Calabria/ 
                  Te lo dico con una “strina” 
                Il paesino di Lago, in provincia di Cosenza, conta circa tremila 
                  residenti ed è molto conosciuto in Calabria per la tradizione 
                  della strina e, in generale, per un peculiare e (per me) molto 
                  positivo individualismo di molti dei suoi cittadini, in accordo 
                  al quale seguono più fedelmente ciò che balena 
                  loro nella mente piuttosto che idee-forma precostituite. 
                  La “strina” (strenna) comunque appartiene a una 
                  tradizione folklorica più ampia del solo paese di Lago 
                  e generalmente ha carattere di questua (cantarla e poi ricevere 
                  del cibo), di lode per il gesto di accoglienza di qualcuno che 
                  ti ospita, oppure di buon augurio. A Lago invece assume connotazioni 
                  diverse quali quelle di una poesia dal sapore ironico e sarcastico. 
                  I testi analizzano e commentano eventi recenti, sia di costume 
                  che politici. Conosciamo strine di denuncia, di protesta, di 
                  rimprovero o di scherno mirate a “colpire” il diretto 
                  avversario ma anche terzine d'amore appassionato rivolte a ragazze. 
                  “Da qualche decennio si svolge a Lago una rassegna-festival 
                  delle strine, con carattere meno protestatario, più moralistico, 
                  esistenziale e di sfottò. I Suonatori Libertari Calabresi, 
                  nel loro cd, hanno sapientemente recuperato una strina dal carattere 
                  fortemente libertario: A Strina du Judeu. Il carattere 
                  anarchico di questa strina è stato evidenziato, qualche 
                  anno fa, anche dal collettivo musicale dei Dedalus di Cosenza 
                  in un libretto che accompagnava una loro registrazione del canto.” 
                  Per quanto riguarda la tecnica musicale e le sue trasformazioni 
                  nel tempo non intendiamo, in questa occasione, entrare nel merito 
                  (ne scriveranno, ci auguriamo a breve, amici e compagni esperti 
                  in materia). Possiamo, per il momento anticipare qualche notizia 
                  sull'origine della strina. La terzina di endecasillabi che i 
                  laghitani tradizionalmente compongono e cantano, al suono delle 
                  chitarre e dei mandolini, sembra derivi dal trimetro giambico 
                  (quella giambica era una poesia simposiale della Grecia arcaica 
                  nata intorno al VII secolo a.C., caratterizzata da turpiloquio, 
                  invettiva, osceno e ridicolo). Questo genere di poesia fu perfezionato 
                  da Archiloco di Paro, un poeta greco che, secondo Erodoto, visse 
                  tra il 690 e il 630 a.C. 
                  A Lago, in origine, le strine venivano cantate andando nelle 
                  case e poi banchettando, proprio come si ricorda nella tradizione 
                  greca. Un'altra versione suppone che la strina derivi dai Saturnali 
                  romani, nei quali veniva concesso agli schiavi la possibilità 
                  di dire tutto ciò che volevano. Ma può anche darsi 
                  che queste interpretazioni possano essere messe in discussione 
                  in favore di origini più vicine.  
                  Nel cd dei Suonatori Libertari Calabresi prodotto dalla Società 
                  Altra di Spezzano Albanese dal titolo Quannu vene l'anarchia 
                  i testi delle canzoni rispettano fedelmente le caratteristiche 
                  poetiche, politiche e musicali del canto anarchico tradizionale. 
                  I canti raccontano di ingiustizie, utopie, voglia di lotta e 
                  di riscatto degli abitanti di una terra che appare quasi immobile, 
                  che, come direbbe Ivano Fossati, sembra “asciugarsi al 
                  sole”. 
                  Tra le canzoni più belle contenute nella raccolta vi 
                  è senz'altro La strina du Judeo, una composizione 
                  dall'evidente sapore autobiografico scritta ad personam da cittadino 
                  di Lago1.
                 
