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 Frammenti di libertà 
 Ho saputo che un altro detenuto s'è 
                  suicidato e ho pensato che quando un prigioniero si toglie la 
                  vita in carcere molti ci rimangono male. Ma ci rimane male soprattutto 
                  l'Assassino dei Sogni, perché così facendo gli 
                  togli il potere di ucciderti lentamente, un po' tutti i giorni 
                  e un po' tutte le notti. (Diario di un ergastolano www.carmelomusumeci.com)
 Per venticinque anni ho sempre pensato che mi avrebbero liberato solo quando 
                  avrei finito di scontare la mia pena, nell'anno 9999, com'è 
                  scritto nel mio certificato di detenzione. Ormai avevo esaurito 
                  tutti i miei ricordi di quando ero un uomo libero. Da quando, 
                  però, sono uscito in permesso per quindici giorni, ho 
                  dei ricordi nuovi che mi aiutano a fare sera e a fare mattino 
                  aspettando che venga l'anno 9999.Vi voglio brevemente raccontare cosa prova un uomo che esce 
                  dopo venticinque anni di carcere.
 
 Ventitré dicembre 2015. Sono fuori dall'Assassino dei 
                  Sogni, il carcere, come lo chiamo io. È difficile uscire 
                  dal carcere senza portarti il carcere addosso, specialmente 
                  se sai che ci devi ritornare. Una volta fuori la prima cosa 
                  che noti è l'odore di libertà.
 Subito dopo ti senti come un cieco che apre gli occhi. Ti sembra 
                  di essere come un morto che è uscito da una tomba. Ti 
                  senti stupito persino dello stesso stupore che provi e geloso 
                  che il tuo cuore ti nasconda parte delle tue emozioni. Sei preso 
                  da mille pensieri. E ti accorgi com'è bello affacciarsi 
                  a una finestra senza sbarre. Fuori, ogni secondo è un 
                  istante di vita, ma di vita vera.
 Sorridi e vivi. Ti commuovi e ti senti felice. Vedi migliaia 
                  di arcobaleni. E assapori tutto quello che ti circonda. E pensi 
                  a quanta vita c'è fuori, mentre dentro è tutto 
                  buio e morto. A tratti ti senti come un ladro che sta rubando 
                  un po' di libertà e amore alla vita. Non credi che ci 
                  sia cosa più bella che camminare tenendo per mano la 
                  persona che ami.
 Ti accorgi che la vita vissuta è diversa da quella immaginata 
                  e che hai sognato per un quarto di secolo. Ti sembra che le 
                  persone ti osservino. Per non dare nell'occhio ti sforzi di 
                  non guardare. E hai paura che quello sia un modo di vivere che 
                  non ti appartiene più.
 Un giorno entro in un bar: la mia compagna vuole che paghi io 
                  per riabituarmi alla normalità. Mi sento a disagio. Non 
                  mi sento all'altezza della situazione. E mi accorgo che la cassiera 
                  mi osserva in modo strano. Confondo il valore delle banconote. 
                  Interviene la mia compagna a salvarmi da una brutta figuraccia.
 Mi sembra che i miei figli mi guardino in modo preoccupato e 
                  che vogliano leggere nei miei pensieri.
 Gli specchi a casa mi fanno paura. Non sono più abituato 
                  a vedere il mio corpo per intero. Mi sembra di vedere l'immagine 
                  di un estraneo. In carcere possiamo vedere di noi solo il viso.
 Dopo tanti anni, mangio su piatti veri e bevo con i bicchieri 
                  di vetro e di acciaio e mi ero dimenticato che pesano così 
                  tanto. Mi cadono facilmente bicchieri e tazzine per terra. Per 
                  fortuna la mia compagna non s'arrabbia. E questo mi fa arrabbiare 
                  un po' perché mi sembra che mi tratti come un convalescente 
                  o un reduce di guerra.
 Rifletto sul fatto che, per non disabituarmi a vivere, mi sono 
                  battuto contro il carcere per tanti anni, disperatamente, con 
                  il corpo, con la mente e con il cuore, ma mi accorgo che, fuori, 
                  c'è un'altra battaglia da affrontare perché è 
                  dura ricominciare a vivere.
 La felicità, la libertà sono belle, ma mi affaticano. 
                  E io non ci sono più abituato. Con i miei nipotini va 
                  un po' meglio. Mi apparto spesso con loro. Sono diretti. Mi 
                  trattano come uno di loro. E non hanno timore di dirmi quello 
                  che pensano. Mi dicono che sono un po' imbranato e un po' rimbambito.
 All'improvviso è già il giorno di rientrare in 
                  carcere. E così imparo qualcosa su di me che prima non 
                  sapevo: imparo che non sono poi così coraggioso come 
                  pensavo, perché non mi è facile tornare in carcere 
                  sapendo che la mia pena finirà nell'anno 9999. Credo 
                  che la legge degli uomini spesso sia più dura e crudele 
                  dei reati che abbiamo commesso. Penso anche che non c'è 
                  vita senza amore. E in carcere, purtroppo, non c'è amore.
 Poi sono di nuovo in carcere.
  Carmelo Musumeci Carcere di Padova 2016
 www.carmelomusumeci.com
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