| Gonna, tacchi e fucile ecco le donne 
                  soldato. In questo modo titolava "Repubblica" del 
                  3 giugno annunciando la decisione della Commisione Difesa del 
                  Senato di anticipare al 2000 l'apertura dell'esercito a contingenti 
                  di donne volontarie. Il titolo dell'articoletto di Repubblica 
                  mostra efficacemente che per i media la leva femminile è 
                  più interessante come fenomeno di costume che come questione 
                  politica e sociale. In questa fase in modo più o meno 
                  cialtronesco, più o meno irridente, le donne soldato 
                  sono per lo più occasione di chiacchera da bar, dell'eterno 
                  per quanto liso giochetto giornalistico, ormai più noioso 
                  che irritante, che vede le donne sempre impegnate a far "mestieri 
                  da uomo" ma sempre "femminili". Funambole del 
                  femminismo anni '90, del femminismo post femminista, del femminismo 
                  di quelle che non sono mai state femministe, del femminismo 
                  dal volto umano, le donne che ci mostrano i media, le manager 
                  non meno delle soldate o delle poliziotte sono lo specchio di 
                  quest'Italia in cui anche la storia della libertà femminile 
                  pare possa finire con i consueti tarallucci e vino, tra considerazioni 
                  benevole su quanto le varie donne in carriera sappiano essere 
                  professionali, disciplinate (tanto se non più dei colleghi 
                  uomini) e insieme, a seconda delle nuance preferite dall'articolista 
                  di turno, sensuali o materne.Naturalmente l'articolista di Repubblica tra le considerazioni 
                  sulla foggia delle giacche e sulla biancheria non manca di citare 
                  la soddisfazione di questo o quel politico per, con le parole 
                  di Valdo Spini, questo "ulteriore passo avanti sulla strada 
                  delle pari opportunità del nostro paese". Tra queste 
                  la più interessante e illuminante è quella del 
                  ministro della Difesa Carlo Scognamiglio che così si 
                  esprime: "Evviva", ha commentato appena appresa la 
                  notizia.
 "Si tratta di un fatto molto positivo e sostenuto da parte 
                  del Governo.Un nuovo modello di Difesa - ha proseguito il ministro 
                  - che quando la situazione sarà un po' più serena, 
                  mi auguro possa essere poi riassunto nel progetto di legge per 
                  la riforma complessiva del servizio militare di leva". 
                  Proviamo a decodificare le parole del Ministro, che preferiamo 
                  chiamare Ministro della Guerra, denominazione più appropriata, 
                  usuale in tempi meno ipocriti e meno contaminati dallo spirito 
                  deamicisiano intrinseco alle democrazie. Sappiamo che ormai 
                  da qualche anno i vari governi che si sono succeduti in Italia 
                  stanno puntando ad una ristrutturazione delle Forze armate che 
                  veda tra i propri obiettivi primari la costituzione di un esercito 
                  in tutto e per tutto o in buona parte costituito da professionisti, 
                  un esercito in grado di far fronte al ruolo militarmente attivo 
                  che l'Italia sta ormai sempre più interpretando. Un esercito 
                  efficiente, bene addestrato e, non secondariamente, fortemente 
                  motivato e non incline, come talora capita agli eserciti di 
                  leva, ad un qualche spirito critico. In questo quadro le soldate 
                  possono costituire un importante tassello per quel nuovo modello 
                  di "difesa" che tanto bene è stato sperimentato 
                  in Albania, in Somalia e in Jugoslavia. Un modello in cui gli 
                  interessi dell'Italia vengono difesi con interventi "umanitari" 
                  là dove necessita.
 Le donne soldato, che tanto per cambiare, dovranno dimostrare 
                  di essere efficienti tanto quanto gli uomini, avranno una carica 
                  motivazionale in più che le renderà esecutrici 
                  precise e fedeli delle direttive loro impartite: possono perciò 
                  rappresentare per il futuro una preziosa risorsa per il militarismo 
                  nostrano.
 Non dubitiamo che le soldate sapranno interpretare al meglio 
                  il nuovo mestiere di assassine che si sono conquistate, ma non 
                  potrano in nessun modo raccontarci di aver compiuto un passo 
                  in avanti sulla strada della libertà femminile, perché 
                  la strada che le donne del femminismo hanno tracciato e ogni 
                  giorno continuano a disegnare segue ben altri intinerari: è 
                  una strada che ha visto le donne sempre, coerentemente, in prima 
                  fila contro la guerra, sempre a fianco delle donne vittime di 
                  guerra, sempre fuori e contro le frontiere sulle quali si combattono 
                  le guerre degli stati e degli eserciti. Le donne del femminismo 
                  hanno aperto ponti che nella ex Jugoslavia hanno visto le croate, 
                  le serbe, le bosniache, le italiane, le tedesche incontrarsi 
                  e lavorare contro i nazionalismi, per una cultura che vuole 
                  bandire la guerra dalla storia, perché le guerre, tutte 
                  le guerre sono sempre contro di noi. E noi sempre contro tutte 
                  le guerre. Contro tutti gli eserciti, compresi quelli al femminile.
  Ma.Ma. della Rete
 delle donne anarchiche
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