Dopo decenni di sostanziale 
                    inedia, riprende corpo, in questi ultimi anni, l’azione 
                    diretta, definita da Graeber come “insistere, in situazioni 
                    in cui ci si trova di fronte a strutture di autorità 
                    ingiusta, nell’agire come se si fosse già liberi”. 
                    (1)
                  
 Azioni 
                    dirette 
                   È un’azione diretta limitata perché 
                    in fase embrionale, ma mostra tratti interessanti. Si esprime 
                    sia in una modalità costruttiva nella costruzione di 
                    spazi urbani, orti, comuni rurali, nelle occupazioni abitative 
                    e collettive, tutte accomunate da una autogestione tendenzialmente 
                    egualitaria, senza deleghe e capi, che cerca, per quanto possibile, 
                    di evadere la proprietà privata, norme, certificazioni. 
                    Si esprime in maniera oppositiva alle devastazione promosse 
                    dalle istituzioni allineate: Stato, industrie, finanza, e 
                    media. Le manifestazioni di piazza, gli scontri, i sabotaggi, 
                    l’interruzione delle passerelle politiche, le azioni 
                    dimostrative, i presidi hanno giustamente identificato questi 
                    come i gangli del potere da colpire. E colpiscono. Fino adesso 
                    i risultati sono stati scarsi: si è riusciti a scalfire 
                    la retorica e le coreografie della politica con fischi e irruzioni; 
                    a ritardare l’implementazione dei progetti con azioni 
                    che vanno dal ricorso legale al sabotaggio; a distruggere 
                    le icone del capitalismo nella forma di vetrine; a difendere 
                    case, presidi e terreni per lassi di tempo più o meno 
                    brevi. Nella sostanza quella che è stata chiamata la 
                    megamacchina ha continuato a dispiegarsi senza sostanziali 
                    intralci popolari fino a qualche anno fa. Di fronte ad una 
                    società civile asservita, individualizzata, attenta 
                    soprattutto a difendere il proprio consumo comodo, è 
                    stato cambiato il volto della produzione, della società 
                    e dell’ambiente nel giro di qualche decennio, imponendo 
                    logiche gerarchiche e competitive, progetti totalmente insensibili 
                    all’ambiente, mercificanti e tossici.
                  
 Sinergie 
                    No Tav
                   Per queste ragioni impedire la costruzione della TAV è 
                    cruciale. Si tratta di un progetto assurdo e inutile; portatore 
                    di danni ambientali enormi; sorretto trasversalmente dalle 
                    istituzioni nazionali e richiesto da quelle internazionali. 
                    La TAV è funzionale solo alla logica del governo che 
                    ben conosciamo: stimolare la crescita economica con ingenti 
                    finanziamenti pubblici che permettono di ingrassare le aziende 
                    con gli appalti e i politici con le tangenti; oltre alla devastazione, 
                    la beffa del debito pubblico che legittima la macelleria sociale 
                    nelle scuole e la mercificazione della salute. Riuscire a 
                    fermare la TAV sarebbe la prima vittoria importante. Significherebbe 
                    che, muovendosi bene, si può fermare tutto. Dopo decenni 
                    di testimonianza, piccoli esperimenti collettivi, feste e 
                    concerti, lavoro intellettuale, rifugi in isole più 
                    o meno felici, si tornerebbe a fare politica pubblica su grandi 
                    temi tramite l’azione diretta, con la speranza di vincere 
                    le battaglie. Già viene l’acquolina in bocca.
                    La forza e la peculiarità della NO TAV, a mio avviso, 
                    vanno cercate nella sinergia degli elementi sociali che la 
                    compongono. Liberi da pregiudizi e mantenendo le proprie differenze, 
                    si uniscono su un obiettivo comune: la comunità valligiana, 
                    una società civile allargata, la galassia della radicalità 
                    giovanile. La comunità valligiana è diventata, 
                    forgiata da decenni di lotte ambientaliste, un tessuto sociale 
                    critico verso le istituzioni, aperto alla accoglienza e al 
                    confronto orizzontale, scevro di pregiudizi, consapevole dei 
                    meccanismi del potere, disposto al sacrificio e alla azione 
                    diretta. Si lega ad essa, una società civile ambientalista 
                    e stanca delle ipocrisie di palazzo, che applaude chi si scontra. 
                    Una frangia di questa è disposta ad un’azione 
                    diretta non solo simbolica, finalizzata a sradicare reti, 
                    occupar autostrade, fare resistenza passiva ed attiva in forme 
                    molteplici ed imprevedibili. Tutto questo con la capacità 
                    di durare nel tempo, di sanare le fratture, di continuare 
                    a trovare la costanza di una lotta di lungo periodo. Queste 
                    tre anime si incontrano nella assemblea, istanza orizzontale, 
                    ricettrice di differenze, luogo dove mirare al consenso collettivo. 
                    L’opposizione alla TAV esemplifica dinamiche che si 
                    stanno diffondendo.
                  
