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 Il paradiso del giovane alternativo: 
                  i bar colorati, non ancora del tutto patinati, i negozi di vestiti 
                  usati, i concerti e quellatmosfera creativa e multicolore che 
                  si respira nelle strade. Il paradiso dellitaliano de playa, 
                  con le discoteche, i locali alla moda, e tutto per lo shopping 
                  a pochi chilometri dalla Costa Brava. Il paradiso del manager 
                  progressista, con la modernità fatta di palazzoni lustri, 
                  di ampi spazi metropolitani, di iniziativa imprenditoriale: 
                  le meraviglie della transizione dal franchismo ormai provinciale 
                  ai fasti della globalizzazione gestita trionfalmente dai bonari 
                  socialisti catalani, con in testa lex plurisindaco Margall, 
                  amicone di Cacciari. E il paradiso dei nostalgici della rivoluzione, 
                  sballottati da un carrer allaltro con il cuore che palpita 
                  passo dopo passo, leggermente storditi nel riconoscere sotto 
                  la patina della metropoli contemporanea i luoghi tante volte 
                  ritrovati sulle pagine dei libri, nei racconti, nelle foto.Tutto questo, e altro ancora: come ogni metropoli che si 
                  rispetti, a Barcellona cè un po di tutto, per tutti. 
                  Ma stupisce vedere come questo avamposto della modernità, 
                  scolpito e continuamente rimodellato nei decenni da una borghesia 
                  potente e progressista quanto sfruttatrice e crudele, non sia 
                  riuscito a schiacciare la Barcellona proletaria e libertaria 
                  che fin dal secolo scorso, dagli umidi vicoli dei quartieri 
                  popolari, non cessa di contribuire con forza a modellare la 
                  città secondo parametri opposti a quelli del denaro e 
                  del potere: quelli della libertà, delluguaglianza, della 
                  solidarietà che prende forma nel sindacato anarchico, 
                  negli ateneos, nelle rivolte urbane.
 Così, accanto alla Sagrada Familia ed alle 
                  geniali opere della ricca architettura modernista, nelle strade 
                  che percorrono quella follia fatta di ottagoni che è 
                  il barrio dellEixample tuttintorno alla Ciutat Vella, 
                  opera di Ildefons Cerdà, finiscono per correre i tram 
                  rossoneri della CNT nel luglio del 36, mentre la vita quotidiana 
                  di decine di migliaia di persone si trasforma con la collettivizzazione 
                  quasi totale di industria e servizi: dai barbieri alle società 
                  elettriche, dalle falegnamerie alle grandi industrie metalmeccaniche, 
                  fino al dramma dello scontro armato fra "rivoluzionari 
                  libertari" e "autoritari statalisti" allinterno 
                  dello stesso campo antifascista.
 La normalità della metropoli finisce per fluttuare 
                  in unatmosfera leggermente surreale, dove sembra trovare conferma 
                  la fattibilità dellUtopia, il "tutto è possibile", 
                  nel bene e nel male. Fino ai nostri giorni.
 I politici, i padroni, gli urbanisti non si sono infatti 
                  tirati indietro quando si è trattato, per lennesima 
                  volta, di cambiare pelle alla città: correva lanno 1992 
                  ed una parola chiave: Olimpiadi.
 Comincia allora in grande stile quella radicale opera di 
                  pulizia sociale e di lifting architettonico che allunga 
                  le sue ombre, con effetti devastanti, fino ai nostri giorni.
 Così, si "ripulisce" il porto dalla marea 
                  di chiringuitos, famosi per il pesce a buon prezzo, la 
                  malavita e latmosfera popolare per far posto al cinema 3d più 
                  grande del mondo ed al centro commerciale World Trade Center, 
                  ancora in fase di ultimazione, si "dota" la città 
                  di svariate circonvallazioni ad anello che attraversano di netto 
                  interi quartieri, sventrandoli, si costruiscono grattacieli 
                  in riva al mare, si riduce la parte vecchia e popolare della 
                  città ad un gruviera di interi isolati abbattuti per 
                  fare spazio a nuovi palazzi-carcere tutti uguali ed a strade 
                  disegnate in linea retta dove prima erano grovigli di vicoli. 
