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 Non è un caso: mentre scrivo siamo nel periodo 
della Pasqua, e ho qualcosa da raccontarvi. La sera del venerdì santo, 
venerdì 13 aprile, forse un po' sconcertato dalla data e dalla superstizione 
che mirabilmente si fonde con la fede nel cuore dei cattolici, durante la trasmissione 
televisiva della Via Crucis la voce narrante è un po' tesa, incerta, e 
incespica sulle parole. A un certo punto ne sbaglia una, dice 'volta' invece di 
'porta', e poi si corregge. Cambio canale, rosso di vergogna io per gli arruffoni 
vaticani e televisivi, davanti a tutto il mondo. Rinuncio ad ascoltare le affascinanti 
stazioni poliglotte e cambio canale. Anche per quest'anno abbiamo toccato un altro 
fondo, abbiamo ottenuto la kénosis, l'estrema umiliazione da condividere 
con quella di Gesù in croce. Ci consola esclusivamente il fatto che essa 
è necessaria per l'espiazione e la remissione di tutti i peccati dell'umanità. 
 
In questo breve periodo si concentrano sulle reti Rai e Mediaset sceneggiature, 
multinazionali e non, sui personaggi del nuovo testamento. Ce n'è una dedicata 
a Gesù, un'altra a sua madre, una a Tommaso e una a Giuda, per quel che 
mi è noto. Quest'ultima ha già scatenato le ire di qualche vescovo, 
giacché in essa viene addolcita la figura del traditore, del quale gli 
sceneggiatori fanno passare un'interpretazione politica, pare, secondo la quale 
Giuda tradì Gesù perché, disilluso, s'aspettava che innescasse 
la rivolta zelota dei Giudei nei confronti dei Romani oppressori. Ora, a parte 
il fatto che questa interpretazione è accettabilissima ed è rintracciabile 
persino nei Vangeli, oltre che nel film Jesus Christ Superstar di Norman 
Jewison tratto dalla rock opera di Tim Rice e Andrew Lloyd-Webber (alla quale 
la Chiesa oppose prima il veto, poi accettò quasi nella liturgia per molti 
anni per non alienarsi le simpatie dei giovani negli anni Settanta), che cosa 
direbbe quel vescovo se andasse a rileggersi l'interpretazione che di Giuda diede 
J.L. Borges in quella che egli stesso definisce "fantasia cristologica" 
intitolata Tre versioni di Giuda e contenuta nella raccolta Finzioni 
del 1944? Borges, un po' giocando e un po' sul serio, trae le estreme conseguenze 
della dottrina della kénosis e sostiene che se Dio doveva umiliarsi 
e morire per salvarci, l'umiliazione di Giuda è di grado maggiore, ancora 
più estrema rispetto a quella della crocifissione di Gesù. E conclude 
così il suo brano: "Dio interamente si fece uomo, ma uomo fino all'infamia, 
uomo fino alla dannazione e all'abisso. Per salvarci, avrebbe potuto scegliere 
uno qualunque dei destini che tramano la perplessa rete della storia; avrebbe 
potuto essere Alessandro o Pitagora o Rurik o Gesù; scelse un destino infimo: 
fu Giuda". 
Di questi programmi, pieni di belle virtù, di bei personaggi e di begli 
interpreti (sembra che ci siano anche Kim Rossi Stuart e Maria Grazia Cucinotta), 
io ho visto solo quello su Gesù, che conteneva queste due interessanti 
particolarità: una splendida, divertita e divertente interpretazione del 
personaggio di Erode Antìpa da parte di Luca Barbareschi, e una eterodossa 
interpolazione da parte degli sceneggiatori nel testo della veglia nel Getsemani, 
in cui a Gesù, mentre tutti gli altri apostoli dormono, appare Satana, 
in abiti moderni, che gli mostra violente e sanguinose scene future della storia 
umana (alcune addirittura perpetrate in suo nome) dimostranti la vanità 
del suo sacrificio, e che gli chiede di modificare tutto ciò, chiedere 
al Padre di salvarlo, e salvare così l'umanità peccatrice. Gesù, 
sia pure sconvolto, risponde che farà comunque la volontà di Dio, 
lanciandosi inoltre in una perorazione del libero arbitrio. In effetti non è 
vana la domanda: se amo davvero qualcuno, lo faccio stare bene o gli lascio fare 
quello che vuole lasciandogli usare la sua libertà? Per ora non siamo in 
grado di rispondere con sicurezza, ma molti di noi lo scopriranno abbastanza presto. 
A volte penso che se non fosse per le leggi e per i preti ecc., mi affretterei 
ad accettare la scommessa di Pascal
 
Prima di tornare all'argomento del Vangelo televisivo, ecco la mia interpolazione 
eterodossa. Sul numero di Aprile della rivista Le Scienze, leggo la recensione 
di Jasmina Trifoni all'edizione italiana del libro No Logo di Naomi Klein. 
Sembra che costei sia il guru, l'ideologa del movimento antiglobalizzazione, quello 
del popolo di Seattle, per intenderci, l'attuale forma di contestazione globale. 
Mi fa piacere scoprire di non essere l'unico pazzo, leggendo nella recensione 
che "No Logo parte dall'assunto che nell'ultimo decennio le multinazionali 
hanno pompato risorse nel marketing sottraendole alla produzione. Un processo 
perverso che ha invaso i nostri spazi vitali di marchi  i logo, appunto 
 e ha indebolito la nostra sicurezza nel posto di lavoro", e che, aggiungo 
io, fa il paio con la natura dei mercati finanziari e della Borsa, dove un valore 
effimero basato sulla compravendita sostituisce definitivamente quello stabile 
fondato sul lavoro e sulla produzione. Ciò che mi stupisce è il 
fatto che il recensore si stupisca di qualcosa che ormai dovrebbe essere chiaro 
a tutti: la società capitalista è un retrovirus che utilizza le 
risorse dell'ospite e del nemico. L'articolo conclude dicendo che la Klein "non 
è relegata nella controcultura. Autorevoli quotidiani e settimanali l'hanno 
eletta opinionista e la spediscono, pagandola profumatamente, a commentare il 
summit di Puerto Alegre come quello di Davos. E allora, una domanda sorge spontanea: 
cara Naomi, non è che, per caso, sei diventata un logo anche tu?" 
Cara Jasmina, il fatto è che sul pianeta delle scimmie se non sei un logo, 
cioè se non sei bello e non ispiri il meccanismo di identificazione, non 
ti dà retta, né soldi, nessuno. Come mai sono così belli 
i protagonisti dei film su Gesù? E anche Pasolini, nel Vangelo secondo 
Matteo, pur scegliendo interpreti dalle facce quasi mostruose non riesce a 
esimersi dall'affidare a un bel giovane il ruolo del Cristo. Maria Grazia Cucinotta 
e Kim Rossi Stuart non hanno niente a che vedere con i Giudei di duemila anni 
fa. Per avvicinarci il più possibile a una ricostruzione realistica, spero 
di poter vedere, per la Pasqua dell'anno prossimo, una Passione televisiva con 
Silvio Orlando nella parte di Gesù, Luciana Littizzetto in quella di Maria, 
Siusy Blady in quella della Maddalena, e Silvio Berlusconi in quella di Ponzio 
Pilato.  
P.S.: ricordo comunque un eccellente Barabba di Anthony Quinn. 
  
                  Carlo E. Menga 
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