                   
                    |   A 
                        strina du Judeu  | 
                   
                   
                    in 
                      dialetto calabrese 
                      “Su nume m'hanu misu de Judeu 
                      Pecchì rispettu 'un puortu a nessunu, 
                      Mancu alla carne e né allu sangu meu. 
                      Ca signu sempre all'erta ppe' cantari 
                      Ogni parola è cchiù 'e 'na curtellata, 
                      Ca sa di spregiu sangu ha dde lassàri. 
                      Nemici tiegnu assai ppe' 'su paise, 
                      Amici nu' nde tiegnu e nu' nde vuagliu; 
                      Ca chine tocc'a mia ce fa le spise. 
                      Ca iu' e 'na sula cosa truovu sfiziu, 
                      Ha de venì' 'nu forti terremuotu 
                      O puramenti 'u jurnu d' 'u judiziu. 
                      D'i poveri 'un tiegnu compassiona 
                      D'i ricchi mi scipperra li custuni, 
                      D'i santi 'un truavu mancu divuziona. 
                      Nemicu di guvierni viecchi e nuovi 
                      Su' statu sbirru di la pulizia, 
                      Ma adduvi tu m'attacchi 'un mi ci truovi. 
                      Vulerra vi' li prieviti vrusciare 
                      Intra le vampe di lu paradisu 
                      E ppe' lu pentimientu jestimare. 
                      Vulerra vid' i judici 'n galera, 
                      Li tribunali diventà 'cantina, 
                      Li codici vinduti 'ntra la fera. 
                      Vulerra c'affannassiru i putienti 
                      C'a strata pulizzasseru ccu' la lingua 
                      Davanti allu cchjiù strazzunu d'i pezzienti. 
                      Si chissu 'un ci arivassa a lu vidìri 
                      Mi fazzu 'u stessu 'sa bella cantata, 
                      Cchiù scuru 'e menzannotte 'un po' veniri. | 
                    in 
                      italiano2 
                      Questo nome mi hanno messo di giudeo3 
                      perché rispetto non porto a nessuno, 
                      manco al sangue e né alla carne mia. 
                      Sono sempre all'erta per cantare 
                      Ogni parola e più di una coltellata 
                      Che sa di spregio e sangue deve lasciare. 
                      Nemici ne ho molti in questo paese, 
                      Amici non ne ho e non ne voglio; 
                      E chi mi tocca ci fa le spese. 
                      Io in una sola cosa trovo piacere, 
                      deve venire un forte terremoto 
                      oppure il giorno del giudizio. 
                      Dei poveri non ho compassione 
                      Dei ricchi gli scipperei le costole4, 
                      dei santi non trovo neanche devozione. 
                      Nemico dei governi vecchi e nuovi 
                      Sono stato sbirro di polizia, 
                      Ma dove mi attacchi non mi ci ritrovi. 
                      Vorrei vedere i preti bruciare 
                      Dentro le fiamme del paradiso 
                      E per pentimento bestemmiare. 
                      Vorrei vedere i giudici in galera, 
                      i tribunali diventare cantina, 
                      i codici venduti in una fiera. 
                      Vorrei che si sporcassero i potenti 
                      Che puliscano la strada con la lingua 
                      Davanti al più straccione dei pezzenti. 
                      Se non dovessi arrivare a vedere questo 
                      Mi faccio lo stesso questa bella cantata, 
                      Che più buio della mezzanotte non può venire. | 
                   
                 
                 In conclusione non mi rimane che ringraziare, per la loro 
                  collaborazione, gli amici e i compagni del gruppo musicale SLC 
                  i quali, da decenni, dedicano gran parte della loro attività 
                  alla ricerca storica abbinata a quella musicale. Questo loro 
                  continuo e proficuo lavoro li rende uno dei gruppi musicali 
                  più originali nel panorama della canzone popolare calabrese.
                  Angelo Pagliaro 
                  angelopagliaro@hotmail.com
                 Note 
				 
                  - A detta di Ottavio Cavalcanti (Le strine atipiche di Lago, 
                  Soveria Mannelli, 2005) la strina in questione è stata 
                  composta dal dott. Nicola Palumbo, essendogli stata richiesta 
                  da un certo Francesco Martillotto, detto anche Pugliano. La 
                  strina, appunto, parla proprio della personalità di Martillotto 
                  / Pugliano.
                  
 - La strina è preceduta da una terzina che i SLC non 
                  hanno inserito nella versione contenuta nella loro raccolta 
                  di canti libertari calabresi: “Stasira si prisenta a vua 
                  Puglianu / u capu camurrista du paisu / ccu nu purmune sfattu 
                  e l'altru sanu”. (Questa sera si presenta a voi Pugliano/il 
                  capo camorrista del paese / con un polmone sfatto e l'altro 
                  sano). “Camurrista” qui sta evidentemente per “attaccabrighe.”
                  
