Il cinema parla ai 
                    grandi numeri  
                  
Un giorno la macchina da presa si rese conto 
                    che nonostante riuscisse a registrare il movimento delle cose, 
                    di fatto le era impossibile muoversi. Era statica, inchiodata 
                    a un cavalletto.
                    Di fatto, ancor prima dell’invenzione dei movimenti 
                    di macchina, dei carrelli e dei piani sequenza (quando la 
                    macchina da presa si muove raccontando una scena senza mai 
                    staccare, quindi filmando in tempo reale) che inventarono 
                    un nuovo modo di riprendere e di vedere i film, il linguaggio 
                    cinematografico si avvicinò sempre di più ai 
                    personaggi e nacque così il primo piano. Si 
                    scoprì allora nelle espressioni del viso, che occupava 
                    tutto lo schermo, un mondo di mobilità molto più 
                    raffinato e un’infinita gamma di espressioni. Era sì 
                    una mobilità fisica, ma traduceva già minuziosamente 
                    la mobilità dello spirito. Così il primo piano 
                    fu per il cinema un immenso passo avanti, inaugurando attraverso 
                    questa tecnica la possibilità di esprimere gli umani 
                    sentimenti (un sorriso per esempio) ampliando così, 
                    attraverso il nuovo linguaggio, l’infinita gamma d’espressioni 
                    che il volto umano poteva trasmettere. 
                    Grazie al primo piano, i film non si limitarono più 
                    a raccontare le corse ad ostacoli, i giochi, lo sport e altre 
                    amenità varie, ma ricorsero alla più interessante 
                    facoltà di dipingere un’evoluzione psicologica, 
                    un carattere, una psicologia, un vissuto.
                    Questa originale scoperta permise l’evoluzione della 
                    drammaturgia e della poesia all’interno di un film. 
                    Nel corso del tempo questa capacità di raccontare i 
                    sentimenti, anche i più segreti, divenne normalità 
                    e il cinema assunse quella importanza e quel dominio sullo 
                    spettatore che la storia e lo sviluppo della tecnica, gli 
                    aveva affidato. Questo fiorire dello spettacolo cinematografico 
                    è avvenuto con la stessa forza e con lo stesso livello 
                    poetico del romanzo d’appendice, della canzoncina, della 
                    cartolina postale. La decadenza di questi generi, sancì 
                    la scomparsa immediata, del melodramma popolare nel teatro, 
                    confermando la forza e l’efficacia con la quale il cinema 
                    si rivelava capace di risvegliare, di soddisfare, di servirsi 
                    del bisogno di emozioni del grande pubblico. 
                    Oggi aiutato dalla tecnica, il cinema si può permettere 
                    di rappresentare conflitti meno comuni, meno schematici, anche 
                    se più spettacolari. Il pubblico si allarga, interessa 
                    anche menti più aperte all’introspezione, quelle 
                    menti che fino a ieri erano di proprietà solo del teatro 
                    e della letteratura. Il cinema parla ai grandi numeri, non 
                    fa distinzione di classe, cerca la strada più facile 
                    per raggiungere il suo pubblico. In questo modo trova conforto, 
                    riconoscibilità, immedesimazione e svago, soprattutto 
                    a prezzi accessibili.