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                  À tous les enfants 
                  (e anche a Boris) 
                    
                  ovvero: un disertore contro la guerra 
                 
                A tutti i ragazzi che son partiti con lo zaino in spalla 
                   
                  nella nebbia dun mattino daprile  
                  vorrei fare il monumento  
                  a tutti i ragazzi che hanno pianto con lo zaino in spalla  
                  gli occhi bassi sulla tristezza  
                  vorrei fare il monumento  
                non di marmo, né di cemento, né di bronzo 
                   
                  che si fa verde sotto il morso acuto del tempo  
                  un monumento del loro dolore  
                  un monumento del loro terrore  
                  e del loro stupore  
                ecco il mondo profumato, pieno di risa  
                  pieno di uccelli blu, di colpo cancellato  
                  da uno sparo  
                  un mondo nuovo dove sotto un corpo che cade  
                  sapre una macchia di sangue.  
                Ma a tutti quelli che son rimasti coi piedi al caldo  
                  nei loro uffici a calcolare  
                  i profitti della guerra che hanno voluto  
                  a tutti i grossi, tutti i cornuti che trascinano la pancia nella 
                  via  
                  e contano, contano quei soldi.  
                  A tutti quelli innalzerei il monumento adatto a loro  
                  con la spranga, con la folgore, coi calci, coi pugni  
                  con le parole che incolleranno alle loro rughe  
                  ai loro doppi menti  
                  marchio di vergogna e di fango.  
                  (1954)  
                Ecco cosa, ad esempio, scriveva Boris Vian (1920-1959), che 
                  visse la sua breve, intensa vita in un periodo straordinario 
                  e folle in cui il suo paese fu quasi ininterrottamente in guerra 
                  (Seconda guerra mondiale  Indocina  Algeria).  
                  Boris Vian è stato il mio primo grande amore francese 
                  della canzone.  
                  In verità prima cera stato Brassens... ma quello 
                  era un amore indotto dalla dedizione a Fabrizio De André: 
                  risalivo le sue fonti, e, necessariamente, mi dovetti subito 
                  imbattere in Zio Georges!  
                  Invece il mio Vian fu una scoperta diciassettenne 
                  e tutta personale, peraltro arrivata un attimo prima che leditore 
                  Marcos y Marcos riproponesse in Italia quei suoi libri 
                  ormai introvabili (se non proprio inediti), che la Newton 
                  Compton proponesse in una tascabilissima edizione (a sole 
                  mille lire!) la sua raccolta poetica fondamentale Non vorrei 
                  crepare, e anche un po prima che Ivano Fossati popolarizzasse, 
                  incidendola sul disco Lindbergh, Il disertore, 
                  già cantato in Italia, e proprio in quella versione credo, 
                  da Ornella Vanoni, ma non ancora veramente noto.  
                  Da una delle mie prime passeggiate parigine tornai 
                  con un paio di suoi libri di poesie, col fondamentale Les 
                  vies parallèles de Boris Vian di Noel Arnaud, soprattutto 
                  col doppio CD Boris Vian et ses interpretes, bellissima 
                  raccolta di tutta la sua opera registrata e antologia di sue 
                  canzoni incise da vari interpreti (ma di questultime esiste 
                  anche una versione più completa in 4 CD).  
                  Sono ormai passati degli anni e, riproponendomi di scrivere 
                  un pezzo su Boris per la nostra rubrica, attendevo il momento 
                  giusto per trovare il tempo e la calma di recuperare dal quarto 
                  strato della mia libreria (e rileggere) la sua opera omnia, 
                  sorprendentemente sterminata, considerati i soli 39 anni della 
                  sua vita: 10 romanzi, diverse raccolte di poesia, parecchi lavori 
                  teatrali (farse, commedie musicali  di cui una su Bonnot! 
                   drammi veri e propri), centinaia di articoli, sceneggiature 
                  cinematografiche e 480 canzoni!  
                  Ora però, che siamo nel fango della guerra fino al collo, 
                  mi è arrivata limpellente richiesta di scrivere 
                  qualcosa sullautore del disertore e così 
                  mi devo accontentare dei pochi dati conservati dalla mia memoria, 
                  e da una frettolosa rilettura... cercherò di rimpiazzare 
                  la precisione con la passione, non me ne vogliate: ritorneremo 
                  senzaltro sullargomento un giorno. Un giorno forse 
                   speriamo!  migliore, meno sconvolto dalla follia 
                  odierna  
                  Una melodia dolente preludia e srotola questimmortale 
                  lied, che si cadenza lento e calmo, come calma è 
                  la tristezza di chi è stato sconfitto da troppe guerre, 
                  non tanto nei suoi ideali patriottardi, quanto nella sua stessa 
                  umanità... e così allennesima guerra non 
                  può che dire di no.  
                Il disertore  
                  Signor Presidente, le scrivo una lettera  
                  che leggerà, forse, se avrà tempo.  
                  Ho appena ricevuto la cartolina militare  
                  per andare alla guerra entro mercoledì sera.  
                  Signor Presidente, non voglio farlo  
                  non sono sulla terra per uccidere povera gente.  
                  Non per farvi arrabbiare, ma devo dirlo  
                  ho preso la mia decisone: diserterò.  
                Dacché sono nato ho visto partire i miei fratelli 
                   
