Celia 
                          Hart Santamaria è figlia di Haydèe Santamaria, 
                          che partecipò all’assalto alla Caserma 
                          Moncada (tappa iniziale della conquista del potere da 
                          parte di Fidel Castro) e successivamente fondatrice 
                          della “Casa de las Americas”, e di Armando 
                          Hart, del Movimento 26 luglio, poi ministro della cultura 
                          di Cuba e ex direttore del Programma Martiano.  
                          Ai primi di aprile, Celia, ha affrontato in un’intervista 
                          la questione delle possibili alternative di sinistra 
                          del futuro di Cuba, con un’esplicita richiesta 
                          agli anarchici di esprimere il loro punto di vista. 
                           
                          Pubblichiamo alcuni stralci tratti dalla risposta che 
                          il Movimento Libertario Cubano (in esilio) ha diffuso 
                          in rete. | 
                      
                    
                   
                  (…). Nella tua lettera tu tocchi argomenti di importanza 
                    vitale, riguardo all’ “inerzia” del Partito 
                    comunista e all’esistenza di “certi meccanismi 
                    di restaurazione del capitalismo” a Cuba; fatti più 
                    che risaputi e di scarsa novità, il cui unico aspetto 
                    interessante è il fatto che sia tu ad ammetterli; ma 
                    non è di questo che vogliamo discutere, almeno in questo 
                    momento. Ciò che conta, in questo momento, è 
                    prendere posizione nel contesto ideologico e politico, di 
                    schierarsi riguardo a tale o talaltra situazione, questa o 
                    quella evoluzione di certe persone. 
                    È di questo genere di cose che vorremmo minimamente 
                    e brevemente discutere con te. 
                    Cercheremo di essere un po’ più precisi. Tu dici 
                    che sei in cerca di un’opzione di sinistra, di un’alternativa 
                    di sinistra per Cuba (e forse la stai elaborando). 
                    Ti diciamo allora che la tua preoccupazione è anche 
                    la nostra e quella di moltissime altre persone, tra le quali 
                    in prima linea (non perché siano un’avanguardia 
                    ma perché sono coerenti) ci sono gli anarchici che 
                    tu citi nella tua lettera. 
                    Certo, però, noi non possiamo essere d’accordo 
                    con te quando dici che “a sinistra di Fidel c’è 
                    il baratro”. È questa frase, e solo questa, che 
                    vogliamo discutere adesso. 
                    La prima cosa che vogliamo rilevare è il problema logico 
                    sollevato da quell’affermazione, un’affermazione 
                    che nega momentaneamente, escludendo certe rettifiche da parte 
                    tua, le aspettative che avevi fatto nascere con certi tuoi 
                    exploit. 
                    Seguendo la logica si possono desumere solo due cose da quella 
                    frase: o che l’alternativa di sinistra che vai cercando 
                    si trova alla destra di Fidel oppure che l’alternativa 
                    è Fidel in persona e l’assoluta continuità 
                    del monologo autoreferenziale che egli ha perseguito da sempre. 
                    
                    Puoi ben capire che, se la tua alternativa di sinistra è 
                    a destra di Fidel (cosa che non crediamo: non sembri così 
                    sciocca) questo dibattito è del tutto senza senso e 
                    sarebbe meglio chiuderlo qui. 
                    Ma tu noterai anche che se l’alternativa di cui parli 
                    non è altro che lo stesso Fidel per secula seculorum, 
                    anche nella sua assenza fisica, non è molto chiaro 
                    tutto quel tuo arrabattarti, se la questione si riduce a qualche 
                    lettura di Trotsky, Lukacs, Rosa Luxemburg e Gramsci, quale 
                    blando condimento. 
                    Poi, comunque, non dal punto di vista logico, ma da quello 
                    politico, dovresti proprio spiegarci che razza di sinistra 
                    sarebbe quella a destra di Fidel. È la sinistra a destra 
                    di Fidel la responsabile dell’“inerzia” 
                    del Partito e dei “meccanismi di restaurazione capitalista”? 
                    Com’è possibile? Fidel non se ne accorge? Per 
                    caso il Líder Maximo, il Primo Segretario del Partito, 
                    il Presidente del Consiglio dei Ministri è scavalcato, 
                    i suoi orientamenti sono ignorati? O magari Fidel ripete il 
                    biblico mistero della Trinità e, come Gesù, 
                    che è uno con Iddio Padre, siede alla destra di se 
                    stesso? 
                    Queste domande vogliono solo mettere in luce la confusione 
                    prodotta dalla brevità delle tue argomentazioni e il 
                    fatto è che non siamo ancora arrivati al nocciolo della 
                    questione, cioè non siamo ancora finiti nel “baratro” 
                    che tu dici è la sola cosa che esiste a sinistra di 
                    Fidel. 
                  
