dossier Piazza 
                  Fontana & dintorni 
                  
                8. Le responsabilità dei neo-nazisti 
                 
                All'inizio degli anni Novanta il giudice istruttore di Milano 
                  Guido Salvini, partendo dal ritrovamento dell'intero archivio 
                  contro-informativo di un gruppo di estrema sinistra, avviò 
                  un'indagine sulle attività eversive di Ordine nuovo in 
                  tutto il nord d'Italia a cavallo degli anni Settanta. In collaborazione 
                  con il capitano del Ros (reparto operativo speciale) Massimo 
                  Giraudo, Salvini cominciò a interrogare decine di ex 
                  militanti. 
                  I successivi processi per la strage del 12 dicembre sarebbero 
                  ruotati intorno alle testimonianze di Carlo Digilio e Martino 
                  Siciliano. Digilio, esperto di armi ed esplosivi, teneva rapporti 
                  in campo informativo con funzionari della Cia. Il suo primo 
                  reclutatore fu il capitano David Carret: Digilio disse di avergli 
                  sempre riferito tutto. 
                
                   
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                    Conferenza 
                        stampa di Pietro Valpreda e Luciano Lanza  | 
                   
                 
                 Responsabile di Ordine nuovo per il Triveneto era il dott. 
                  Carlo Maria Maggi, che lavorava come medico condotto alla Giudecca, 
                  uno dei quartieri più «rossi» di Venezia. 
                  Pazienti e colleghi lo hanno descritto come una persona alla 
                  mano, sempre disponibile. Secondo il racconto di Digilio Maggi 
                  faceva parte di un'organizzazione esoterica chiamata «figli 
                  del sole», che si ispirava a culti pagani. I suoi componenti 
                  festeggiavano i solstizi d'inverno e d'estate dando fuoco a 
                  una svastica di legno piantata su un bastone in una zona aperta. 
                  Il primo a imbattersi in questo personaggio fu il giudice di 
                  Treviso Giancarlo Stiz. Il suo nome infatti compariva, insieme 
                  a quello di Delfo Zorzi, sull'agenda di Franco Freda, ma questo 
                  filone d'indagine non era stato approfondito. 
                  Carlo Digilio ha sostenuto che Maggi conosceva non solo il piano 
                  eversivo, ma anche i dettagli e i nomi di chi vi partecipò. 
                  Da tali accuse Maggi si difese sostenendo che a cavallo del 
                  12 dicembre 1969 la broncopolmonite lo aveva inchiodato a letto 
                  per due settimane e che il suo primo pensiero in quel periodo 
                  era di ricostituire la federazione del Msi a Venezia, in quanto 
                  Ordine nuovo era appena rientrato nel partito al seguito di 
                  Pino Rauti. 
                  La linea è sempre stata la stessa: negare tutto. Strategia 
                  che ha caratterizzato tutto il gruppo. 
                  Martino Siciliano militava in Ordine nuovo di Mestre fin da 
                  ragazzino e conosceva molto bene Delfo Zorzi. Zorzi era uno 
                  degli uomini chiave del gruppo, se non il capo. Descritto dai 
                  camerati come una persona magnetica, dal carattere molto forte 
                  e indipendente, viveva da solo già prima di raggiungere 
                  la maggiore età. In caso di pestaggi non aveva reazioni 
                  davanti agli spargimenti di sangue e si occupava personalmente 
                  di infliggere punizioni ai camerati che non dimostravano costanza 
                  e diligenza. 
                  Il 31 dicembre 1969 Siciliano e Zorzi passarono insieme il capodanno. 
                  Prima andarono insieme a puttane. Poi andarono a casa di un 
                  altro camerata a mangiare, brindare e ascoltare inni nazisti. 
                  Il discorso cadde sulle bombe di qualche giorno prima. Secondo 
                  Siciliano in questa occasione Zorzi dichiarò che gli 
                  attentati di Milano e Roma erano stati pensati e commissionati 
                  ad alto livello e materialmente eseguiti da Ordine nuovo del 
                  Triveneto. 
                
