Rimini/ Sacco e Vanzetti raccontati ai bambini
                
 Qualche mese dopo la scomparsa di Margherita Zoebeli (Zurigo 
                  07/06/1912 – Rimini 25/02/1996) ho operato al Centro Educativo 
                  Italo-Svizzero (CEIS) di Rimini. Il “Villaggio Educativo” 
                  ospita bambini dai 2 ai 14 anni e nasce a seguito dell'azione 
                  di solidarietà internazionale del Soccorso Operaio Svizzero; 
                  all'interno si sviluppa il percorso delle scuole materne ed 
                  elementari e il Centro Residenziale “Betulla” per 
                  bambini dai 6 ai 14 anni, dove ho lavorato in qualità 
                  di educatore. 
                  Fin dai tempi della nascita del Villaggio, che risale al 1946, 
                  Margherita nutre simpatie e amicizie nei confronti del Movimento 
                  Anarchico/Libertario. Si è anche avvalsa della collaborazione 
                  di compagni, primi fra tutti il noto pediatra riminese dott. 
                  Ugo Gobbi, anarchico dichiarato, e Pio Turroni, anarchico romagnolo 
                  che ho avuto modo di ascoltare negli incontri regionali degli 
                  anarchici negli anni 70/’80. 
                  Nel riminese, Ugo Gobbi è famoso per aver accolto le 
                  numerose esigenze dei bambini nel periodo post-bellico e per 
                  aver fondato “l'Ospedalino dei bambini”, considerato 
                  dal dott. Gobbi “la sua creatura prediletta”. Questo 
                  Ospedale ha costituito uno dei primi esempi della moderna medicina 
                  specialistica. 
                  Ricordo con piacere che per festeggiare i suoi 90 anni, (purtroppo 
                  ci lascerà l'anno successivo, nel 2012) ha chiesto la 
                  presenza dei “giovani anarchici riminesi”; per chi 
                  ha avuto la fortuna di essere presente all'evento, come noi, 
                  può di certo considerare quella giornata, indimenticabile: 
                  la fotografia che ho in memoria è il dott. Gobbi con 
                  gli occhi lucidi, commosso, con un fazzoletto rosso e nero annodato 
                  al collo. 
                  L'anarchico romagnolo Pio Turroni, che aveva combattuto in Spagna, 
                  contribuì alla nascita del progetto del Villaggio, costruendo 
                  con le sue mani il piccolo appartamento sopra le cucine del 
                  CEIS dove viveva Margherita (e dove sono ancora conservati il 
                  suo archivio e la sua biblioteca). 
                
                   
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                    |   Pio 
                        Turroni (Cesena 1906 - 1982). Militante anarchico, rifugiatosi 
                        in Belgio nel 1923 per sfuggire alla violenza fascista, 
                        rientrò nell'Italia del Sud liberata dagli Alleati 
                        nel 1944. In quel ventennio fu attivo nella lotta antifascista  
                        in molti Paesi non solo europei. 
                        Nel 36/'37 fu combattente in Spagna nelle colonne  
                        anarchiche. Tra i riorganizzatori del movimento anarchico 
                        (prima al Sud, poi in tutt'Italia), rientrato nella natia 
                        Cesena riprese il suo lavoro di sempre (muratore). Sostenne 
                        e dette vita a numerose iniziative di propaganda anarchica, 
                        a partire dalle Edizioni Antistato (poi trasmesse nei 
                        primi anni 70 alla nostra cooperativa Editrice A). Fu 
                        sempre criticamente vicino ad “A”. Fu anche 
                        tra i promotori dei Gruppi d'Iniziativa Anarchica (GIA),  
                        nati da una scissione dalla Federazione Anarchica Italiana 
                        (FAI), nel 1965. Negli anni 70, fino alla morte, dette un notevole 
                        contributo alla ripresa anarchica, soprattutto in Romagna  | 
                   
