|  Liberali 
                  e anarchici
 Ho letto con grande interesse larticolo di Pietro Adamo "Mercato, 
                  proprietà, anarchia" pubblicato sul numero 253 di 
                  A Rivista Anarchica. Per un verso ne ho apprezzato la 
                  chiarezza, il rigore, linterna coerenza, per laltro mi è 
                  parso che le tesi che Pietro Adamo sostiene siano meritevoli 
                  di critiche diverse da quelle che lui stesso segnala.Cercherò, di conseguenza, di sollevare alcune questioni 
                  che ritengo di un qualche interesse.
 In primo luogo, è vero che non è condivisibile 
                  la riduzione della tradizione liberale allattuale neoliberismo 
                  sia perché il liberalesimo è una corrente di pensiero 
                  e di azione ben più complessa di quello che pretendono 
                  sia la destra neoliberista che i suoi critici democratici e 
                  welfaristi che perché di norma i neoliberisti realmente 
                  esistenti sono decisamente illiberali su questioni decisamente 
                  rilevanti come il mantenimento dellordine, la struttura della 
                  spesa pubblica, il nazionalismo, la salvaguardia dei valori 
                  culturali tradizionali, la difesa dei monopoli ecc..
 Daltro canto è un fatto che oggi, per citare un 
                  liberale alquanto noto, si può dire che, nelle democrazie 
                  delloccidente, siamo tutti liberali, almeno nel senso che tutte 
                  le forze politiche istituzionali accettano le regole della democrazia 
                  parlamentare, non ci sono nemici ma avversari, nessuno pretende 
                  di poter costruire una società perfetta, nessuno ipotizza 
                  che lordine produttivo e sociale dominante sia trascendibile. 
                  Liberali sono, in questo senso, Fini e Bertinotti, Marini e 
                  DAlema, Berlusconi e Prodi e lo stesso modo di intendere la 
                  lotta politica caratterizza, da decenni, gli altri paesi sviluppati. 
                  Da questo punto di vista si può dire che lItalia sia 
                  pervenuta ad una compiuta civiltà liberale alquanto in 
                  ritardo a causa del peso della chiesa cattolica e del partito 
                  comunista, forze che sono divenute liberali con qualche fatica 
                  e, come dire, contro voglia.
 Se, quindi, accettiamo la tesi che il liberalesimo storicamente 
                  esistente non è il neoliberismo, possiamo seguire senza 
                  pregiudizi la linea di pensiero proposta da Pietro Adamo, linea 
                  di pensiero intellettualmente stimolante e, per certi versi, 
                  suggestiva.
 Lethos liberale è, come ci ricorda Pietro 
                  Adamo, "la lotta condotta nel corso delletà moderna 
                  e contemporanea contro le nozioni di assolutismo, autocrazia, 
                  gerarchia, privilegio in nome degli ideali collegati alla libertà 
                  individuale e ai diritti umani".
 Lo stesso Pietro Adamo sembra riconoscere sia pur con prudenza 
                  che questa lotta ha coinvolto, in prima istanza, la borghesia 
                  nella sua fase ascendente e, direi io, i gruppi borghesi più 
                  colti ed avanzati.
 Egli ci ricorda anche che "nel travaglio della modernizzazione 
                  i gruppi subalterni si sono spesso impadroniti delle parole 
                  dordine delle libertà "liberali" riplasmandole 
                  secondo fini ed esigenze proprie. In molti momenti (rivoluzionari 
                  o meno) si colgono slittamenti di discorso che puntano ad allargare 
                  la sfera della libertà, universalizzandone i fondamenti 
                  ispiratori e applicandoli ad ogni ambito dellazione umana".
 Ritengo che sarebbe opportuno ragionare sullattività 
                  che Pietro Adamo definisce "riplasmare".
 I gruppi sociali subalterni, nel loro rapporto con la modernità, 
                  che io ritengo si possa definire, senza troppe difficoltà 
                  modo di produzione capitalistico, hanno sin dallinizio colto, 
                  in maniera più o meno chiara, alcuni caratteri contraddittori 
                  del discorso liberale e, in particolare, la sua interna logica 
                  oligarchica e il fatto che nel concreto processo di lavoro si 
                  determina un dispotismo per molti versi più forte di 
                  quello che caratterizzava la società di ordini.
 Lo scontro fra democratici e liberali si è collocato 
                  sul primo versante della contraddizione, quello fra movimento 
                  operaio e classi proprietarie sul secondo con tutti gli intrecci 
                  che ci sono noti.
 La graduale estensione allassieme della popolazione dei 
                  diritti politici elementari (estensione alla quale le élites 
                  liberali tradizionali si sono opposte con forza e determinazione 
                  e che hanno sovente accettato obtorto collo) ha prodotto 
                  quella particolare sintesi fra liberalesimo e democrazia che 
                  oggi conosciamo e che viene definito liberaldemocrazia.
