pedagogia libertaria 
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                  Quelli della Rete in campeggio a Rimini 
                  di Maurizio Giannangeli 
foto di Giulio Spiazzi 
                     
                  Si è svolto nella città romagnola, lo scorso maggio, il 4° Incontro Nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria; presenti oltre 300 persone. Al responsabile lombardo dell'organizzazione abbiamo chiesto un resoconto. 
                  
                 
                 
                  
                 
                  Il 26 e il 27 maggio si tenuto 
                  a Miramare di Rimini, presso il campeggio Maximum, il 4° 
                  incontro nazionale della Rete per l'Educazione Libertaria, organizzato 
                  in collaborazione con Zero in condotta, associazione culturale 
                  riminese che si occupa di pedagogia ed educazione. 
                  La Rete per l'Educazione Libertaria opera in Italia dal 2008 
                  favorendo e sostenendo la nascita e lo sviluppo di realtà 
                  educative libertarie in Italia. Da quattro anni organizza un 
                  convegno nazionale, dove coloro che danno vita a contesti educativi 
                  libertari in Italia e all'estero trovano modo di confrontarsi 
                  e di scambiare impressioni e valutazioni sulle reciproche esperienze. 
                  Il programma di quest'anno era molto ricco, la partecipazione 
                  numerosa: più di 300 gli iscritti tra adulti, ragazzi/e 
                  e bambini/e. L'elevato numero di arrivi al banco delle registrazioni 
                  ha reso necessario modificare l'organizzazione dei due giorni. 
                  Diversi gruppi di lavoro sono stati replicati in modo da consentire 
                  al maggior numero di persone la partecipazione ai diversi laboratori. 
                  Le pratiche e le esperienze educative libertarie esistenti in 
                  Italia e in Europa sono state il riferimento principale di tutto 
                  il convegno. Buona parte dei gruppi è stata dedicata 
                  al racconto critico di tali esperienze, che hanno fornito un 
                  quadro ampio delle realtà educative libertarie, espresso 
                  nella ricchezza dei diversi punti di vista attraverso i racconti 
                  sia di bambini/e e ragazzi/e che di genitori e insegnanti. 
                  Nei gruppi di lavoro si è quindi privilegiato il confronto 
                  a partire dal racconto di esperienze, come testimoniano i titoli 
                  della maggior parte degli incontri: Il ruolo dell'insegnante 
                  in una scuola democratica, condotto da Marine Noussan (genitore 
                  e insegnante della scuola Kapriole di Friburgo); La quotidianità 
                  in una scuola democratica, riflessione a partire dalla proiezione 
                  di un documentario sulla scuola Kapriole; Realtà in 
                  partenza o partite, spazio per confronto e scambio di esperienze, 
                  moderatori Gabriella Prati (progetto-scuola di educazione libertaria 
                  I saltafossi, Cadriano Bologna) e Giulio Spiazzi (co-fondatore 
                  del collettivo di studi Kiskanu di Verona), ora Piccola Scuola 
                  Libertaria “Kether” qiyqayown-kiskanu (www.kether.it). 
                  In questi gruppi si sono evidenziati alcuni punti comuni importanti. 
                  Tanto le realtà italiane quanto l'esperienza di Friburgo 
                  hanno chiarito che il centro dell'esperienza educativa libertaria 
                  è di fatto la possibilità, per bambini e bambine, 
                  ragazzi e ragazze, di vivere un'esperienza educativa fortemente 
                  autonoma e, con ciò, pienamente autoeducativa. In questo 
                  tipo di esperienze il rapporto con gli adulti non nasce da una 
                  inevitabile relazione di dipendenza, quanto, piuttosto, dal 
                  personale convincimento, da parte di bambini/e e ragazzi/e, 
                  della forte significatività che il rapporto assume, se 
                  lo assume, per se stessi/e. 
                  Più di un genitore della scuola Kapriole ha riferito 
                  di un'esperienza, vissuta anche in modo preoccupato, nella quale 
                  il proprio figlio o figlia ha passato mesi, se non anni, a frequentare 
                  il cortile della scuola piuttosto che a seguire corsi e laboratori. 
                  Arriva poi il momento dell'interesse per quel corso, per quel 
                  laboratorio, magari anche solo perché amici e compagni 
                  lo frequentano. Da lì in poi, anche se non in modo lineare, 
                  si svolge un susseguirsi di esperienze di apprendimento, a volte 
                  scelte e volute, a volte impreviste. Si scopre così che 
                  la non linearità del proprio percorso di crescita non 
                  è vissuta, da parte di bambini/e e ragazzi/e, negativamente 
                  ma come una condizione vitale di continua ricerca, rafforzando 
                  con ciò autonomia, autostima e apprendimenti fortemente 
                  significativi.
                
