'opinione di Cerrito, poi, mi sembra doveroso ribadirle che 
io la condivido. Nonostante avessi espresso nell'articolo un "giustamente" 
chiarissimo, infatti, lei mi attribuisce una mancata condivisione del suo giudizio 
che, pur comprendendone la volontà benevola nei miei confronti, non posso 
accettare. 
Infine, mi tocca farle notare che il secondo capoverso della seconda pagina della 
sua lettera si conclude riferendo delle "complesse contraddizioni" che, 
a suo parere, avrebbero caratterizzato Leda Rafanelli. Tutto bene se, cinque righe 
più sotto, lei non volesse caratterizzare la medesima persona tramite la 
sua "lucidità" e la sua "coerenza". Forse qui si giunge 
alle motivazioni che mi hanno spinto, in questo ed in tanti altri casi, a scrivere 
- contro questo modo di raccontare intorno a persone e cose (un modo di raccontare 
che non viene dal nulla, ma discende da precise assunzioni ideologiche e, in definitiva, 
da uno stato di soggezione nei confronti del potere).  
Rimanendo in attesa di un suo cortese riscontro, la ringrazio per l'invito ad 
accedere all'archivio di Reggio Emilia e per l'attenzione che mi ha voluto dedicare. 
Cordiali saluti 
Felice Accame  
(Milano) 
Spettabile redazione 
Non voglio, poi, perdere l'occasione di ringraziare Cesare Bermani per l'inedito 
contributo testimoniale (pubblicato, ancora, in A 271, aprile 2001). Gli 
sono grato per aver voluto così confermare quanto avevo riferito della 
mia lettura del libro della Rafanelli. 
Bermani ha anche voluto arricchire la sua documentazione con alcune sue opinioni 
in merito al rapporto fra anarchismo, islamismo e pratiche divinatorie - opinioni 
sulle quali varrà la pena di esplicitare un paio di considerazioni. 
Bermani dice che è "tutt'altro che contraddittorio" il rapporto 
fra "occultismo" e "anarchismo". A sostegno chiama la "cultura 
d'avanguardia europea dell'epoca", Anatole France  che, a dire il vero, 
nella frase riportata non giustifica alcunché, ma dice semplicemente che 
per comprendere le "opere letterarie" del periodo è necessaria 
anche "una certa conoscenza delle scienze occulte", un'opinione condivisibile 
anche da chi non si fa leggere la mano  e due "anime" del socialismo 
inglese, Annie Besant ed Helena Petrovna Blavatsky. 
Della Bisant (1847-1933) so poco. So che è passata attraverso varie convinzioni. 
È stata prima protestante, poi socialista fabiana e atea (tanto è 
vero che l'amico Shaw la ricorda nei suoi Schizzi autobiografici perché 
la "giustizia" inglese imputandole l'ateismo, per l'appunto, le "strappò 
i figli"), poi teosofa e poi forse ancora qualcos'altro. 
Sulla Blavatsky (1831-1891) so qualcosina di più. Con il colonnello Olcott 
fondò la Società Teosofica, nel 1857 a New York. Il prefisso "Teo-" 
non dovrebbe lasciar adito a dubbi: si tratta di sapienza del divino  un 
antidoto classico contro il "materialismo dilagante" , del riconoscimento 
della "costituzione settenaria" della Terra, di reincarnazioni plurime 
nel passare uno per uno i sette regni della natura e di altre amenità del 
genere più e meno attinenti al mistico numero sette. Girando il mondo e 
fondando le sue "logge", la Blavatsky non poteva esimersi dall'esibire 
i suoi "poteri" (di chiaroveggenza peraltro limitata nonostante il "terzo 
occhio" nel mezzo della fronte, perché rimane agli atti la richiesta 
di sapere il nome del giornalista che aveva scritto un articolo contro di lei
) 
fino al punto di subìre un "verdetto di impostura" da parte della 
Società di Ricerche Psichiche di Londra. Se il personaggio, per natura 
e cultura, implica molto fumo intorno a sé, ciò non toglie che, 
almeno nei lunghi soggiorni in India, una funzione precisa l'ha sicuramente svolta, 
ed è stata quella, dichiarata da lei stessa, di far accettare agli indù 
agiati il colonialismo inglese (cfr. A. P. Sinnett, La vita straordinaria di 
Helena Petrovna Blavatsky, Roma 1980, pag. 157 e, per ribadire, pp. 135 e 
165). Il suo incontro con la Besant avvenne a Londra nel 1887. Le si installò 
in casa e non ne uscì che morta, dopo averla convinta del prossimo Avvento 
di un giovane indù che avrebbe dovuto essere il "nuovo Istruttore 
del mondo". Da qui l'ulteriore scissione della Società Teosofica operata 
da Krishnamurti nel 1929.  
Ce n'è quanto basta per decidere se tramite l'iniezione di queste teorie 
l'anarchismo ha da guadagnare o da perdere? Quando Bakunin inneggiava ai contadini 
italiani che avevano cominciato la "vera rivoluzione", perché 
"bruciano tutte le carte, se si impadroniscono di una città", 
e denunciava esplicitamente tutto "l'insieme di sistemi filosofici dell'uomo 
superstizioso", sistemi "di cui l'uno generava e divorava l'altro" 
(cfr. M. A. Bakunin, I principi della rivoluzione, in A. I. Herzen, A un 
vecchio compagno, Torino 1977, pag. 42), non avrebbe mai potuto immaginare i futuri 
"sdoganamenti". Ora Bermani  in nome della duplicazione corporea, 
delle borse del tabacco che volano e dei pianoforti chiusi a chiave che suonano 
 rimanda al mittente chi accusa deviazioni dal buon modello anarchista. 
Dentro la Rafanelli, la Blavatsky e la Besant, fuori Bakunin e tanti altri  
fra cui, manco a dirlo, Accame. 
Al quale, per quanto possa indurre a sospetti ingenerosamente razzistici, è 
sorto un dubbio. Se la Leda Rafanelli, anziché musulmana e lettrice di 
mani, fosse stata cattolica e affezionata alla nota teoria agostiniana della predestinazione 
delle anime (cfr. De dono perseverantiae, 7, 15)  quella teoria così 
ben approfondita da s. Fulgenzio nel De veritate praedestinationis et gratiae 
Dei , avrebbe trovato ancora così tanti e accorati difensori? 
Grazie dell'ospitalità. 
Felice Accame 
 