                 
                Spesso io e Lucia Biondelli, insegnante di inglese nelle scuole 
                  elementari, raccontiamo anche di Adriano Olivetti, ingegnere 
                  e figlio del fondatore della prima fabbrica italiana di macchine 
                  per scrivere; non era un personaggio anarchico, ma la sua storia 
                  ci ha portato a capire quanto fosse possibile ideare e sostenere 
                  una visione nuova e aperta al mondo collettivo e solidale. Adriano 
                  credeva nella solidarietà sociale, tanto che si dimostrava 
                  attento nel tenere altamente in considerazione migliorie che 
                  potessero mirare all'idea di felicità collettiva. Inoltre 
                  Olivetti è legato al Villaggio, a cui donò una 
                  cospicua cifra in fase di costruzione; mantenne un rapporto 
                  epistolare con Margherita Zoebeli, nell'intento di supportarsi 
                  a vicenda nei percorsi dimostratisi lungimiranti. 
                  Nel mio periodo di lavoro al Villaggio, sono nate amicizie con 
                  colleghi che, nel tempo, si sono consolidate; in particolare 
                  è continuata la collaborazione con Lucia, con la quale 
                  partecipo ad un gruppo di lettura a tema. A lei è venuto 
                  in mente di propormi di raccontare ai bambini delle classi quinte 
                  del CEIS, le vicende di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. 
                   
                  Per introdurre l'argomento, nei giorni precedenti l'insegnante 
                  distribuisce ai bambini una specie di giornalino intitolato: 
                  “Another America. The Tragedy of Idealist Italian Immigrants”. 
                  All'interno viene brevemente raccontata la biografia dei due 
                  protagonisti, la cronologia dei fatti e viene illustrato l'ideale 
                  anarchico. 
                  Nell'ultima pagina c'è il testo di Ballad of Sacco 
                  & Vanzetti e Here's to you (musiche di Ennio 
                  Morricone, testo di Joan Baez), in versione originale e con 
                  traduzione in italiano. I bambini hanno poi la possibilità 
                  di ascoltare le musiche al termine dei nostri incontri, mentre 
                  spieghiamo loro il significato. 
                  Prima del mio intervento, Lucia si sofferma nella descrizione 
                  delle condizioni di vita degli emigrati approdati sul suolo 
                  americano e esplicita il ruolo che gli anarchici hanno avuto 
                  in quel contesto storico/sociale. 
                   
                  Lucia mi presenta ai bambini dicendo che sono riminese, ex-componente 
                  del Villaggio e “anziano” militante nel movimento 
                  anarchico: quest'anno nel presentarmi, ho detto ai bambini che 
                  il prossimo anno “festeggerò” i miei 50 anni 
                  di appartenenza al movimento anarchico! 
                  Questa affermazione ha creato curiosità/stupore nei ragazzi 
                  che nel frattempo si erano sistemati in semicerchio di fronte 
                  a me. 
                  Durante la “chiacchierata” che dura circa un'ora, 
                  cerco di affrontare diversi temi: le storie personali di Sacco 
                  e Vanzetti, quando e perché sono emigrati, le condizioni 
                  di vita che si sono trovati ad affrontare al loro arrivo in 
                  America, paragonando al presente rispetto agli attuali emigranti 
                  che arrivano nel suolo italiano, la loro militanza nel Gruppo 
                  Anarchico Luigi Galeani, la fuga in Messico, la rapina, il processo 
                  e la loro condanna annunciata. 
                
                   
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                    |   Bartolomeo Vanzetti, Nicola Sacco, e la moglie di quest'ultimo, «Rosina», ovvero Marianna Teresa Rosa Zambelli, durante il processo  | 
                   