 - In Calabria, l'avversione nei confronti dei giudei era sostanzialmente 
                  alimentata dalla tradizione teologica bizantina e lo stesso 
                  San Nilo riteneva, in merito a questioni di giustizia, che ci 
                  sarebbero voluti sette ebrei per eguagliare un cristiano. Gli 
                  ebrei, inoltre, erano considerati “miserabili”, 
                  “senza religione” e “uccisori di Dio”. 
                  A partire da quest'ultimo periodo, invece, quella dei giudei 
                  appare come una realtà ben integrata nel contesto storico-culturale 
                  regionale e il sentimento di antisemitismo spesse volte richiamato 
                  appare, come ha precisato il professor Cesare Colafemmina, eminente 
                  studioso delle realtà ebraiche dell'Italia meridionale, 
                  “più un prodotto di cultura ecclesiastica che un 
                  fatto spontaneo”.
                  
 - Alla quinta terzina, al posto di “custuni” (costole) 
                  andrebbe letto “cugliuni”, cioè: ai ricchi 
                  strapperei i coglioni. Custuni è una variazione introdotta 
                  dai SLC, molto probabilmente per esigenze legate alle loro esecuzioni 
                  pubbliche.
  
                 
                
                 
                 
                 
                  Per non perdersi/ 
                  tra le nuvole (informatiche) 
                In informatica i neologismi e gli acronimi sono all'ordine 
                  del giorno: per altro, non sempre il loro uso è reso 
                  inevitabile dall'introduzione di una qualche inedita tecnologia. 
                  Dietro a ogni nuovo termine, in realtà, è facile 
                  scorgervi vere e proprie strategie di marketing. Nel 2008 la 
                  Dell, uno dei maggiori produttori di personal computer al mondo, 
                  ha persino cercato di assicurarsi il copyright sull'espressione 
                  “cloud computing”; tentativo in seguito fallito. 
                  L'etichetta è innanzitutto un modo nuovo, commercialmente 
                  appetibile, per indicare la vecchia e classica architettura 
                  client server: uno o più server offrono servizi in rete 
                  a uno o più client attraverso specifici linguaggi di 
                  comunicazione (i protocolli). Il web ne è un tipico esempio: 
                  una rete di nodi asimmetrici, di cui i principali sono i siti 
                  e le applicazioni pubblicate dai web server; mentre i nodi secondari, 
                  i client, sono rappresentati dai browser degli utenti. 
                  Chi naviga non sa nulla della locazione fisica dei server. Le 
                  risorse pubblicate in rete dal computer sotto casa o quelle 
                  pubblicate dall'altra parte del mondo, sono navigabili esattamente 
                  allo stesso modo. Le distanze geografiche, sul web, non esistono 
                  più. Il cloud computing non fa che amplificare questo 
                  processo di dematerializzazione. I servizi di archiviazione 
                  on line, come Dropbox o Ubuntu One, permettono di memorizzare 
                  i propri files su una qualche nuvola in rete, rendendoli accessibili 
                  non solo dal proprio computer di casa o d'ufficio, ma da qualsiasi 
                  dispositivo collegato a internet. Non si è più 
                  costretti a portare con sé i propri files: essi sono 
                  sempre raggiungibili in rete, pronti all'uso. 
                  Certamente l'utente non dispone più dell'accesso fisico 
                  ai propri archivi; ma questo per la maggior parte di noi non 
                  costituisce, almeno apparentemente, un problema: anche se non 
                  si sa dove i propri dati siano memorizzati, l'importante è 
                  che siano al sicuro, che il loro accesso sia facile, comodo 
                  e immediato. 
                  Il termine “cloud” allude anche al fatto che i servizi 
                  offerti non sono semplici o atomici, ma articolati in veri e 
                  propri sistemi. Ciò che viene offerto è una “nuvola” 
                  di servizi: non soltanto un'applicazione o un software, ma intere 
                  infrastrutture informatiche. In questo caso si parla di IaaS, 
                  di Infrastructure as a Service. I servizi IaaS sono alla base 
                  della maggior parte dei servizi cloud: dei PaaS (Platform as 
                  a Service), dei SaaS (Software as a Service), degli HaaS (Hardware 
                  as a Service). 
                  Tra i principali fornitori di servizi IaaS vi è Amazon, 
                  la nota multinazionale del commercio elettronico. L'Amazon Elastic 
                  Computer Cloud (EC2) permette agli utenti di affittare computer 
                  virtuali (nonché intere infrastrutture di rete), sui 
                  quali installare ed eseguire le proprie applicazioni. È 
                  possibile creare, lanciare, chiudere istanze di macchine server, 
                  pagandole ad ore (per questo il servizio è detto “elastico”), 
                  appoggiandosi ad uno dei diversi data center Amazon sparsi per 
                  il globo. Il tutto può essere attivato tramite un set 
                  di funzioni integrabili in qualsiasi applicazione affacciata 
                  sul web. Di conseguenza con EC2 anche una piccola azienda d'informatica, 