                   
 
                    Le parole smarrite 
                  Abbiamo cercato di affrontare l’argomento in modo rispettoso 
                    e attento, nell’interesse di questo scambio di opinioni, 
                    mettendo da parte per il momento gli inganni e le riserve 
                    accumulatesi da decenni. Cerchiamo anche noi di vedere le 
                    cose nella loro ampiezza e complessità, almeno con 
                    i nostri mezzi limitati. Ci è successo di prendere 
                    una serie di temi normalmente presenti nel pensiero della 
                    sinistra, di collegarli a Cuba e a Fidel per estensione e 
                    di chiederci quali elaborazioni e intuizioni potessero servire 
                    da punti di partenza per la discussione. 
                    A questo scopo siamo ricorsi allo strumento più potente 
                    oggi disponibile: il motore di ricerca di Google, limitando 
                    la ricerca alla frase esatta in lingua spagnola, in qualsiasi 
                    formato di file e in qualsiasi campo. 
                    In questo modo chiunque può controllare l’esattezza 
                    dei nostri riscontri e lo puoi fare tu stessa, perché 
                    siamo sicuri che tu hai accesso a Internet senza inconvenienti. 
                    Vediamo i risultati della nostra piccola ricerca e forse anche 
                    tu converrai con noi che sono davvero sorprendenti. 
                    Cominciamo col dire che alle frasi “consigli operai 
                    cubani” e “consigli operai a Cuba” la ricerca 
                    su Google ci dice “no document found”; il che 
                    probabilmente è dovuto al semplicissimo fatto che non 
                    si riflette su qualcosa che non esiste nemmeno nella fantasia. 
                    Si ha lo stesso risultato con l’espressione “autogestione 
                    a Cuba”, anche se in questo caso abbiano trovato un 
                    link, uno solo, sul “self-management cubano” che 
                    si trova all’indirizzo es.geocities.com/anticivilizacion/antonfdr_GANDHI.htm 
                    * e che c’informa che l’idea 
                    è praticamente ignota sull’isola. 
                    Seguendo la stessa procedura arriviamo alla triste conclusione 
                    che, per quanto riguarda Cuba, non si scrive e non si parla 
                    di “autonomia operaia” o di “sindacati autonomi”, 
                    il che conferma solamente che i capi di tali organizzazioni 
                    non sono terribilmente interessati alla faccenda e che l’orientamento 
                    predominante consiste nel tenerle nella sfera di dipendenza 
                    dello stato. Stando così le cose, non sorprende che 
                    una cosa talmente “estremista” come l’interruzione 
                    collettiva e volontaria del lavoro produce appena discorsi 
                    a bassissima intensità: la ricerca di “scioperi 
                    a Cuba” offre cinque documenti di carattere storico, 
                    e se inseriamo “scioperi cubani” troviamo un unico 
                    e strano risultato in www.bibliotecagnostica.com/Poscla22.htm. 
                    Anche così abbiamo insistito nella ricerca, ma, con 
                    sorpresa, nel caso di “coscienza di classe a Cuba” 
                    e “coscienza di classe cubana” Google risponde 
                    ancora “nessun documento trovato”. Le cose vanno 
                    un po’ meglio con “cooperative cubane” e 
                    “cooperative a Cuba” e qui troviamo finalmente 
                    una trentina di documenti non necessariamente di origine ufficiale 
                    o per lo più apologetici, tra i quali notiamo qualche 
                    perla divertente come quella di Jesus Cruz Reyes che si dimostra 
                    molto urtato quando gli si chiede se tali organizzazioni siano 
                    o no indipendenti. Di fronte a un risultato tanto promettente 
                    (rispetto ai precedenti) siamo andati avanti nella nostra 
                    indagine ardimentosa, solo per sentirci dire che non esiste 
                    niente sui “movimenti sociali cubani” né 
                    sulle “università autonome cubane”, anche 
                    se, per essere onesti, osserviamo adesso che ci sono quattro 
                    documenti che contengono la frase “autonomia universitaria 
                    a Cuba”, per informarci che non esiste, ovviamente, 
                    e altri cinque, soprattutto riferiti al passato, che considerano 
                    opportuno, per una ragione o per l’altra, utilizzare 
                    la frase “movimenti sociali a Cuba”. 
                    Così, dopo molti tentativi falliti, abbiamo deciso 
                    una svolta nella nostra ricerca verso un concetto che certamente 
                    non gode della nostra simpatia, quello di stato operaio. Sai 
                    quanti documenti contengono la formula “stato operaio 
                    cubano”? Solo trenta, in stragrande maggioranza trotzkisti 
                    e non tutti favorevoli. Di questi uno solo viene da ambienti 
                    ufficiali di Cuba, www.lajiribilla.cu/2002/n57_junio/1413_57.html 
                    e in realtà si trattava di un contributo di John Hillson 
                    inviato dalla città di Los Angeles. Pensiamo che questa 
                    mancanza sia dovuta al fatto che quella formula s’identifica 
                    con la tradizione trotzkista: pensiamo che il tuo ripescaggio 
                    del fondatore dell’armata rossa incontri ovvie difficoltà 
                    e per questo abbiamo fatto un tentativo per vedere se un’espressione 
                    analoga avrebbe prodotto risultati migliori: stato proletario. 
                    