                 
                Nel raccontare, descrivo il periodo storico (le manifestazioni 
                  di protesta negli USA e nel mondo intero in seguito alle loro 
                  condanne e la dura condizione durante la loro permanenza in 
                  carcere) e la battaglia intrapresa da Vincenzina, sorella di 
                  Vanzetti, al fine di riabilitare i loro nomi (battaglia durata 
                  ben 50 anni fino a quando, nel 1977, il governatore del Massachusetts, 
                  Michael Dukakis, ha ufficializzato e restituito dignità 
                  ai due compagni. Il riconoscimento è avvenuto anche da 
                  parte del comune d'origine di Vanzetti: Villafaletto). 
                  L'anno scorso e quest'anno ho anche mostrato in classe la bandiera 
                  (che conservo gelosamente in casa) che compare a pag. 5 del 
                  dossier Bandiere anarchiche-Orgoglio e amore, supplemento 
                  di “A” (a cura di Massimo Ortalli, foto di Marco 
                  Caselli Nirmal, bandiere in mostra nel chiostro a Reggio Emilia 
                  il 20 marzo 2008). 
                  Questo perché in classe avevo parlato del Gruppo Galeani 
                  e anche perché la bandiera evidenzia al suo interno una 
                  bella fiaccola e riporta la scritta “G. Anarchico L. Galeani 
                  Rimini”, ma il tutto ricamato a mano (si narra fosse stato 
                  ricamato da compagne che hanno partecipato alla Guerra di Spagna). 
                  Chiaramente questi racconti alimentano la curiosità dei 
                  bambini; le domande più frequenti sono: “che cosa 
                  significa essere Anarchico?”, “perché sei 
                  diventato Anarchico?”, “che lavoro fai?”, 
                  “che lavoro hai fatto?”, “in cosa credi?”, 
                  “che cosa significano le parole Anarchia e utopia?”, 
                  “voti?”. 
                  Le domande dei bambini spesso mi fanno riflettere: sono lo specchio 
                  di una informazione farraginosa? “Anarchico”, a 
                  volte, viene impropriamente utilizzato nei media, nelle cronache 
                  e spesso è affiancato ad eventi/episodi di violenza. 
                  Queste domande mi fanno pensare che i bambini abbiano necessità 
                  di sapere “in quale quadro ubicarmi”, avendo anche 
                  necessità di sapere se conduco una “vita normale”. 
                  Ma queste sono solo riflessioni personali. 
                  Nonostante mi sentissi pronto a questo genere di domande, comunque 
                  sono andato a riguardare il libretto di Pippo Guerrieri (L'anarchia 
                  spiegata a mia figlia) che tratta in maniera semplice, ma 
                  efficace, proprio questi temi. 
                  Un'alunna si è dimostrata particolarmente interessata 
                  alla vicenda, anche perché abitava proprio in via Sacco 
                  e Vanzetti a Viserba (frazione a pochi chilometri da Rimini). 
                  In questa via, noi anarchici riminesi abbiamo reso omaggio a 
                  questi compagni nel 2007 e nel 2017, in occasione dell'anniversario 
                  dell'ottantesimo e del novantesimo anno dalla loro morte. 
                  In un incontro era presente la figlia di una mia collega di 
                  lavoro e, una volta giunta a casa, ha raccontato ai genitori 
                  che... aveva conosciuto un anarchico. Alcuni ragazzini 
                  mi hanno aspettato all'esterno per chiedermi quale fosse la 
                  data dell'incontro successivo. 
                  In un altro incontro era presente la nipote di un ex sindaco 
                  di Rimini che in epoca scolastica faceva parte, assieme a me 
                  e altri, del Gruppo “Chile Libre” di Miramare di 
                  Rimini. Quest'anno alcuni bambini, amici di mia nipote, le hanno 
                  raccontato del mio incontro al CEIS. 
                  Come vedete, il mondo è proprio piccolo e i ragazzini 
                  sono sempre entusiasti di scoprire sfaccettature diverse dei 
                  pensieri. 
                  Inoltre, sia io che Lucia, incontrando per caso negli anni successivi 
                  i bambini che hanno partecipato all'incontro, diventati ormai 
                  ragazzini, abbiamo constatato che ricordano ancora la storia 
                  di Sacco e Vanzetti. 
                   
                  Spesso Lucia mi tiene al corrente dei rimandi nati nei giorni 
                  successivi all'incontro: i bambini ragionano nel paragonare 
                  gli ideali degli anarchici a quelli del CEIS; riportano di notare 
                  somiglianze nell'assenza di coercizione (hanno la possibilità 
                  di discutere sempre) e nell'ideale collettivo nel quale si cerca 
                  di risolvere difficoltà o affrontare “cadute” 
                  insieme con bambini e insegnanti. 
                  Rimango sempre più convinto che la condivisione di esperienze 
                  libertarie nel mondo dei bambini e lo scambio intergenerazionale, 
                  possa aiutare alla costruzione di un mondo diverso e possibile. 
Settimio Pretelli 
Rimini 
                  Sull'abolizione 
                  del valore legale del titolo di studio/Una critica libertaria 
                   
