Vi sembra di essere 
                    diventati adulti?
                    Brassens – Ahi ahi ahi!
                    Brel – A me no.
                    Ferré – A me nemmeno.
                    Brassens – Siamo rimasti tutti un po' 
                    indietro! Per diventare adulti, bisogna prestare il servizio 
                    militare, sposarsi, avere dei figli. Bisogna abbracciare una 
                    carriera, seguirla, salire di grado. È così 
                    che si diventa adulti... Noialtri conduciamo una vita un po' 
                    ai margini della vita normale, al di fuori della realtà. 
                    Non possiamo diventare adulti.
                  Forse perché 
                    non avete voluto adattarvi al sistema tradizionale?
                    Brel – O forse non abbiamo potuto!
                    Brassens – Perché non era nel 
                    nostro carattere adattarci a quel sistema, ecco. Non l'abbiamo 
                    fatto apposta. Non c'è nessuna vanteria nel dire che 
                    si è solitari. Si è così e basta.
                    Ferré – Si ricollega al bambino-poeta. 
                    Quando Brel canta senza ridere, e credendoci, quando dice 
                    quella cosa meravigliosa, «accenderò la mia chitarra, 
                    ci sembrerà di essere spagnoli», solo un bambino 
                    può dire una cosa del genere!
                    Brel – Certo. In fin dei conti è 
                    una questione di temperamento… Tutto sta nel sapere 
                    cosa si fa davanti a un muro: ci si passa a lato, ci si salta 
                    sopra, o si sfonda?
                    Brassens – Io, penso!
                    Brel – Io lo sfondo! Come dire, ho 
                    voglia di prendere un piccone…
                    Ferré – Io lo aggiro!
                    Brel – Sì ma il punto in comune 
                    è che tutti i mesi, istantaneamente, abbiamo voglia 
                    di andare dall'altra parte del muro che s'innalza. Questa 
                    è l'unica cosa importante, ed è quello che prova 
                    che non siamo adulti. Che fa un tipo normale? Costruisce un 
                    altro muro davanti, ci mette sopra un tetto e si sistema. 
                    È quello che si chiama costruire! [risa]. 
                  
                     
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                          gennaio 1969 – Jacques Brel, Léo Ferré, 
                          Georges Brassens (foto Jean-Pierre Leloir)  | 
                    
                  
                  Concerti 
                    quasi insurrezionali
                  Tutti voi, in un certo 
                    periodo della vostra vita, o ancora oggi, avete flirtato con 
                    i movimenti anarchici o libertari. Per Brassens è stato 
                    un momento, per Brel un soprannome, per Ferré si tratta 
                    di una causa militante ancora oggi, un pretesto per dei concerti 
                    quasi insurrezionali…
                    Ferré – No! Io non sono, non 
                    posso essere un militante. Non posso militare per un'idea, 
                    qualunque essa sia, perché altrimenti non sarei libero. 
                    E credo che Brassens e Brel siano come me, perché l’anarchia 
                    è innanzitutto la negazione di ogni autorità, 
                    da qualsiasi parte essa venga. All'inizio l'anarchia faceva 
                    paura alla gente, alla fine del XIX secolo, perché 
                    c'erano le bombe. Poi ha fatto ridere. In seguito, la parola 
                    anarchia ha assunto un cattivo sapore in bocca alla gente. 
                    E poi, da qualche mese, in particolare da maggio in poi, le 
                    cose si sono rimesse al loro posto. Le assicuro che quando 
                    pronuncia la parola anarchia, o anarchici, anche sul palco, 
                    la gente non ride più, è d'accordo, e vuol sapere 
                    di cosa si tratta.
                    Brassens – L'anarchia è difficile 
                    da spiegare… Gli stessi anarchici fanno fatica a spiegarla. 
                    Quando ero nel movimento anarchico – ci sono rimasto 
                    due o tre anni, facevo Le Libertaire nel '45-'46-'47, 
                    e non ho mai rotto completamente, ma in definitiva non milito 
                    più come prima –, ciascuno aveva un'idea del 
                    tutto personale dell'anarchia. È proprio questo a essere 
                    esaltante nell'anarchia: non c'è un vero dogma. È 
                    una morale, un modo di concepire la vita, credo…
                    Brel – … E che accorda la priorità 
                    all'individuo!
                    Ferré – È una morale 
                    del rifiuto. Perché se nel corso dei millenni non ci 
                    fosse stato qualche energumeno a dire no, qualche volta, saremmo 
                    ancora sugli alberi!
                    Brel – Sono completamente d'accordo 
                    con quello che dice Léo. Detto questo, ci sono persone 
                    che non si sentono né sole né inadatte, e che 
                    trovano collettivamente la loro salvezza.
                    Brassens – Certamente. Per quanto mi 
                    riguarda non disapprovo mai nulla, le persone fanno più 
                    o meno quello che vogliono. Io sono d'accordo o non sono d'accordo, 
                    tutto qui. Per aver detto questo sono stato spesso rimproverato 
                    di non voler rifare la società. Il fatto è che 
                    non mi sento capace di farlo. Se avessi delle soluzioni collettive…
                    Brel – Ma chi, chi ha la soluzione 
                    collettiva?
                    Brassens – C'è chi pretende 
                    di averla. Ma nel mondo attuale, non sono in molti che sembrano 
                    possederla davvero… [risa] Io non so cosa si debba fare. 
                    Se lo sapessi, se fossi persuaso che girando a destra o a 
                    sinistra, facendo questo o quello il mondo cambiasse, la sacrificherei, 
                    la mia piccola tranquillità! Ma non ci credo poi molto…
                  Léo Ferré?
                    Ferré – Io sono meno lirico 
                    rispetto a lui…
                    Brassens – …Tu, Léo, tu 
                    sei totalmente disperato!
                    Brel – C'è un fenomeno d'impotenza 
                    che è assolutamente terribile, davvero.
                  Quindi avete proprio 
                    l'impressione di non poter fare nulla?
                    Brassens – No, io faccio qualcosa per 
                    i miei vicini, per i miei amici, nei miei limiti. Penso d'altra 
                    parte che valga tanto quanto se militassi in un posto qualsiasi… 
                    Non sparare sulla Croce Rossa è una forma di impegno 
                    come un'altra.
                    Ferré – Trovo che Georges, nel 
                    suo cuore, militi molto più di me. Perché io 
                    non credo più a parecchie delle cose a cui voglio credere.
                    Brassens – Faccio finta, Léo. 
                    Faccio come quando l'amore se ne va. Faccio finta di crederci, 
                    e questo lo fa durare ancora un poco…
                    Ferré – No, no. Quando l’amore 
                    se ne va, è già partito da molto tempo.