nonsolomusica 
                    
                  a cura di Marco Pandin
                  
                    
                  
                 Elia 
                  in concerto 
                 C'ero 
                  anch'io a tutt'e due i concerti, metà aprile 2007. Ricordo 
                  bene: la prima impressione che avevo raccolto nell'incontrare 
                  Lalli e Pietro e tutti gli altri lì fuori del teatro 
                  Agnelli, appena sceso dall'autobus, era stata di imbattermi 
                  in un gruppo di persone felici. Penso lo siano state davvero. 
                  Erano giorni di casini personali per tutti, di cambiamenti e 
                  difficoltà e agitazione, di figli che nascono e lavori 
                  e persone care che si perdono, di salute che va e viene. Quelle 
                  canzoni da suonare insieme rappresentavano quasi un'isola privata, 
                  la fortuna di un tratto di costa al sole mentre tutt'attorno 
                  cambia il tempo, o già piove. In qualche modo, anche 
                  il viaggio fino a Torino e quel paio di giorni di vacanza mi 
                  servivano per raccogliere qualche briciola di tranquillità, 
                  per rallentare, ritrovare il respiro. Così, avevo approfittato 
                  anch'io di quel pezzetto di sole, e condiviso un po' di quell'arcobaleno 
                  breve. 
                  Dai concerti, da tutt'e due, avevo avuto la conferma forte che 
                  un gruppo effettivamente esisteva. Forse sì, all'inizio 
                  qualche tempo prima era un po' un pretesto traballante per raccogliersi 
                  attorno a Lalli e Pietro, a suonare quelle loro canzoni sottili, 
                  tenui come acquerelli, che però sapevano affondare nel 
                  cuore e lasciargli scritto un segno. Tra i musicisti si era 
                  venuta a costruire una relazione complicata, mista di solidarietà, 
                  stima, piacere di ritrovarsi, affetto, divertimento, ed erano 
                  tutte queste cose adesso ad alimentare il suono, era quest'aria 
                  buona che illuminava ed arricchiva le canzoni. Era un gruppo 
                  vero, adesso: ognuno a suo modo fiume a portare acqua nel mare, 
                  a contribuire attivamente con le dita e la testa. E ognuno coinvolto 
                  con un certo spirito, se possibile, se ci credete. 
                  Le canzoni già sapevano stare bene in piedi da sole e 
                  camminare svelte, ma adesso sapevano anche saltare e danzare 
                  grazie a questa gioia collettiva: contrabbasso e archi al posto 
                  giusto, la chitarra sempre lì a cambiare colore, le percussioni 
                  a costruire trame come arabeschi, la fisarmonica e la tromba 
                  a portarti in volo via lontano lontano mentre la voce di Lalli 
                  invece ti riprende per un orecchio -no, per tutt'e due- e ti 
                  riporta qua. A pensare, a guardare, a riflettere, a ricordare, 
                  a non dimenticare. Quelle sue storie profonde, Storie con l'esse 
                  grande anzi grandissima, e sguardi intensi in forma di strofe, 
                  e carezze in punta di rima, sussurri, vertigini. 
                
                   
                    |   | 
                   
                   
                    Torino, 
                        15 settembre 2008  | 
                   
                 
                 Dal vivo, suonate una dopo l'altra, le canzoni restavano in 
                  equilibrio sul filo sospeso tra la sorpresa ed il già 
                  sentito, un po' conferme e un po' impreviste, un po' argentine 
                  e un po' francesi. Per alcune Lalli e Pietro offrono un arrangiamento 
                  diverso dal vestito indossato dentro al disco, e poi ecco un 
                  pezzo che all'inizio pensavi già di riconoscere ma non 
                  è così, un paio di volte entra Tommy dei Perturbazione 
                  ad aggiungere la sua voce di velluto scuro alla meraviglia, 
                  un'altra volta c'è Stefano Giaccone che fa sbandare questi 
                  equilibri soffiando forte nel suo sassofono destabilizzante. 
                  Il palco è largo ed attrezzato, il gruppo vi si muove 
                  in un ritaglio di panorama di cavi e aste di microfono, sotto 
                  una luce discreta. Penso che Daniele Gaglianone quelle sere 
                  abbia filmato, oltre che “lo spettacolo“, anche 
                  le sue pieghe in ombra, come quel lento scambio prendi e appoggia 
                  di strumenti tra una canzone e l'altra, mentre qui giù, 
                  sotto, si applaude per scacciare dalla gola la tristezza per 
                  la canzone appena ascoltata, troppo breve e già finita. 
                  Si susseguono pezzi recenti e pezzi più vecchi senza 
                  preoccuparsi del tempo, una galleria di ritratti, di sorrisi 
                  e malinconie che attraversa quarant'anni abbondanti di poesie 
                  in musica, da Nico a Luigi Tenco, da Fabrizio de André 
                  a Fito Páez, dagli Smiths fino a nomi più piccoli 
                  come Ishi, giusto per non scordare l'aria che appena ieri si 
                  respirava nelle cantine. 
                  Ci si aspettava che una selezione delle registrazioni del concerto 
                  di lì a poco uscisse, come i precedenti lavori di Lalli 
                  con e senza Pietro Salizzoni, per il Manifesto che invece sospende 
                  e chiude l'attività. Dal 2007 ad oggi succede di tutto, 
                  ma anche no: è la vita, quella di tutti, che semplicemente 
                  va avanti. La vita che inciampa e che si rialza, che ancora 
                  e sempre porta con sé cambiamenti, difficoltà, 
                  partenze, ospiti inattesi. 
                
