|  Votare? 
                  No grazie.
 Nell'intervista a Luce Fabbri (A "266") ho letto 
                  un'affermazione di Massimo A. Rossi che sento dire da molti 
                  compagni in quest'ultimo periodo. "Io voto per il male 
                  minore" ha affermato Massimo A. Rossi. Ma cosa vuol dire? 
                  Partendo dal presupposto che un anarchico non dovrebbe votare; 
                  ma siamo uomini, quindi imperfetti, e a volte facciamo confusione 
                  anche tra pensiero e azione, poi per giunta votare per un qualcosa 
                  che già sappiamo sia un male (minore o maggiore non interessa) 
                  è aberrante.
 Per questo esprimo la mia dissociazione netta da Massimo A. 
                  Rossi e da tutti i compagni (credetemi sono tanti) che votano 
                  per il "male minore".
 Corrado Parisi (Molfetta)
 parigino@libero.it
    Passano 
                  i giorni...
 Cercavamo un foglio, qualcosa di adatto su cui scrivere, riflettere. 
                  A volte anche un foglio, il suo colore, la sua forma trasmettono 
                  qualcosa. Alla fine ci accontentiamo.Ho appena ricoperto una scatola di rigatoni (evito la marca 
                  per la famosa par condicio!) con alcuni ritagli di rivista: 
                  immagini di fiori, fiori viola. Una banale confezione di pasta 
                  è diventata un portalettere appeso sopra il tavolo a 
                  ricordarmi un bel colore.
 È da tempo che volevamo affrontare un problema che ci 
                  turba. È qualcosa che ci assale ogni volta che ci soffermiamo 
                  a guardare le foto delle nostre figlie, delle nostre famiglie 
                  e compagne.
 Ogni giorno che passa cerchiamo di scoprire un elemento nuovo 
                  che ci aiuti a mettere in comunicazione i ricordi con le foto, 
                  e tutto ciò con l'ultima immagine che abbiamo di loro, 
                  da liberi. Riceviamo parole così cariche di emozioni 
                  che ogni volta riviviamo tutto.
 "Sembra ieri..." è una frase tipica degli anziani... 
                  e dei prigionieri! Questo spesso ci ripetiamo per non staccarci 
                  dai sogni, per non stancarci di esistere. Osserviamo i loro 
                  volti non come un sogno da cui ci si risveglia ma come un recupero 
                  della nostra coscienza, della nostra intimità che non 
                  vogliamo violata.
 Sappiamo cosa costa scriverci, vuotare i piccoli grandi cuori 
                  in un foglio perché le famiglie non ci sono solo vicine, 
                  sono con noi. Le cerchiamo in ogni cosa, in ogni gesto, le parliamo, 
                  ma ci sono momenti in cui guardare un loro ritratto, fissare 
                  il nostro sguardo ci riesce solo se avviene con velocità.
 Perché avviene questo? Ci nascondiamo? Succede solo a 
                  noi? Sono dentro di noi, in ogni cosa, in ogni tempo ma... non 
                  li stiamo accompagnando, non possiamo osservare i cambiamenti, 
                  non siamo con loro, non possiamo dividere la responsabilità 
                  del vivere quotidiano.
 Girano l'Italia per venirci a trovare, a volte sono sintetici 
                  nelle loro espressioni eppure basta osservarli un secondo per 
                  capire quante e quali cose trattengano dentro di sé. 
                  Come saranno ora, saranno cambiate? Sappiamo come ci guarderanno, 
                  come ci chiameranno quando entreremo nella sala colloqui. Imbarazzati, 
                  impauriti come davanti ad uno scrigno di gioielli in una fiaba: 
                  cosa ci troveremo, conosciamo tutto?
 È la paura di guardare ciò che desideri più 
                  di ogni altra cosa, perché temi di restare ipnotizzato, 
                  di non riuscire a staccartene, perché loro ti entrano 
                  in circolo. Subito. Ci manca l'abbraccio, senza quello ci è 
                  difficile misurarne la crescita, sentire la loro forza, il profumo 
                  dei loro capelli, la loro morbidezza.