                  ho visto morire mio padre e piangere i miei figli  
                  mia madre ha tanto sofferto che è nella sua tomba  
                  e se ne fotte delle bombe come se ne fotte dei vermi.  
                  Quandero in prigionia hanno rubato la mia anima  
                  hanno rubato la mia donna con tutto il mio passato.  
                  Domani uscirò sbattendo la porta  
                  in faccia agli anni morti: vivrò sulla via.  
                Mendicherò la vita sulle strade di Francia  
                  dalla Bretagna alla Provenza e dirò alla gente  
                  Rifiutate dobbedire, non fatelo  
                  non andate in guerra, rifiutate di morire.  
                  Se si deve versare sangue vada a versare il Suo  
                  caro buon apostolo, signor Presidente.  
                  Se mi fa perseguire avverta i suoi gendarmi  
                  che non ho armi e che possono sparare.  
                  (1954)  
                La prima versione, come si può verificare sul manoscritto, 
                  si concludeva con questi ultimi due versi:  
                Se mi fa perseguire avverta i suoi gendarmi  
                  che sono armato e che so sparare.  
                 
                E ho spesso incontrato compagni francesi che amano cantare 
                  il pezzo in questa primigenia versione, adducendo la ragione 
                  che il pacifismo va affermato con ogni mezzo, quando cè 
                  chi vorrebbe ridurti al silenzio. Boris stesso però, 
                  pur essendo tuttaltro che un agnellino, preferì 
                  sostituire gli ultimi due versi che gli parevano in contrasto 
                  col tono di tutto il resto della canzone, forse perché 
                  lautore del violentissimo romanzo Sputerò sulle 
                  vostre tombe era convinto, in questo caso, di aver scritto 
                  più ancora che una canzone anti-militarista, 
                  una canzone pro-civile.  
                  Sottigliezza non colta, peraltro, dalle commissioni di censura 
                  francese che spinsero perché fosse proibita sulle radio, 
                  perché il suo interprete più di successo (il coraggioso 
                  Marcel Mouloudji), benché lavesse cantata in una 
                  versione piuttosto addolcita, fosse ostracizzato dai mezzi di 
                  comunicazione di massa, e perché il disco dello stesso 
                  Vian non fosse più ristampato.  
                  A questo va aggiunto che, per tutto il breve periodo in cui 
                  Boris si produsse in concerto, Le deserteur, che lui 
                  testardamente non mancava mai dinterpretare, scatenava 
                  nel pubblico reazioni scomposte, urla, fischi e insulti (qualcuno 
                  addirittura minacciò un attentato, cosa che si sarebbe 
                  ripetuta 25 anni dopo contro Gainsbourg, reo di unaltra 
                  terribile provocazione antimilitarista).  
                  Negli anni seguenti la canzone cadde nelloblio (un po 
                  come tutta lopera di Vian, che sarebbe ritornata in auge 
                   guarda caso!  intorno al 68), finché 
                  Peter, Paul and Mary, interpreti di successo delle canzoni di 
                  Bob Dylan, non la lanciarono in una versione americana, che 
                  molto piacque al movimento che si batteva contro la guerra del 
                  Vietnam.  
                  Da lì la canzone rimbalzò di nuovo in Francia, 
                  incisa da Richard Anthony in unorrida riscrittura oratoriale, 
                  che non ebbe altro merito se non quello di far indignare gli 
                  antichi amici e ammiratori di Boris, Ferrat e Mouloudji, e di 
                  rilanciare Il disertore, finalmente ripresa, conosciuta, 
                  amata e cantata col suo spirito originale, anche in Europa. 
                  Ma Vian era morto già da un pezzo, profondamente amareggiato 
                  dalla fitta ridda di processi, scandali e censure che i benpensanti 
                  francesi gli avevano scatenato contro.  
                  