 Della complessità di questa trasformazione sono, 
                  per motivi familiari, testimone diretto dato che lho vista 
                  agire nei convincimenti politici di mio padre che, con difficoltà 
                  enormi e solo negli ultimi anni della sua vita, è pervenuto 
                  a riconoscere che lestensione alle masse subalterne del diritto 
                  di voto non era incompatibile con lidea liberale di società 
                  nella quale era stato formato.
 Non posso che condividere la tesi di Pietro Adamo che vede 
                  nella tradizione democratica delle possibili derive illiberali, 
                  derive che sorgono sia dalla tensione ad uneguaglianza che 
                  nega le differenze fra gli individui concreti ed anzi le guarda 
                  con sospetto che dallintreccio fra democrazia e burocrazia 
                  (partito e sindacato di massa, intervento statale nelleconomia 
                  ecc.) ma ritengo che la dialettica alla quale allude sia tra 
                  burocratizzazione del mondo e difesa dei privilegi di censo, 
                  dialettica che non può essere assunta come lunica possibile 
                  e che, anzi, va relativizzata e superata in una prospettiva 
                  diversa rispetto a quella dominante.
 In realtà, infatti, le élites liberalconservatrici 
                  hanno compreso, spesso con sollievo e sorpresa, che la democratizzazione 
                  delle società occidentali poteva essere governata ed 
                  influenzata attraverso meccanismi istituzionali che ne hanno 
                  garantito la sopravvivenza ed il ruolo egemonico grazie allintegrazione 
                  nel quadro sociale tradizionale delle élites di 
                  derivazione democratica (burocrazie partitiche e sindacali, 
                  apparati statali, ceto politico) che hanno, comunque, un ruolo 
                  subalterno rispetto ai potentati economici che controllano la 
                  proprietà.
 Direi, anzi, che lo svilupparsi di un ampio strato di quadri 
                  aziendali, funzionari statali, professionisti legati alla spesa 
                  pubblica ecc. è stato un fattore essenziale per la stabilità 
                  del potere delle classi dominanti ed ha determinato la sopravvivenza 
                  di quel ceto medio che è necessario alla coesione sociale 
                  visto che si pone come collante fra le classi subalterne e quelle 
                  dominanti in maniera diversa ma analoga rispetto allo strato 
                  dei tradizionali piccoli proprietari indipendenti che levolvere 
                  stesso delleconomia capitalistica tende a ridimensionare per 
                  consistenza numerica e ruolo sociale.
 Nel rapporto fra lavoratori salariati e capitale si colloca 
                  laltro aspetto contraddittorio del discorso liberale. Limpresa 
                  realmente esistente, infatti, funziona, in forme diverse, secondo 
                  criteri necessariamente dispotici per quel che riguarda lorganizzazione 
                  del lavoro, lesercizio del potere, la stessa definizione del 
                  mercato.
 Il movimento operaio, nel suo assieme, nasce per porre un 
                  limite a questo dispotismo e per tutelare i diritti che lo stesso 
                  discorso dominante sembrava riconoscere nel mentre li negava 
                  nei fatti.
 Non è casuale che dei liberali tradizionali, basta 
                  pensare a Giolitti ed Einaudi, abbiano riconosciuto apertamente 
                  la necessità per il corretto funzionamento dello stesso 
                  modo capitalistico di produzione di una dialettica relativamente 
                  libera fra capitale e lavoro e, di conseguenza, della libertà 
                  di organizzazione sindacale, di sciopero ecc..
 Nel movimento operaio, sin dal suo sorgere, operano diverse 
                  correnti politiche e culturali. Non è, in questa sede, 
                  il caso di riproporre la nota discussione fra correnti stataliste 
                  e quelle antistataliste e la complessità e ricchezza 
                  delle proposte anarchiche. Mi basta ricordare che la componente 
                  antiautoritaria ha fortemente posto laccento sulla capacità 
                  politica delle classi subalterne, sulla necessità di 
                  forme associative autonome dallo stato e dal padronato, sul 
                  rifiuto dellinquadramento nellapparato statale dellazione 
                  delle classi subalterne.
 Non è, dunque, scandaloso, anzi, riconoscere che 
                  lanarchismo sociale si è sempre riconosciuto nelle virtù 
                  borghesi (intraprendenza, autonomia, capacità progettuale) 
                  in opposizione ai meccanismi di delega ad un apparato centrale 
                  che caratterizzavano le componenti democratiche dello stesso 
                  movimento operaio.
 Daltro canto lautonomia delle classi subalterne era, ed 
                  è, valorizzata nella prospettiva del comunismo libertario 
                  proprio a partire da una valutazione precisa dei caratteri storicamente 
                  esistenti della proprietà privata.
 In estrema sintesi, secondo i liberali, la proprietà 
                  è il presidio della libertà individuale e collettiva 
                  contro il dispotismo statale mentre gli anarchici colgono il 
                  fatto che questo presidio è necessariamente presidiato 
                  dallo stato che ne garantisce il godimento alle classi dominanti 
                  e ne esclude quelle subalterne e, su questo terreno, rompono 
                  in maniera radicale con il liberalesimo.