                   
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                    Pietro 
                        Valpreda e Camilla Cederna  | 
                   
                 
                 Nel gennaio 1996 anche Digilio parlò di Delfo Zorzi 
                  e in particolare di una confidenza fattagli nel 1973 in cui 
                  avrebbe dichiarato di aver partecipato direttamente alla collocazione 
                  della bomba alla Banca Nazionale dell'Agricoltura. 
                  Sentito dai giudici Zorzi sostenne di avere un alibi per il 
                  12 dicembre 1969: era a Napoli, all'università dove studiava 
                  lingue orientali. 
                  Un altro punto importante per capire le dinamiche preparatorie 
                  della strage è la frequentazione e i contatti tra i gruppi 
                  mestrini e quelli milanesi. Alcuni dei loro componenti si ritrovarono 
                  in una villa sul Brenta nell'estate del 1969. 
                  Il timer utilizzato per la bomba alla Banca dell'Agricoltura 
                  aveva come arco massimo di tempo sessanta minuti. Togliendo 
                  il tempo necessario per azionare il timer, posizionare l'ordigno 
                  nella cassetta e chiuderla nella borsa, infilarsi il cappotto 
                  e uscire di casa, più il tempo per allontanarsi con calma, 
                  senza dare nell'occhio, abbastanza per non essere investito 
                  dall'onda d'urto ed ecco che è facile intuire che la 
                  bomba doveva essere per forza innescata a Milano, a non grande 
                  distanza dagli obiettivi. 
                  Per Salvini la bomba fu collocata da un gruppo misto mestrino-padovano, 
                  con un appoggio logistico determinante di almeno un milanese. 
                  Giancarlo Rognoni, leader del gruppo di estrema destra «La 
                  Fenice» (formatosi nel 1971), ha ammesso di aver conosciuto 
                  Zorzi, Maggi e Siciliano, ma ha collocato il primo incontro 
                  agli inizi degli anni Settanta. Fu Siciliano a presentare Delfo 
                  Zorzi a Rognoni nel settembre del 1969. Fu Digilio a chiarire 
                  la tratta percorsa dall'esplosivo depositato sotto il tavolo 
                  ottagonale della Banca Nazionale dell'Agricoltura. Zorzi l'avrebbe 
                  acquistato da Roberto Rotelli, un giovane del lido di Venezia, 
                  esperto nel recuperare relitti navali. Per il suo lavoro era 
                  autorizzato a tenere una gran quantità di esplosivo, 
                  soprattutto gelignite, con cui faceva saltare le pareti delle 
                  navi. 
                
                   
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                    Licia 
                        Pinelli e Pietro Valpreda  | 
                   
                 
                 Il 30 Giugno 2001 la Corte d'assise di Milano ha condannato 
                  all'ergastolo Maggi, Rognoni e Zorzi. Dal 1975 quest'ultimo 
                  vive in Giappone. È divenuto cittadino giapponese e ha 
                  cambiato il suo nome in Roi Hagen. Ha fatto una enorme fortuna 
                  grazie a un'attività di import-export nel campo della 
                  moda. 
                  Negli anni successivi la sentenza di primo grado verrà 
                  ribaltata. 
                  Le diverse corti hanno dato un parere contrastante sulla figura 
                  di Digilio: per alcuni è stato un teste assolutamente 
                  attendibile, per altri, quelli che hanno scritto la sentenza 
                  definitiva, non è stato per nulla credibile. 
                  I giudici di secondo grado paradossalmente gli hanno creduto 
                  solo quando ha accusato sé stesso: è stato l'unico 
                  imputato non assolto dalla condanna per Piazza Fontana. Comunque 
                  il reato era caduto in prescrizione vista la sua collaborazione 
                  con la giustizia. 
                  Martino Siciliano ha collaborato con la giustizia ma ha anche 
                  accettato somme di denaro dal vecchio camerata Zorzi per disertare 
                  deposizioni davanti al giudice o scrivere falsi memoriali. Comunque 
                  la Corte lo ha ritenuto un pentito attendibile. 
                  Il 12 Marzo 2004 i giudici della corte d'appello di Milano hanno 
                  assolto tutti e tre gli imputati per insufficienza di prove. 
                  Hanno però aggiunto che i responsabili di Piazza Fontana 
                  sono Freda e Ventura, ma i loro rapporti con gli ordinovisti 
                  di Venezia-Mestre e Milano non sono stati sufficientemente provati. 
                  Il 3 Maggio 2005 la Cassazione ha confermato questa sentenza 
                  e ha obbligato le parti civili, tra cui i familiari delle vittime, 
                  a provvedere alle spese processuali. 
                  Fine dei processi. 
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