(Milano) 
 
rtf sì grazie! 
Invitiamo tutti coloro che dispongono di computer e 
posta elettronica a inviare i testi e le lettere allegati al 
messaggio in formato rtf (rich text format) per evitare  
problemi di lettura e conversione di file. | 
 
 
  
  
                 
                  
                     
                      |  
                          I 
                          nostri fondi neri 
                            
                       | 
                     
                     
                       
                        
 
 Sottoscrizioni.  
Stefano Giaccone (Cardiff - Galles), 28.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando 
Alfonso Failla, 1.000.000. Franco Santilli (Perugia), 20.000; Giancarlo Tecchio 
(Vicenza), 50.000; Nunzio Cunico (Sovizzo), 25.000; a/m Joe Cono, Audrey Goodfriend 
(Berkeley - USA), 205.000; Rino Quartieri (Zorlesco di Casalpusterlengo), 50.000; 
Paolo Mauri (Milano), 50.000; Valerio (La Spezia), 5.000; Fabio (La Spezia), 5.000; 
Leonardo Muggeo (Canosa di Puglia), 50.000; Aldo De Martino (Castellammare di 
Stabia), 3.000; Cristina Valenti (Imola), 500.000.  
Totale lire 1.991.000. 
Abbonamenti sostenitori.  
Giuseppe Ceola (Malo), 150.000; Franco Leggio (Ragusa), 300.000; Alessandro Marutti 
(Cologno Monzese), 150.000; Gabriele Focardi (Sesto Fiorentino), 150.000.  
Totale lire 750.000.  
 
                       | 
                     
                   
                
 
                
  
  
 
                      |  
                           
                        30 
                          Anni di A 
E' sempre disponibile la mostra 
delle copertine dei primi 30 anni di A.  
Può essere richiesta alla redazione. 
(Nella foto, l'esposizione avvenuta presso la Galleria Modotti di Acerra (Na) 
lo scorso mese di aprile, a cura di Piero Borgo). 
 | 
 
 
 
                 |