                 
                Strano il destino del povero Boris (come lo aveva 
                  chiamato Jean Ferrat in una sua bella canzone): un costante 
                  andirivieni damore e doblio... oggetto di culto 
                  o di totale ignoranza!  
                  Perché mai?  
                  Perché Boris Vian è un letterato finissimo, ma 
                  anche un clown che gioca con la letteratura senza prenderla 
                  troppo sul serio, in questo fratello del suo mentore Quenau 
                  e vicino ad altri interessanti personaggi come Perec o Cocteau; 
                  contrariamente a questi ultimi però, sempre consapevolmente 
                  letterari e quindi riassorbibili dagli imbalsamatori 
                  dellAcademie, Vian scriveva gialli o canzoni con 
                  una vera intenzione popolare (e per colmo dignominia 
                  con intenzione ribelle), per cui non può  e non 
                  potrà mai  essere recuperato ad alcuna 
                  scuola.  
                  Perché Boris Vian è veramente inquietante e in 
                  lui palpita la vita, anche attraverso la coscienza costante 
                  della perdita, attraverso il fiato della morte avvertito in 
                  ogni istante sul collo (Vian si sapeva condannato a una fine 
                  precoce, sin da giovanissimo, da una congenita disfunzione cardiaca) 
                  e così non può essere recuperato ad 
                  alcun vitalismo posticcio, ad alcuna falsa celebrazione spettacolare 
                  del vissuto. Egli è vivo (troppo per questo mondo di 
                  zombie televisivi)!  
                  Perché Boris Vian non è riconducibile ad alcuna 
                  ideologia, neanche a quella libertaria (vicino, certo, affine... 
                  ma non omologo), lui odiava ogni maestro, ogni rivoluzionario 
                  di professione  si legga al proposito la ferocissima presa 
                  per culo di Sartre nel romanzo La schiuma dei giorni 
                  , e così non può essere recuperato da nessun 
                  partito politico.  
                  Perché questo mondo è dei recuperati 
                  o dei recuperabili, da vivi o da morti, e Boris 
                  non può esserlo.  
                  Bisognerà  se si vuole  prenderlo così 
                  comera, il nostro caro disertore: beffardo, inafferrabile, 
                  commosso, poeta, geniale.  
                  
                Levaso  
                  Ha oltrepassato la collina  
                  i suoi piedi facevano rotolare le pietre.  
                  Lassù, chiusa fra quattro mura  
                  una sirena cantava senzallegria.  
                Respirava lodore degli alberi.  
                  Respirava con tutto il corpo.  
                  La luce lo accompagnava  
                  e faceva danzare la sua ombra.  
                Purché mi lascino il tempo.  
                  Saltava fra lerba  
                  ha colto due foglie gialle  
                  sorsi di linfa e di sole.  
                Le canne dacciaio blu sputavano  
                  corte fiamme di fuoco secco.  
                  Purché mi lascino il tempo.  
                  È arrivato in riva allacqua  
                vi ha immerso il viso  
                  rideva di gioia; ha bevuto.  
                  Purché mi lascino il tempo.  
                  Si è rimesso in piedi per saltare.  
                Purché mi lascino il tempo.  
                  Unape di bronzo caldo  
                  lha folgorato sullaltra riva  
                  e mischiato sangue e acqua.  
                Aveva avuto il tempo di vedere.  
                  Il tempo di bere al ruscello.  
                  Il tempo di portare alla bocca  
                  due foglie, sorsi di sole.  
                Il tempo di ridere agli assassini.  
                  Il tempo di raggiungere laltra riva.  
                  Il tempo di andare verso la sua donna.  
                Aveva avuto il tempo di vivere.  
                  
                  Alessio Lega 
                  amoreanarchia@tiscalinet.it 
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