  
                
    L'autonomia 
                  come prassi 
                  In questo senso è apparso chiaro che, nelle esperienze 
                  educative libertarie, sono in gioco forme di socializzazione 
                  importanti, improntate all'ascolto del proprio come dell'altrui 
                  bisogno, costruite su relazioni fortemente empatiche, attraversate 
                  anche da forte affettività. Questa dimensione relazionale 
                  assume grande importanza dal punto di vista dell'apprendimento 
                  soprattutto perché è essa stessa la base e il 
                  fondamento di una reale esperienza di socializzazione 
                  degli apprendimenti, vissuta in un contesto educativo che si 
                  dà forme e regole partecipate e condivise, nel riconoscimento, 
                  per ciascuno/a, della propria inalienabile singolarità. 
                  La conferma di quanto un'educazione libertaria rafforzi la capacità 
                  di agire in modo autonomo e consapevole, consolidando con ciò 
                  apprendimenti e saperi, si è potuta avere grazie alle 
                  testimonianze di bambine/i e ragazze/i delle scuole libertarie, 
                  nel gruppo La scuola che vogliamo. I ragazzi e le ragazze 
                  usciti dal percorso libertario delle medie Kiskanu di Verona 
                  frequentano ora scuole secondarie di secondo grado statali. 
                  Indipendentemente dal loro attuale rendimento scolastico, dal 
                  loro racconto emerge con forza una piena consapevolezza delle 
                  differenze tra il contesto in cui ora si trovano e l'esperienza 
                  precedentemente vissuta; in questo dimostrando grandi capacità 
                  di orientamento e di scelta su come condursi e su come rintracciare 
                  senso e significatività per sé nell'esperienza 
                  passata come in quella attuale. Insomma, l'autonomia, vissuta 
                  nell'esperienza libertaria come prassi e non come obiettivo, 
                  pare sedimentare capacità relazionali di ascolto e di 
                  empatia, capacità di cogliere l'essenziale, che non solo 
                  non si disperdono ma restano vive anche in altri ambienti, mantenendo 
                  attiva la possibilità di vivere al meglio anche contesti 
                  non particolarmente graditi o favorevoli e di trarre, anche 
                  da questi, esperienze auto-educative e di apprendimento significative. 
                  Al tema centrale del racconto di esperienze fornito da questi 
                  gruppi hanno fatto da cornice alcuni laboratori e gruppi di 
                  studio che hanno offerto la possibilità di uno sguardo 
                  su questioni e ambiti più ampi ma di sicuro interesse 
                  per chi si occupa di educazione libertaria. 
                  Per quanto riguarda le esperienze italiane, i problemi maggiori 
                  vengono, più che dai bambini/e e ragazzi/e, dal mondo 
                  adulto dei genitori e non solo. Nell'incontro condotto da Irene 
                  Stella (insegnante di matematica, partecipa in Italia e in Europa 
                  alle attività dell'EUDEC e ha pubblicato diversi articoli 
                  sulle attività delle scuole libertarie), Discussione 
                  sull'educazione libertaria a partire dal libro Liberi di 
                  imparare, sono emerse due questioni ricorrenti. La prima riguarda 
                  la difficoltà a concepire come pubbliche le esperienze 
                  di educazione libertaria, accusate semmai di essere di fatto 
                  private e di conseguenza elitarie. Nell'incontro si è 
                  potuto chiarire quanto la vera confusione sia tra pubblico e 
                  statale, termini che da tempo sono assunti come equivalenti 
                  ma tali non sono. 
                  Per quanto riguarda le esperienze educative libertarie che stanno 
                  nascendo in Italia, queste seguono il solco di esperienze e 
                  riflessioni pedagogiche che nel nostro paese hanno lungo corso 
                  e che hanno dato vita ad una visone dell'educazione, e non solo 
                  dell'educazione, antiautoritaria, non statalista e non familista, 
                  anticonfessionale, fortemente sperimentale e libertaria. Queste 
                  rinnovate esperienze rivendicano perciò la propria dimensione 
                  pubblica in quanto autogestite, visto che coloro che le realizzano 
                  danno ad esse gambe e forma, sulla base di un'idea di ciò 
                  che è pubblico molto lontana dall'essere riconosciuta 
                  o recuperata pubblicamente appunto, ma che appartiene pienamente 
                  a quelle esperienze educative che si riconoscono nella Rete 
                  per l'Educazione Libertaria.
                  