 Passano i giorni, le settimane, cerchiamo di immaginare, poi, 
                  quando arriviamo nella sala, loro si allungano per metterci 
                  le braccia attorno al collo, ed allora il nostro cervello fotografa, 
                  immagazzina tutto, riempie ogni suo spazio. Nulla viene buttato, 
                  e in quel luogo non si può entrare senza una chiave di 
                  magia, posseduta certamente dalle nostre figlie, dalle nostre 
                  compagne, dalle nostre famiglie. Siamo rapiti da occhi belli, 
                  consapevoli di esserne felicemente prigionieri. È come 
                  se fossero la corda con cui noi, fachiri, vogliamo allungarci 
                  nel blu infinito.
 Questa non è una questione personale, il carcere è 
                  strumento di violenza sulle relazioni sociali. Crediamo sia 
                  necessario il massimo impegno, prima ancora che il massimo interesse, 
                  di tutti gli uomini e le donne di buona volontà per "ridiscutere 
                  il carcere", per lottare contro le differenziazioni che 
                  continuamente vengono create al suo interno, per garantire a 
                  tutti gli stessi diritti di sopravvivenza. È necessario 
                  ritrovare le parole capaci di sfuggire alle reti della usura 
                  quotidiana, della retorica dell'emergenza e che, senza paura, 
                  dimostrino di poter essere incisive circolando e creando presenza. 
                  Apprendere dal passato insieme per costruire il futuro è 
                  necessario a tutti.
 L'estate è finita, del resto poco importa, le stagioni 
                  possono essere egualmente belle oppure egualmente noiose e tristi. 
                  Il coraggio dimostrato dai ragazzi di Sassari, dalle migliaia 
                  di detenute/i che chiedevano, chiedono, azioni importanti, legittime 
                  e necessarie per il miglioramento delle condizioni di vita, 
                  per una giustizia più equa e giusta, è da ritenersi 
                  patrimonio dell'intera società civile, nuovo materiale 
                  di lettura delle enormi contraddizioni della società 
                  moderna, dei continui conflitti sociali, dei ritmi di vita così 
                  frenetici e aggressivi che vorrebbero imporre la fine della 
                  collettività e la beatificazione dell'uomo vincente, 
                  felice di essere controllato in ogni movimento.
 Non si vuole qui incolpare per forza tutta la società, 
                  qui si chiede di leggere con attenzione, perché la conoscenza 
                  dovrebbe far agire. L'attesa è il nostro mestiere, ed 
                  in una società che vuole la tolleranza zero anche contro 
                  i fumatori, attendersi interventi logici, ragionevolmente tempestivi 
                  su un argomento come quello carcerario risulta purtroppo fuori 
                  luogo. Le lunghe discussioni su amnistia e indulto ne sono un 
                  valido esempio.
 Abbiamo pensato per una vita che i cicchetti fossero bicchieri 
                  di vino, invece abbiamo scoperto che a Venezia sono gli spuntini 
                  veloci; abbiamo scoperto che quella città pur avendo 
                  fatto i soldi con il commercio delle spezie, non le usa nella 
                  sua cucina: spreco di conoscenza!
 Migliaia di strutture, cooperative, mezzo milione di aziende 
                  artigiane ed imprese, strutture sindacali, si sono rese disponibili 
                  ad occuparsi della condizione carceraria e del reinserimento 
                  sociale. Si sta rifiutando quest'offerta pur essendo evidente 
                  a tutti che è un'iniziativa di enorme rilevanza, la prima 
                  di così ampia portata, a cui è necessario dare 
                  una risposta che ne evidenzi il valore sociale ed etico.
 Solo che chi dovrebbe intervenire non lo fa: pretende il pudore 
                  del silenzio ma mai lo applica sul proprio agire, perché 
                  agitato dall'incubo moderno dei sondaggi o perché preso 
                  da una calcolata foga che converte la sicurezza in umori forcaioli.
 La gente forse osserva in silenzio gli avvenimenti della storia, 
                  certamente c'è qualcuno che non vuole essere mischiato 
                  alle "cattiverie del mondo": sembra che i "commentatori 
                  del destino" si siano riuniti a convegno!
 Non abbiamo a che fare con un politico sanamente pieno di dubbi, 
                  quindi disposto ad affrontarli, stiamo conoscendo di nuovo la 
                  politica che nega se stessa, che nega lo sviluppo delle relazioni 
                  sociali, che urla continuamente il proprio rancore, che difende 
                  con arroganza i suoi lati peggiori.