 Pietro Adamo, daltro canto, ci ricorda una serie di riflessioni, 
                  per la verità non significativamente sviluppate, che 
                  alcuni compagni, in epoche diverse, hanno fatto sul tema della 
                  proprietà e pone queste riflessioni in relazione allaffermarsi 
                  fra le due guerre mondiali di differenti regimi totalitari.
 Si tratta, con ogni evidenza, di un tema di straordinario 
                  interesse e che meriterebbe una trattazione a parte. Mi limiterò 
                  ad alcune riflessioni, necessariamente schematiche, nel merito.
 In primo luogo, si può sostenere che il comunismo 
                  storico novecentesco è uno svolgimento possibile della 
                  tradizione democratica mentre non altrettanto si può 
                  dire del fascismo al quale vanno riconosciute radici autonome 
                  nella tradizione controrivoluzionaria ed organicista del XIX 
                  secolo, per un verso, ed in correnti irrazionaliste ed elitarie 
                  affermatesi fra XIX e XX secolo, per laltro. Questo per restare 
                  nel campo della storia delle idee.
 Dal punto di vista della storia delle relazioni sociali, 
                  invece, mi sembra opinabile il presentare le diverse correnti 
                  di pensiero come se fossero linee ferroviarie che corrono luna 
                  accanto allaltra e non come il problematico e mutevole prodotto 
                  dei conflitti politici, sociali e culturali che hanno attraversato 
                  il secolo.
 Il totalitarismo novecentesco, infatti, non sorge come mera 
                  espansione degli ideali democratici, per un verso e di quelli 
                  controrivoluzionari per laltro ma è il prodotto delle 
                  vicende che attraversano il continente europeo, e non solo, 
                  a partire dalla prima guerra mondiale. Le contraddizioni, le 
                  sofferenze sociali, gli sconvolgimenti che portano allaffermarsi 
                  del bolscevismo prima e del fascismo poi sono prodotti delle 
                  tensioni interne alla società liberale, tensioni che 
                  nella guerra trovano piena evidenziazione.
 I totalitarismi politici, insomma, si affermano come risposta 
                  autoritaria e regressiva alla distruzione di uomini, di mezzi 
                  di produzione, di relazioni sociali consolidate che il capitalismo 
                  liberale produce, per un verso, ed al fallimento della rivoluzione 
                  sociale, per laltro.
 La tesi che non vi è inimicizia radicale fra liberalesimo 
                  storicamente esistente e totalitarismo novecentesco può 
                  apparire scandalosa ad un liberale ortodosso ma trova unulteriore 
                  conferma negli ottimi rapporti che i gruppi dirigenti liberali 
                  hanno saputo intrattenere sia con i regimi fascisti che con 
                  quelli comunisti ogni volta che è stato necessario e 
                  nella disponibilità delle élite liberali ad usare 
                  mezzi autoritari per mantenere il proprio potere sia sul territorio 
                  metropolitano che, più apertamente, nelle colonie e, 
                  in genere, nelle periferie della loro sfera di dominio.
 Pietro Adamo potrà far rilevare che una cosa è 
                  il liberalesimo storicamente esistente ed altro léthos 
                  liberale al quale fa riferimento ma ritengo che, da liberale 
                  quale è, mi lascerà la libertà di ritenere 
                  il liberalesimo storico e le sue contraddizioni interne più 
                  rilevanti del pensiero liberale, come dire, preso nella sua 
                  purezza.
 Vorrei, infine, far rilevare due problemi che ritengo di 
                  un qualche interesse.
 In primo luogo lo schema che Pietro Adamo propone mi sembra 
                  eccessivamente lineare. Vi sarebbe un primo liberalesimo, quello 
                  oligarchico, al quale seguirebbe una ripresa in senso antioligarchico 
                  del liberalesimo stesso da parte di settori delle classi subalterne 
                  in opposizione al totalitarismo.
 Restano fuori da questo percorso le immense masse umane 
                  che non hanno goduto e non godono della problematica partecipazione 
                  a questo processo. Lescluderle dal campo della riflessione 
                  sociale e politica porta allassunzione di una prospettiva occidentalista 
                  che implica il dotarsi di garanzie contro lirruzione dei barbari 
                  illiberali nelle cittadelle delloccidente. Non solo la proprietà 
                  diviene un presidio presidiato ma lo è lo stesso territorio 
                  ove ha spazio la proprietà e quello stato che si voleva 
                  indebolire riappare con tutta la sua potenza distruttiva e normativa.
 In secondo luogo, quando, alla fine del suo saggio, Pietro 
                  Adamo abbandona la storia delle idee e tenta una rapida irruzione 
                  in quella dei concreti aggregati sociali e oppone i piccoli 
                  imprenditori operosi ai salariati oziosi e garantiti rischia 
                  di passare dalla posizione liberale a quella neoliberista ricomponendo 
                  una coppia concettuale che aveva, in origine, cercato di scindere. 
                  La polemica contro le eccessive garanzie che caratterizzerebbero 
                  la condizione dei salariati, infatti, è proprio il somaro 
                  da battaglia dei vari DAlema e Berlusconi e sarebbe bene lasciarne 
                  loro il monopolio per motivi che non ho, in questa sede, lo 
                  spazio di sviluppare.
