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                 Saint-Imier  
                Cinque giorni di anarchia 
                  di Antonio Senta 
                  foto di Roberto Gimmi  
                   
                  Dall'8 al 12 agosto alcune migliaia di anarchici si sono incontrati nella cittadina del Giura svizzero, dove 140 anni fa fu fondata la Prima Internazionale. 
                  Ma gli occhi sono stati puntati sul presente e sul futuro. 
                  
                   
                  Era annunciato da mesi sui nostri 
                  giornali: per cinque giorni di agosto gli anarchici di mezzo 
                  mondo si sarebbero incontrati in una cittadina svizzera di meno 
                  di cinquemila abitanti nel cantone di Berna, Saint-Imier. Chi 
                  mastica un po' di storia sa che proprio lì si ritrovarono 
                  centoquaranta anni fa quei delegati della Prima Internazionale 
                  che decisero di rompere con le manovre gerarchiche e centraliste 
                  di Karl Marx, stabilendo che primo dovere del proletariato era 
                  la distruzione – e non la conquista come volevano i marxisti 
                  – del potere politico. 
                   Così 
                  dall'inizio della seconda settimana di agosto centinaia di compagni 
                  e compagne hanno cominciato ad affluire nella cittadina svizzera, 
                  i cui abitanti si sono mostrati da subito incuriositi e estremamente 
                  solidali con i nuovi arrivati. Non era “solo” un 
                  congresso questa volta, ma qualcosa di più: un incontro 
                  internazionale anarchico aperto a tutti coloro, gruppi o individui, 
                  che condividevano una visione dell'anarchismo come istanza di 
                  trasformazione della società. La presenza dei compagni 
                  e delle compagne è via via cresciuta, fino a che Saint-Imier 
                  non è stata “invasa” da almeno tremila, forse 
                  cinquemila, compagni. Difficile fare una conta precisa: basti 
                  dire che i vari campeggi (due “ufficiali”, uno spontaneo) 
                  hanno ospitato circa millecinquecento tende. Se a ciò 
                  sommiamo le persone che hanno dormito nelle varie pensioni e 
                  nei bed&breakfast, nella palestra comunale, nelle case dei 
                  compagni, nei camper, e tutti coloro che sono stati a Saint-Imier 
                  in giornata il numero di cinquemila partecipanti sembra plausibile. 
                  Il programma era davvero intenso: almeno otto erano gli spazi 
                  “ufficiali” riservati alle discussioni, ubicati 
                  in diverse parti della cittadina. Sale che potevano contenere 
                  da trenta a trecento persone hanno ospitato conferenze, tavole 
                  rotonde, dibattiti dalle dieci della mattina alle cinque del 
                  pomeriggio. I temi erano i più disparati: dalla teoria 
                  anarchica all'anarcosindacalismo, il femminismo e l'ecologia, 
                  la situazione in Palestina e quella in Grecia, la crisi e le 
                  pratiche di autogestione in Spagna e in Portogallo, le figure 
                  di Malatesta, di Bakunin e lo stato dell'anarchismo in Brasile, 
                  la questione del dominio e quella della decrescita, la lotta 
                  allo stato e ai governi, gli squat e Camillo Berneri, l'anarchismo 
                  in Cile e la geografia di Elisé Reclus, Louise Michel 
                  e il movimento antinucleare giapponese, le battaglie dei lavoratori 
                  in Sudafrica e gli orti urbani, la repressione e le proteste 
                  studentesche in Quebec, la lotta di classe e la pedagogia libertaria, 
                  l'esperanto ecc.
                
  
                