                
    La 
                  consapevolezza dei genitori 
                  L'altro punto di discussione è quello della scelta 
                  per negazione, ossia il sempre più diffuso caso di genitori 
                  che scelgono di non mandare il proprio figlio e la propria figlia 
                  nella scuola statale e quindi, solo per questo, cercano altre 
                  soluzioni. È emerso che spesso i genitori scelgono percorsi 
                  alternativi alla scuola di stato solo per il timore di far rivivere 
                  ai loro figli/e le frustrazioni subite quando erano studenti 
                  o per il rifiuto di delegare la loro educazione allo stato anziché 
                  mantenerla all'interno del proprio nucleo famigliare. Questa 
                  scelta in negativo non nasce dalla condivisione, in positivo, 
                  di ciò che caratterizza le esperienze altre cui i genitori 
                  si avvicinano, e spesso non giova né all'autonoma crescita 
                  di bambini/e e ragazzi/e né al contesto educativo cui 
                  la famiglia si rivolge. Questo aspetto è stato confermato 
                  anche da Marina Noussan (genitore e insegnante della scuola 
                  Kapriole di Friburgo) nell'incontro Il ruolo dell'insegnante 
                  in una scuola democratica. Raccontando com'è nata 
                  e come funziona la scuola Kapriole di Friburgo, Marina Noussan 
                  ha toccato anche il tema dei rapporti tra la scuola e i genitori. 
                  A tale proposito ha dichiarato che anche in Germania molti genitori 
                  vanno in cerca di un'alternativa alla scuola tradizionale ma 
                  non aderiscono veramente all'idea democratica di educazione. 
                  È quindi necessario informarli che per poter far parte 
                  della Kapriole è necessario un cambiamento nello stile 
                  di vita, in caso contrario il ragazzo o la ragazza percepirebbe 
                  una differenza troppo grande tra ciò che vive a scuola 
                  e ciò che vive a casa, il che si rivelerebbe più 
                  controproducente che altro. 
                  Il laboratorio Philosophy for children: una possibile 
                  esperienza di pensiero libero, condotto da Silvia Bevilacqua 
                  (esperta in pratiche filosofiche, impegnata nella ricerca e 
                  in progetti di philosophy for children/community nelle scuole, 
                  nelle comunità d'accoglienza e in contesti formativi), 
                  ha offerto la possibilità, attraverso un'esperienza pratica, 
                  di vivere cosa accade in una sessione di P4C, quale esperienza 
                  si affronta e quali sono i passaggi euristici del metodo. Una 
                  pratica che, a partire da una lettura condivisa e dalle domande 
                  che da questa sorgono, tende a realizzare ”un'attività-esperienza 
                  di riflessione critica, libera e cooperativa del pensare“, 
                  a fornire l'opportunità di “prendersi cura del 
                  proprio pensiero, riflettere su ci che vediamo intorno, accogliere 
                  il desiderio di scoperta e meraviglia che presiede la spinta 
                  alla crescita, all'emancipazione e all'autonomia del pensiero”; 
                  in questo senso la pratica di P4C si dimostrata un'esperienza 
                  molto prossima ai presupposti di un'educazione libertaria. 
                  Nel convegno si è anche affrontata la questione del rapporto 
                  tra pedagogia libertaria e istituzione universitaria. Nel gruppo 
                  Come la ricerca universitaria affronta l'educazione libertaria, 
                  condotto da Sara Gioia e Ilaria Milanesi, rispettivamente laureanda 
                  e neolaureata in Scienze dell'educazione con una tesi sull'educazione 
                  libertaria, è stato denunciato quanto poco i corsi di 
                  laurea dedicati all'educazione si occupino di pedagogia libertaria 
                  e siano disposti ad attribuire validità scientifica ad 
                  esperienze oramai consolidate in Europa e nel mondo, sia per 
                  quello che offrono sul piano delle pratiche educative che dei 
                  risultati conseguiti. A questa critica si aggiunge il fatto 
                  che l'esperienza concreta vissuta da studenti e studentesse 
                  nelle università italiane rimane distante anni luce da 
                  pratiche educative libertarie, e questo sorprende ancor più 