 Su un solo punto lo inviterei a riflettere: gran parte degli 
                  attuali lavoratori autonomi presenti sul mercato del lavoro 
                  italiano sono definiti dalla stessa letteratura che se ne occupa 
                  come parasubordinati visto che la loro attività è 
                  solo formalmente indipendente e sono, con ogni evidenza, collocati 
                  in una posizione sociale e giuridica peggiore di quella dei 
                  salariati tradizionali. Il problema che si pone agli avversari 
                  dellordine esistente è, in questo caso, come ricomporre 
                  ununità di azione fra i diversi segmenti della working 
                  class al di là delle singole collocazioni giuridiche. 
                  Il piccolo imprenditore che occupa dei salariati è di 
                  norma, invece, più affine al capo reparto di un segmento 
                  della produzione esternalizzato dalla grande impresa che al 
                  soggetto creativo che ci viene proposto e le condizioni di vita 
                  e di lavoro nella microimpresa sono in troppi casi riconducibili 
                  alle origini del capitalismo.
 Sarebbe di conseguenza, opportuna, una lettura meno affrettata 
                  di questordine di questioni.
 Cosimo Scarinzi(Torino)
    A 
                  proposito di Antonio Russo
 La mia ormai decennale amicizia con Antonio Russo, mi spinge 
                  da lettore della rivista, e dopo aver letto la lettera di Aldo 
                  Tosi da Perugia, a puntualizzare senza alcun intento polemico 
                  alcuni aspetti su cui potrebbero nascere equivoci e misinterpretazioni.1. Quando fu realizzata lintervista ad Antonio Russo, laggressione 
                  della Jugoslavia da parte NATO era ancora da venire. Lo scoppio 
                  del conflitto ha modificato in modo brutale la contestualizzazione 
                  dei fatti ivi esposti. Malgrado questo, i contenuti dellintervista 
                  rimangono corretti, sia nella forma che nella sostanza. Si tratta 
                  di una buona illustrazione del punto di vista degli albanesi 
                  del Kosovo PRIMA dellintervento NATO (a meno che non si voglia 
                  negare lo stato di apartheid instaurato da Milosevic). Ne è 
                  lecito sovrapporre retrospettivamente inesistenti forzature 
                  discriminatorie nei riguardi della popolazione cristiano-ortodossa 
                  di quella stessa regione (a meno che non si creda nellesistenza 
                  di unoggettività assoluta).
 2. Antonio Russo è una persona che non brilla per 
                  aver un carattere facile, o per assumere posizioni diplomatiche 
                  (chiunque lo avrà visto in televisione, credo non avrà 
                  difficoltà nel riconoscerlo). Egli non è, né 
                  lo è mai stato, un militante anarchico, ma resta comunque 
                  uno spirito libero, generoso e corretto. Quanto alle sue personali 
                  opinioni, espresse nellintervista, restano rispettabili e legittime, 
                  dettate come sono da un suo profondo convincimento, e non da 
                  qualsivoglia interesse mercenario: di questo, io ne sono più 
                  che convinto! Il suo è un punto di vista che aldilà 
                  delle convenienze politiche si è formato dallesperienza 
                  diretta della repressione (mesi e mesi in Kosovo), vissuta gomito 
                  a gomito con una parte delle vittime. Che questo lo abbia portato 
                  a formulare una visione unilaterale è innegabile ma comprensibile. 
                  Del resto, come unilaterale, legittima e rispettabile è 
                  stata la decisione di Aldo Tosi di non distribuire A Rivista 
                  anarchica in una città italiana.
 3. Il fatto che Antonio Russo svolga la sua professione 
                  (anche e non solo) presso Radio Radicale, unica emittente disposta 
                  ad avere tra i suoi collaboratori un "pazzo" incontrollato 
                  come lui, e il fatto che la sua lunga frequentazione e amicizia 
                  con i Kosovari mussulmani lo abbia portato su posizione belliciste 
                  ed ostili allattuale regime di Belgrado, non comporta automaticamente 
                  che la sua posizione possa essere "ingenuamente" appiattita 
                  sulla linea politica neo-liberista di professionisti della politica, 
                  come Pannella o la Bonino.
 4. Antonio Russo non è sul libro paga del SISMI, 
                  della CIA, né di altre associazioni culturali consimili: 
                  fatto questultimo che rende molto incerte le sue possibilità 
                  di raggiungere una qualche pensione danzianità, e a 
                  maggior ragione se continua a prestarsi ad andare sempre e comunque 
                  dove la parola passa alla violenza bruta, sia essa esercitata 
                  da qualsivoglia potere.