                   
                    |   | 
                   
                   
                    Torino, 
                        15 settembre 2008  | 
                   
                 
                 
                Il cd esce solo adesso (ed. Felmay, www.felmay.it), 
                  a cinque anni di distanza che tradotti in tempi discografici 
                  – a meno di non essere finiti nella Hall of Fame, magari 
                  ad memoriam – sono un'enormità. 
                  Ma il discorso è un altro, e questa non è una 
                  storia di ieri. O forse sì, ma è comunque una 
                  storia bella da ascoltare, emozionante come non mai soprattutto 
                  per chi non ha mai assistito a un concerto di Lalli e compagni. 
                  Eppure già dal primo ascolto i dubbi sull'opportunità 
                  e sull'utilità di questo lavoro si sciolgono tutti, e 
                  velocemente: è la pietra che mancava alla collana, la 
                  pagina che mancava al libro. È un'ora di ricordi che 
                  da un senso e un significato profondo a tutto questo andare 
                  avanti della vita, questo viaggio inesorabile con le sue perdite 
                  e gli incontri nuovi, le lontananze e gli allontanamenti. Ricordi 
                  da toccare, come per proseguire un discorso che s'era sospeso 
                  senza una vera ragione. Parlo per me: è quel pezzo che 
                  mi mancava per riequilibrare qui dentro qualcosa di importante. 
                  È un disco che è bello, molto bello ascoltare 
                  adesso: non ferma il tempo, ma gli toglie peso, importanza, 
                  autorità. Lo dicevo, io, che c'era un'aria buona in quelle 
                  serate torinesi. Ed è quell'aria che vorrei tanto respirare 
                  ancora in una nuova canzone di Lalli e dei suoi compagni: anche 
                  una sola, anche breve. Non so se è una speranza che posso 
                  concerdermi, ma spero lo stesso, chissà che arrivi presto. 
                  Io intanto mi siedo qui, guardo il cielo e aspetto, come si 
                  aspettano le rondini a primavera. Senza preoccuparmi, e neanche 
                  un po', di apparire ridicolo. 
                   
                  Le foto sono state scattate da Giampaolo Squarcina, che ringrazio. 
                
                   
                  Marco Pandin 
                  stella_nera@tin.it 
                  
                
                   
                      | 
                    Duemila papaveri 
                        rossi 
                        2 cd con libretto  
                      I due cd contengono 37 
                        canzoni di Fabrizio de André 
                        interpretate da musicisti e gruppi indipendenti. 
                        Una iniziativa a sostegno di "A" delle Edizioni 
                        stella*nera. 
                      Una copia 
                        15 euro 
                      Per 
                        saperne di più e per acquistarlo online clicca 
                        qui   | 
                   
                 
                
                   
                      | 
                    Paola Sabbatani 
                        e Roberto Bartoli 
                        Non posso riposare 
                        cd+dvd  
                      Un cd e un dvd, dodici 
                        canzoni da ascoltare e un documentario realizzato da 
                        Mario Bartoli e Giangiacomo De Stefano (Va.C.A. Vari Cervelli 
                        Associati). 
                        Una co-produzione Editrice Bruno Alpini, Aparte e stella*nera. 
                      Una copia 
                        cd+dvd 15 euro 
                      Per 
                        saperne di più e per acquistarlo online clicca 
                        qui   | 
                   
                 
                
               |