    Bar 
                  e cucine autogestite (a offerta libera) 
                  Accanto e oltre questi momenti previsti dal programma, sono 
                  nate una miriade di assemblee spontanee. I compagni bielorussi 
                  hanno raccontato l'oppressione cui sono costretti sotto il regime 
                  di Lukashenko, si è parlato della funzione di “profilazione” 
                  e controllo svolto dai social network, si sono svolti workshop 
                  pratici di autodifesa e di autocostruzione, e in genere compagne 
                  e compagni delle più svariate nazionalità hanno 
                  cucito rapporti per far crescere l'appoggio e la solidarietà, 
                  lo scambio e il confronto tra anarchici. E poi: due cinema che 
                  proiettavano dalla mattina alla sera, diversi concerti ogni 
                  sera, un grande salone del libro ospitato dal palazzetto di 
                  pattinaggio, i congressi e i convegni dell'Internazionale di 
                  Federazioni Anarchiche e di Anarkismo. 
                  In tutto ciò i bar e le cucine autogestite impiegavano 
                  decine di generosi compagni che si sono dati un gran da fare 
                  nel preparare migliaia e migliaia di pasti, biologici e vegani, 
                  a offerta libera, in cui era bandita la plastica. Ognuno dopo 
                  mangiato si lavava piatto e forchetta per lasciarlo al prossimo 
                  affamato. 
                  L'organizzazione, a carico di un Comitato composto dai militanti 
                  locali dell'Espace noire (un bellissimo immobile di tre piani 
                  nel pieno centro del paese, di proprietà di una cooperativa 
                  di compagni), della Fédération Libertaire des 
                  Montaignes, della Organisation Socialiste Libertaire, della 
                  Fédération Anarchiste, dell'Internazionale di 
                  Federazioni Anarchiche e di Anarkismo, è stata impeccabile: 
                  davvero svizzera, o meglio anarchica. L'autorganizzazione si 
                  è coniugata con situazioni fisiche di grande dignità, 
                  pulizia e comfort: i bagni sempre puliti, le sale confortevoli 
                  e con una gran quantità di posti a sedere, gli impianti 
                  di amplificazione funzionanti, la traduzione simultanea con 
                  le cuffie per le conferenze più affollate (e qui sono 
                  stati davvero grandiosi tutti i compagni traduttori che si sono 
                  “votati alla causa” per più giorni) e una 
                  traduzione “passo-passo” laddove le cuffie non c'erano.
                  
                
  I compagni e le compagne presenti erano in massima parte giovani 
                  e molti i giovanissimi sui vent'anni. Venivano davvero da mezzo 
                  mondo: principalmente dall'Europa occidentale e orientale, dal 
                  Mediterraneo, dal Sudamerica, dal Nordamerica e dal Canada, 
                  meno dall'Asia e dall'Africa, anche se c'erano militanti sudafricani 
                  e giapponesi. Tanti gli italiani a denotare la vitalità 
                  di un movimento che meriterebbe momenti di socialità 
                  e confronto più frequenti, al di là delle appartenenze 
                  e dei raggruppamenti “per tendenza”. 
                  Quel che si respirava a Saint-Imier era proprio questo: una 
                  solidarietà anarchica, viva e pulsante, tra compagne 
                  e compagni diversi e lontani, per età, geografia, modi 
                  e interessi, accomunati da un amore insopprimibile per la libertà, 
                  da un'esigenza e da un'etica di giustizia, dalla pratica dell'autogestione, 
                  dalla volontà di vivere senza padroni, dalla necessità 
                  di agire in prima persona e in fretta prima che le convulsioni 
                  del capitalismo e dell'autoritarismo degli stati ci stritolino 
                  in una morsa fatale. 
                  È davvero impossibile dare conto di tutto quello che 
                  è successo a Saint-Imier: anche le conferenze erano così 
                  tante che sicuramente il racconto non può che essere 
                  frammentario. È stato sicuramente di alto livello l'intervento 
                  di Davide Turcato su Errico Malatesta, tradotto in francese 
                  da Giordano Cotichelli davanti a una settantina di persone. 
                  Chiaro, preciso, eppure problematico e non banale, il pensiero 
                  di Malatesta è venuto fuori in tutta la sua forza e la 
                  sua attualità. Sono state di estremo interesse i racconti 
                  delle varie pratiche di autogestione: da quella di spazi come 
                  l'Espace noir e gli squat delle città francesi, dal cibo 
                  (autoproduzione di pane, verdure ecc.) all'istruzione, come 
                  nel caso dell'Ateneo Libre di Buenos Aires frequentato regolarmente 
                  da una cinquantina di ragazzi e ragazze. 
                  Le femministe hanno rimarcato come l'incontro fosse stato troppo 
                  al maschile e come nel programma ufficiale le donne avessero 
                  assai meno posto degli uomini. Anche in questo ambito la pratica, 
                  “il movimento reale” ha sopravanzato quanto vi era 
                  di organizzato e si sono svolte diverse assemblee femministe 
                  (miste e non) spontanee. Le compagne si sono ripromesse di organizzare 
                  prossimamente un incontro anarcofemminista internazionale.
                  
