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                 Mi dicono che in questo periodo in Italia 
                  lAustralia è molto popolare. Sicuramente leffetto Olimpiadi 
                  e la febbre da medaglia doro giocano un ruolo importante in 
                  questa popolarità costruita ad uso e consumo dei futuri telespettatori 
                  mondiali e dei potenziali turisti. I cartelloni pubblicitari 
                  che hanno promosso Sydney 2000 negli Stati Uniti ritraevano 
                  in primo piano un uomo e una donna nudi che si avviano mano 
                  nella mano verso un mare blu e un vasto orizzonte. Gli americani, 
                  che come al solito presero tutto sul serio, credettero letteralmente 
                  che gli australiani fossero tutti nudisti e che passassero tutta 
                  la loro giornata al mare.  
                  Lintenzione dei pubblicitari era quella di mostrare il carattere 
                  schietto, aperto, fiducioso, amichevole, non complicato degli 
                  australiani, e un ambiente incommensurabilmente lindo e intaccato 
                  dai guasti della modernità. In realtà, si tratta di stereotipi, 
                  esattamente come quelli che ritraggono gli italiani come un 
                  popolo di santi, navigatori, poeti e cantanti.  
                  Quaggiù (o quassù, a seconda di come si gira la cartina geografica) 
                  le cose stanno diversamente. LAustralia è un paese estremamente 
                  contraddittorio. È politicamente molto conservatore, e infatti 
                  aborrisce tutti gli estremismi, sia di destra, che di sinistra, 
                  e tuttavia ha abbracciato una politica multiculturale fin dagli 
                  anni Settanta, quando i governi laburisti dellepoca si resero 
                  conto che la politica dellassimilazione culturale degli immigrati 
                  si era rivelata controproducente.  
                  La popolarità del giovane partito di destra One Nation, nato 
                  a metà degli anni Novanta, capeggiato da Pauline Hanson, è stata 
                  effimera. Fin quando la leader, che sembra una via di mezzo 
                  tra la Pivetti e Bossi, soltanto più stupida (il che è tutto 
                  dire), si appellava al senso nazionalista degli strati più conservatori 
                  del paese, in particolare dello stato del Queensland, in materia 
                  di indipendenza economica e pertanto contro la globalizzazione, 
                  il partito raccoglieva voti e simpatia. Alle elezioni statali 
                  del Queensland, nel 1998, in alcune aree rurali aveva anche 
                  raggiunto il 25 per cento dei voti. Ma quando ha cominciato 
                  a montare una campagna razzista contro gli immigrati, asiatici 
                  e non, e a negare il carattere multiculturale su cui si basa 
                  la società australiana, grazie anche alle manifestazioni pubbliche 
                  contro il suo partito, Pauline Hanson ha perso seguito. Il partito 
                  One Nation, inizialmente montato dai media, si è sgonfiato come 
                  un pallone, ed è crollato su scandali interni e incompetenza. 
                  Gli australiani, perbacco, saranno anche conservatori, ma non 
                  razzisti. Almeno, non verso la gente con la pelle chiara.  
                  