                   
                  Qual è il confine fra liberalismo e liberismo? Ce ne 
                  fornisce un'idea una ricorrente boutade liberista che 
                  interessa ancora una volta la scuola. La proposta di abolire 
                  il valore legale del titolo di studio, avanzata da una figura 
                  importante del liberalismo come Luigi Einaudi nel 1955 e poi 
                  copiata dai fautori del “Piano di rinascita nazionale” 
                  della P2, persino da qualche estremista di sinistra operante 
                  alla fine degli anni 70 all'interno del “Coordinamento 
                  Nazionale Lavoratori della Scuola” (antesignano dei Cobas), 
                  da Berlusconi e Lega, infine comparsa nel programma di Beppe 
                  Grillo. 
                  L'abolizione del valore legale del titolo di studio, come sostiene 
                  Einaudi, servirebbe a contrastare il “monopolio delle 
                  professioni”: «Il valore legale del titolo di studio 
                  ha, nel sistema napoleonico, taluni effetti e principalmente 
                  quello di esclusiva. Solo i diplomati in medicina e veterinaria 
                  sono medici o veterinari; solo i diplomati in otorinolaringoiatria 
                  hanno diritto di farsi dentisti; solo i diplomati di ingegneria 
                  di costruire ponti e case e via dicendo». Tutto ciò 
                  instaurerebbe un: «Privilegio gravissimo; perché 
                  salvo due o tre casi interessanti la salute e la incolumità 
                  pubblica, non si vede perché, se così piace al 
                  cliente, il ragioniere non possa fare il mestiere del dottor 
                  commercialista, il geometra quello dell'agronomo e il contadino 
                  attento e capace quello del diplomato in viticultura ed enologia». 
                  Ora, tralasciando la ratio e i «due o tre casi 
                  interessanti la salute e la incolumità pubblica» 
                  (medici o veterinari, dentisti o ingegneri), che Einaudi stesso 
                  però elenca comunque nel primo periodo, come se la salute 
                  pubblica fosse un optional, nonché il fatto che 
                  anche falsi commercialisti, falsi geometri e falsi enologi (per 
                  Bacco!) possono fare seri danni, conserviamo alla discussione 
                  la sua chiave teorica. Il punto è che proprio il liberalismo 
                  è sempre stato il difensore delle professioni, di quelle 
                  professioni che non a caso si chiamano liberali. Quindi l'artefice 
                  degli ordini professionali. Senza l'apporto politico del liberalismo 
                  non esisterebbero, ad esempio, il segreto professionale (allargato 
                  anche alla professione giornalistica), il diritto di difesa, 
                  né l'autonomia professionale, l'autorità peritale, 
                  ovvero il diritto delle professioni di autoamministrarsi, incardinata 
                  sul fatto che non può certo essere chiunque a valutare 
                  se l'azione di un professionista rientra o meno negli standard 
                  deontologici di quella stessa professione. Questo semplicemente 
                  perché non ne conosce la materia. 
                  In assenza di queste regole, lo stato non solo non garantirebbe 
                  la salute e la vita dei cittadini, ma sarebbe autorizzato ad 
                  entrare in una sfera che non gli compete, eliminando, ad esempio, 
                  anche la libertà d'insegnamento, uno dei fondamenti dello 
                  stato di diritto, ovvero dello stato liberale. Tanto che, anche 
                  quando è costretto ad entrarvi, per equità e raziocinio 
                  lo stato stesso (con la magistratura) è costretto a rivolgersi 
                  a chi è professionalmente formato per poter dirimere 
                  “in scienza e coscienza” eventuali contenziosi legali 
                  a carattere professionale. Parliamo della “salute pubblica”. 
                  I contenziosi disciplinari sono addirittura demandati agli ordini. 
                  Così come esiste una netta separazione fra stato e chiesa, 
                  nell'ordinamento liberale si determina anche un confine altrettanto 
                  marcato relativamente all'esercizio della ricerca, dell'insegnamento 
                  e delle scienze, ché altrimenti si sconfinerebbe nel 
                  totalitarismo. Nel sistema liberale, non esistono per definizione 
                  “pedagogia di stato” e “scienza di stato” 
                  (tipiche del nazismo e dello stalinismo). 
                  È semmai il liberismo, sostituendo a qualsiasi etica 
                  pubblica le mere “leggi di mercato”, che tenta l'eliminazione 
                  di qualsiasi barriera deontologica e qualsiasi libertà. 
                  Il liberismo vuole mettere a servizio le professioni, vuole 
                  poter retribuire un medico col salario dell'infermiere, un avvocato 
                  col salario della segretaria esecutiva, e non vuole nessun “inciampo” 
                  contrattuale, a cominciare da quelli che legano le retribuzioni 
                  ai titoli di studio richiesti. 
                  Il liberismo vuole l'abolizione degli ordini professionali, 