                
  C'è stato anche un po' di “brio”, come 
                  spesso accade tra anarchici, ma tutto è rimasto nell'ambito 
                  di una dialettica che non è mai trascesa. Al segretario 
                  della Organisation Socialiste Libertaire è arrivata una 
                  torta in faccia, rivendicata da un gruppo di Losanna che lo 
                  ha accusato di avere intrattenuto in passato atteggiamenti troppo 
                  morbidi nei confronti della polizia, gli antispecisti hanno 
                  deciso che non potevano tollerare che qualcuno mangiasse una 
                  salsiccia e hanno circondato la griglia dietro l'Espace noir 
                  buttandoci sopra dell'acqua (e una cacca di cane). Questioni 
                  tutto sommato molto piccole all'interno di un quadro davvero 
                  solidale in cui individualità, organizzazioni e gruppi 
                  anche molto diversi tra loro si sono confrontati con un grande 
                  spirito costruttivo. 
                  Una sensazione presente è che il movimento presenti oggi 
                  due facce: da una parte ci sono le mille pratiche collettive 
                  di autogestione, molte delle quali ormai consolidate, dall'altra 
                  la lotta incessante all'autoritarismo e allo sfruttamento, allo 
                  stato e al capitale. Probabilmente il futuro dell'anarchismo 
                  come spinta ai movimenti di emancipazione dipende anche da quanto 
                  questi due aspetti crescano insieme, da quanto diventino sempre 
                  più complementari. Distruzione delle catene vecchie e 
                  nuove e costruzione di un mondo altro sono i due orizzonti entro 
                  cui si muove l'anarchismo contemporaneo. 
                  Non a caso in molti degli interventi sulle pratiche di autogestione 
                  sembrava venisse fuori un problema: quello della scarsità 
                  di risorse. 
                  
                
 L'autogestione è una grande cosa, ma, ovviamente, per 
                  farla al meglio, ci vogliono i mezzi materiali. E sono proprio 
                  tali mezzi, quelli che potrebbero permettere a tutte le donne 
                  e gli uomini del pianeta di vivere una vita dignitosa, che il 
                  capitale ci sottrae ogni giorno. Ecco quindi la necessità 
                  di una lotta globale contro il capitalismo e la scommessa di 
                  costruire movimenti popolari autorganizzati che mettano in discussione 
                  alla radice la distribuzione delle ricchezze su scala globale. 
                  Sono aspetti questi ultimi che sono venuti fuori nelle dichiarazioni 
                  finali di organizzazioni quali l'Internazionale di Federazioni 
                  Anarchiche, Anarkismo o la Fédération Anarchiste, 
                  che, pur nelle loro specificità, hanno messo in luce 
                  la posta in gioco dell'anarchismo: una rivoluzione sociale generalizzata 
                  in grado di sovvertire le gerarchie e di eliminare le ineguaglianze 
                  estendendo le pratiche e le forme di autogestione già 
                  possibili “nel piccolo” qui ed ora. Questo perché, 
                  come ha detto un compagno inglese l'ultimo giorno, mentre noi 
                  facciamo l'autogestione milioni di persone muoiono di fame a 
                  causa del capitalismo. Il mostro è sempre vivo e il nostro 
                  compito non è cambiato: dobbiamo ucciderlo. 
                  Due quindi sono le dimensioni temporali dell'anarchismo: tutto 
                  quello che di anarchico si può fare qui, concretamente 
                  e in prima persona, e la perdurante utopia “così 
                  vicina così lontana” di una società giusta, 
                  senza spazi d'ombra dove la libertà e la giustizia sociali 
                  siano la sola cifra delle relazioni tra gli uomini e le donne. 
                  L'assemblea finale di domenica 12, presenti circa quattrocento 
                  persone, non ha stilato una dichiarazione unica. Ci sono stati 
                  più di venti interventi e diverse dichiarazioni programmatiche 
                  da parte delle organizzazioni che si sono fatte promotrici dell'incontro. 
                  Centoquaranta anni dopo la nascita dell'Internazionale antiautoritaria, 
                  i principi cardine dell'anarchismo sono stati riconosciuti e 
                  ancora una volta fatti propri da una nuova generazione, quella 
                  nata alla fine del secolo XX che vive con mano la crisi e la 
                  crescente ferocia del capitalismo. Una generazione che sta mettendo 
                  in pratica questi principi, li sta verificando, all'interno 
                  di un'azione e di un pensiero in costante mutamento, meticcio 
                  e plurale. 
                  Saint-Imier 2012 è stato questo e sicuramente molto di 
                  più. Quel che è certo è che a tutti, quelli 
                  che sono potuti andare e quelli che pur solidali sono dovuti 
                  rimanere a casa, questo incontro internazionale dà una 
                  nuova spinta per fare di più e meglio per il presente 
                  e il futuro dell'anarchia. 
                   