 Attualmente, anche dal punto di vista economico, Antonio 
                  resta un indipendente, con tutti i rischi del caso. Non cè 
                  alcun motivo di pensare che i suoi rapporti con istituzioni 
                  statali siano diversi da quelli di un qualunque altro giornalista 
                  indipendente che si trovi a lavorare su un qualsiasi teatro 
                  di guerra, e per questo necessiti di accrediti, visti permessi, 
                  lasciapassare o altro. Dubito, come chiunque, che si possa giungere 
                  in zona di combattimenti eludendo controlli, burocrazia e autorità 
                  varie. Infine non mi risulta che il SISMI segnali alle agenzie 
                  stampa (ANSA in testa) o su Internet lidentità dei propri 
                  agenti e informatori, affinché i compagni possano indignarsi. 
                  Saluti.
 Riccardo Villari(Roma)
    Ring 
                  ring anche noi
 Una lettera da Belgrado. 21 maggio 1999, di Bojan Djordjevic; 
                  direttore artistico del festival Ring Ring Cari amici e colleghi,sono giorni assai difficili questi. Ma anche quando la guerra 
                  e le politiche producono catastrofi la vita deve proseguire. 
                  A volte sembra essere la sola cosa rimasta, la vita.
 Non basta, naturalmente. Siamo in Europa, è il 1999 
                  e chi ha più voglia di parlare del nuovo millennio adesso? 
                  Con tutta la miseria intorno, le distruzioni e le rovine, come 
                  può sembrar lecito reclamare un festival di musica?
 Noi ce lavevamo il nostro festival, come avevamo molte 
                  altre cose, anche se ora sembra esistere solo nei nostri ricordi. 
                  Ma quando questa follia sarà finita, ci sarà ancora 
                  vita. E per tutti quelli tra di noi che hanno deciso di rimanere 
                  qui - o non ce lhanno fatta a scappar via - noi dobbiamo salvare 
                  quel che resta di una società umana e fraterna, multiforme 
                  per cultura e religione, aperta e leale.
 Dunque la risposta è: sì, abbiamo bisogno 
                  di festival di musica, così come del resto. E io so che 
                  voi potete aiutarci a far vivere il nostro festival Ring Ring 
                  pur in tempi terribili come questi. La Nuova Musica - se posso 
                  usare questo termine, ma preferirei chiamarla "musica attuale", 
                  o "musica innovatrice" - e i circuiti intorno ad essa, 
                  per mia esperienza, sono caratterizzati da relazioni personali 
                  sincere, da amicizia e solidarietà profonde. Le persone 
                  coinvolte in queste musiche hanno in larga misura un modo di 
                  intendere aperto, e sanno ascoltare gli altri. Daltra parte, 
                  il successo - o semplicemente la sopravvivenza - sarebbe cosa 
                  ben eccezionale se ognuno guardasse solo al proprio orticello, 
                  senza prestare aiuto agli amici o curarsi di loro. Per questo 
                  a noi piace aiutare gli altri, per quanto ci riusciamo; per 
                  questo agli altri chiediamo aiuto noi stavolta, e oggi lo stiamo 
                  ottenendo da così tanti di voi.
 Come accade un po dappertutto, appena finito un festival 
                  si comincia a pensare a quello successivo, si prendono contatti 
                  con i musicisti e con gli sponsor, si cerca di viaggiare il 
                  più possibile allo scopo di scoprire e ascoltare quanta 
                  più musica possibile, ci si vuole informare e incontrare 
                  persone. Si cerca di stare nei limiti, sempre restrittivi, delle 
                  disponibilità economiche, con lo scopo ben chiaro di 
                  rendere il prossimo appuntamento interessante almeno come quello 
                  appena concluso. Così è stato per me anche dopo 
                  Ring Ring 98, ma per tutti i dieci mesi scorsi ho come avuto 
                  il sospetto, in un angolo della mia mente - non dovete pensare 
                  che in Serbia siamo tutte teste quadre - che non tutto sarebbe 
                  andato per il verso giusto per il festival, e questo per via 
                  delle cose spaventose che stavano avvenendo in Kosovo. Tuttavia 
                  avevamo predisposto tutto quanto per tempo: il programma, con 
                  dieci concerti in quattro o cinque giorni a fine maggio, era 
                  quasi definito, il luogo sarebbe stato come sempre il Cinema 
                  Rex, avevamo perfino trovato qualche finanziamento quando ci 
                  è venuta addosso questa guerra. E appena pochi giorni 
                  dopo, Radio B92 - la radio indipendente che fin dallinizio 
                  ha prodotto con noi il festival - è stata presa e sequestrata 
                  con colpo di mano da persone sostenute dal regime.