                   
                  Sulla pelle degli aborigeni 
                 Geograficamente parlando, il continente australiano 
                  è abitato principalmente lungo la costa orientale e quella a 
                  sud. I due terzi della popolazione sono infatti concentrati 
                  a Sydney, Melbourne, Brisbane, Adelaide e Perth. I suoi vasti 
                  territori interni, la wilderness, come lhanno definita 
                  gli inglesi quando sbarcarono qui, coniando apposta il termine, 
                  sono quasi praticamente spopolati e rappresentano un mito che 
                  sta a metà tra il rigetto e un deferente timore con il quale 
                  gli australiani non hanno ancora fatto i conti. Infatti, il 
                  territorio, il landscape, è il fulcro attorno al quale 
                  ruota tutto il discorso della formazione dellidentità australiana. 
                  Lasprezza del territorio australiano è diventata una metafora 
                  che i bianchi australiani hanno usato per duecento anni per 
                  promuovere un senso di appartenenza alla società europea agli 
                  antipodi in contrasto con quella aborigena. I racconti di Henry 
                  Lawson, le poesie di Banjo Paterson, i romanzi di Patrick White 
                  e Peter Carey, i film australiani, da Picnic at Hanging Rock, 
                  a Crocodile Dundee, a Mad Max, ai film di Jane 
                  Campion e Gillian Armstrong, hanno tutti contribuito nel tempo 
                  alla costruzione di questo mito che definisce il carattere degli 
                  australiani come schietto, egualitario, pervaso da un senso 
                  di mateship (cameratismo) che va oltre le differenze 
                  politiche e ideologiche proprio perché alla fin fine bisogna 
                  fare i conti con un paesaggio ostile e pericoloso. Questo mito 
                  è stato costruito letteralmente sulla pelle dei suoi abitanti 
                  originari, gli aborigeni, la cui storia fatta di resistenza 
                  allinvasione inglese, aggressione, deportazione e genocidio 
                  sta emergendo soltanto ora. Laustraliano bianco ha scritto 
                  fuori dalla storia ufficiale la storia aborigena vecchia di 
                  quarantamila anni, relegandola al livello di primitivismo e 
                  di folklore da esportazione turistica.  
                  Alleuropeo, lAustralia appare come quella terra lontana che 
                  si studia sì e no alla fine dellanno scolastico, insieme con 
                  la Nuova Zelanda e altre isolette, che vanno tutte sotto il 
                  nome di Oceania. Al turista disattento, lAustralia appare simile 
                  alla familiare Europa perché il livello superificiale di omogeneizzazione 
                  culturale è di marca anglo-sassone; eppure, a ben guardarla, 
                  qualcosa spiazza, qualcosa risulta alieno. Questo elemento alieno 
                  è il risultato di frizioni culturali sommerse, e del rapporto 
                  tuttoggi non risolto con gli abitanti aborigeni.  
                  Fino al referendum del 1967, gli aborigeni non erano considerati 
                  cittadini australiani. Ed è soltanto da quel lontano anno che 
                  la popolazione aborigena australiana ha cominciato a provare, 
                  e a riaffermare, il proprio orgoglio, soprattutto dal punto 
                  di vista culturale. Tuttavia, ancora oggi, il primo ministro 
                  liberale John Howard (in carica da due legislature) trova difficile 
                  dire Mi spiace agli aborigeni per il genocidio perpetrato 
                  ai loro danni con la cosiddetta generazione rubata (Stolen 
                  generation). Tra il 1910 e il 1970 i vari stati della federazione 
                  australiana adottarono come pratica istituzionale la rimozione 
                  forzata di bambini nati da matrimoni misti, sanciti o di fatto, 
                  tra aborigeni e bianchi. Questi bambini venivano portati via 
                  dalle loro famiglie o comunità, affidati ad orfanotrofi, religiosi 
                  e non, o a coppie senza figli, per essere assimilati, secondo 
                  le policy dellepoca, nel loro miglior interesse. È stato 
                  stimato che mediamente uno su sei bambini è stato rimosso dalle 
                  proprie famiglie. Nel 1995, uninchiesta condotta a livello 
                  nazionale dalla Commissione per i diritti umani e le pari opportunità 
                  ha cercato di riportare alla luce questo dramma rimosso. Un 
                  dramma che se non viene affrontato opportunamente continuerà 
                  ad affliggere e a compromettere tutta la comunità e il processo 
                  di riconciliazione. Ecco perché le due semplici parole Mi spiace 
                  pronunciate dal primo ministro diventano il terreno del contendere 
                  politico tra gli aborigeni e le istituzioni. Esse sono infatti 
                  considerate dalla popolazione aborigena essenziali per avviare 
                  la riconciliazione tra le due popolazioni.  
                  