                  e la casta economico-politica liberista ha in odio la libertà 
                  professionale dei giornalisti. Ma chi conosce un minimo di storia 
                  delle istituzioni, sa bene che l'eliminazione di qualsiasi vincolo 
                  produce un rafforzamento dello stato e del potere esecutivo 
                  sulla società civile. L'esatto contrario della logica 
                  liberale, che ha creato questi vincoli proprio per garantire 
                  il controllo dei poteri dello stato (che non a caso vengono 
                  separati e non subordinati) e la libertà della società 
                  civile. Il liberismo vuole abolire ogni vincolo, e naturalmente, 
                  per poterlo fare, cerca di usare lo stato a suo uso e consumo. 
                  Però il principale strumento che ha nella lotta col sistema 
                  liberal-democratico, come abbiamo visto, non è quello 
                  di legiferare' ed imporre vincoli, bensì, al contrario, 
                  quello di delegificare imponendo la deregulation. Il 
                  liberismo è la degenerazione, se non il contro-senso, 
                  per chi crede nel liberalismo. 
                   Ma 
                  tutto ciò dovrebbero innanzitutto gridarlo a gran voce 
                  proprio i liberali, non chi come me liberale non è. Per 
                  me l'utopia liberale è assolutamente fallace. La crisi 
                  della “democrazia reale” lo dimostra da tempo. L'utopia 
                  liberale, come in passato quando per paura del socialismo ha 
                  favorito il fascismo, dimostra il suo limite anche quando si 
                  trasforma nell'utopia negativa liberista. Quando l'originario 
                  uso “discreto” dello stato diviene sistema statuale 
                  allo stato puro (cosa peraltro connaturata all'essenza dello 
                  stato stesso). Allora lo stato, “prosciugandosi”, 
                  getta la maschera, eliminando i diritti ed il welfare, 
                  ritorna ad essere quel che è sempre stato, ciò 
                  per cui è stato creato: organismo nato quando un popolo 
                  ha occupato le terre di un altro ed ha creato lo sfruttamento, 
                  essendo lo stato l'origine della divisione della società 
                  in classi (e per questo non potendosi usare neanche temporaneamente, 
                  come sostiene il marxismo, a fini di libertà ed eguaglianza). 
                  Lo stato liberista non effettua neppure intermediazioni: garantisce 
                  solo le classi dominanti (ovvero i padroni del “mercato”). 
                  È solo in linea puramente idealistica e speculativa che 
                  il liberalismo, quando si trasforma in liberismo, può 
                  affermare di voler ”ridurre l'autorità nei limiti 
                  della necessità”. Infatti, non avendo al suo 
                  interno neppure l'ombra dell'idea dell'eguaglianza economica, 
                  il liberalismo è di fatto autoritario, poiché 
                  obbliga alla disparità ed i limiti dell'autorità 
                  divengono non quelli della necessità quanto invece i 
                  dettami utili a mantenere un iniquo status quo di sfruttamento. 
                  Per quanto attiene al favore che in tempi (fortunatamente) andati 
                  la proposta di eliminare il valore legale del titolo di studio 
                  ha ottenuto anche in una certa “estrema” sinistra, 
                  va detto che il casus del qui pro quo attiene 
                  ad un massimalismo di segno opposto (ché quello di Einaudi 
                  è estremismo “mercatista”, risultante però 
                  da un abbaglio ideologico che lo ha indotto a cercare di eliminare 
                  autonomia e specificità delle libere professioni perché 
                  fossero “più libere assai”). Qualche bordighista, 
                  piuttosto che qualche anarcoide, avevano preso invece un abbaglio 
                  “egualitarista”, intendendo abolire così 
                  (si pensi un po') le differenze di livello e peso sociale introdotte 
                  dallo stato liberale fra lavoro manuale e lavoro intellettuale. 
                  Qui s'apre un discorso più complesso. Effettivamente 
                  le professioni artigiane andrebbero tenute nel medesimo conto 
                  delle libere professioni. Vista la penuria, nonché l'alta 
                  specializzazione raggiunta già nel medioevo, mai come 
                  oggi si dovrebbe finalmente capire come la qualità della 
                  falegnameria seria, del fabbro, piuttosto che quella del restauratore, 
                  nonché del meccanico e di altri, rappresenti, checché 
                  ne dicano ancora una volta i “liberali”, un valore 
                  storico e sociale che non ha nulla invidiare a quella dell'avvocato 
                  o dell'ingegnere. Ma nessuno può negare che anche le 
                  professioni artigiane sono connaturate a pratica ed insegnamenti 
                  molto sofisticati, che peraltro necessiterebbero di molta tutela 
                  anche sul piano istituzionale. Il percorso inverso, quello di 
                  eliminare tutti i titoli, come potrebbe fare un qualsiasi “polpottiano” 
                  in erba, non ha nulla di libertario o di comunista': è 