                  in quei rari casi in cui un docente si dimostra interessato 
                  all'argomento della pedagogia libertaria, interesse che resta 
                  però di natura accademica mentre non coinvolge affatto 
                  la forma e la qualità della relazione educativa tra docente 
                  e studenti/esse.
                    Che 
                  cos'è la tecnica? 
                  L'incontro Riflessioni su natura e tecnica nell'educazione 
                  libertaria, condotto da Filippo Trasatti (insegnante di 
                  filosofia e storia in un liceo alla periferia di Milano, si 
                  occupa di pedagogia libertaria e di formazione nella didattica 
                  della filosofia), aperto ai liberi contributi di circa sessanta 
                  persone presenti, ha proposto una riflessione capace di interrogarsi 
                  sulla consistente presenza di metafore naturali nella cultura 
                  pedagogica ed educativa di matrice libertaria: metafore naturali 
                  positive spesso contrapposte ad una visione della tecnica tutta 
                  negativa. 
                  Simile interrogazione ha gettato uno sguardo critico sull'evocazione 
                  di un mondo naturale che vive nella profonda interiorità 
                  dell'individuo. Visione che sembra permanere nell'immaginario 
                  e nel linguaggio pedagogico libertario, per il quale l'azione 
                  educativa altro non è che lasciare diventare ciò 
                  che si è, togliere le cose in più da “ciò 
                  che è in sé”. A tale visione si accede grazie 
                  all'idea che l'individuo pre-esista a se stesso e vada solo 
                  liberato e con ciò aiutato a ritrovare la sua vera condizione 
                  di soggetto libero di natura, ossia nato libero. Come se la 
                  libertà fosse qualche cosa di intrinseco, forma e natura 
                  primigenia dell'individuo, cosa per la quale l'educazione veramente 
                  efficace sarebbe solo quell'arte che, guidata dal principio 
                  di liberare tale natura intrinseca, deve solo occuparsi di avviare 
                  un processo che poi procede da sè, al limite sostenuto 
                  da un ambiente favorevole dove vigono regole non coercitive. 
                  Dall'altro lato occorre anche ripensare la tecnica e, su questo 
                  versante, Filippo Trasatti ha proposto una revisione critica 
                  altrettanto radicale, proponendo una visione ampia di ciò 
                  che possiamo chiamare tecnica, prendendo in parte spunto dal 
                  bel libro di Ivan Illich Nella vigna del testo. Secondo 
                  questa visione più ampia, possiamo chiamare tecnica tutto 
                  ciò che trasforma la nostra capacità conoscitiva, 
                  il nostro modo di vedere l'esterno e, soprattutto, tutto ciò 
                  che è in grado di modificare profondamente la nostra 
                  interiorità. In questo senso anche il libro è 
                  senz'altro un oggetto tecnologico. Anche la dialettica del metodo 
                  socratico può essere considerata una tecnica, un oggetto 
                  tecnologico potente e persuasivo che ha consentito, nella cultura 
                  occidentale, una radicale trasformazione della nostra percezione 
                  del mondo e di noi stessi. 
                  Introdurre un dubbio di tale natura su cosa intendiamo e a cosa 
                  ci riferiamo quando parliamo di tecnica porta inevitabilmente 
                  ad includere le stesse metafore naturali adottate nelle riflessioni 
                  pedagogiche ed educative nel novero delle tecniche. 
                  Ripensamento critico delle metafore naturali da un lato e visione 
                  ampia di ciò che possiamo chiamare tecnica dall'altro, 
                  appaiono così l'occasione per fare i conti con cosa intendiamo 
                  per ambiente di apprendimento in ambito libertario. La posta 
                  in gioco, sulla quale bisognerà costantemente tornare, 
                  è alta e riguarda la consapevolezza, in contesti educativi 
                  e di apprendimento che si dicono libertari, della presenza di 
                  oggetti tecnologici e della loro qualità specifica, in 
                  relazione al fatto che tali oggetti producono tanto il cambiamento 
                  della percezione dell'altro che del sè e con ciò 
                  sono, in parte, nostra natura.
                  