                   
                   Furti da quattro soldi 
                 Uno degli effetti più importanti dellinchiesta è stato quello 
                  di tracciare le storie di massacri, dissensi e resistenza aborigena 
                  alla colonizzazione che erano state rimosse e occultate nella 
                  vana speranza di far apparire la colonizzazione inglese un modello 
                  di cooperazione con le popolazioni indigene. E anche storie 
                  di condizioni di estrema durezza in cui i bambini si trovavano 
                  spesso a vivere, di punizioni fisiche, e della perdita dellidentità 
                  culturale, della lingua, terra, e delle famiglie e comunità 
                  da parte di generazioni di aborigeni. Linchiesta concluse che 
                  la rimozione forzata fu un atto di genocidio nascosto dietro 
                  i termini assorbire, mischiare, assimilare, ma in realtà 
                  teso alla distruzione di un intero gruppo etnico.  
                  In febbraio, un adolescente aborigeno arrestato per furto si 
                  è impiccato nella sua cella a Darwin. Il ragazzo, orfano di 
                  entrambi i genitori, era stato arrestato per il furto di alcuni 
                  pennarelli e della colla. Contemporaneamente è emersa la storia 
                  di un altro giovane aborigeno condannato a un mese di carcere 
                  per aver rubato il giorno di Natale un pacchetto di biscotti. 
                  Il sistema legale australiano prevede lincarcerazione obbligatoria 
                  senza processoper reati minori che siano stati commessi per 
                  tre volte. Questo tipo di reati, furti da quattro soldi, sono 
                  quelli in cui gli aborigeni incorrono più facilmente, e che 
                  li penalizzano in misura maggiore. Si riesce a capire la pericolosità 
                  di questo tipo di sentenze quando le si inquadra nel contesto 
                  più ampio della cosiddetta death in custody, la morte 
                  in prigione, un dramma sociale ed umano che tocca soprattutto 
                  la popolazione aborigena.  
                  LAustralia è la nazione che per cinquantanni ha promosso attivamente 
                  gli interessi degli Stati Uniti. Nel 1975, dopo la disfatta 
                  americana in Vietnam, il partito laburista australiano ha consegnato 
                  Timor Est nelle mani del macellaio Suharto. Gough Whitlam, un 
                  illuminato primo ministro laburista dellepoca, si è rivolto 
                  allassassino di massa, e ha detto Timor è tua. Nessun partito 
                  politico australiano in questi ventanni ha fatto niente per 
                  fermare i massacri in Timor Est. LAustralia ha nel frattempo 
                  largamente beneficiato di accordi economici con lIndonesia. 
                  Soltanto nellultima metà del 99, con lintensificarsi dei 
                  massacri in Dili, tutti i partiti, i media, gran parte della 
                  popolazione australiana, si sono improvvisamente resi conto 
                  che Suharto doveva essere fermato. Dopo la proclamazione dellindipendenza 
                  di Timor Est, tra lindifferenza generale dellOnu, in Australia 
                  un bieco populismo di sinistra che cercava di rifarsi la coscienza 
                  e la verginità ha chiesto a gran voce che le truppe australiane 
                  fossero mandate a garantire la stabilità dellarea e a proteggere 
                  la popolazione di Timor Est. In realtà, lesercito australiano 
                  si trova a Dili a proteggere gli interessi imperialisti americani 
                  e australiani, che improvvisamente non hanno più bisogno del 
                  macellaio Soeharto a salvaguardare la stabilità della regione. 
                 
                  
                   
                   E gli anarchici? 
                 Come si barcamenano gli anarchici in questo vasto continente, 
                  il cui dibattito politico più acceso di oggi verte sulla controversa 
                  eliminazione della tassa GST (che corrisponde allitaliana IVA, 
                  e che sarà introdotta a partire da giugno) su tamponi e assorbenti 
                  femminili?  
                  Dopo le proteste del 1968 e degli inizi degli anni Settanta 
                  contro la coscrizione obbligatoria per il Vietnam, la sinistra 
                  radicale è scomparsa. Il movimento anarchico è piuttosto disorganizzato 
                  a livello nazionale, ma gruppi di anarchici agiscono a livello 
                  locale nei soliti settori culturali con librerie, radio, conferenze, 
                  e a livello pratico con varie iniziative legate alla vita dei 
                  quartieri. Nella mia intervista a Brian Laver e Peter Sheldon, 
                  due compagni attivi nel movimento anarchico australiano rispettivamente 
                  dalla fine degli Sessanta e Settanta, emergono alcune informazioni 
                  storiche sul movimento anarchico australiano di Brisbane e Sydney 
                  relative allinizio del secolo e ai giorni nostri. Lintervista 
                  è una drastica riduzione della lunga versione originale, che 
                  un giorno forse riuscirò a trascrivere per intera.  
                  In particolare, i lettori di A troveranno una serie di articoli 
                  sul movimento anarchico di Brisbane, che fa capo allInstitute 
                  for Social Ecology, e che da alcuni anni è molto attivo a livello 
                  di quartiere, soprattutto grazie al fatto che i militanti sono 
                  quasi tutti residenti nello stesso quartiere, West End. Fin 
                  dagli anni Cinquanta, West End è stato il rifugio di immigrati 
                  greci, italiani, libanesi, e vietnamiti, che in quel periodo 
                  costituivano le classi più povere di Brisbane. Geograficamente, 
                  il quartiere si trova a sud del fiume Brisbane, è molto vicino 
                  al centro, ed è sempre stato considerato il quartiere povero 
                  e malfamato rispetto al più ricco nord. Negli ultimi dieci anni, 
                  Brisbane e il sud del Queensland costituiscono una delle aree 
                  a più rapido sviluppo economico e demografico del mondo. I quartieri 
                  semicentrali, come West End, hanno attratto capitali di investimento 
                  soprattutto in campo edilizio, con una conseguente speculazione 
                  edilizia che ha causato un cambio drammatico nel tessuto sociale. 
                  Affitti astronomici, distruzioni delle vecchie case tipiche, 
                  dette Queenslander, che studenti e disoccupati condividevano 
                  (come è duso qui in Australia), hanno dato il via al ricambio 
                  delle classi sociali e all imborghesimentodei quartieri vicini 
                  al centro.  
                  Per fermare la distruzione culturale di West End, tradizionalmente 
                  multietnica e politicamente di sinistra, il gruppo anarchico 
                  ha cominciato a lavorare attivamente organizzando assemblee 
                  con gli abitanti, e attraverso il giornale West End Neighbourhood 
                  News, di cui Amish Alcorn dà un resoconto nel suo articolo. 
                   
