| Gli ingredienti della nuova stagione 
                  di cronaca appaiono sorprendenti nella loro ripetitività. 
                  Sintetizzabili in Dilagano le baby gang (cfr. LEspresso 
                  N. 20 del 20/5/99), riprendono con poche variazioni il cliché 
                  dallallarme sociale: un occhio agli umori della famiglia-tipo 
                  allitaliana, laltro a sottolineare il generale bisogno di 
                  sicurezza. Se sono da registrare acmi periodiche nei reati minorili 
                  e un relativo incremento nellultimo decennio, il fenomeno non 
                  appare tuttavia possedere caratteri da catastrofe sociale. In una prospettiva più ampia, per origine e proporzioni, 
                  il fenomeno delle bande di quartiere richiama la realtà 
                  statunitense. Realtà che, al di là di commozioni 
                  presidenziali e titoli da prima pagina, suggerisce lantico 
                  tema del rapporto tra i modelli proposti da una data società 
                  e i comportamenti - devianti o meno - degli adolescenti. Una 
                  cultura che legittimi lomicidio quale giusta e collettiva pena 
                  e linconsulta proliferazione di armi tra la popolazione verserà 
                  lacrime di coccodrillo sulle imprese stragistiche dei propri 
                  figli. La "tolleranza zero", perla del Giuliani pensiero, 
                  non realizza la prospettiva di un superamento della violenza, 
                  quanto di un monopolio totalizzante della violenza. Una polizia 
                  investita di una missione salvifica viene a esercitare un potere 
                  via via più esteso e a erodere il già esiguo diritto 
                  di controllo da parte della comunità.
 Il problema che si viene a porre investe il senso e i limiti 
                  dellintervento repressivo. Se il tentativo in atto negli Stati 
                  Uniti di costruire un argine definitivo tra crimine e normalità 
                  si concretizza nel più ampio sistema carcerario che una 
                  società civile abbia mai concepito, è da sottolineare 
                  il carattere di disarmonia che una tale scelta implica. Il reato, 
                  o meglio il modello criminale, è replicabile allinfinito. 
                  Questo sta a significare che ridurre allimpotenza sociale, 
                  o eliminare fisicamente il "colpevole", può 
                  ottenere risultati solo sul breve periodo. Il nodo è 
                  come intervenire sulle cause. La decisione di Enrico VIII dimpiccare 
                  i vagabondi non ha certo alleviato la miseria e la disoccupazione 
                  nella società inglese del XVI secolo. Ciò non 
                  significa teorizzare la rinuncia passiva o non considerare la 
                  necessità di arrestare le smanie distruttive di singoli 
                  e gruppi.
 	 Imprinting 	mafioso  	La metropoli rappresenta lhumus di una criminalità 
                  minorile che, pur non rivelando in Europa caratteri limite, 
                  costituisce un fenomeno endemico. Il disagio che ne è 
                  allorigine assume a seconda dei quartieri di provenienza forme 
                  definite e si radica in modelli culturali specifici. Una decina 
                  di anni fa le cronache locali della periferia milanese segnalarono 
                  in modo sommesso - non era un periodo fertile - tentativi di 
                  estorsione ai danni dei commercianti da parte di una banda di 
                  quartiere. Sul modello delle organizzazioni criminali predominanti, 
                  un gruppo di quindicenni si era proposto come avanguardia del 
                  business del pizzo. In seguito, sfruttando il meccanismo dimpunità 
                  dei minori di 14 anni, lo spaccio di stupefacenti si è 
                  in più occasioni avvalso degli "spilli", baby 
                  pony-express della droga.Si tratta di contesti caratterizzati dallimprinting mafioso. 
                  I ragazzi provengono da ambiti dove la cultura dellomertà, 
                  della violenza eletta a medium relazionale e il familismo hanno 
                  radici salde. Trattandosi di archetipi possenti e autorevoli, 
                  le possibilità di fuga per quanti hanno la sfortuna di 
                  nascervi appaiono scarse. Lalternativa si riduce ai poli dellessere 
                  ripudiato, con relativo rischio di morte, e della cooptazione 
                  in una catena criminale che origina nelle profondità 
                  della genealogia. Non a caso lalta percentuale di disturbi 
                  psichiatrici che caratterizza le "famiglie" origina 
                  dal paradosso del "non aver scelta". Dinamica che 
                  dovrebbe illuminare rispetto alla scarsa efficacia dellintervento 
                  repressivo in termini di riequilibrio sociale. Il boss, i luogotenenti 
                  e i soldati di mafia sono fungibili. A una generazione finita 
                  "onorevolmente" dietro le sbarre o sotto le lapidi, 
                  ne segue una nuova, svezzata a colpi di lama e bomba.