 Ho pensato per un po che avremmo dovuto annullare il festival 
                  e attendere tempi più opportuni. Per fortuna, al giorno 
                  doggi è difficile impedire ai musicisti europei di creare 
                  la propria musica (chiedetelo alla gente dellex blocco orientale, 
                  o di Sarajevo). Non potendo fare il festival in Belgrado - o 
                  potendolo anche, ma soltanto con musicisti locali, in tal modo 
                  venendo meno a uno dei più importanti scopi del festival 
                  [Nella sua prima lettera di appello del 2 maggio 99, Djordjevic 
                  così elencava a Chris Cutler i motivi per cui non se 
                  la sentiva di invitare musicisti internazionali ad essere fisicamente 
                  presenti a Belgrado: "a) non cè sufficiente sicurezza; 
                  b) non abbiamo più radio B92 né il Cinema Rex; 
                  c) non abbiamo soldi per pagarvi il viaggio, e non è 
                  giusto chiedere ai musicisti di coprire a proprie spese tutto 
                  il viaggio in autobus fino a Belgrado; d) non posso garantire 
                  che ci siano ancora dei ponti sulla via del vostro ritorno; 
                  e) non voglio che nessuno di voi possa essere utilizzato come 
                  strumento di propaganda da parte di una delle parti in guerra", 
                  è nata lidea di Ring Ring Around the World, unedizione 
                  del festival dislocata territorialmente in tutto il mondo, contando 
                  sullamicizia, sulla solidarietà internazionale dei musicisti 
                  e sul desiderio artistico di esprimere la protesta contro ogni 
                  forma di crimine. Abbiamo chiesto a molti amici, musicisti e 
                  organizzatori di contribuire in ogni forma possibile nei giorni 
                  da noi scelti per il festival, dal 28 al 31 maggio. La risposta 
                  è già molto molto alta e il programma si arricchisce 
                  giorno dopo giorno. Il prologo è avvenuto lo scorso 18 
                  maggio a Gent in Belgio con un doppio concerto di Jean Derome 
                  & Dangereux Zhomes e di Ortekè; la conclusione sarà 
                  a fine mese a St. Etienne in Francia, dove il festival Musiques 
                  Innovatrices ha già intitolato la sua attuale edizione, 
                  la decima, al nostro Ring Ring.
 In mezzo ci saranno avvenimenti e concerti, alcuni trasmessi 
                  per radio oppure via Internet, a Mosca, Tokyo, Palermo, Feltre, 
                  Londra, Tilburg, Vienna, San Pietroburgo, Amsterdam, Bruxelles, 
                  Parigi, Roma, Kobe, Villeurbane, Stirling, Praga, Sapporo, ovviamente 
                  a Belgrado e speriamo anche a Budapest, Zurigo, Berlino, Stoccolma, 
                  Milano, Bologna e negli Stati Uniti. So inoltre che molti festival 
                  di musiche innovatrici che si tengono tradizionalmente in maggio 
                  offriranno il loro sostegno. Chiunque voglia partecipare in 
                  questarea di musiche innovatrici è il benvenuto; non 
                  cè bisogno di grandi discorsi o di forti prese di posizione, 
                  di discorsi politici o di propaganda a sostegno di questa o 
                  di quella parte coinvolta in questa follia. Come recita la canzone, 
                  "Il mio nemico è un uomo cattivo", e di nemici 
                  non vè traccia nel nostro piccolo circuito.
 Fin da quando abbiamo dato il via al festival Ring Ring 
                  nel 1996, il nostro obiettivo è stato quello di far conoscere 
                  quelle che chiamiamo "musiche innovatrici" a un pubblico, 
                  in Yugoslavia, che raramente ha avuto occasioni di venirne a 
                  contatto, presentando generi e proposte musicali quanto mai 
                  disparati, dallavant rock al free jazz, dalla musica improvvisata 
                  alla musica elettroacustica, dalla classica contemporanea alla 
                  world music. E poiché la musica era buona e innovativa, 
                  il pubblico ha sempre risposto molto bene, crescendo giorno 
                  dopo giorno, anno dopo anno, addirittura iniziando a prendere 
                  contatto diretto con i musicisti. Il festival ha rappresentato 
                  anche lopportunità per i musicisti yugoslavi di incontrare 
                  colleghi da tutti gli angoli del mondo. Ogni anno si sono avute 
                  collaborazioni tra musicisti locali e ospiti internazionali: 
                  nel 96 Chris Cutler e Stevan Kovacs Tickmayer hanno suonato 
                  con il decano della musica sperimentale in Yugoslavia, Erno 
                  Kiraly [Dellottantenne musicista è stato pubblicato 
                  nel 97 uno splendido album, Phoenix, proprio dalletichetta 
                  ReR di Cutler, nel 97 abbiamo presentato il giovane Lajko Felix 
                  a un vasto pubblico occidentale, e lanno successivo egli si 
                  è esibito insieme al celebre danzatore butoh Min Tanaka. 
                  Per i musicisti della scena locale il festival è di grande 
                  interesse; a un gruppo locale di nome Neocekivana Sila presente 
                  al festival lanno scorso si è unito sul palco Gianni 
                  Gebbia; un altro gruppo di qui, Rascep, avrebbe seguito questanno 
                  un laboratorio musicale con Lars Hollmer e i Samla Mammas Manna. 