                
    Coinvolgere 
                  le scuole statali 
                  L'ultimo argomento trattato in questo 4° incontro nazionale 
                  della REL è un tema che sin dal 2008 si trova presente 
                  nei gruppi di studio e di discussione proposti. Nel gruppo Educazione 
                  libertaria e scuola statale: perché e come?, condotto 
                  da Maurizio Giannangeli (insegnante in un istituto tecnico statale 
                  alla periferia di Milano) si è cercato di mettere a fuoco 
                  quali relazioni positive possono nascere, per le esperienze 
                  educative statali, dagli esperimenti di educazione libertaria 
                  che stanno nascendo in Italia. Anche quest'anno, come inevitabile, 
                  non sono mancate le critiche rivolte all'istituzione scolastica 
                  statale, vissuta e sentita da studenti e genitori come distante 
                  dai reali bisogni di ragazzi e ragazze, stretta in logiche autoreferenziali 
                  attente unicamente all'espletamento di funzioni burocratiche 
                  ed amministrative, sempre più orientata alla mera funzione 
                  trasmissiva di un sapere preordinato, dal quale studenti e studentesse 
                  sono a priori esclusi/e. Eppure, a differenza degli anni precedenti, 
                  queste legittime critiche non hanno rappresentato motivo di 
                  impasse nella ricerca di una proposta che segni un'inversione 
                  di tendenza. 
                  Genitori, educatori, insegnanti e studenti/esse presenti hanno 
                  raccontato di esperienze che indicano la possibilità 
                  di condividere, pur nel contesto scolastico statale, scelte 
                  educative e didattiche coinvolgendo studenti e genitori. In 
                  un caso, ad esempio, in una scuola secondaria di primo grado, 
                  si è riusciti a farsì che i ragazzi/e decidessero 
                  autonomamente e liberamente se avere o non avere i voti, e questo 
                  grazie ad una decisione presa dall'intero consiglio di classe. 
                  In altri casi è apparso possibile discutere all'interno 
                  della classe in modo collettivo tempi, modi e contenuti dell'attività 
                  scolastica, generando con ciò consapevolezza e autonomia. 
                  Alcuni genitori hanno sentito la necessità di costituire 
                  organismi di controllo democratico esterni all'istituzione scolastica, 
                  riuscendo comunque, grazie a tali organismi, a dialogare e a 
                  influenzare scelte e orientamenti del corpo insegnante nella 
                  direzione di una maggiore partecipazione democratica alla vita 
                  della scuola da parte di tutte le componenti. 
                  Il desiderio di costruire processi partecipati, la convinzione 
                  che il sapere non è precofenzionato, la spinta a dare 
                  vita a processi di apprendimento autonomi che promuovano curiosità, 
                  capacità di porsi domande, messa in gioco e riconoscimento 
                  delle singole diversità nell'espressione di sè 
                  come negli stili di apprendimento, sembrano essere consapevolezze 
                  sempre più diffuse e, in parte, motore per una possibile 
                  trasformazione anche del contesto educativo statale. 
                  Resta un aspetto negativo che riguarda il senso di solitudine 
                  che a volte fa disperdere energie e capacità che pur 
