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                  New 
                  economy e cultura  
                 Sono il responsabile della piccola casa editrice Ellin Selae 
                  e della omonima rivista letteraria. 
                  Noi di Ellin Selae abbiamo sempre avuto il sospetto che questa 
                  nuova "rivoluzione", internet tanto per intenderci, 
                  sia una bufala colossale tenuta in vita dalle chiacchiere dei 
                  venditori del Terzo Millennio. 
                  Ed ecco una (piccola) dimostrazione: il 18 settembre abbiamo 
                  inoltrato a ZIVAGO, la mega-libreria online, un ordine comprendente 
                  2 cd e 2 libri. I cd erano più o meno scelti a caso perché 
                  il vero test lo volevamo fare sui libri: uno era infatti èdito 
                  da un grande editore e uno, la cui scheda era presente nelle 
                  loro pagine, da noi.  
                  Dato che dopo qualche settimana ancora non avevamo ricevuto 
                  nulla abbiamo chiesto spiegazioni. Un responsabile ci ha detto 
                  che: "avevano difficoltà a trovare il libro di Ellin 
                  Selae...".  
                  Difficoltà a trovarci? Ehi, ma noi siamo qui da dieci 
                  anni! Il nostro recapito è su tutti i cataloghi editoriali 
                  (in primis quello della Bibliografica, noto a tutti gli operatori 
                  del settore). Abbiamo distributori che coprono il territorio 
                  nazionale (e anche i loro recapiti sono sugli elenchi) e poi 
                  abbiamo il telefono, il fax, l'e-mail, il sito (anzi due), facciamo 
                  pubblicità a livello nazionale, siamo a tutte le fiere 
                  del settore e, come se non bastasse, poco tempo prima avevamo 
                  spedito proprio a ZIVAGO una copia del nostro catalogo aggiornato 
                  (chissà in quale cestino l'hanno buttato)... Chiunque 
                  può trovarci sul web con un qualsiasi motore di ricerca, 
                  fuori dal web con una telefonata. 38 giorni dopo abbiamo ricevuto 
                  un pacco da ZIVAGO contenente il libro del grande editore e, 
                  per quanto riguardava il nostro una lettera che diceva "Purtroppo 
                  l'altro libro è risultato non disponibile..." un 
                  libro nuovo, appena uscito, ne abbiamo centinaia e centinaia 
                  di copie disponibili. 
                  Adesso non veniteci a dire che internet è una rivoluzione, 
                  perché non ha rivoluzionato proprio niente: gli addetti 
                  telematici al mondo del libro, come i loro colleghi tradizionali, 
                  sono solerti con i più grandi e ricchi, indolenti con 
                  i più piccoli e poveri. Come prima, come sempre. Sorpresa! 
                  Sorpresa! La New Economy è identica alla Old! 
                Franco Del Moro 
                ellin selae, rivista e libri 
                  fz. Cornati 27 - 12060 Murazzano (CN) I 
                  tel/fax: 0173 791133 
                  email: ellin@libero.it 
                  www.biosalus.com/ellinselae 
                 Senza 
                  lenti ideologiche  
                Cara redazione 
                  vi mando qualche osservazione a proposito della recensione di 
                  J.-J. Gandini del libro di Zheng Yi. Il tempo limitato e i molti 
                  impegni m'impediscono di andare al di là di poche e brevi 
                  note, anche se l'argomento porterebbe ad affrontare alcune questioni 
                  sul modo di fare e disfare la storia in uso negli ultimi tempi. 
                  Comincerò con un ricordo personale, che in apparenza 
                  ha poco a che vedere con questa vicenda. All'inizio degli anni 
                  settanta i miei impegni di militante mi portarono a incontrare 
                  rappresentanti di vari gruppi maoisti europei, per quello che 
                  allora si chiamava uno "scambio delle esperienze". 
                  A Colonia feci una riunione con membri di un gruppo filocinese 
                  turco (già allora gli immigrati turchi erano numerosi 
                  e molti lavoravano alla Volkswagen ). Fra le altre cose che 
                  mi dissero, a proposito della "disciplina" di partito, 
                  ce ne fu una che mi lasciò sconcertato. "Se scopriamo 
                  che un compagno beve, anche un solo bicchiere di vino, lo espelliamo 
                  immediatamente."  
                  Da noi, ribattei un po' scherzando e un po' no, un compagno 
                  che non beve in compagnia è guardato con un certo sospetto. 
                  Seguì una lunga discussione teorica di quelle che ci 
                  piacevano tanto all'epoca, sulla necessità di restare 
                  sobri per non rivelare niente a spie e ad agenti provocatori. 
                  Di qui cominciai a riflettere su alcune caratteristiche "nazionali": 
                  i compagni scandinavi che ponevano al centro la necessità 
                  della violenza rivoluzionaria in paesi dove i conflitti sociali 
                  sono molto attenuati, i tedeschi con l'ossessione dell'organizzazione 
                  perfetta, della puntualità, del rigore anche nell'abbigliamento, 
                  i francesi convinti di essere i principali, se non unici, depositari 
                  della verità rivoluzionaria... Arrivai così a 
                  una personale se pur ovvia scoperta: tra giovani formatisi nelle 
                  lotte di quegli anni, con tante esperienze e una formazione 
                  ideologica comune, permanevano differenze profonde, di natura 
                  'culturale' in senso antropologico, tanto forti da incidere 
                  nell'ideologia, nella teoria e anche nell'organizzazione. Il 
                  rigore dei militanti turchi nei confronti dell'alcool non era 
                  dovuto a una supposta regola di sicurezza, ma alla base culturale 
                  islamica che li univa prima e al di là dell'ideologia. 
                   