 E gli strumenti non le mancano!
 Ascoltando una trasmissione televisiva abbiamo sentito dire 
                  che la TV crea solo figli uguali: noi non lo crediamo proprio, 
                  noi siamo ancora i figli illegittimi, riconosciuti solo quando 
                  si distribuiscono le bandierine da sventolare ma... finita la 
                  parata, i rumori di chiavi e serrature tornano prepotentemente 
                  padroni.
 Un'idea, leggendo un giornale locale, ci è venuta:
 Il Ministero dei Beni Culturali ha inserito la Bessa (località 
                  di particolare interesse turistico vicino a Biella) nel progetto 
                  "Memorabilia, il futuro della memoria", che prevede 
                  la salvaguardia di aree storico-culturali.
 Salvaguardare vuol dire difendere ma anche integrare nel presente 
                  ciò che il passato ha creato, dando piena cittadinanza 
                  a luoghi e persone altrimenti esclusi, abbandonati; vuol dire 
                  liberare dalla muffa, da un insopportabile odore di chiuso; 
                  vuol dire anche saper scegliere ciò che va salvato, ciò 
                  che va modificato, ciò che va superato.
 In una vecchia lettera scrivemmo che era necessario costruire 
                  un ponte solido e trasparente necessario al passaggio dalla 
                  reclusione al rientro nella collettività, nello spazio 
                  e nel tempo degli uomini liberi.
 Un ponte deve poter svolgere la sua funzione, deve unire con 
                  un vincolo ma può essere qualcosa di più: una 
                  nuova "piazza", luogo in cui la gente si muove, si 
                  conosce, si scambia opportunità, raccoglie e distribuisce 
                  energie.
 Quello che rende il vuoto sopportabile siamo noi stessi.
 Ma figlia immagina una vita lunghissima e se le si contesta 
                  la stanchezza che provocherebbe una simile avventura, lei risponde: 
                  "... ma avrei vissuto tutto direttamente, sai che ricchezza!". 
                  È l'allegria, la vitalità di chi desidera crescere 
                  senza smarrire per strada le cose belle, di chi ritiene che 
                  provare sia importante.
 Eppure siamo nel tempo in cui anche la speranza viene offesa, 
                  e ad un provvedimento innovativo viene subito fatto seguire 
                  un disegno di legge di segno opposto, che aumenta le restrizioni, 
                  ne formalizza altre, con lo scopo di amplificare le differenziazioni 
                  nel circuito penitenziario, di impedire l'appellabilità 
                  dei provvedimenti, il diritto alla difesa e alla risocializzazione.
 Se dicessimo "vorremmo ..." sminuiremmo il valore.
 "Vogliamo" è la sincerità di un sogno 
                  semplice che continuiamo a credere non irrealizzabile.
 Fabio CanavesiMarco Camenisch
 (Casa Circondariale di Biella)
    Ormai 
                  è fatta
 Carissime compagne e compagni,finalmente dopo tante vicissitudini la lunga storia carceraria 
                  di Horst Fantazzini sembra volgere al termine. Sono passati 
                  tantissimi anni, Horst era rinchiuso dagli anni '60, per la 
                  precisione dal 1968 (anche se precedentemente, cioè dal 
                  1960, si era fatto già alcuni anni di galera), ma con 
                  la prospettiva di rimanerci ancora fino al 2017 e dintorni. 
                  Secondo alcuni calcoli, fino al 2021 o anche 2024, dato che 
                  ancora le condanne si sommavano e in fila indiana davano un 
                  risultato fantascientifico. Le calcolatrici del potere si erano 
                  divertite a sommare, fino a raggiungere il primo posto nel "guinness 
                  dei primati" di ogni detenzione presente passata e futura. 
                  La durata massima di ogni detenzione qui in Europa e forse nell'intero 
                  pianeta. Ma anziché vergognarsene, lo tenevano in naftalina, 
                  trasferendolo di tanto in tanto da un carcere all'altro e nel 
                  frattempo Horst cercava sempre di scappare e qualche volta ci 
                  riusciva ma per poco; intanto le condanne crescevano e il "fine 
                  pena" lievitava...