                    Nemmeno in questo caso un successo ha coronato i nostri sforzi: 
                    la frase “stato proletario a Cuba” dava un solo 
                    e orfano risultato. Si tratta di un articolo di Luis Ramirez 
                    Caraballo e Antonio R. Barreiros Vazquez, intitolato “Posto 
                    e ruolo delle FAR (Forze Armate Rivoluzionarie) quali componente 
                    di particolare rilievo dello stato proletario cubano”, 
                    che si può trovare sulla Revista Cubana de Ciencias 
                    Sociales (anno 4, n. 12, settembre – dicembre 1986). 
                    Forse, Celia, tu sei delusa come noi e anche tu ti irriti 
                    quando qualcuno a Cuba parla di stato proletario e in realtà 
                    non i proletari ha in mente, ma le forze armate. È 
                    qualcosa che ha a che vedere con la militarizzazione della 
                    società cubana? 
                   
 
                    Ma quale baratro? 
                  Una battuta: abbiamo usato una serie di indicatori che sono 
                    tutt’altro che perfetti e possono avere solo un carattere 
                    approssimativo, ma comunque abbiamo la ferma impressione che 
                    ci permettano di sostenere ipotesi plausibili. Per esempio, 
                    che le riflessioni sulla costruzione di un’alternativa 
                    di sinistra a Cuba si trovano davanti a un territorio quasi 
                    vergine e inesplorato. Per questo ti chiediamo per favore 
                    (nell’ipotesi che tu voglia risponderci) di fare un 
                    piccolo sforzo di fantasia e di non consigliarci di continuare 
                    la ricerca con espressioni come “sanità a Cuba”, 
                    “istruzione a Cuba”, “sport a Cuba” 
                    eccetera, perché quello che proponiamo non è 
                    inevitabilmente contro cose del genere, anzi le riempie di 
                    nuovi contenuti, le ridefinisce e le arricchisce indefinitamente. 
                    
