Il vuoto comico 
                 
                  Buio. Blackout. Vuoto comico. 
                  Sì, comico, perché in quella situazione tragica 
                  che stava vivendo spiccava soprattutto la ridicola insensatezza 
                  del tutto. Il suo telefono cellulare era ormai fuori uso da 
                  quasi un giorno. A nulla erano serviti i tentativi di rianimarlo. 
                  L'apparecchio era morto stecchito, e nella discarica tecnologica 
                  si sarebbe portato via tutti i contatti telefonici memorizzati 
                  nella rubrica. Via anche i messaggi, e gli mms, e i video, e 
                  le app fondamentali e... 
                  Isolamento. Solitudine. 
                  Ora che si trovava improvvisamente sbalzato fuori dall'universo 
                  delle connessioni, aveva tempo per riflettere. Era un uomo offline 
                  a pochi metri dal precipizio. Anzi, a pochi minuti. Presto il 
                  tempo sarebbe scaduto. 
                  Per quanto drammatica fosse la sua condizione, non provava angoscia. 
                  Piuttosto si sentiva rassegnato. Lì, in quella fissità 
                  trascorsa sul divano di casa, tagliato fuori dal circuito delle 
                  parole in movimento, dalla rete delle occasioni, dall'infrastruttura 
                  stessa dell'esistenza, lì dentro non era più vita. 
                  Era piuttosto uno stato di pre-morte. Tra poco il cerchio si 
                  sarebbe chiuso. 
                  Certo, avrebbe potuto optare per un'azione disperata, d'emergenza, 
                  tipo sfondare la vetrina di un rivenditore, acchiappare il primo 
                  smartphone inserirvi la sua sim card. A che pro? 
                  Si sarebbe rimesso in connessione, certo, ma solo per poco. 
                  L'arresto lo avrebbe riconsegnato al silenzio. 
                  Rivolgersi a un amico? Alla vicina di casa? 
                  Troppo tardi. Non ne aveva voglia. Tempo quasi scaduto. 
                  Ne aveva avute di opportunità, qualcuna l'aveva anche 
                  afferrata, per arrivare però solo a uno stato di dipendenza 
                  da quell'apparecchio ormai guasto. 
                  Che senso aveva tutto ciò? 
                  Tempo scaduto. 
                  Clic. 
                  Una voce neutra eppure insolente uscì dal videofono di 
                  casa. 
                  <Apparecchio 778. Classificato come prodotto di telefonia 
                  mobile. Destinazione: smaltimento nella discarica B7Y3 causa 
                  cessata funzionalità>. 
                  Poi la voce andò avanti con la stessa insolenza distaccata 
                  e metallica. Stava per arrivare a lui. 
                  <Clone 6XY7 della serie “Umanoidi terrestri”. 
                  Soggetto disconnesso da più di 24 ore. Si dispone il 
                  suo immediato trasferimento nella fabbrica Alpha3bis dove sarà 
                  resettato per comportamento antisociale> 
                  Fine della comunicazione. 
                  Ecco il senso del ridicolo, il famoso vuoto comico. Sarebbe 
                  stato trascinato da un nastro trasportatore verso una macchina 
                  che lo avrebbe smontato, sezionato e ricomposto secondo criteri 
                  di utilità sociale. Più semplicemente sarebbe 
                  morto. Prodotto resettato. 
                  Fu in quel momento che un trillo acuto e perforante s'impose 
                  sul silenzio. Davanti agli occhi gli si aprì qualcosa 
                  di simile a un'allucinazione, una specie di voragine attorno 
                  a cui stava ruotando la sua stanza. Si sentì galleggiare 
                  in mezzo agli oggetti più vicini, mentre il telefono 
                  cellulare si stava perdendo alla deriva di una zona nebulosa. 
                  Era il preannuncio del vuoto comico? 
                  Non ebbe tempo di darsi una risposta perché una luce 
                  squarciante lo colpì con violenza agli occhi e lo fece 
                  barcollare con le mani in avanti. Si ritrovò seduto sul 
                  letto, nudo e tremante, riconsegnato al pallido chiarore del 
                  mattino estivo. La solita sveglia puntata alle sette e trenta 
                  faceva brillare il telefonino di una luce sinistra e molesta, 
                  come provenisse da un corpo resuscitato. O era un miracolo, 
                  oppure lui aveva semplicemente sognato qualcosa d'indigesto. 
                  Il peggio comunque era passato, anche se era stato tutto molto 
                  realistico. 
                  Il telefonino continuava a ringhiare con la sua sveglia incorporata. 
                  Un trillo dopo l'altro, il suono cresceva d'intensità, 
                  rumoroso richiamo alla vita lavorativa e ai suoi adempimenti. 
                  Lui decise di assecondare l'istinto. Afferrò l'apparecchio 
                  e lo scagliò con violenza contro il muro, e ci mancò 
                  poco che un frammento di plastica lo colpisse di rimbalzo. Morte 
                  indotta del prodotto. Omicidio tecnologico volontario. Chiamò 
                  l'ufficio e si diede malato. Poi si riaddormentò. Un 
                  incubo al giorno poteva bastare.
                
  Paolo Pasi
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