Lunedì 24 settembre, in una clinica milanese, è 
                morto Carlo Oliva. Era nato a Milano nel 1943. Dal 1986 era regolare 
                collaboratore della nostra rivista. 
                Da anni la situazione fisica di Carlo non era buona. Quando saltuariamente 
                la rivista usciva senza il suo contributo, era sempre a causa 
                di ricoveri, intense terapie, ecc. Da tre mesi era ricoverato, 
                in gravi condizioni, che però negli ultimi tempi erano 
                migliorate e già si parlava di una sua possibile netta 
                ripresa, anche delle sue attività e quindi anche della 
                collaborazione alla nostra rivista, cui teneva moltissimo. Dal 
                nostro ultimo colloquio in clinica, presente Nuccia, la compagna 
                di una vita, ero uscito speranzoso.   
                Eclettico militante della sinistra radicale milanese, Carlo è 
                stato per quasi mezzo secolo attivo in tanti campi, dalle battaglie 
                per i diritti civili alla solidarietà internazionalista, 
                dalla promozione di una cultura “antagonista” alle 
                lotte antimilitariste e anticlericali. A parte una militanza giovanile 
                nel Partito Radicale e, nei primi anni '70, in Lotta Continua, 
                Carlo è stato un libero battitore, un “cane sciolto” 
                come si diceva un tempo, ma non per “spocchia” o altro. 
                Anche se negli ultimi 26 anni della sua vita ha collaborato regolarmente 
                ad “A”-rivista anarchica (e la scelta non è 
                stata certo casuale né saltuaria), la definizione di “anarchico” 
                (che ci sta tutta) non rende conto appieno della ricchezza e complessità 
                della sua cultura e del suo pensiero, nel quale confluivano in 
                maniera approfondita e meditata alcuni aspetti del liberalismo, 
                del marxismo e credo di altro ancora. Era un pozzo di scienza 
                e di riflessioni e – quel che era davvero bello – 
                non “se la tirava”. Non usava la propria indubbia 
                “superiorità” culturale come strumento di potere, 
                al contrario di tanti. E aveva una precisione di scrittura, una 
                proprietà di linguaggio, che lo accomuna – a mio 
                avviso – a Fabrizio De André. 
                Carlo è stato scrittore, saggista, conduttore radiofonico, 
                traduttore, conferenziere, giornalista e altro ancora. È 
                stato docente di letterature antiche e moderne in diversi licei 
                dell'area milanese. Ha scritto su numerose testate: Ombre rosse, 
                Quaderni Piacentini, Linus, ecc. Ricordo suoi scritti anche 
                sul Corriere della Sera. 
                Insieme a Felice Accame, anarchico anche lui e anche lui collaboratore 
                di “A” da oltre un ventennio, sono andati in onda 
                per più di 20 anni sulle frequenze di Radio Popolare, 
                con una trasmissione intelligente, critica, seguitissima, ogni 
                domenica a mezzogiorno: la Caccia (all'ideologico quotidiano). 
                Alcuni dei loro interventi nei primi anni della Caccia 
                furono raccolti in un libro (Transazioni minori) edito 
                da Eleuthera nel 1988. 
                Ai funerali di Carlo Oliva, rigorosamente laici come tutta la 
                sua vita, hanno partecipato centinaia di persone. E la parola 
                “anarchico” è risuonata più di una volta 
                nelle variegate testimonianze che hanno ricordato la sua umanità 
                e il suo ininterrotto impegno civile culturale e sociale, sempre 
                fuori e contro il Potere. 
                Fin da questo numero di “A”, Carlo ci manca. E le 
                due pagine bianche del suo articolo vogliono 
                evidenziare anche visivamente questa assenza. 
                Ma noi vorremmo che la famiglia di “A”, intendiamo 
                quella che comprende la redazione, i diffusori, gli abbonati, 
                i lettori anche occasionali, cogliesse il senso profondo che noi 
                attribuiamo a queste due pagine bianche. Noi riteniamo che, con 
                particolare acume ed efficacia, Carlo ci abbia aiutato, mese dopo 
                mese, a “leggere” la realtà in modo spregiudicato, 
                contrapponendo la cultura e il ragionamento alle ovvietà 
                e banalità del potere, non di questo o quel governo, ma 
                del potere e dei suoi molti risvolti: dal razzismo all'egoismo 
                e via discorrendo. 
                Queste due pagine, che Carlo non riempirà più, dobbiamo 
                sforzarci idealmente di riempirle noi con il nostro ragionare, 
                con la voglia di andare oltre le cortine di fumo dei mass-media. 
                In questo nostro impegno individuale, che (come Carlo) riteniamo 
                indissolubilmente legato all'impegno sociale di lotta, pensiamo 
                che Carlo Oliva possa davvero continuare a vivere in un angolino 
                dei nostri cervelli e dei nostri cuori. 
                  
                  Paolo Finzi 
                PS.1 Questa volta non posso inviare a Carlo, come 
                  a volte facevo, questo scritto per avere un suo parere. Sono 
                  sicuro che me lo farebbe riscrivere da capo a fondo. 
                   
                  PS. 2 Nella rubrica della posta riportiamo 
                  alcuni dei numerosi messaggi di cordoglio giunti in redazione. 
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