                    Come probabilmente hai visto, dunque, c’è un 
                    insieme di idee che in forma embrionale rappresentano le corrispondenti 
                    conquiste rivoluzionarie della società (che in genere 
                    fanno parte dell’immaginario della sinistra) e che a 
                    Cuba sono utilizzate poco e male. 
                    Noi siamo profondamente convinti di tre cose che sono intimamente 
                    legate al nostro tema, come è stato posto fin dall’inizio: 
                    in primo luogo, Fidel non ha dimostrato di avere sulle spalle 
                    la testa più adatta a elaborare un pensiero e a definire 
                    le azioni necessarie: ha avuto più di mezzo secolo 
                    per farlo e… niente! In secondo luogo questo spazio 
                    di idee e di realizzazioni non sta alla sua destra ma alla 
                    sua sinistra. Infine, nessuna di queste rappresenta il “baratro” 
                    così temuto e il cui solo nome provoca tanto spavento. 
                    Ci basterà mostrarti tre esempi particolarmente significativi 
                    e con possibilità di attuazione immediata. 
                    In primo luogo un’alternativa di sinistra a Cuba dovrebbe 
                    prendere in considerazione con urgenza una smilitarizzazione, 
                    nel senso più ampio del termine. Essa non consisterebbe 
                    soltanto nel ridimensionamento delle forze armate, con i concomitanti 
                    risparmi e i corrispondenti trasferimenti di risorse in altri 
                    settori dell’economia che ne hanno infinitamente più 
                    bisogno. Comporterebbe anche l’annullamento degli storici 
                    privilegi delle forze armate, farebbe sì che i diversi 
                    problemi della società cubana non siano più 
                    visti come questioni di “sicurezza nazionale”. 
                    Soprattutto, la questione sarebbe di pensare il socialismo 
                    come dovrebbe davvero essere, ovvero, nuove e vive relazioni 
                    di solidarietà tra esseri liberi e uguali, evitando 
                    di appiccicarci sopra un’articolazione non proprio socialista 
                    tra “comandanti” e subordinati. Sono cose che 
                    si possono realizzare subito, Celia, e non c’è 
                    ragione per contrastarle. 
                    Certo, tu ci dirai che la rivoluzione non può sopravvivere 
                    senza le “sue” forze armate, ma questo non è 
                    altro che un inganno al quale ti hanno abituato il “Líder 
                    Maximo” e i suoi lacchè. Il fatto è che 
                    le forze armate cubane sono costituite per reagire a un’ipotesi 
                    di conflitto (una teorica invasione degli USA): un’ipotesi 
                    avanzata per errore e che non si verificherà. In primo 
                    luogo le forze armate cubane non avrebbero la forza (e siamo 
                    d’accordo con te che questa è una disgrazia per 
                    l’umanità intera) per contrastare i bombardamenti 
                    aerei e gli attacchi devastanti che gli USA utilizzano nelle 
                    prime fasi di un conflitto. 
                    Come si è visto in Iraq, per la resistenza la guerriglia 
                    è molto più efficace di un esercito convenzionale, 
                    che semplicemente non è all’altezza del compito. 
                    In secondo luogo, ci sono abbondanti indicazioni per presumere 
                    che un conflitto del genere non sia assimilabile a quel modello: 
                    Cuba non offre le stesse motivazioni addotte per l’Afghanistan 
                    o per l’Iraq (e nemmeno quelle esposte poi per l’Iran 
                    e la Corea del Nord) e non rappresenta una minaccia strategicamente 
                    rilevante o che meriti una considerazione da parte dei militari 
                    americani. 
                    Se fai bene i tuoi conti, Celia, vedrai che i finanziamenti 
                    erogati dagli USA per il “lavoro sporco” a Cuba 
                    negli ultimi cinque anni, raggiungono una cifra inferiore 
                    al bombardamento di una sola notte su Baghdad, e non importa 
                    se la megalomania del Líder Maximo ci resta un po’ 
                    male per questo calcolo. Di conseguenza, la smilitarizzazione 
                    è fattibile subito e non ha niente a che vedere con 
                    il “baratro”. 
                  
                  Una 
                    curiosa immagine di Ernesto “Che” Guevara ripresa 
                    dal sito: es.geocities.com/ovejanegraweb/anarquismo_en_cuba.htm
                   