 Sono passati tantissimi anni e la pellaccia di Horst ha passato 
                  il confine tra la vita e la morte almeno due volte in carcere 
                  ed un'altra da latitante; ha conosciuto le catene delle prigioni 
                  francesi, l'isolamento, la tortura, i pestaggi delle carceri 
                  speciali in Sardegna, un quasi plotone d'esecuzione a Fossano; 
                  ed ancora il dolore per non poter essere presente nemmeno ai 
                  funerali dei suoi genitori, Bertha e Libero; e poi in tempi 
                  più "morbidi" (ma non più di tanto) 
                  la normalità di un carcere che vorrebbe apparire umano, 
                  ma che umano non è, è sempre un carcere di merda.
 Ma qualcosa nell'animo di Horst  l'Abate Faria, come a 
                  volte si definiva scherzosamente  ha sempre resistito, 
                  lui ha sempre sperato che le cose cambiassero, che potesse riacquistare 
                  la tanto amata Libertà. E la speranza ha avuto il volto 
                  dei suoi familiari, di suo padre Libero, della compagna di Libero 
                  Maria Zazzi, dei suoi figli Loris e Luigino, della sua ex moglie 
                  Anna, delle sue compagne che l'hanno seguito e dei suoi amici 
                  dentro e soprattutto fuori dal carcere che in tutto questo tempo 
                  l'hanno sostenuto ed aiutato. Un mondo straordinario di gente 
                  emarginata, sfigata, ma bellissima.
 Dal bellissimo libro Ormai è fatta! edito dal 
                  bravo Giorgio Bertani, che tutti stanno chiedendo ma che Horst 
                  per motivi personali non ha intenzione di ripubblicare, è 
                  stato tratto un film diretto da Enzo Monteleone del quale molto 
                  si è parlato e che recentemente è stato trasmesso 
                  su Tele+. Una cosa tira l'altra, sono venuti molti articoli 
                  su giornali, recensioni, interviste televisive. Il film, che 
                  ha avuto una pessima distribuzione, ha ricevuto comunque ottimi 
                  premi per le interpretazioni di Stefano Accorsi, di Emilio Solfrizzi 
                  e Giovanni Esposito. In realtà quella era solo una delle 
                  tante "finestre" sulla vita di Horst così sfortunata 
                  ma anche ricchissima a livello umano.
 Ora Horst non vuole più tornare sul passato, tanto si 
                  è detto della "primula rossa" ricercata in 
                  mezza Europa o del "bandito gentile" che mandava le 
                  rose alle cassiere; e non vuole più parlare di carcere, 
                  in realtà ne ha parlato pochissimo anche prima, perché 
                  il suo mondo, la sua vita, sono sempre stati fuori, altrove. 
                  Ora che gli vengono concessi i primi permessi-premio e che gli 
                  verrà concessa la semilibertà, insieme con me 
                  che sono diventata sua moglie e che non ho mai smesso di sostenerlo 
                  in questi ultimi quattro anni, stiamo sistemando la casa bolognese 
                  che fu di Libero e di Maria che diventerà anche il nostro 
                  "Archivio Fantazzini", e stiamo progettando la nostra 
                  vita futura. E, alla faccia di chi ci vuole male, facciamo l'amore 
                  tutto il giorno! Sono tantissime le cose che ci uniscono, ora 
                  che finalmente possiamo assaporare la vita in comune; la nostra 
                  felicità sta proprio nella scoperta di quello che il 
                  carcere ci aveva tolto, separandoci l'uno dall'altra e rendendoci 
                  persino reciprocamente odiosi.
 Sono strani e contorti i meccanismi che il carcere mette in 
                  moto, riuscendo a distruggere persino gli affetti più 
                  consolidati. Si affonda nella diffidenza e nell'incomprensione. 
                  L'amore può facilmente diventare odio. Bisogna avere 
                  una grande forza per resistere al logoramento prodotto da queste 
                  dinamiche infernali. Ogni volta che andavo a colloquio, mi sembrava 
                  l'ultima volta, ma quando vedevo il muso sorridente di Horst, 
                  magari nervoso, ma sempre contento di vedermi, non potevo dire 
                  "basta", mi si sarebbe spezzato il cuore.