                  solo ridicolo. 
                  A me tutto ciò appare scontato, perché non ho 
                  avuto “maestri” come Einaudi, bensì come 
                  Camillo Berneri. È vero che fu lui a sostenere che gli 
                  anarchici sono “i liberali del socialismo”, perché 
                  li accomuna ai liberali la irriducibile difesa della libertà. 
                  Cionondimeno Berneri era ben consapevole che per gli anarchici 
                  la difesa della libertà non è tutto. L'anarchismo 
                  ha una diversa radice, rispetto al liberalismo. Innanzitutto 
                  in ordine alla questione, fondamentale, dell'antistatalismo 
                  (anche in contrapposizione al marxismo). Ma ancor di più 
                  perché l'anarchismo è anche socialista, perché 
                  la “libertà” senza pari condizioni, senza 
                  eguaglianza ed equità, semplicemente non è libertà. 
                  Sul fronte opposto, senza contraddizione alcuna, gli anarchici 
                  possono ben dirsi “ala estrema del socialismo”, 
                  dal momento che rifiutano non solo lo stato (portando a radicali 
                  conseguenze la negazione dell'autoritarismo ed eliminando la 
                  struttura che rigenera automaticamente la divisione di classe 
                  anche quando si chiama “stato socialista”), bensì 
                  perché sono giustamente convinti che l'eguaglianza non 
                  è eguaglianza in assenza di libertà. 
                  L'utopia liberale intenderebbe garantire la libertà senza 
                  l'eguaglianza, l'utopia del socialismo autoritario invece l'eguaglianza 
                  senza la libertà. 
                  L'anarchismo, idealmente, si colloca al tempo stesso al centro 
                  e su di un altro piano, rispetto al marxismo ed al liberalismo 
                  e non soggiace a nessuno dei due. L'anarchismo vola alto, collocandosi 
                  in posizione equidistante tra marxismo e liberalismo, perché, 
                  pur nascendo dal medesimo crogiolo e partendo dalle stesse basi 
                  storico-politiche, è stato in grado di superarli entrambi. 
                  L'anarchismo è per l'eguaglianza, ma ha radici che gli 
                  fanno comprendere come questa verrà automaticamente negata 
                  anche (e soprattutto) fosse ottenuta tramite la dittatura: in 
                  sostanza, l'eguaglianza senza la libertà è impossibile. 
                  La critica bakuniniana al Marx politico, rende evidente come 
                  la pianificazione autoritaria in campo politico e statuale (la 
                  dittatura), nonché in campo economico, porta con sé 
                  per forza di cose la creazione di una nuova classe di sfruttatori 
                  che si appropria del bene comune (capitalismo di stato), piegandolo 
                  ed usandolo ai propri fini. L'anarchismo è quindi per 
                  l'eguaglianza, ma sa che non vi si potrà mai pervenire 
                  se non con un processo unitario, complesso e paritetico fra 
                  diritti civili e diritti sociali. 
                  L'anarchismo è per la libertà, ma gli è 
                  del tutto evidente come questa non abbia senso se le condizioni 
                  economiche fra gli uomini sono dispari. Non può esistere 
                  libertà nella miseria, non può esistere libertà 
                  se le condizioni – di partenza e permanenti – avvantaggiano 
                  l'uno e condannano l'altro. Non si può giocare una partita 
                  di libertà con i dadi truccati del liberismo economico, 
                  delle sole leggi di mercato deificate e deregolamentate. 
                  L'anarchismo è per l'eguaglianza nella libertà, 
                  così come per la libertà nell'eguaglianza, senza 
                  sconti, senza se e senza ma e soprattutto senza inutili e controproducenti 
                  machiavellismi. La sua alterità – si sarebbe tentati 
                  di dire, in burla del marxismo, già “scientificamente 
                  provata” alla luce degli esiti catastrofici che il potere 
                  bolscevico ha immediatamente prodotto ancora nel '21 – 
                  è soprattutto etica. 
                  Ma non si tratta certo di una religione' dell'etica. L'anarchismo 
                  è l'unico movimento politico esistente che non prevede 
                  lo stato e la ragion di stato, l'unico che nasce per subordinare 
                  la politica all'etica (mentre tutte le altre scuole agiscono 
                  esattamente al contrario), ma lo fa per fini eminentemente pratici 
                  e di senso comune. Ha così compreso l'essenza del dominio, 
                  che conosce perfettamente le radici dello sfruttamento e le 
                  collega giustamente sia all'ineguaglianza che all'assenza di 
                  libertà. Conosce perfettamente le radici dell'oppressione, 
                  dell'autocrazia, del nazionalismo, dell'oscurantismo, della 
                  negazione dell'umanità e dell'individuo in ogni sfera 
                  e campo sociale, e per questo le collega giustamente sia all'assenza 
                  di libertà che all'ineguaglianza. 
                Stefano d'Errico 
Segretario nazionale dell'Unicobas Scuola & Università 
 
