Vuoti a perdere 
                Una mia giovane amica, che vive in Francia da qualche anno 
                  e che non è per niente contenta delle politiche attuali, 
                  continua a dirmi però che a Parigi tutti salutano l'autista 
                  salendo dall'autobus, e per strada un “bonjour” 
                  non si nega a nessuno. 
                  Non so darle torto: a Milano, se sorridi a uno sconosciuto per 
                  strada, in 9 casi su 10 lo vedi trasecolare o precipitare nel 
                  sospetto che ci sia qualcosa sotto. Talvolta ti senti dire persino 
                  «Guardi, non compro niente». 
È una questione di forma, e la cortesia è gratis. Ma forse, proprio perché gratuita, oggi in Italia non funziona. Non è produttiva, non si può misurare, e alla fine è una perdita di tempo. Così, una forma di interazione capace di rendere più piacevole il vivere viene derubricata a vuota forma, cestinabile come tale. 
                  Un politico molto popolare oggi – la seconda carica dello 
                  stato, per la precisione – ha costruito la sua fortuna 
                  politica su un sistema di forme esemplare nella sua semplicità. 
                  Utilizzando formule espressive lineari e di grande aggressività, 
                  esprime concetti che una conoscenza anche sommaria della nostra 
                  storia (e della sua storia personale) risulterebbero contraddittori. 
                  Ma la forma funziona, è perfetta, purché ci si 
                  fermi alla superficie delle cose e non si badi troppo alla sostanza. 
                   
                  Un mio studente, di recente, mi ha consegnato una tesi finita 
                  e perfetta dal punto di vista formale. Peccato che fosse ripiena 
                  di sciocchezze, affermazioni insensate, contenuti irrilevanti. 
                  Quando gli ho fatto notare il vuoto di sostanza, lui, soddisfatto, 
                  ha replicato: «Ha un ottimo aspetto, però». 
                  Non mi ha mai perdonato di essere stato costretto a rimandare 
                  la discussione alla sessione successiva, al puro scopo di emendare 
                  qualche contenuto. Il che, tangenzialmente, dimostra che a qualche 
                  mio collega la forma sarebbe bastata.  
                  Una mia conoscente, costretta a prendere uno stabilizzatore 
                  dell'umore per tenere a bada gli sbalzi di umore provocati dalla 
                  menopausa, lamentava tempo fa di non sentirsi se stessa e di 
                  non essere più la stessa di una volta. Con l'intento 
                  di confortarla, le ho detto che mi pareva invece che la sua 
                  interazione col mondo fosse migliorata. E lei mi ha risposto, 
                  ringhiando: «Tu non mi conosci affatto». Il che, 
                  tra parentesi, è vero, ma diciamo che la stessa cosa 
                  poteva essere detta in modo più cortese, e senza ferire 
                  il mio ingenuo tentativo di sostenerla. Tangenzialmente, la 
                  risposta dimostra che la cura non stava facendo effetto.  
                  Sono sempre stata persona difficile da accettare ma facile da 
                  comprendere: non dico mai cose diverse da quelle che penso, 
                  e il contesto gerarchico in cui mi trovo non ha su di me alcun 
                  effetto disciplinante. Da giovane, ero più tagliente 
                  e diretta. Poi ho imparato l'ironia, e la vita si è fatta 
                  più facile. Io non sono cambiata, nella sostanza, ma 
                  la forma si è rimodellata un poco, gli angoli si sono 
                  arrotondati, senza che questo implicasse una censura del mio 
                  pensiero. 
Mi sono trovata a discutere se questo sviluppo fosse da considerarsi come una forma di invecchiamento. Ci ho pensato a lungo, e poi mi è sembrato di capire che quel che è accaduto in me è il processo inverso rispetto a quello che sta succedendo nella vita culturale e politica italiana. Io ho guadagnato qualche dubbio e la capacità del rispetto. La comunità ha perso progressivamente entrambe queste caratteristiche, una sostanziale (il dubbio che si possa essere in errore, magari perché si difetta di qualche informazione) e una formale (l'esplicitazione di una forma di relazione che consente davvero all'interlocutore di esprimersi, manifestando un parere che potrebbe avere le sue ragioni).  
                  Non sopporto i talk show e ogni forma di aggressività 
                  verbale, il che mi taglia fuori dalla vita politica e, direi, 
                  anche culturale di questo disgraziato paese, che ha preso a 
                  svilupparsi solo in forma lineare, senza profondità alcuna. 
                  E senza profondità – il beneficio del dubbio e 
                  la capacità del rispetto – la conversazione è 
                  una forma vuota. 
                 Nicoletta Vallorani    
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