                  Antonio Senta
  
                
                   
                    
 
                        Noi 
                          dell'IFA 
                          sulle orme di Malatesta 
                        L'Internazionale delle 
                          Federazioni Anarchiche, fondata nel 1968 al congresso 
                          di Carrara alla presenza di protagonisti della storia 
                          dell'anarchismo fra i quali Umberto Marzocchi, Alfonso 
                          Failla, Maurice Joyeux, Georges Balkanski e Federica 
                          Montseny, ha celebrato il suo nono congresso internazionale 
                          in occasione dell'Incontro Internazionale dell'anarchismo 
                          tenuto a Saint-Imier per i 140 anni dell'internazionale 
                          antiautoritaria, di cui è stata uno dei principali 
                          organizzatori. 
                          Questo gesto ha il forte valore simbolico di rivendicare 
                          la nostra appartenenza alla storia dell'anarchismo sociale, 
                          comunista e organizzatore nato dall'Internazionale e 
                          transitato per le lotte anarchiche del ventesimo secolo 
                          come il Biennio Rosso, la Makhnovtchina ucraina, la 
                          Rivoluzione Spagnola del 1936-1939 e la resistenza internazionale 
                          contro il nazifascismo. 
                          Ma oltre a riconoscersi in una tradizione storica, l'IFA 
                          ha ribadito il proprio impegno per un progetto di trasformazione 
                          sociale libertaria, redigendo un appello finale “a 
                          tutti gli sfruttati e oppressi del mondo“ (vedi 
                          federazioneanarchica.org, 
                          www.i-f-a.org) 
                          in cui, pur prestando attenzione ai nuovi movimenti, 
                          si ribadisce l'attualità dell'opzione anarchica 
                          per risolvere i gravissimi problemi del mondo globalizzato 
                          del terzo millennio. 
                          L'IFA, raggruppa una decina federazioni unite dalla 
                          pratica dell'organizzazione anarchica federalista e 
                          orizzontale, ispirata ai principi di Errico Malatesta; 
                          alcune di queste sono transnazionali, come quella francofona 
                          e quella germanofona. La nostra Internazionale si è 
                          arricchita a questo congresso di una nuova sezione, 
                          quella slovena, e conta ormai contatti e gruppi di simpatizzanti 
                          in tutti i continenti, in coerenza con la pratica internazionalista 
                          e transnazionale che ha caratterizza l'anarchismo. 
                          Lunga vita all'anarchia! 
                           
                          Simone Ruini   | 
                   
                 
                  
                 
                Dopo Saint-Imier, ritroviamoci! 
                L'incontro internazionale di Saint-Imier è stata anche 
                  un'occasione per alcuni compagni e compagne provenienti dall'Italia 
                  di rivedersi e confrontarsi. Durante questi momenti di condivisione 
                  e socialità è emersa l'esigenza di creare ulteriori 
                  situazioni di dibattito e discussione aperta, che possano coinvolgere 
                  collettivi e singoli interessati, al di là delle specifiche 
                  appartenenze. In un momento favorevole per il movimenti anarchico, 
                  in costante crescita, come ha dimostrato l'incontro di questi 
                  giorni, la nostra volontà è quella di unirsi e 
                  ritrovarsi sulla base di punti comuni e intenti condivisi per 
                  dare maggiore incisività e visibilità ai momenti 
                  di lotta che si sviluppano nei territori, rafforzando i collegamenti 
                  tra le varie realtà. Per concretizzare queste istanze 
                  proponiamo quindi un'assemblea aperta sabato 20 ottobre a Milano, 
                  al circolo dei malfattori, via torricelli 19. 
                   
                  Alcun* compagn* 
                  di Benenvento, Bologna, Milano e Roma 
                  Per info: malfattori@inventati.org  |