                  Si arriva a rifare le caratteristiche piazze terrose dai piccoli 
                  alberi ricoprendole di asfalto o di lisce superfici di pietra, 
                  incandescenti sotto il sole, togliendo le vecchie panchine "collettive" 
                  con nuovi modelli di design costituiti da sediloni individuali, 
                  magari di schiena luno rispetto allaltro.
 Le linee morbide e curve del gusto modernista di cui è 
                  intrisa tutta la città sono costrette a lasciare il posto 
                  ad una ripetizione infinitamente monotona di moduli lisci e 
                  squadrati, che esprimono chiaramente nelle forme quel tentativo 
                  di normalizzazione sociale che vi sta alla base.
 Ho ancora da parte un articolo apparso sul Manifesto nel 
                  maggio 1996, a firma di tal Nico Piro, in cui tutta questa galleria 
                  degli orrori viene descritta nei toni entusiastici della smania 
                  di onnipotenza di certa architettura contemporanea.
 Ecco quindi fiorire le boutique, le gallerie darte, 
                  ecco i turisti azzardarsi dove prima non avrebbero mai osato 
                  (ma se ne vedono ancora correre inutilmente dietro il loro portafogli 
                  ormai in mani altrui): da "Barcellona fatti bella" 
                  il Comune passa, lanno scorso, al nuovo slogan "Barcellona: 
                  la migliore bottega del mondo".
 Barcellona si trasforma in Carcelona, con un azzeccato 
                  gioco di parole che ricorda gli arresti preventivi di massa 
                  e la repressione delle manifestazioni di protesta nel 92.
 Tutto questo non passa in maniera indolore. Sotto lasfalto, 
                  dicono, prosperano ancora gli adokines, quei grossi porfidi 
                  che ricoprivano le strade e che servivano così bene a 
                  fabbricare le famose barricate che costellarono ogni evento 
                  rivoluzionario della città.
 Così, accanto alla città di plastica del turismo, 
                  dello shopping e delle multinazionali è cresciuta unaltra 
                  città che si è particolarmente espressa, in questi 
                  ultimi anni, con una formidabile espansione degli spazi occupati 
                  ed autogestiti, che hanno riempito di sé con intelligenza 
                  e creatività le strade della metropoli, in controtendenza 
                  rispetto allEuropa intera.
 Certo, non è tutto rose e fiori: in particolare stupisce 
                  la scarsa risposta che ha ricevuto in queste ultime settimane 
                  la guerra della NATO in Jugoslavia, nonostante la presenza di 
                  una forte e radicata cultura antimilitarista.
 Ma i segni di resistenza ed insieme di volontà di 
                  superamento dellomologazione del dominio sono qui ancora forti 
                  e ben visibili, e vale quindi la pena fare un viaggio attraverso 
                  laltra Barcellona di ieri e di oggi.
  Andrea Dilemmi e Meritxell Bacardit
   
                   
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 Spagna 
                        1936: lutopia si fa storia(VHS, 45 mm., b/n,, prezzo £ 25.000)
 Le immagini di questo documentario sono state girate tra 
                        il 1936 e il 1937 da operatori del Sindicato de lEspectaculo 
                        di Barcellona aderente alla CNT (Confederaciòn 
                        Nacional del Trabajo). Finalizzato a sollecitare la 
                        solidarietà internazionale antifascista, il commento 
                        originale del documentario, intitolato Fury over Spain, 
                        era in inglese, con una retorica modellata sullo scopo. 
                        Alla metà degli anni 70, a cavallo tra il tardo 
                        franchismo e il primo post-franchismo, il Comitato Spagna 
                        Libertaria di Milano ebbe dagli archivi iconografici della 
                        CNT copia di questo filmato per il quale riscrisse la 
                        colonna sonora secondo lo "spirito dellepoca". 
                        Ventanni dopo, il Centro Studi Libertari/Archivio "G. 
                        Pinelli" ha rimesso in circolazione questo filmato 
                        con un nuovo commento sonoro. E con le stesse immagini. 
                        Perché la memoria di un evento storicamente enorme 
                        non si perda.
 Per 
                        richieste: versamento dellimporto sul c/c post. n. 
                        14039200 intestato a Centro studi libertari, cas. post. 
                        17005, 20170 Milano - tel. e fax 02 28 46 923 |  |