 Nelle terre dove la voce del patriarca è legge, il 
                  clan si pone quale alternativa "di sangue" a uno stato 
                  poco presente e incapace di proporre modelli autorevoli. Il 
                  patto presuppone assoluta obbedienza e rinuncia alla parte umana 
                  e creativa di sé. Il mafioso rende oro o morte tutto 
                  ciò che tocca, e in realtà conduce unesistenza 
                  da forzato del crimine ben poco appagante e per nulla libera. 
                  Una rottura reale della catena è tuttavia possibile. 
                  Si tratta di proporre e far assimilare a partire dalla scuola 
                  modelli culturali e di vita altri, autenticamente umani. Lo 
                  stato è unentità algida e lontana, veicolo di 
                  retoriche, automitizzazioni e falsi sistemi valoriali. La comunità, 
                  non intesa come sviluppo di un gene, ma frutto di libera adesione 
                  tra pari, può rappresentare una alternativa reale. Il 
                  problema diviene confrontarsi con una società malata 
                  didentità, di capacità creativa e relazionale, 
                  apparentemente convinta che laccumulazione e la sopravvivenza 
                  fisiologica al limite delle possibilità della specie 
                  rappresentino i fini ultimi.
 Contrappasso di questa ansia di "riempire la propria 
                  esistenza" è un dilagante senso di insoddisfazione. 
                  Una cappa di noia, che neppure i planning più 
                  manageriali possono dissolvere, e che appare la chiave per penetrare 
                  il disagio della periferia, quanto della Milanobene. Furti, 
                  scippi, rapine a mano più o meno armata, estorsioni rappresentano 
                  le tappe di una coazione a ripetere che ha una forte valenza 
                  autodistruttiva. Il fine, più che ladesione a un ideale 
                  dellio malavitoso, è qui da individuarsi in un confuso 
                  senso di rivolta verso lautorità paterna e nella ricerca 
                  febbrile di "vere emozioni". I codici comunicativi 
                  e relazionali, i tentativi di evasione, sono frutto delle mode 
                  e dellesperienza della banda sul campo. Banda che il più 
                  delle volte al momento dellimpatto con la legge rivela tutta 
                  la propria adolescente fragilità. Ed è da questo 
                  punto di vista che lepiteto "baby gang" forgiato 
                  dal giornalismo rampante appare forzato.
 	 Turismo 	da sconvoltura  	Nella ricerca della trasgressione lincontro con 
                  la droga riveste un ruolo cruciale. È il capovolgimento 
                  "sintetico" del grigiore e del buon senso adulto. 
                  È lesperienza - limite del pedale dellacceleratore 
                  spinto al massimo. Il cocktail di musica techno sincopata, 
                  di amfetamino - derivati e alcool, ha nel furto di auto e nelle 
                  corse notturne il proprio apogeo. La discoteca diviene tempio 
                  del rito trasgressivo del sabato sera. I locali si sono selezionati 
                  negli anni, creando preziose occasioni di turismo da sconvoltura. 
                  Ma lemozione ha un prezzo che si autoalimenta progressivamente, 
                  e che parallelamente costringe a un vortice dimprese più 
                  audace e serrato.Le possibilità di mantenere uno status scolastico 
                  o lavorativo accettabile si fanno a questo punto ristrette. 
                  La vita comincia a scorrere tra gli argini del tempo dellattesa 
                  e del tempo dello sballo. Dove lemozione dura e adrenalinica 
                  della rapina si innerva e si confonde nellebbrezza della "cala" 
                  e nel clima cospirativo della trasgressione notturna. Il resto 
                  è nulla. È la difficoltà di scambiare quattro 
                  parole al di là dei punti cardinali di droga-furto-figa 
                  e motorino. È limpossibilità di sottrarsi al 
                  rapporto ossessivo con videogiochi e slot-machine del "solito 
                  bar". La costante affettiva, sia che si tratti di un padre 
                  balordo, sia di una pietra angolare di probità, è 
                  il "non voglio essere come lui". Tuttavia lo sguardo 
                  del mondo si rivela in un improvviso e casuale "sei già 
                  conciato peggio di lui".
 Le consonanze tra le bande delle periferie e i "Sancarlini" 
                  del centro si esauriscono qui. Esistono forme di contaminazione, 
                  spesso urbanisticamente motivate della recente emigrazione della 
                  borghesia milanese verso isole residenziali create dal nulla 
                  nella desolazione dellhinterland. Ma i gruppi hanno tendenza 
                  a mantenere distinti i caratteri di classe e a esibire codici 
                  e comportamenti propri. Se in altri contesti, in particolare 
                  nel meridione, il disagio economico può dirsi determinante, 
                  nel nord le sacche di povertà hanno un peso relativo. 
                  Il proletariato delle periferie soffre di una grave crisi esistenziale, 
                  di una endemica deprivazione culturale e affettiva. I modelli 
                  di integrazione faticosamente assimilati dalle generazioni precedenti 
                  sono da tempo andati in pezzi. E le utopie rivoluzionarie degli 
                  anni settanta hanno lasciato un vuoto di senso che appare incolmabile.