                  Veniamo agli episodi denunciati nel libro di Zheng Yi. In un 
                  altro libro pubblicato più quarant'anni fa, il Rapporto 
                  da un villaggio cinese di Gunnar Myrdal, c'è una 
                  serie di interviste a contadini cinesi dello Hunan che raccontano 
                  della propria esperienza prima e dopo la rivoluzione. In tutte 
                  c'è un elemento comune: la fame, cronica, disperata, 
                  irrimediabile. Una fame antica di secoli, che ha accompagnato 
                  per secoli la vita nelle campagne cinesi. Quella fame che, se 
                  andiamo a vedere, sta sempre dietro a tutti gli episodi di cannibalismo. 
                  Vorrei rilevare, per inciso, che l'antropofagia non è 
                  un fenomeno che riguarda popolazioni "selvagge", lontane, 
                  o comunque extraeuropee. Episodi di cannibalismo sono ben documentati 
                  anche nel nostro continente, fin nel Novecento e, in particolare, 
                  se ne ricordano con tratti molto simili a quelli descritti da 
                  Zheng Yi, nel corso della Guerra dei Trent'Anni in Germania 
                  e in Boemia (ma nessuno si sognerebbe di dire che la responsabilità 
                  fosse dei cattolici o dei protestanti).  
                  Tutti gli episodi sono in qualche modo ritualizzati e l'elemento 
                  culturale che vi è sotteso è sempre lo stesso: 
                  nutrendosi delle viscere e delle carni dell'altro, ci si impadronisce 
                  della sua forza, della sua potenza sessuale, della sua intelligenza. 
                  Il che, in situazioni di sottoalimentazione e di gravi carenze 
                  proteiche, non è poi tanto lontano dalla verità. 
                  In questa prospettiva si possono leggere gli episodi drammatici 
                  denunciati dal libro, mentre risulta abbastanza difficile da 
                  digerire l'acrobazia ideologica per cui, "siccome" 
                  era in atto la Rivoluzione Culturale, il cannibalismo è 
                  "colpa" delle Guardie Rosse e di Mao in persona. La 
                  colpa del PCC e delle esperienze sovietiche, semmai, è 
                  di avere diffuso l'illusione, di cui anche J.-J. Gandini sembra 
                  vittima, che in questi regimi la lotta di classe fosse scomparsa 
                  e che tutte le contraddizioni fossero di natura secondaria e 
                  "in seno al popolo", illusione tanto lontana dal vero 
                  come l'esperienza ha fin troppo ampiamente dimostrato.  
                  E c'è un'urgenza di valutare seriamente, senza le lenti 
                  affumicate di una qualsiasi ideologia, quanto è accaduto: 
                  credo che sia importante fare i conti con quanto è successo 
                  in Cina ai tempi di Mao, come del resto sia fondamentale rileggere 
                  in modo lucido e con un'ottica storica gli anni 1960-1980, su 
                  cui è in atto un'opera di grande rimozione . Ma questo 
                  non si può fare con corti circuiti ideologici, come quello 
                  del nostro, che invece di attribuire le giuste responsabilità 
                  dei fallimenti e delle profonde sconfitte, finiscono far sprofondare 
                  ogni cosa in quella notte buia dove tutte le vacche sono nere. 
                  Cordialmente  
                Guido Lagomarsino 
                  (Milano) 
                 Ricordando 
                  Pier Luigi Magni  
                Il 4 Novembre abbiamo accompagnato nel suo ultimo viaggio Pier 
                  Luigi Magni. 
                  Con lui se n'è andato un prezioso punto di riferimento 
                  per l'anarchismo brianzolo. Attivo dalla fine degli anni sessanta 
                  sul fronte delle forze anarchiche, ha promosso la diffusione 
                  delle idee antiautoritarie soprattutto nell'ambito delle rivendicazioni 
                  sindacali. 
                  Chi ha avuto modo di frequentarlo o anche solo di incontrarlo 
                  ha potuto apprezzare la schiettezza, la disponibilità 
                  e l'autenticità umana del suo essere anarchico. 
                  Grazie Pier. 
                Gli anarchici brianzoli 
                  