                  Speriamo che Rascep prenda parte nonostante tutto al Ring Ring 
                  99 e che suoni a Belgrado il prossimo 30 maggio. Negli scorsi 
                  tre anni abbiamo avuto lopportunità di incontrare e 
                  ascoltare musicisti come Boris Kovac & Ritual Nova, Tom 
                  Cora, Ferus Mustafov, Fastilio, Dunaj, Petrovic/Floridis/Papa 
                  Nik, Cutler/Kiraly/Tickmayer, Pierre Bastien & Mecanium, 
                  Palinckx, Iconoclast, Fajt & Meneses, Justine, Yumiko Tanaka, 
                  Altered States, Lajko Felix, Levantine Jazz trio, Volapuk, Rose/Otomo/Cutler, 
                  Norma, Pluto, Kampec Dolores, Ground-Zero, Vasen, Min Tanaka 
                  & Lajko Felix, New Art Forum, Minton & Weston, Terra 
                  Arsa, Dagmar Krause & Marie Goyette, Neocekivana Sila e 
                  Rale: musicisti provenienti da più di quindici nazioni 
                  diverse e tutti loro, sono orgoglioso e lieto nel dirlo, qui 
                  sono stati bene, al sicuro e a proprio agio. Radio B92 ha pubblicato 
                  due raccolte su cd tratte dalle edizioni del festival del 96 
                  e del 97; quella del 98 era praticamente pronta quando è 
                  iniziata la guerra. Naturalmente, ci sono così tanti 
                  festival a maggio ogni anno! Ma musica buona ce nè così 
                  tanta che vi è spazio per tutti i festival - incluso 
                  Ring Ring. Ora grazie al vostro impegno e al vostro impareggiabile 
                  aiuto sarà possibile dar vita a un Ring Ring 99 "nel 
                  mondo", con la speranza di non doverlo più rifare 
                  in questo modo, mai più. Con molte molte grazie per il 
                  vostro sostegno e per tutto quello che avete fatto o farete 
                  per Ring Ring 99 Around the World.
 Con amicizia.
 Bojan Djordjevic(direttore artistico del festival Ring Ring)
 Lettera raccolta, tradotta e diffusa a cura di Circ.a musiche 
                  in circuito, coordinatore in Italia di alcune delle iniziative 
                  descritte a sostegno del festival Ring Ring. Attivo dal 94 
                  come struttura autogestita di coordinamento tra associazioni, 
                  il circuito Circ.a musiche in circuito cura e promuove 
                  lo svolgimento di concerti, incontri e laboratori musicali su 
                  territorio locale e nazionale, incoraggiando forme di contatto 
                  diretto e non episodico tra pubblico e artisti al di fuori dei 
                  ruoli tradizionali o di contesti esclusivi. Attenzione e interesse 
                  prioritari sono rivolti a quellambito vasto e diversificato 
                  di espressioni musicali originali ed eterodosse (improvvisazione, 
                  rock e jazz davanguardia, nuove sonorità...) che sfuggono 
                  alle logiche del consumo culturale o alle più scontate 
                  connotazioni di genere, ricercando modi non usuali di organizzare 
                  i suoni e di coinvolgere criticamente lascoltatore. Aderiscono 
                  al Circ.a centri e luoghi sociali, organismi culturali 
                  e singoli collaboratori di diverse parti dItalia, impegnati 
                  nella produzione e nella diffusione musicale secondo vicissitudini 
                  e modi propri, avvicinati dalla volontà di sostenere 
                  attività creative di segno innovatore con azione comune.  * Circ.a musiche in circuitotel. e fax 0464.431741
 e-mail: sa@seldati.it
 http://www.ecn.org/circ.a
    Palle 
                  di topo
  	Come sapete il mouse si chiama in francese souris, 
                  in spagnolo raton, in tedesco maus e solo noi, invece di chiamarlo 
                  topo, lo chiamiamo mouse. Gli americani della IBM non lo sapevano 
                  e hanno tradotto un po troppo letteralmente un loro manuale 
                  di istruzioni distribuito in tutte le filiali del mondo, tra 
                  cui quella italiana...Questo è il memorandum, realmente distribuito agli 
                  impiegati di tutte le filiali statunitensi Ibm.
 Nelle intenzioni di chi lo ha scritto è assolutamente 
                  serio, la traduzione è stata fatta dagli americani per 
                  gli impiegati della IBM Italia.
 Palle dei topi: Istruzioni per lusoLe palle dei topi sono da oggi disponibili come parti di 
                  ricambio. Se il vostro topo ha difficoltà a funzionare 
                  correttamente, o funziona a scatti, è possibile che esso 
                  abbia bisogno di una palla di ricambio.
 A causa della delicata natura della procedura di sostituzione 
                  delle palle, è sempre consigliabile che essa sia eseguita 
                  da personale esperto.
 Prima di procedere, determinate di che tipo di palle ha 
                  bisogno il vostro topo.
 Per fare ciò basta esaminare la sua parte inferiore. 
                  Le palle dei topi americani sono normalmente più grandi 
                  e più dure di quelle dei topi doltreoceano. La procedura 
                  di rimozione di una palla varia a seconda della marca del topo. 
                  La protezione delle palle dei topi doltreoceano può 
                  essere semplicemente fatta saltare via con un fermacarte, mentre 
                  sulla protezione delle palle dei topi americani deve essere 
                  prima esercitata una torsione in senso orario o antiorario.
