Un soldato che si è calato 
                    l’elmetto a coprire gli occhi e si punta una pistola 
                    alla tempia: “credeva nell’esercito...” 
                    è la scritta. Saranno poi numerose le copertine di 
                    “A” che, come questa del n. 40 (agosto/settembre 
                    1975), punteranno sull’ironia o il sarcasmo, per catturare 
                    l’attenzione dei lettori e soprattutto per evitare le 
                    classiche immagini “di lotta (dura)” cui – 
                    soprattutto in quegli anni – si era abituati.
                    Nell’editoriale di presentazione del numero (che anche 
                    allora si chiamava “Ai lettori”) si legge in proposito: 
                    Uno dei compiti che la nostra rivista si è proposta 
                    fin dalla sua fondazione (nell’ormai lontano... 1971) 
                    è quello di seguire con attenzione l’evolversi 
                    del Potere in Italia, in stretta corrispondenza con la continua 
                    (anche se non lineare) ascesa della nuova classe tecno-burocratica. 
                    L’articolo dedicato alle nuove tendenze del militarismo 
                    in Italia rientra in questo filone, nella misura in cui coglie 
                    il parallelo mutamento della politica della sinistra nei confronti 
                    dell’Esercito ed il farsi avanti di proposte “innovatrici” 
                    nei settori più avanzati delle stesse gerarchie militari.
                    
L’articolo 
                    cui si fa riferimento è intitolato “Signorsì 
                    alla democrazia” e segna il debutto nella collaborazione 
                    ad “A” di Claudio Venza, membro (allora come oggi) 
                    del gruppo anarchico Germinal di Trieste. A seguire, in una 
                    pagina intitolata “Il nostro antimilitarismo e il loro”, 
                    viene pubblicato il comunicato emesso dagli anarchici presenti 
                    alla Marcia Antimilitarista Trieste-Aviano al termine della 
                    prima giornata della marcia stessa. Gli anarchici, compatti 
                    (un’ottantina circa), spiegano le ragioni del loro abbandono 
                    della Marcia stessa, in dura polemica con i radicali, accusati 
                    di strumentalizzazione e soprattutto di volontà prevaricatrice, 
                    nel loro tentativo di imporre a tutti i partecipanti la loro 
                    impostazione “legalitaria”. E questo dopo aver 
                    snobbato, i radicali, l’edizione precedente (1974) della 
                    marcia stessa.
                    Una polemica contingente, che però – a distanza 
                    di tempo – segna in maniera definitiva la rottura di 
                    un rapporto che, pur tormentato, aveva spesso visto affiancati 
                    – in campo antimilitarista, anticlericale, ecc. – 
                    radicali e anarchici. Nei quasi 4 decenni da allora trascorsi, 
                    l’estraneità dei due movimenti si è confermata 
                    pressochè totale e ha visto – per esempio nel 
                    periodo di collaborazione/entrata dei radicali in Forza Italia 
                    – momenti di totale contrapposizione.
                    Per chiudere sull’argomento, segnaliamo che nello stesso 
                    numero di “A” un articolo (“Contro quale 
                    regime?”) è dedicato proprio alla messa a fuoco 
                    delle differenze sempre più profonde tra anarchici 
                    e radicali.
                    Altri temi affrontato in “A” 40 sono: la repressione 
                    nella Spagna ancora (per poco) franchista, la crisi sociale 
                    in Italia (si parla di “autunno tiepido”), la 
                    situazione argentina, il crescente ruolo delle banche, la 
                    demistificazione della “scuola di massa” e dell’educazione 
                    tecnologica, le dimissioni del governatore della Banca d’Italia 
                    Guido Carli, intervento statale e cogestione in Svezia, le 
                    sinistre al governo in Portogallo, un intervento di Gianpietro 
                    “Nico” Berti (con il suo consueto pseudonimo di 
                    Mirko Roberti) su “il materialismo dialettico alle corde”, 
                    in polemica con il filosofo (allora) marxista Lucio Coletti. 
                    Non mancano, per concludere, alcune recensioni di libri, riviste 
                    e – questa volta – anche del documentario “Spagna 
                    ’36: un popolo in armi” realizzato, nella 
                    sua versione italiana, dal Comitato Spagna Libertaria.