                  dotata di un solido know-how, è in grado di attivare 
                  sofisticate infrastrutture tecnologiche a costi concorrenziali. 
                  I vantaggi per chi usufruisce dei servizi in cloud, dunque, 
                  sono innegabili: convenienza, comodità, flessibilità, 
                  scalabilità, produttività ecc... Oggi per restare 
                  sul mercato l'uso o la realizzazione di servizi cloud è 
                  una scelta obbligata anche per le piccole o medie aziende, nonché 
                  per lo stesso settore pubblico. Già nel 2012 l'Unione 
                  Europea aveva varato l'iniziativa European Cloud Partnership 
                  (ECP), un bando di 10 milioni di euro, destinato agli enti pubblici 
                  europei con lo scopo di promuovere un mercato europeo dei servizi 
                  cloud facendo leva sulla domanda dello stesso settore pubblico. 
                  In conclusione, oggi, è pressoché impossibile 
                  lavorare in campo informatico ignorando le grandi nuvole che 
                  si addensano in rete. Chi realizza siti web, giusto per fare 
                  un esempio, non può permettersi di ignorare le regole 
                  SEO di Google o l'integrazione verso i principali social network, 
                  così come chi si occupa di streaming video deve confrontarsi 
                  con i servizi offerti da YouTube. Certo, anche in passato, chi 
                  si occupava d'informatica non poteva ignorare le soluzioni sviluppate 
                  dalle grandi multinazionali quali Microsoft o Apple. 
                  Oggi però con il cloud computing, ogni soluzione tecnologica 
                  finisce con l'appoggiarsi o dipendere da quelle dei grandi hubs 
                  di rete. Il cuore di un qualsiasi sistema informativo, compresi 
                  i dati più importanti e sensibili, può trovarsi 
                  da qualche parte, lontano, perso su una nuvola internet, direttamente 
                  o indirettamente in mano a uno dei padroni dell'informatica. 
                  Il cloud computing, così come oggi è (ovvero in 
                  mano ai pochi), non solo pone evidenti problemi alla tutela 
                  della privacy e della sicurezza dei dati, ma soprattutto rafforza 
                  l'idea che la perdita d'autonomia, anche in campo tecnologico, 
                  sia sempre a costo zero, o addirittura che possa apportare solo 
                  vantaggi. 
                  Da questo punto di vista il successo di Facebook è paradigmatico: 
                  la creazione di un enorme recinto virtuale, una grande gabbia 
                  dorata, in cui tutti possono liberamente entrare e vivere, certo 
                  comodamente, con i propri amici e familiari, mettendo a rischio 
                  la propria privacy, ma soprattutto, sacrificando la propria 
                  autonomia in favore di una nuova concentrazione di potere. Il 
                  problema della perdita d'autonomia, di competenza e quindi di 
                  libertà è stata evidenziato innanzitutto da uno 
                  degli esponenti più importanti del movimento del free 
                  software, Richard Stallman, il quale ha giustamente asserito 
                  senza mezze misure, che il cloud computing è una minaccia 
                  per la libertà digitale incomparabilmente maggiore di 
                  quella procurata dai vecchi e nuovi software proprietari. Del 
                  resto anche se tutti i servizi cloud fossero realizzati con 
                  software libero (come spesso avviene, basti pensare al social 
                  network Twitter), questo non diminuirebbe affatto il pericolo 
                  della perdita di libertà, di autonomia, di controllo 
                  da parte di noi utenti. 
                  In questi ultimi anni, comunque, molti attivisti digitali, ma 
                  anche molte aziende, stanno cercando di offrire soluzione tecnologiche 
                  alternative al modello attualmente vincente dei grandi hubs 
                  di rete. 
                  Il modello peer-to-peer, delle architetture tecnologiche anarchiche 
                  e democratiche è la strada che si sta percorrendo. I 
                  tentativi, i progetti non mancano, come ad esempio Diaspora, 
                  un personal web server costituito da software libero che implementa 
                  una rete sociale distribuita che offre funzionalità simili 
                  a quelle di Facebook. L'obiettivo del progetto è chiaramente 
                  quello di creare un sistema decentralizzato e sicuro, contribuendo 
                  a proteggere la privacy degli utenti, facendo sì che 
                  diverse istanze di Diaspora, installate su server sparsi in 
                  tutto il mondo, comunichino. 
                  Una nuvola composta da migliaia, milioni di utenti può 
                  riuscire a vincere la sfida contro la privatizzazione in atto 
                  della rete. Com'è stato giustamente evidenziato il People's 
                  cloud è la logica estensione e la continuazione dello 
                  spirito libertario e egualitario del software libero. Se non 
                  ci dimentichiamo che la perdita di autonomia, di controllo e 
                  libertà non è mai un bene, per quanto possa apparire 
                  comodo e piacevole, non è detto che tra le nuvole ci 
                  si debba inevitabilmente perdere.
                  Luca Cartolari 
                 
