| Dopo i trattati di Maastricht e Schengen 
                  che di fatto sancivano la volontà politica di dar vita 
                  ad un'Europa aperta alla libera circolazione dei capitali e 
                  blindata per le persone, specie se immigrate e povere, venne 
                  coniata l'efficace metafora della "Fortezza Europa". 
                  In seguito ai recenti vertici UE di Bruxelles e Nizza quest'Europa 
                  dei capitali e delle polizie ha fatto un ulteriore balzo in 
                  avanti nell'edificazione di un polo di potenza che tenta, sia 
                  pure timidamente, di mettersi a fianco del colosso americano. 
                  A Bruxelles a dicembre è stata sancita la costituzione 
                  formale di un esercito europeo. Sta nascendo la "Caserma 
                  Europa". Quella che solo un anno orsono, in occasione del 
                  vertice UE di Tampere in Finlandia, appariva come una prospettiva 
                  remota, fumosa e difficilmente realizzabile, diverrà 
                  nel volgere di pochi anni una realtà. Nonostante i noti contrasti interni alla compagine europea da 
                  sempre spaccata tra il filoatlantismo inglese ed i nazionalismi 
                  francese e tedesco, è da tempo chiaro che l'Europa politica 
                  e monetaria è ormai pronta a dotarsi di un proprio strumento 
                  bellico, che, sia pure non del tutto indipendente dalla NATO, 
                  cui resta vincolato per la difesa dagli attacchi esterni, si 
                  propone come protagonista autonomo nella gestione delle crisi 
                  a carattere regionale. Una guerra come quella condotta in Kosovo 
                  potrebbe domani essere gestita come guerra (scusate, "intervento 
                  umanitario") europea. L'euro, in caduta libera nei confronti 
                  del dollaro dopo la guerra in Kosovo fortemente voluta dagli 
                  americani, da dicembre, dopo la decisione di costituire l'esercito 
                  europeo, è in netta ripresa.
 Intanto, sul piano interno, l'Unione sta sperimentando con un 
                  certo successo le "frontiere elastiche", frontiere 
                  formalmente cancellate che di fronte alla contestazione si chiudono 
                  per impedire ai manifestanti di circolare liberamente. È 
                  accaduto in occasione del vertice di Nizza e non dubitiamo che 
                  questo modello verrà presto esteso all'intero continente. 
                  Con buona pace delle anime pie convinte che i processi di globalizzazione 
                  abbiano ormai reso obsoleti gli stati nazionali, depotenziandone 
                  il ruolo e riducendoli alla mera funzione di amministratori 
                  decentrati. I robusti manganelli esibiti (ed usati) in occasione 
                  del summit nizzardo alla frontiera italo-francese di Ventimiglia 
                  e le violente cariche contro i manifestanti nella città 
                  rivierasca smentiscono chi si illude di poter contrapporre alla 
                  globalizzazione economica una riproposizione, sia pure riveduta 
                  e corretta in salsa Tobin, dello stato sociale. L'Europa "Fortezza" 
                  integrata dall'Europa "Caserma" è la realtà 
                  con la quale dobbiamo fare i conti in questo primo scorcio di 
                  secolo. Altro che tassa sui redditi per il salario sociale!
 
  Sempre più soldi per il militare
 I soldi pubblici vengono destinati al rafforzamento dell'apparato 
                  repressivo sul piano interno ed esterno. Italia, Francia, Germania 
                  e Inghilterra (paesi retti da governi di "sinistra") 
                  spendono intorno ai 200.000 miliardi di lire per armamenti ed 
                  esercito; il totale dei 15 paesi dell'UE dovrebbe toccare i 
                  400.000 miliardi secondo le previsioni di spesa delle leggi 
                  finanziarie del 2001. Lo scorso anno in Italia il governo di 
                  sinistra ha stornato fondi dal budget dell'edilizia ospedaliera 
                  per finanziare l'Eurofighter Typhoon, il supercaccia europeo. 