                     
                
                   
                    |  
                  Quest'Arte dell'Anarchia  
                       
                        L'arte è la salsa di pomodoro dei pericolosi perdigiorno 
                        che s'impantanano impomatati spaparanzandosi a penzoloni 
                        tra lavoro e non lavoro. L'arte è merda creata 
                        da pulsioni interiori che bisogna coraggiosamente prendere 
                        in mano ed esporre in pubblico. 
                        L'arte è quella dell'arrangiarsi vivendo di ciò 
                        che si crea, finanche firmando e pasticciando carte false 
                        colorate e impaginate con passi di danza. 
                        L'arte è quella di riuscire ad esprimersi perforando 
                        l'infosfera pubblicitaria con soffi sottili e sabotaggi 
                        sinceri. 
                        Nel frattempo, aspettando quest'arte dell'anarchia, proponiamo 
                        di passeggiare con sorriso giocondo in equilibrio tra 
                        arte e antiarte incoraggiando ogni tentativo di rilanciarla 
                        dalla finestra per l'ennesima volta. 
                        Che tutte le persone innamorate dell'arte scrivano il 
                        loro curriculum e lo brucino come bandiera, come tesserino 
                        elettorale, come simbolo di partito pervertito che pretende 
                        lo schieramento confessional-professionale. 
                        Con questo acefalo s/comunicato scombinato proponiamo 
                        un brindisi brillantArte e SmilitArte a tutte quelle persone 
                        che si dedicano all'arte evadendo eversivi dallo sterminio 
                        del dominio, a tutte quelle persone che lanciano armonie 
                        sinfoniche e cacofoniche, ininterrotte e autoprodotte, 
                        che si tuffano sulla truffa artistica, sull'insolito elemento 
                        librario con contorno di poesia orizzontale e demenziale, 
                        a tutte quelle persone che perseverano nel rigetto da 
                        copyright, nell'immorale messaggio murale, come nell'anagramma 
                        da telegramma. 
                        Non sono l'uno per cento, ma sul più bello resistono 
                        e con una risata ci sepelliscono. 
                       