                 
                  Brasile/ 
                  Carcere e violazione dei diritti umani 
                Il carcere di Pedrinhas, a São Luis, capitale del Maranhão, 
                  è diventato il simbolo di un sistema penitenziario che, 
                  lungi dal porre rimedio al sempre maggiore numero di crimini 
                  e di violenze, attuando trattamenti inumani e degradanti, provoca 
                  e rafforza condizioni che generano violenza e crimini ancora 
                  maggiori. 
                  Se sessanta omicidi all'anno in un solo carcere non sono numero 
                  da poco, e se a questi si aggiungono le condizioni di sovraffollamento, 
                  di violenza tra e contro i detenuti, di continuo oltraggio alla 
                  dignità, non solo dei reclusi ma anche delle donne che 
                  vanno a far loro visita e che vengono stuprate dai boss di bande 
                  rivali, allora si comprende come nell'agenda degli impegni del 
                  Brasile, piuttosto che le luminarie e gli sprechi per i prossimi 
                  mondiali di calcio, debbano essere inserite misure urgenti per 
                  migliorare le condizioni di vita all'interno delle carceri, 
                  porre un freno alle continue violazioni dei diritti umani, garantire 
                  la tutela della vita di quanti si trovino sotto la custodia 
                  dello stato. 
                  Impegno inderogabile, soprattutto dopo le notizie diffuse lo 
                  scorso gennaio che han fatto puntare l'attenzione internazionale 
                  sulla detenzione nelle prigioni brasiliane, in particolare nel 
                  complesso penitenziario di São Luis, ormai noto come 
                  “carcere degli orrori”. Pedrinhas è diventato 
                  (im)popolare non già per le condizioni di affollamento, 
                  di degrado, di mancanza di igiene e di garanzie personali, ma 
                  a motivo di un video messo in rete il 7 gennaio dal giornale 
                  telematico A Folha de São Paulo, che desta indignazione 
                  e preoccupazione. 
                  I fatti, avvenuti in carcere tra due fazioni di una stessa banda 
                  che si contendono il potere sul narcotraffico, sono stati ripresi 
                  dal cellulare di un detenuto. Il video dura due minuti e mezzo; 
                  le scene sono raccapriccianti e culminano con il reiterato vilipendio 
                  di tre teste, mozzate ed esibite come trofeo prima di essere 
                  abbandonate vicino ai corpi decapitati che hanno nome di: Diego, 
                  21 anni, Irismar, 34 anni, Manoel, 46 anni, sui quali sono visibili 
                  molti segni di tortura. Nel video che circola in rete non viene 
                  mostrato Gilson, 27 anni, figlio di Manoel, accoltellato ma 
                  non decapitato. 
                  Le prigioni del Maranhão non sono nuove a queste mattanze: 
                  il 7 febbraio del 2011, una ribellione nel carcere di Pinheiros 
                  si concluse con l'uccisione di 18 detenuti, tre dei quali erano 
                  stati decapitati e le teste lanciate oltre il muro di cinta 
                  quando la polizia aveva tentato di fare irruzione nei locali 
                  occupati. I detenuti lamentavano acqua imbevibile e cibo avariato. 
                  Nell'ottobre del 2013, a Pedrinhas, un'altra rivolta aveva fatto 
                  10 morti e 20 feriti: circa 60 detenuti stavano tentando la 
                  fuga attraverso una galleria scavata sotto le celle. 
                  È evidente come non bastino i 131 milioni di reais che 
                  il governo del Maranhão dichiara di avere stanziato per 
                  miglioramenti strutturali dall'inizio del mandato Sarney; e 
                  non basta neppure che sia stata prorogata la permanenza della 
                  polizia militare all'interno del carcere. Servono, invece, iniziative 
                  inderogabili e concrete che limitino l'affollamento (i detenuti 
                  sono quasi il doppio della capienza massima) e che garantiscano 
                  la dignità e l'incolumità delle persone recluse. 
                  Oltre ad Amnesty international e all'Alto commissariato delle 
                  Nazioni Unite per i diritti umani, le chiede l'ordine degli 
                  avvocati del Brasile, anche a seguito dei dati diffusi da una 
                  indagine pubblica condotta all'interno dei penitenziari brasiliani: 
                  i dati riferiscono che nello scorso anno 60 detenuti sono stati 
                  uccisi nelle carceri del Maranhão, mentre tra febbraio 
                  2012 e marzo 2013 sono stati registrati 769 omicidi e 121 ribellioni 
                  nei 1.598 luoghi di detenzione dell'intero Brasile, con una 
                  media di 2,1 morti al giorno.
                  Alba Monti 
                 