 Il mito di una "vita dignitosa" in un quartiere 
                  ghetto - due-locali-più-servizi in condomini più 
                  adatti a pollame che a umani - ha perso, semmai lha avuta, 
                  ogni attrattiva. La scelta è tra un tentativo di riscatto 
                  centrato su di un salto di classe -"diventare artigiano 
                  o commerciante, farsi la villetta in cooperativa"- o contestare 
                  lo squallore portandolo alle estreme conseguenze. Il motto fascista 
                  "Vale più un giorno da leoni che centanni da pecora" 
                  diviene "Vale più una notte di sballo che trentacinque 
                  anni ferie ad agosto e pensione pagate". I fondamenti civici 
                  della partecipazione democratica, della prolifica contribuzione 
                  al bene comune, appaiono bagliori lontani, venati duna ipocrisia 
                  troppo sbiadita anche per indignare.
 Crescendo simpatta con il mondo comè, non come 
                  dovrebbe essere, e se ne acquisiscono modelli e valori. E in 
                  questo senso la dimensione della deprivazione culturale si rivela 
                  in tutta la propria dirompente attualità. Il mondo della 
                  periferia è un mondo dove il riscatto possibile, lagio 
                  economico, appare quale positivo della scelta deviante. Alla 
                  frenesia della ricerca dellemozione si sostituisce la pari 
                  scadente prospettiva del lavoro totalizzante per la conquista 
                  della proprietà.
 	 Lo stigma 	della rassegnazione  	La deprivazione affettiva coinvolge il lutto di 
                  una generazione che ha vissuto cambiamenti storico-sociali di 
                  portata prima inimmaginabile e che si è spenta nella 
                  quotidiana lotta per adeguarvisi. I traumi causati dai processi 
                  interni dimmigrazione nel ventennio 50-70 sono al di là 
                  dallessere superati. Alla nostalgia del mondo bucolico pre-conflagrazione, 
                  si è sostituito il persecutorio arroccamento sulle posizioni 
                  conquistate. E non ha importanza che non si parli, che non si 
                  giochi, che il mondo abbia assunto le fattezze di cemento di 
                  una caserma. Importa il "posto" sicuro, il "tetto 
                  sulla testa", la televisione ventidue pollici e lutilitaria 
                  Fiat; importa la sopravvivenza. La generazione dei padri appare 
                  segnata dallo stigma della rassegnazione, stigma che nei figli 
                  inibisce la speranza in un mondo altro, senza la quale crescere 
                  perde il proprio senso.I racconti gioiosi sulla vita nelle case di ringhiera o 
                  di paese paiono in anticipo giungere da un altro millennio. 
                  Nei casermoni la gente si trova serrata nelle "unità 
                  abitative" come in loculi. Non cè fermento, non 
                  esperienza, si vive poco. La cena scandita dalle immagini della 
                  finction frullate con la morte in diretta ha sradicato 
                  quel poco di convivialità che i ritmi di vita e lavoro 
                  del post-industriale avevano risparmiato. E daltronde la sensazione 
                  comune è di avere sempre meno da dirsi, che le cose importanti 
                  giungano dai numeri stampigliati sulla busta paga e dai codici 
                  a barre delle merci dellIpermercato.
 Nei quartieri bene le forme della deprivazione assumono 
                  un carattere più ovattato. Le figure parentali sono, 
                  e sono state durante linfanzia, frequentemente assenti. La 
                  vita risulta scandita dalle necessità professionali, 
                  che si protraggono indefinitamente oltre la cena, e dalla fuga 
                  del week-end verso seconde case o paradisi esotici. In comune 
                  periferia e centro mostrano limpossibilità di una comunicazione 
                  reale. La mancanza è qui vanamente compensata dallaccumulazione 
                  di oggetti-regalo e figure sostitutive. I nonni divengono surrogati 
                  dei genitori creando pericolosi meccanismi di sovrapposizione 
                  e ambivalenza. Il rifiuto di un modello affettivamente sterile 
                  si traduce nel suo opposto dialettico. Un reato che lascia stupefatti 
                  e che, in contrasto con i codici dei bulli della periferia, 
                  non viene esibito fino allesito finale, nel tentativo di recuperare 
                  lemozione salvando lapparenza.
 Il livello danalisi del sistema mass-mediale, quanto la 
                  reazione istituzionale si fermano alla considerazione del sintomo: 
                  il comportamento deviante. Le gesta delle "baby gang" 
                  fanno notizia, incrementano audience, vendite e spazi pubblicitari. 
                  Porsi il problema di come rivitalizzare i quartieri e proporre 
                  modelli più umani appare anacronistico e datato.
  Massimo Annibale Rossi
 |