                  Ma cè di più. Brian Laver, un compagno attivo in Brisbane fin 
                  dalle lotte contro la guerra in Vietnam1, si è presentato alle 
                  elezioni del consiglio comunale del 25 marzo come candidato 
                  anarchico alla carica di sindaco. Vedo che molti lettori stanno 
                  già storcendo il naso di fronte a questa prassi politica che 
                  ricorda linfelice esperienza e il tradimento di Andrea Costa 
                  e dei socialisti italiani, tanto per fare un esempio.  
                  Brian ha raccolto l1 per cento dei voti a livello cittadino, 
                  ma è salito al 4 per cento nel quartiere di West End. Il candidato 
                  laburista ha perso il 4,4 per cento (allinterno della circoscrizione 
                  del quartiere).  
                  Questa candidatura va presa per una provocazione essenzialmente, 
                  nel tentativo di creare allinterno delle istituzioni, il comune 
                  in questo caso, uno spazio politico decentrato che preveda consigli 
                  di quartiere confederati i cui rappresentanti abbiano mandati 
                  revocabili. In poche parole, per usare le parole di Amedeo Bertolo2, 
                  si vuole costruire, o perlomeno suggerire, un modello di democrazia 
                  libertaria a partire dallautogestione dei quartieri, che possa 
                  offrire una valida alternativa politica al modello democratico 
                  liberale, al quale il partito laburista aderisce completamente. 
                   
                  Qui a Brisbane siamo coscienti dei pericoli che il voto e lelezione 
                  comportano, ma va precisato che il programma di Brian Laver 
                  è chiaramente di stampo anarchico, e il punto fondamentale della 
                  piattaforma prevedeva le dimissioni di Brian a favore della 
                  formazione di consigli di quartiere autogestiti da assemblee 
                  di cittadini. Riferendomi ancora una volta allarticolo di Bertolo, 
                  si cerca di portare al di là del fiume, tutti sani e salvi, 
                  lupo, capra e cavolo, senza perdere la dimenione dellethos 
                  anarchico.  
                  Negli ultimi anni, lesempio delle lotte di West End si è allargato, 
                  e molti quartieri ci hanno seguiti nelle lotte contro il consiglio 
                  comunale e le speculazioni edilizie.  
                  Il dato rilevante di questa campagna elettorale al di là dei 
                  risultati, i che parecchi gruppi e individui di orientamento 
                  politico non strettamente anarchico - laburisti di base, sindacalisti 
                  radicali, comunisti libertari, aborigeni, tutti insoddisfatti 
                  dei politici di professione -, si sono avvicinati agli anarchici 
                  su posizioni decisamente libertarie.  
                  La piattaforma anarchica prevede tra laltro una grossa svolta 
                  nella politica aborigena. Infatti, la piattaforma anarchica 
                  sancisce il primo trattato in Australia di alleanza tra un gruppo 
                  politico bianco e un gruppo aborigeno. I portavoce degli aborigeni 
                  che vivono a West End si sono dichiarati pronti a sottoscrivere 
                  un trattato di alleanza con il gruppo anarchico sulla base di 
                  alcuni punti della piattaforma che prevedono il riconoscimento 
                  completo degli aborigeni come primi abitanti dellAustralia. 
                  Un trattato che non è mai stato firmato da nessuna istituzione 
                  nazionale.  
                  In cambio, il gruppo aborigeno si dichiara pronto a seguire 
                  una politica di autodeterminazione e ad abbandonare la definizione 
                  nazione riferita al popolo aborigeno australiano. Ho tradotto 
                  alcune parti dellarticolo di Sam Watson, uno degli esponenti 
                  del gruppo di aborigeni di West End, che è apparso recentemente 
                  su Neighbourhood News. 
                   
                  Tiziana Ferrero-Regis 
                 1- Durante la fine degli anni 
                  Sessanta, in Sydney e Brisbane, la sinistra radicale aveva dimostrato 
                  duramente contro la guerra del Vietnam e la coscrizione coatta 
                  di giovani australiani. Il servizio militare in Australia non 
                  è obbligatorio.  
                   
                  2- Bertolo, A. 1994, Al di là della democrazia. Lanarchia, 
                  Volontà, n. 4, pagg.9-29.  
                  
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