                 
                  Ricordando Paolo Soldati/ 
                  Addio Lugano bella 
                Venerdì 17 gennaio, a Châteaux des Zéros, 
                  nel centro della Francia, ha deciso di porre fine alle proprie 
                  crescenti sofferenze Paolo Soldati, 60 anni, militante anarchico 
                  ticinese da molto tempo trasferitosi in Francia con la sua compagna 
                  Milena Morniroli e i due figli Emma ed Emiliano. Da un paio 
                  d'anni era ammalato di SLA (sclerosi laterale amiotrofica) e 
                  negli ultimi mesi le sue condizioni si erano pesantemente e 
                  velocemente aggravate. Per noi di “A” era un amico 
                  fraterno e un attivo sostenitore, fin dai primi anni '70 quando 
                  – calato a Milano da Lugano insieme con altri giovanissimi 
                  compagni ticinesi – stabilì con noi dei contatti 
                  che presto si trasformarono in calda sintonia e amicizia e non 
                  si sono mai interrotti. Lo ricordiamo tra gli entusiasti promotori 
                  di tante iniziative, tra le quali spicca il periodico “Azione 
                  diretta” che per anni fece da spina dorsale al movimento 
                  anarchico e agli ambienti libertari e ribelli del sonnolento 
                  e benestante cantone italiofono. Sempre pronto a metterci la 
                  faccia, Paolo subì più volte la detenzione a causa 
                  del suo rifiuto di prestare il servizio militare obbligatorio. 
                  Altro campo nel quale fu sempre molto attivo era quello della 
                  solidarietà concreta agli immigrati del Terzo Mondo, 
                  sia per quanto riguarda il sostegno alla loro entrata nella 
                  blindatissima Confederazione Elvetica sia successivamente nell'assistenza 
                  sanitaria, legale, ecc... Non pochi condivisero la sua casa 
                  e la sua umanità, prima di spiccare il volo con alterne 
                  fortune. 
                  In numerose occasioni ci ha dato una mano... in tanti modi, 
                  per esempio quando nell'86 lavorò per alcuni giorni come 
                  muratore per aiutare a preparare i locali sotto la redazione 
                  di “A” dove hanno sede il Centro Studi Libertari/Archivio 
                  Pinelli e la casa editrice Elèuthera.
                 
                   
                      | 
                   
                   
                    |   Paolo Soldati  | 
                   
                 
                 
                  Una volta trasferitosi in Francia, seppure in un contesto molto 
                  diverso (in piena zona agricola) è sempre rimasto in 
                  contatto con le compagne e i compagni svizzeri e italiani, impegnandosi 
                  localmente soprattutto nella lotta contro gli OGM e in particolare 
                  la società leader del settore, la Monsanto. Nel 2009 
                  ha partecipato a uno sciopero della fame, durante 11 giorni, 
                  con altri membri del movimento anti-OGM; sciopero che ha fatto 
                  piegare il governo Sarkozy portando alla moratoria del granoturco 
                  MON(santo)810. 
                  Con lui se n'è andato, e con quale laica scelta di dignità, 
                  un pezzetto della nostra storia. Alla comunità anarchica 
                  ticinese, con la quale tante forti relazioni intratteniamo, 
                  il nostro abbraccio fraterno e soprattutto la proposta di una 
                  bella mangiata/bevuta da fare in primavera/estate in suo ricordo: 
                  di quelle che tante volte abbiamo fatto e che lui, godurioso, 
                  apprezzava al pari della socialità.
                 Aurora Failla e Paolo Finzi
  |