 Può sembrare strano, che un uomo a 61 anni abbia voglia 
                  di costruire la sua vita da zero con l'entusiasmo e la fantasia 
                  di un ragazzino, la maggior parte degli uomini a quest'età 
                  va a giocare a carte in qualche circolo o si "gratta la 
                  prostata" davanti al televisore come direbbe  per 
                  scherzo  mia madre, ma la storia di Horst è stata 
                  tutta incredibile, lui ha una forza e una dolcezza fuori dall'ordinario. 
                  La mia più grande gioia è di vederlo felice e 
                  sorridente, in mezzo alle persone che ama, accanto a suo figlio 
                  Loris che è come un grande orsetto pieno d'amore per 
                  suo padre.
 E qui ringrazio tutti i compagni e le compagne che hanno organizzato 
                  iniziative  alcune delle quali riuscite oltre ogni aspettativa 
                   da Bassano del Grappa a Lecce, ringrazio un po' meno 
                  quelli che si sono divertiti a mandargli lettere anonime con 
                  insulti e bugie offensive su di me, per tormentarlo e per rendergli 
                  ancora più penosa la detenzione in un momento particolarmente 
                  difficile. Ma sono solo una caccola in un mare di luce. In realtà 
                  il movimento anarchico ha dimostrato spontaneamente il suo affetto 
                  e la sua solidarietà in molti modi, con la proiezione 
                  del film e del video con l'intervista, l'incontro con i protagonisti 
                  del film, il presidio sotto la prefettura di Alessandria, le 
                  mostre delle sue opere grafiche al computer, le serate per Horst, 
                  il giornalino con la sua intervista, la rinnovata attenzione 
                  sulla nostra stampa, i concerti di sottoscrizione (1.500.000 
                  per le spese del comitato), i "ponti radio", i telegrammi, 
                  i libri regalati con dedica, le numerose lettere con i saluti 
                  e le firme di tutti, ecc.
 A tutte/i ... GRAZIE!
 Ma la nostra gioia più grande sarà quando non 
                  resterà più neanche un compagno e una compagna 
                  in carcere. Fino ad allora non si potrà mai smettere 
                  di lottare. LIBERO FANTAZZINI! LIBERI TUTTI!
 Patrizia "Pralina" DiamanteHorst Fantazzini
 (Bologna)
    Un 
                  altro signornò
 All'attenzione: - Ufficio LevadifePiazza Adenauer 3
 00186 Roma
 - Distretto Militare MilanoUfficio Leva
 Via Mascheroni 26
 20145 Milano
 Io sottoscritto Matteo Chindemi nato a Milano il 31 Maggio 
                  1981 dichiaro di obiettare totalmente, a causa delle mie motivazioni 
                  etiche, politiche, filosofiche e morali, al servizio di leva 
                  impostomi, ripudiando sia qualsiasi forma di autorità 
                  esercitata da qualunque stato, civiltà, nazione o individuo 
                  nei confronti di un altro/a essere vivente e sia qualsiasi armamento, 
                  guerra o truppa militare usata per risolvere conflitti, controversie 
                  o disaccordi.Sono prova delle mie convinzioni gli innumerevoli esempi che 
                  posso portare: i milioni di uomini in divisa che nell'ultimo 
                  conflitto mondiale si sono resi complici di massacri, deportazioni, 
                  stragi, nei riguardi di persone colpevoli solo di aver avuto 
                  idee politiche o religiose differenti, i bombardamenti in Irak 
                  ed in Kosovo dove la soluzione militare ha portato solamente 
                  ad un ulteriore impoverimento delle già precarie condizioni 
                  di vita della popolazione, le cosiddette decantate e acclamate 
                  missioni di pace nelle quali i soldati italiani in Somalia hanno 
                  torturato con l'elettricità prigionieri, e "aiutato" 
                  donne impaurite legandole ad un carro armato, mentre "colleghi" 
                  belgi reggevano come uno spiedo sopra ad un fuoco un altro malcapitato, 
                  o ancora le lezioni effettuate nella scuola militare di Hammelburg 
                  in Germania dove viene insegnato tramite simulazioni a compiere 
                  stupri, omicidi ed esecuzioni sommarie.
 Essendo tutto questo estraneo al mio concetto di dignità 
                  umana, e di essere uomo o donna che sia, sono fermamente convinto 
                  di questa mia scelta.