                  
 Movimenti 
                    promettenti 
                   Si stanno diffondendo nella penisola, in Europa, nel mondo 
                    mobilitazioni dai tratti libertari. Si sono moltiplicati i 
                    comitati cittadini e le lotte ambientaliste. Abbiamo vissuto 
                    stagioni di mobilitazioni studentesche maestose e decise. 
                    Gli attivisti telematici sono in grado di attaccare siti commerciali 
                    e ufficiali e al contempo offrire servizi gratuiti e condivisi. 
                    L’organizzazione è tendenzialmente orizzontale, 
                    senza capi, diffidenti verso qualunque realtà istituzionale 
                    che cerca di egemonizzare o anche solo partecipare: si viene 
                    come singoli e non tutti son graditi. La forma decisionale 
                    è l’assemblea, fortemente egualitaria, che attiva 
                    nuove e sofisticate modalità per prendere decisioni, 
                    riuscendo a coinvolgere in alcuni casi decine di migliaia 
                    di persone, penso alla Spagna (15M), agli USA (Occupy) e alla 
                    Grecia. Si riesce a condurre orizzontalmente le riunioni perché 
                    si è consolidato un sentire comune che difende l’autogestione 
                    e che ha obbiettivi condivisi: è più facile 
                    prendere le decisioni quando si parte da assunti consolidati. 
                    Il metodo di lotta non è più la ricerca di visibilità 
                    tramite pacifiche manifestazioni in cui si andava a scuotere 
                    le bandiere ed ascoltare il discorso del leader: si pratica 
                    l’azione diretta. Le manifestazioni sono quasi sempre 
                    non autorizzate, spontanee, imprevedibili, fastidiose per 
                    il potere e per la gestione dell’ordine costituito, 
                    finalizzate ad obbiettivi strategici: bloccare treni, autostrade, 
                    strade; interrompere una passerella di un politico o sindacalista; 
                    occupare un terreno o una casa; arrivare al parlamento. 
                    All’interno di questi eventi, è stato minoritario 
                    il peso dei gruppi dichiaratamente anarchici, penso sia a 
                    quelli istituzionali che ai centri sociali, sia quelli inseriti 
                    in istituzioni formali che la massa, tendenzialmente più 
                    giovane che si è rafforzata, in molteplici forme, negli 
                    ultimi anni. Quasi tutti i recenti rigurgiti popolari hanno 
                    visto presenze anarchiche, sparpagliate, giustamente, nella 
                    ricerca dell’affinità, nei diversi gruppi. Anarchici 
                    sono presenti nei comitati cittadini, nel movimento studentesco, 
                    nei gruppi ambientalisti e animalisti, negli attivisti in 
                    rete, naturalmente contro la TAV e, in forma addirittura elettorale, 
                    nel comitato per l’acqua pubblica. È una buona 
                    notizia che la componente dichiaratamente anarchica sia contenuta 
                    perché non c’è bisogno di mettere etichette 
                    a questi movimenti; perché vuol dire che dopo anni 
                    di isolamento si trovano situazioni in cui ci si riesce a 
                    trovare a casa; e soprattutto perché molti di questi 
                    movimenti stanno assumendo forme di organizzazione e lotta 
                    che, di fatto, hanno tratti marcatamente anarchici.
                  
 Mirare 
                    all’efficacia, ottenere risultati
                   Alla base di tutte le crisi di cui abbondano i nostri tempi 
                    c’è la crisi delle agenzie e degli strumenti 
                    efficaci di azione. Da qui, l’intensa sensazione 
                    di essere stati condannati alla solitudine di fronte a pericoli 
                    comuni. Avendo perso la fiducia in una salvezza che venga 
                    dall’“alto” (i parlamenti e gli uffici governativi), 
                    in cerca di strumenti alternativi per far sì che vengano 
                    fatte le cose giuste le persone sono scese in strada come 
                    i un viaggio di scoperta e/o sperimentazione. 
                    Dopo decenni si rivede l’azione diretta. Dopo decenni 
                    si rivedono assemblee pubbliche. Dopo decenni uno scontro 
                    tra i poteri forti e la popolazione ha un futuro incerto. 
                    Si tratta di bloccare la TAV per rafforzarsi, e rafforzarsi 
                    per moltiplicare lotte simili. Si tratta di non accontentarci 
                    della testimonianza ma di cominciare ad ottenere risultati 
                    concreti, per limitare le devastazioni sociali ed ambientali, 
                    per darci fiducia, per darci forza in una lotta che sarà 
                    lunga e dura. La lotta che si inizia ad intravedere non ha 
                    precedenti storici: il momento che viviamo è del tutto 
                    particolare sia per le peculiarità del tessuto sociale, 
                    sia per la dotazione di strumenti repressivi inediti da parte 
                    dello Stato, incaricato di rimuovere le resistenze nella implementazione 
                    delle delibere dell’apparato economico e finanziario, 
                    sempre più finalizzate al profitto per pochi. Chi intende 
                    abbattere, con l’azione diretta, un sistema ritenuto 
                    assurdo, deprimente, svilente, dannoso nel suo complesso, 
                    entra necessariamente nella illegalità e subisce le 
                    aggiornate e pervasive tecniche di cui si è dotato 
                    l’apparato di controllo: si identifica e si tracciano 
                    i movimenti con telecamere, telefonini, macchine fotografiche, 
                    prove del DNA; si localizza con i telefonini e i bancomat; 
                    si intercettano telefonate, perfino conversazioni intime con 
                    registratori piazzati nelle macchine, nelle case, nei luoghi 
                    di riunione. L’apparato repressivo ha aggiornato in 
                    senso tossico il suo strumentario, dallo spray al peperoncino 
                    ai lacrimogeni. Nuove leggi aumentano le sanzioni per i reati 
                    di piazza. Fino ad adesso lo Stato si è essenzialmente 
                    mosso con la celere per rimuovere fisicamente gli ostacoli 
                    ostinati; investigando minuziosamente; e, poi, aprendo le 
                    celle: sono ormai centinaia, forse a contarli bene migliaia, 
                    i denunciati a vario titolo, spesso giovani e incensurati.
                    Sarebbe ingenuo pensare che lo Stato, di fronte ad accenni 
                    di sommosse popolari, non abbandoni la facciata benigna e 
                    democratica e, sostenuto dai media, sotto pressione di chi 
                    è interessato a tenere vivo, fino in fondo, il ciclo 
                    smodato della merce, mostri il suo volto repressivo.