                 Come 
                  cristiano penso che...   
                 Cara redazione, 
                  ti mando un intervento, che mi era stato chiesto - in quanto 
                  primo obiettore di coscienza cattolico - dal settimanale dell'hinterland 
                  milanese "Città nostra" (di ispirazione diocesana) 
                  quando l'abolizione del servizio di leva e l'introduzione dell'esercito 
                  professionale era ancora un disegno di legge. Naturalmente il 
                  mio intervento non fu pubblicato e te lo mando sperando che 
                  abbia un esito migliore. Gli eserciti di oggi, che siano dell'ONU, 
                  della Nato o dell'Ueo (sì, ne sta nascendo un altro nel 
                  silenzio generale) sono tutti peacekeeping e quindi l'antimilitarismo 
                  è offside: ma le guerre poi ci sono o no?  
                  All'inizio degli anni Sessanta l'abolizione del servizio militare 
                  obbligatorio era il sogno di chi lottava per il riconoscimento 
                  dell'obiezione di coscienza. Poi venne l'alternativa del servizio 
                  civile (1972 ), che consentiva di servire la patria senza imbracciare 
                  il fucile. "Ora - mi dicono - dovresti essere contento 
                  che aboliscono il servizio di leva!". E invece - a distanza 
                  di 36 anni da quando sono finito in galera come obiettore di 
                  coscienza - non sono contento. Il sogno di allora si è 
                  tramutato in incubo: quello dell'esercito professionale per 
                  fare meglio le "guerre umanitarie" con la NATO al 
                  servizio del Nuovo Ordine Mondiale imposto dagli Stati Uniti. 
                  Un volontario ben pagato crea meno problemi di un coscritto 
                  che chissà come la pensa. 
                  Dal sogno all'incubo: sono gli scherzi della storia che spesso 
                  ti costringe a cambiare obiettivi per rimanere fedele a te stesso, 
                  ai tuoi ideali. Già l'obiezione di coscienza (NO ALL'ESERCITO) 
                  è diventata con gli anni una "opzione di coscienza" 
                  (Sì al servizio civile) perdendo la sua carica eversiva 
                  antimilitarista. L'aspirazione a tradurre in pratica il "ripudio 
                  della guerra", sancito dall'art. 11 della Costituzione 
                  e dallo Statuto dell'ONU, ha partorito diversi disegni di legge 
                  ispirati al concetto di Difesa Popolare Nonviolenta ma non ha 
                  impedito la partecipazione dell'Italia a due guerre - quella 
                  del Golfo (1991) e quella del Kosovo (1999) - e alle cosiddette 
                  "missioni di pace" (Libano, Somalia, Bosnia).  
                  Mentre continuano gli impegni militari dell'Italia all'estero, 
                  stanno diventando operanti il Nuovo Modello di Difesa, figlio 
                  della guerra del Golfo (presentato il 26 novembre 1991 dall'allora 
                  ministro della Difesa Rognoni) e ora puntuale, dopo la guerra 
                  in Kosovo, il disegno di legge Scognamiglio per l'abolizione 
                  della leva obbligatoria e la creazione di un esercito di mercenari 
                  in linea - avanti marsc' - con le direttive strategiche della 
                  NATO. 
                  È finita la naja, tutti a casa e tutti felici - i giovani, 
                  le famiglie, le imprese - ad eccezione delle associazioni pacifiste 
                  e del volontariato. Ad eccezione di me. Sono gli scherzi della 
                  storia che si è incaricata di rendere palese a tutti 
                  quello che si diceva una volta dell'esercito "al servizio 
                  dei padroni". E allora, prima di qualsiasi riforma, bisogna 
                  sapere da che parte si sta: con le alleanze militari per la 
                  difesa del sistema economico liberista (l'"impero del denaro" 
                  come lo chiama padre Alex Zanotelli) o con i popoli oppressi 
                  e impoveriti. Altrimenti, a furia di missioni di pace, di interventi 
                  umanitari e di "carità armata", ci sarà 
                  - come dicono i russi - uno sforzo così grande per la 
                  pace che di questo mondo non resterà pietra su pietra. 
                  Come obiettore di coscienza sono contrario al potenziamento 
                  delle macchine militari (ah, quegli aerei, che si alzavano in 
                  volo da Aviano, macabro spettacolo di pornografia tecnologica!); 
                  come rappresentante del genere umano provo vergogna per ciò 
                  che gli uomini possono fare ad altri uomini; come cristiano 
                  penso che il comandamento tu non uccidere non ammette eccezioni; 
                  e come nonno non voglio che i miei nipoti vivano in un mondo 
                  in cui le bombe sono sempre più intelligenti e gli uomini 
                  sempre più stupidi. 
                Giuseppe Gozzini  
                  (Milano) 
  