 
                    Contro la pianificazione centralizzata 
                  Un’alternativa di sinistra a Cuba, poi, dovrebbe intraprendere 
                    immediatamente il cammino verso l’autodeterminazione. 
                    Non credi che ci sarebbe una forte identificazione con la 
                    costruzione del socialismo (una condizione irrinunciabile, 
                    diremmo), con l’autogestione dell’economia da 
                    parte dei lavoratori? Purtroppo, per molti anni a Cuba l’autogestione 
                    è stata assimilata all’esperienza jugoslava e 
                    implicitamente collegata alla minaccia incombente del mercato 
                    e del conseguente “caos”. 
                    Così tutte le speranze si sono riversate sul mito della 
                    pianificazione centralizzata che nel mondo reale è 
                    stato erroneamente identificato con la sapienza dei tecnocrati, 
                    con l’onnipresenza dei militari o con le ineffabili 
                    sortite del “Líder Maximo”, che hanno avuto 
                    sempre la meglio sulle idee degli organi collettivi. 
                    Basta poi guardare ai risultati: tu diresti, Celia, che la 
                    strada percorsa dai primi impulsi per affermare il comunismo 
                    sull’Isola della Gioventù all’attuale presenza 
                    di multinazionali è una strada che porta verso il socialismo? 
                    No, Celia, il piano centralizzato non solo non ci ha portato 
                    il socialismo, ma si può anzi definire come una sequela 
                    di fiaschi prima e dopo il fallito obiettivo di dieci milioni 
                    di tonnellate di zucchero. 
                    L’autogestione, intanto, si è guadagnata tutta 
                    la credibilità ed è la strada intrapresa da 
                    decine di movimenti in America Latina, quale strategia di 
                    resistenza e metodo per soddisfare nella pratica (sia pure 
                    con esiti contrastanti, sia pur sempre in contesti di neoliberalismo) 
                    i bisogni più urgenti: cibo, salute, casa eccetera. 
                    Ripetiamolo: l’autogestione è possibile subito 
                    e non c’entra niente con il “baratro” che 
                    tu presumi esista a sinistra di Fidel. 
                    Infine, un’alternativa di sinistra a Cuba deve affrontare 
                    con forza e determinazione il problema delle libertà 
                    essenziali. Basterebbe solo smilitarizzare le teste e smetterla 
                    di sospettare che dietro a ogni cubano si nasconda un “agente 
                    dell’imperialismo” e subito la questione ci apparirebbe 
                    in tutta la sua chiarezza. 
                    Dimmi che male ci sarebbe per un progetto di costruzione del 
                    socialismo, se dodici milioni di cubani godessero (tra mille 
                    altre prerogative) del diritto di parlare, di viaggiare, di 
                    organizzarsi in qualsiasi forma ritengano adatta. Ripeto una 
                    delle tue affermazioni: “Oggi tutti i giovani che si 
                    pongono interrogativi politici, quelli che vale la pena di 
                    ascoltare, saranno sempre di sinistra, anarchici, trotzkisti… 
                    Ma sono TUTTI rivoluzionari.”. 
                    Benissimo, smettila di giocare a rimpiattino e sii sincera 
                    con te stessa e con i lettori: lo sai o no che a quei rivoluzionari 
                    non è permesso avere l’organizzazione politica 
                    che vorrebbero, perché questo è un diritto riservato 
                    al Partito comunista? Lo sai o no che a quei rivoluzionari 
                    non è consentito aprire al pubblico una propria biblioteca, 
                    fare trasmissioni alla radio, riunirsi senza chiedere l’autorizzazione, 
                    avere un proprio quotidiano, e neppure sostenere liberamente 
                    la propria posizione nei movimenti sindacali, giovanili, di 
                    quartiere, di genere o ambientalisti? 
                    Queste cose necessitano di un contesto di libertà che 
                    attualmente non esiste e impongono non interventi dello stato, 
                    ma autonomia, pretendono niente di meno di una possibilità 
                    socialmente garantita per ogni collettivo (quale che ne sia 
                    la natura) di fissare le proprie regole, purché non 
                    danneggi la libertà altrui. 
                    Tu godi di una situazione di privilegio, Celia, e non puoi 
                    non esserti resa conto che l’ossessione della sorveglianza, 
                    del controllo, della repressione è una cosa e la libertà 
                    è tutt’altra. Da che parte pensi che stiano il 
                    socialismo e la sinistra? 
                    Sappiamo della tua attenzione alle cause della caduta del 
                    blocco sovietico: allora, non credi che il fatale disprezzo 
                    per la libertà dimostrato dai sovietici possa avere 
                    almeno qualche cosa a che fare con quel disastro? 
                    Quell’esperienza è una miniera d’oro di 
                    insegnamenti e tutti inequivocabilmente portano a dire che, 
                    in questo inizio di XXI secolo, non si può più 
                    concepire il socialismo come frutto spontaneo di una fumosa 
                    necessità storica, di una raffinata operazione di ingegneria 
                    sociale o del genio di una volontà messianica. Il socialismo 
                    del XXI secolo potrà solo nascere dalla coscienza collettiva 
                    e questa può solo fiorire da una radice di libertà. 
                    
                    Niente a che vedere, Celia, con il “baratro”. 
                  
                  
 
                  
                  Celia Hart
                   
 
                    Alternativa di sinistra 
                  Smilitarizzazione, autogestione, libertà fondamentali: 
                    tre elementi minimi e tre strade da percorrere per dare un’alternativa 
                    di sinistra a Cuba e per mobilitare non solo l’élite 
                    attualmente dominante ma il popolo cubano nel suo insieme. 
                    