 Normalmente le palle dei topi non si caricano di elettricità 
                  statica, ma è comunque meglio trattarle con cautela, 
                  così da evitare scariche impreviste.
 Una volta completata la sostituzione il topo può 
                  essere utilizzato immediatamente.
 Si raccomanda al personale esperto di portare costantemente 
                  con se un paio di palle di riserva, così da garantire 
                  sempre la massima soddisfazione dei clienti.
 Nel caso in cui le palle di ricambio scarseggino, è 
                  possibile inviarne richiesta alla distribuzione centrale utilizzando 
                  i seguenti codici:
 - PIN 33F8462 - Palle per topi americani
 - PIN 33F8461 - Palle per topi stranieri
 E voi, avete controllato le palle del vostro topo?
   
    Contro 
                  la pena capitale
 Ciaomi chiamo Giulio Bellucci e vi scrivo a nome mio e di un 
                  gruppo di persone per farvi conoscere lincredibile caso di 
                  Mark Lankford, un detenuto da circa 16 anni nel braccio della 
                  morte del penitenziario di Boise, Idaho, USA.
 Vi segnalo questo caso perché conosco bene lattenzione 
                  e la sensibilità dei centri sociali sui problemi della 
                  giustizia e dei diritti umani.
 Mark é stato condannato per omicidio in concorso 
                  con il fratello Bryan proprio grazie alle accuse dallo stesso 
                  Bryan rivolte nei suoi confronti al fine di poter beneficiare 
                  di una riduzione della pena.
 Successivamente alla condanna a morte, peraltro emessa per 
                  entrambi i fratelli, Bryan ha dato ripetuta testimonianza della 
                  reale motivazione delle sue accuse nei confronti di Mark, scagionando 
                  Mark da ogni addebito e dichiarandosi quale unico esecutore 
                  del delitto. Purtroppo tali evidenze non hanno consentito a 
                  Mark di ottenere il ribaltamento della sentenza nei suoi confronti 
                  ed ora é in attesa di un pronunciamento in merito alla 
                  data di esecuzione della condanna.
 I fatti sopra menzionati sono riportati in una dettagliata 
                  informativa fornita dai legali di Mark che potete visionare, 
                  unitamente al testo della petizione che stiamo diffondendo, 
                  sul sito 	http://members.tripod.it/G_B/index.html.
 Chiediamo la vostra collaborazione affinché vi uniate 
                  a noi per diffondere questo caso ed esercitare anche voi la 
                  pressione che da molti paesi si sta concentrando sulle autorità 
                  dellIdaho al fine di sventare questa ingiustizia contro un 
                  uomo innocente.
 Lo scopo di tale pressione non é quello di ottenere 
                  la grazia o un gesto di clemenza per Mark ma solo quello di 
                  permettere una riapertura del processo in cui sia finalmente 
                  consentito di produrre le molte evidenze circa la sua innocenza. 
                  Sicuro che anche questa volta vi dimostrerete sensibili di fronte 
                  al diritto alla giustizia vera e non vendicativa, vi ringrazio 
                  per lattenzione e rimango a vostra disposizione per qualunque 
                  chiarimento o suggerimento.
 PeaceGiulio Bellucci
 gbellucci@yahoo.com
  
                  
                     
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                          Sottoscrizioni Stefano Ancona (Monza), 20.000; 
                            Aurora e Paolo (Milano) ricordando Luciano Farinelli, 
                            1.000.000; Lorenzo Partesana (Sondalo), 50.000; Riccardo 
                            Caneba (Grottaferrata), 20.000; Massimo Ortalli (Imola) 
                            salutando la famiglia Finzi- Failla, 100.000; a/m 
                            Cesare Vurchio, Leonardo Muggeo (Canosa di Puglia) 
                            ricordando Luciano Farinelli, 50.000; a/m Rocco, Fabio 
                            (Settimo Milanese) per la causa, 5.000; Giuseppe Gessa 
                            (Cassina de Pecchi), 25.000; Giovanni Gessa (Cassina 
                            de Pecchi), 25.000; Oliviero Girlanda (Milano), 10.000; 
                            a/m Mario Bossi, ricavato del concerto per "A" 
                            di Stefano Giaccone e Lalli (Bloom di Mezzago, 9 maggio), 
                            285.000; Antonino Magnacca (Milano), 20.000; Claudio 
                            Bussetti (Loano), 29.000; Santini, 39.000; Pasquale 
                            Messina (Milano), 50.000; G. (Milano), 267.000; parte 
                            ricavato dalla Mostra artistica in memoria di Marina 
                            Padovese promossa in maggio dallAteneo Libertario 
                            e dalla Libreria Utopia (Milano), 600.000.Totale lire 2.575.000.
 Abbonamenti sostenitori Giuseppe Ceola (Malo), 
                            150.000; Vittorio Golinellli (Bussero), 150.000; Marco 
                            Cimarosti (Muggiò), 150.000; Gianpaolo Verdecchia 
                            (Firenze), 400.000; Gianluca Botteghi (Rimini), 150.000; 
                            Enrico Calandri (Roma), 200.000.Totale lire 1.200.000.
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