                  ci sono e che troverebbero maggiore spinta proprio grazie ad 
                  una condivisione del tutto simile a quella che nel convegno 
                  si stava vivendo. A tale proposito, a fine incontro, si è 
                  accennato al fatto che la Rete per l'Educazione Libertaria potrebbe 
                  farsi carico, in futuro, di mantenere e favorire i contatti 
                  anche tra quelle esperienze, individuali e di gruppo, che faticosamente 
                  agiscono all'interno del contesto statale. Anche per questo 
                  si rimanda al sito della Rete (www.educazionelibertaria.org), 
                  la cui nuova struttura e veste grafica è stata presentata 
                  a fine convegno, prima dei saluti conclusivi, da Filippo Barra, 
                  che si occupa del sito e della comunicazione web per la Rete. 
                  Elementi importanti di novità sono la presenza della 
                  sezione riguardante le scuole libertarie più significative 
                  presenti in Italia, in Europa e nel mondo, e la sezione dei 
                  gruppi sul territorio, attraverso cui possibile rimanere informati, 
                  regione per regione, sulle eventuali esperienze educative libertarie 
                  nascenti o in via di sviluppo. 
                  In conclusione, il raduno ha confermato, non solo nei numeri, 
                  una partecipazione che testimonia l'esistenza, in Italia, di 
                  un particolare fermento in relazione al tema dell'educazione. 
                  Le esperienze educative statali e private, per come le abbiamo 
                  conosciute in questi ultimi trent'anni, segnano ora il passo. 
                  Studenti, genitori, educatori e qualche insegnante avvertono 
                  che il bisogno di educazione che attraversa il paese si è 
                  fatto più complesso e articolato e, in questa complessità, 
                  la possibilità di scegliere forme e modi per il proprio 
                  percorso educativo e di crescita sarà sempre più 
                  libera e autonoma. Il legame con una tradizione pedagogica ed 
                  educativa ricchissima, unito al forte desiderio di partecipazione 
                  espresso in modo differenziato dai e dalle partecipanti al convegno, 
                  sono ulteriore motivo di incitamento e di ottimismo e sono, 
                  nel legame tra passato e presente, la testimonianza più 
                  viva del cambiamento in corso. 
                    
                  Maurizio Giannangeli
                 
                   
                     
                        I precedenti 
                          incontri  
                         “A” 
                          si è occupata più volte di pedagogia libertaria, 
                          seguendo in particolare gli incontri annuali della Rete 
                          per l'Educazione Libertaria, giunti quest'anno al loro 
                          4° appuntamento. A tale proposito segnaliamo: il 
                          resoconto del 2° Incontro Nazionale (Educare 
                          nella libertà di Valentina Galasso e Valeria 
                          Giacomoni, apparso sul numero 356 di “A”, 
                          ottobre 2010) e del 3° (Educare 
                          alla-nella libertà, pubblicato su “A” 
                          numero 364, estate 2011). 
                           
                           
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