                    Queste proposte non sono il “programma massimo” 
                    degli anarchici, e forse le si potrebbero definire “riformiste” 
                    nell’odierno contesto cubano. 
                    Però sono un buon punto di partenza per articolare 
                    una politica autenticamente di sinistra sull’isola. 
                    Sai meglio di noi che livello di partecipazione e d’impegno 
                    dovranno avere i comunisti cubani (soprattutto i più 
                    giovani) con questa politica e che peso potrebbero avere all’interno 
                    del partito quelli che farebbero proprio un orientamento del 
                    genere. 
                    Ciò nondimeno, non c’è dubbio che una 
                    scelta tale finisce per scavalcare l’organizzazione 
                    del partito e lascia spazio, fra l’altro, alle correnti 
                    che tu stessa hai definito rivoluzionarie. 
                    Per la stessa ragione, è certo che finisce per confliggere 
                    con una costellazione di interessi, privilegi e aspettative 
                    che sono chiaramente collocati alla sua destra, dentro e fuori 
                    del Partito comunista: una situazione e un’evoluzione 
                    che, se la memoria non c’inganna, fino a pochi anni 
                    fa era considerata insita nella lotta di classe. 
                    Sia come sia, Celia, dobbiamo andare avanti ad approfondire 
                    l’analisi e a rafforzare la volontà. Se siamo 
                    stati un po’ ironici nei tuoi confronti in molti punti 
                    di questa lettera, è per il fatto che, per quanto capiamo, 
                    non sei ancora entrata bene nel problema e non sei ancora 
                    pronta a esprimerti pubblicamente con le tue radici autentiche. 
                    
                    Le tue intenzioni sembrano sincere e forse anche compatibili, 
                    ma parli ancora a mezza voce, ti lasci trascinare da metafore 
                    che non portano da nessuna parte e non hai avuto il coraggio 
                    di mettere in tavola quel contesto di conflitti concreti che 
                    stanno al fondo del processo di costruzione di un’alternativa 
                    di sinistra per Cuba. 
                    Pane al pane e vino al vino, Celia: ecco il vero inizio di 
                    un’alternativa che sappia reggere alle eventuali avversità, 
                    che non parta da intrighi di palazzo ma dalla coscienza collettiva 
                    del popolo cubano. 
                    Tu hai evitato con cura di parlare di scontro tra fazioni, 
                    ma converrai con noi che è appunto questo che chiunque 
                    può leggere tra le tue righe. 
                    E sai anche che la battaglia va combattuta a qualunque costo, 
                    perché è in gioco niente di meno che il futuro 
                    del nostro amato popolo cubano. È una battaglia, Celia, 
                    che va combattuta con idee chiare, precise, idee forti e non 
                    con le solite odi in onore dell’intoccabile figura di 
                    Fidel. 
                    La si può combattere solo con il popolo organizzato 
                    intorno alle proprie convinzioni più profonde, non 
                    con vaghi avvertimenti e insinuazioni sulle faccende dell’élite 
                    dominante. Devi pagare un prezzo ideologico e subire di persona 
                    le pressioni del sistema, è comprensibile e questo 
                    ti espone alle difficoltà e molestie. 
                    Ma tu almeno puoi parlare, Celia, e questa è una possibilità 
                    che la maggioranza di noi cubani non ha. 
                    Noi abbiamo ogni giorno tanti svantaggi, rispetto a te, e 
                    un solo ma gigantesco vantaggio: sappiamo che non tornerà 
                    il Cid Campeador in sella a Babieca, che a sinistra di Fidel 
                    non c’è un baratro, non c’è un burrone 
                    e nemmeno un buco. Quello che si spalanca non a destra ma 
                    a sinistra di Fidel, Celia, altro non è che l’ampio 
                    spazio della libertà.
                  
 
                    Movimento Libertario Cubano
                    movimientolibertariocubano@yahoo.com.mx
                    traduzione dal castigliano di Guido Lagomarsino
                   
                  * Il collegamento segnalato 
                    dagli anarchici cubani porta a una generica pagina Yahoo!, 
                    abbiamo però trovato riferimenti al “self-management” 
                    a Cuba alla pagina: http://www.geocities.com/nestor_mcnab/guerin/Conclusion.html.