                  Nel solo settore dei caccia militari le valutazioni più 
                  caute ritengono che entro il 2010 tra i 136 e i 200 miliardi 
                  di dollari verranno destinati a livello mondiale ad aggiornare 
                  gli stormi da intercettazione. La finanziaria italiana del 2000 
                  contemplava già un significativo aumento delle spese 
                  militari allo scopo dichiarato di "produrre sicurezza" 
                  e, dei 32.839 miliardi del bilancio per lo scorso anno, ben 
                  5.338 erano dedicati all'acquisto di nuove armi. Tale spesa 
                  era considerata comunque ancora insufficiente rispetto ad un 
                  "fabbisogno" dichiarato di 9.000 miliardi annui per 
                  cui la finanziaria del 2001 ha incrementato ulteriormente il 
                  bilancio di previsione per la difesa attestandosi a quota 34.235 
                  miliardi, una quota che quasi sicuramente verrà sforata 
                  per far fronte ai numerosi impegni assunti dal governo per l'ammodernamento 
                  del proprio arsenale bellico. Un solo esempio: la gigantesca 
                  portaerei commissionata alla Fincantieri che dovrebbe divenire 
                  la nuova ammiraglia della Marina militare italiana il cui costo, 
                  secondo quanto riportato in autunno da "Il Sole 24 ore", 
                  dovrebbe aggirarsi intorno ai 2.300 miliardi entro il 2006, 
                  liretta più, liretta meno.L'esame dei bilanci di guerra degli ultimi anni mostra chiaramente 
                  una tendenza netta all'aumento generalizzato degli investimenti 
                  nel settore degli armamenti. In questo quadro la costituzione 
                  dell'esercito europeo costituisce un tassello in più 
                  di uno scenario che, banditi i fantasmi della guerra totale 
                  che avevano caratterizzato l'epoca del bipolarismo, contempla 
                  l'accendersi di focolai di guerra regionali come elemento non 
                  occasionale delle relazioni internazionali negli anni a venire. 
                  Naturalmente, secondo un copione ormai collaudato, le guerre 
                  moderne assumono la veste dell'intervento "umanitario", 
                  un intervento in cui le popolazioni civili sono le pedine di 
                  un gioco feroce in cui di volta in volta svolgono il ruolo di 
                  alibi etico, ostaggio ed occasione di lucrosi affari negli interventi 
                  di ricostruzione che seguono le esplosioni belliche. Poco importa 
                  se, oltre ai lutti ed alle distruzioni della guerra guerreggiata, 
                  delle bombe "intelligenti" che colpiscono ospedali, 
                  strade, autobus e case, alle popolazioni viene lasciato un territorio 
                  inquinato da armi chimiche, batteriologiche e da uranio impoverito 
                  che condannano alla malattia ed alla morte anche le generazioni 
                  future. Non è certo un caso che nel recente scandalo 
                  delle morti di soldati italiani impegnati nelle missioni "umanitarie" 
                  in Bosnia non una parola sia stata spesa per le innumeri vittime 
                  civili dei peacekeepers, i "portatori di pace".
 
  Ma la Carta è solo carta
 La nascita della "Caserma Europa" afferma la volontà 
                  dell'Unione di gestire in proprio gli affari regionali e, nel 
                  contempo, afferma una attitudine disciplinare sempre più 
                  marcata sia verso le frontiere esterne che nei confronti di 
                  quelle interne. Notevoli sono le risorse messe a disposizione 
                  dell'esercito UE dai diversi paesi. La nuova forza, che sarà 
                  operativa dal 2003, potrà contare su quasi 120.000 uomini 
                  dai quali dovranno essere selezionati, secondo le necessità 
                  operative, i 60.000 che saranno chiamati in teatro operativo. 
                  Francia, Gran Bretagna e Germania hanno impegnato rispettivamente 
                  20.000, 19.000 e 17.000 uomini più 80-100 aerei ed una 
                  trentina di navi. L'Italia ha dato il proprio contributo sia 
                  in uomini, dove è seconda solo alla Francia con 19.800 
                  effettivi, sia in mezzi con 47 velivoli dell'Aeronautica e 19 
                  navi (inclusa la portaerei Garibaldi), un reggimento di Fanti 
                  di Marina e 22 aerei ed elicotteri. Una carta di identità di tutto rispetto per un'Europa 
                  che a Nizza ha proclamato la propria "Carta dei diritti" 
                  tra il fumo dei lacrimogeni ed il fragore delle cariche di polizia. 
                  Nella Carta si sancisce che "l'Unione si fonda sui valori 
                  indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, 
                  di uguaglianza e di solidarietà" e che "Essa 
                  pone la persona al centro della sua azione istituendo la cittadinanza 
                  dell'Unione e creando uno spazio di libertà, sicurezza 
                  e giustizia." Belle parole... mentre le frontiere interne 
                  vengono bloccate da poliziotti europei e su quelle esterne si 
                  affacciano 120.000 soldati.
  Maria Matteo
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