 Per un futuro di libertà, giustizia e uguaglianza.
 Matteo Chindemi(Milano 1.11.2000)
 
                   
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                         Una 
                          mostra per i 30 anni di "A" Dal 
                        10 al 24 marzo presso la Galleria "Tina Modotti" 
                        di Acerra (NA) saranno esposte una trentina di copertine 
                        di "A" - un viaggio visivo attraverso la storia 
                        della rivista. Galleria Modotti, p.zza Montessori 25, Acerra (NA) 
                        visite su appuntamento
 (ore 10 -12 e 17-20)
 Piero Borgo tel/fax 081-8850793
 Dopo 
                        questa prima esposizione la mostra è disponibile 
                        per altri luoghi (contattate la redazione):Editrice "A"- c.p. 17120 - 20170 Milano - 
                        tel. 02 2896627 - fax 02 28001271 - arivista@tin.it
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                          nostri fondi neri 
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                           Sottoscrizioni. Matilde Finzi (Milano) salutando Amelia Failla, 50.000; 
                            Giuseppe Galzerano (Casalvelino Scalo) un fiore per 
                            Luce Fabbri e Goliardo Fiaschi, 30.000; Cesare Fuochi 
                            (Imola), 50.000; Claudio Topputi (Milano), 94.000; 
                            Enore Fiorentini Raffuzzi (Imola), 65.000; Aurora 
                            e Paolo (Milano) ricordando Alfonso Failla nel 15° 
                            anniversario della morte (26.1.1986), 1.000.000; Nicola 
                            Piemontese (Monte Sant'Angelo), 50.000; Mariacristina 
                            Gribaudi e Massimo Bianchi (Codogné) "il 
                            nostro fondo nero di Natale", 1.000.000; Patrizio 
                            Biagi (Milano), 100.000; Simone Contin (Pionca di 
                            Vigonza), 10.000; Enzo Francia (Imola), 30.000; Piero 
                            Flecchia (Torino), 90.000; Gruppi Anarchici Imolesi, 
                            450.000 (Cfr. comunicato qui sotto); I. (Milano), 
                            5.000; Reinhold Kohl (Carrara), 260.000; Rolando Paolicchi 
                            (Pisa), 20.000; Roberto Pietrella (Roma-Vitinia), 
                            50.000; Fabio (La Spezia), 10.000; Umberto Attaianese 
                            (Latina Scalo), 10.000; Spartaco (Torino), 10.000; 
                            Carlo Bellisai (Capoterra), 20.000; Giordana Garavini 
                            (Castelbolognese) ricordando il professor Lamberto 
                            Borghi, 100.000.
 Totale lire 3.489.000.
 Sabato 2 dicembre presso la sede dei 
                            Gruppi Anarchici Imolesi si è tenuta una grande 
                            cena di sottoscrizione. Grazie anche alla presenza 
                            di una ventina di compagni di Correggio e di uno di 
                            Stia, ci siamo trovati in più di un centinaio 
                            a passare una serata piena di spirito libertario. 
                            Come al solito la qualità del menù è 
                            stata altissima (secondo la consolidata tradizione 
                            imolese) e ne va dato merito alle compagne ed ai compagni 
                            cuochi e cantinieri. Anche la quantità dei 
                            contributi volontari è stata più che 
                            adeguata. Infatti, in base al principio "a ciascuno 
                            secondo i propri bisogni, da ciascuno secondo le proprie 
                            possibilità" si sono raccolte 1.838.000 
                            lire che, detratte le spese di 308.000 lire, vengono 
                            così suddivise: ai gruppi anarchici imolesi 
                            630.000 lire, ad Umanità Nova 450.000, ad A-rivista 
                            450.000. Abbonamenti sostenitori. Federico Moro (Venezia), 150.000; Antonio Ruju (Torino), 
                            300.000; Livio Ballestra (Nizza - Francia), 300.000; 
                            Fernando Ferretti (San Giovanni Val d'Arno), 200.000; 
                            Fabio Palombo (Chieti), 150.000; Vittorio Golinelli 
                            (Bussero), 150.000; Arturo Schwartz (Milano), 200.000; 
                            Giordana Garavini (Castelbolognese), 150.000.
 Totale lire 1.600.000.
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