                        CreAttivi in Equilibrio Lella e Fabio Pozzallo (Rg)  | 
                   
                   
                 
                        
                  
                     
                      |    I 
                          nostri fondi neri 
                             | 
                     
                     
                        
                          Sottoscrizioni. 
                            Bianca Rodelli (Favaro Veneto – Ve) per nopoteribuoni, 
                            50,00; Marta Bonaventura (Venezia) per Pdf, 4,00; 
                            Rosanna Ambrogetti e Franco Melandri (Forlì) 
                            50,00; Arnaldo Androni (Castell'Arquato – Pc) 
                            30,00; Antonio Nostro (Agrate Conturbia – No) 
                            20,00; Paolo Grazini (Viterbo) 25,00; Felice Di Giandomenico 
                            (Roma) 20,00; Rolando Paolicchi (Pisa) saluti anarchici, 
                            10,00; Danilo Vallardi (Dronero – Cn) 10,00; 
                            Aniello Ciaramella (Colle Val d'Elsa – Si) 15,00; 
                            Oreste Magni (Cuggiono - Mi)) per nopoteribuoni, 50,00; 
                            Pasquale Izzi (Bella - Pz) 4,00 per versione pdf; 
                            Aurora e Paolo (Milano) ricordando Amelia Pastorello 
                            e Alfonso Failla, 500,00; Luciano Di Rosa (Torre del 
                            Greco – Na), 10,00; (Milena Morniroli (Clermont-Ferrand 
                            – Francia) 50,00; Vincenzo Argenio (San Nazzaro 
                            – Av) 20,00; Giovanni Orru (Nuoro) 10,00. Totale 
                            € 878,00. 
                             
                            Ricordiamo che tra le sottoscrizioni registriamo 
                            anche le quote eccedenti il costo dell'abbonamento 
                            annuo (€ 50,00 per l'Italia, € 
                            70,00 per l'estero). 
                          Abbonamenti sostenitori. 
                            (quando non altrimenti specificato, si tratta dell'importo 
                            di cento euro). Ettore Valmassoi (Pieve di Cadore 
                            – Bl); Tancredi Codermatz (Gzira – Malta); 
                            Massimo Ortalli (Imola); Nicola Farina (Lugo – 
                            Ra); Carlo Capuano (Roma); Fantasio Piscopo (Milano) 
                            in ricordo di mio padre Tullio; Luca Todini (Torgiano 
                            – Pg); Claudio Venza (Muggia – Ts) in 
                            ricordo di Paola Mazzaroli, compagna sincera e generosa; 
                            Giorgio Bigongiari (Lucca); Luigi Natali (Donnas – 
                            Ao); Alessandro Rossi (Chiocchio – Greve in 
                            Chianti – Fi); Antonio Pedone (Perugia); Mario 
                            Perego (Carnate – Mb) 250,00; Famiglia Tecchio 
                            (Vicenza); Stefano Quinto (Maserada sul Piave – 
                            Tv); Tiziano Viganò (Casatenovo – Lc) 
                            saluti a tutta la redazione, un abbraccio a Paolo 
                            e Aurora; Battista Saiu (Biella); Claudio Stocco (Saonara 
                            – Pd); Fiorella Mastrandrea e Amedeo Pedrini 
                            (Brindisi) 150,00; Francesco D'Alessandro (Sesto San 
                            Giovanni – Mi) 460.00; Franco Schirone (Milano); 
                            Gianfrancesco Di Nardo (Roma); Davide Turcato (Dublino 
                            - Irlanda); Salvo Vaccaro (Palermo); Alberto Di Fidio 
                            (Roma); Luigi Palladino (Torre del Greco – Na); 
                            Jean-Pierre Nuenlist (Svizzera) 200,00; Gianni Alioti 
                            (Genova); Paolo Trezzi (Lecco); Carlo Carrera (Provaglio 
                            d'Iseo – Bs); Fulvia De Michiel – Belluno); 
                            Giovanna Di Stefano Cardella (Palermo); Luca Denti 
                            (Oslo - Norvegia). Totale 
                            € 3.960,00. 
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