                
                  
                     
                      |  
                          I 
                          nostri fondi neri 
                            
                       | 
                     
                     
                       
                         
                           Sottoscrizioni.  
                            A/m Mario Bossi, ulteriore ricavato dalla serata al 
                            Bloom (Mezzago) con i "Judas 2" il 15 settembre 
                            scorso, 63.000; Aurora e Paolo (Milano) ricordando 
                            Alfonso Failla, 1.000.000; Alberto Ciampi (San Casciano 
                            Val di Pesa) ricordando Gianni Furlotti, 100.000; 
                            Tony Gei (Piovene Rocchette), 20.000; Mario Perego 
                            (Carnate), 50.000; Gianni Pasqualotto (Crespano del 
                            Grappa) ricordando Pierina, 200.000; Pietro Steffenoni 
                            (Lodi), 80.000; Mariano Brustio (Pernate), 150.000; 
                            Riccardo Caneba (Grottaferrata), 800; Maurizio Barsella 
                            (Firenze), 10.000; a/m Fiamma Chessa, Vernon Richards 
                            (Ipswich - Inghilterra), 50.000; Carla Caschetto (Bruxelles 
                            - Belgio), 100.000; Alfredo Gagliardi (Ferrara), 300.000; 
                            Marco Breschi (Pistoia) ricordando Aurelio Chessa, 
                            250.000; Stefano Giaccone (Cardiff - Inghilterra), 
                            33.000; Salvatore Esposito (Frankfurt am Main - Germania), 
                            100.000  
                             Totale lire 2.496.800.  
                          Abbonamenti sostenitori.  
                            Cesare Vurchio (Milano), 200.000. Arnaldo Panzeri 
                            (Lecco), 150.000; Paolo Santorum (Arco), 150.000; 
                             
                             Totale lire 500.000. 
                         
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