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                  t/Tl/cw. Cos’è? 
                 
                t/Terra e libertà/critical wine è una iniziativa 
                  che parte dalla materialità della terra per concepire 
                  e creare forme diverse di produzione e consumo. Non solo, è 
                  anche un forcone terragneo piantato dritto al suo obiettivo: 
                  sovvertire le catene di distribuzione e commercializzazione 
                  dei beni, ridurre la distanza alimentare, svelare le modalità 
                  di privazione della sensorialità che si sviluppano a 
                  livello globale mediante l’espropriazione dei produttori 
                  e l’idiotizzazione dei consumatori.  
                  La polarizzazione della ricchezza non è solo un fatto 
                  economico; si produce anche come impoverimento della socialità, 
                  delle relazioni sociali. t/Tl/cw è un modo rivoluzionario 
                  di immaginare e disegnare un circuito virtuoso tra qualità 
                  dell’ambiente, qualità della produzione e qualità 
                  delle relazioni sociali; un prototipo che a partire dal vino 
                  è dipanabile in ciascun elemento della materialità 
                  delle condizioni del vivere, in ogni luogo del pianeta.  
                  t/Tl/cw raccoglie idee ed esperienze di una battaglia appena 
                  iniziata per costruire una reinvenzione pratica della vita materiale, 
                  un’apertura al divenire capace di ricombinare vita e spazio 
                  pubblico, intelligenza creativa ed esperienza sensoriale.  
                  
                  
                  La lezione del Gino  
                Tre anni fa un gruppo di compagni e compagne di varie realtà 
                  di movimento ha raccolto le sollecitazioni di Luigi “Gino” 
                  Veronelli ad occuparsi dei problemi della terra, cercando concatenazioni, 
                  riflessioni, sviluppi, soluzioni pratiche. Per problemi della 
                  terra intendiamo quel grumo di questioni divenuto ormai centrale 
                  per la vita di ognuno: agricoltura, alimentazione, ambiente, 
                  acqua, ogm, multinazionali, modelli di sviluppo e di consumo, 
                  squilibri tra Paesi ricchi e Paesi impoveriti, sovranità 
                  alimentare, una politica planetaria di dominio che perpetua 
                  l’ingiustizia.  
                  Nel gennaio del 2003 al centro sociale La Chimica di Verona 
                  abbiamo organizzato il primo evento – tre giorni con seminari, 
                  dibattiti, contadini, degustazioni, musiche e happening – 
                  in concomitanza al Vinitaly, maggior fiera internazionale del 
                  settore. È iniziato così il progetto libertario 
                  Terra e libertà/Critical wine.  
                  Altre manifestazioni tl/cw si sono poi svolte in molti centri 
                  sociali, ricordiamo quelli del Mag 47 di Brescia, Forte Prenestino 
                  di Roma, Bulk e Leoncavallo di Milano, Ex collocamento di Torino. 
                  Eravamo (e siamo) convinti che la costruzione di una sensibilità 
                  planetaria possa partire anche da un frutto della terra, con 
                  la volontà di una difesa “pratica” della 
                  vita materiale, contro le nocività politiche, culturali, 
                  sociali, tecnologiche che l’assediano al fine di svalutarne 
                  l’esperienza sensoriale, le capacità dialettiche 
                  del linguaggio, la coscienza del vissuto individuale e dei processi 
                  storici.  
                  La Terra, la terra, la Terra, la terra, la Terra, la terra, 
                  la Terra? il vino frutto della terra e del lavoro dell’uomo; 
                  compagno dialettico che ci riporta alla terra e ci invita alla 
                  comunanza e ad altri modi percettivi; intercessore privilegiato 
                  uomo/terra.  
                  Dal vino abbiamo voluto partire (subendo i risolini imbecilli 
                  di compagni moralisti e "miopi"), dalla bottiglia 
                  che arriva sulla tavola, dal bicchiere che beviamo, per compiere 
                  un percorso a ritroso: che ci porti a chi il vino lo vende, 
                  a chi lo produce, a chi coltiva le viti. Vogliamo farne uno 
                  strumento di conoscenza, che dal piacere, dal gusto, da un approccio 
                  personale e soggettivo, ci porti ad affrontare temi che riguardano 
                  tutte e tutti, a ragionare di contadini e di lavoro contadino, 
                  di terra e di ambiente, di come e cosa produce l’agricoltura. 
                   
                  E, seguendo un filo del discorso che si dipana sempre più, 
                  discutere insieme di prodotti dei campi, di tutela della biodiversità, 
                  di varietà ormai rare sacrificate sull’altare del 
                  Mercato, dell’omologazione del gusto, di un’agricoltura 
                  in armonia con l’ambiente e di un’agricoltura industriale 
                  che divora l’ambiente. E, ancora, ragionare sulla qualità, 
                  sul prezzo dei prodotti che consumiamo, sul tempo che dedichiamo 
                  al loro acquisto e alla loro preparazione.  
                  
                   
                  Dai 
                  Gas ai Sem Terra e oltre  
                Svelare le contraddizioni, mettere assieme cose apparentemente 
                  distanti, cercare connessioni per una sensibilità ricombinante. 
                   
                  Ecco, siamo partiti dal vino per molti motivi: per l’amicizia 
                  con Gino Veronelli (anarchenologo, lo abbiamo affettuosamente 
                  chiamato); perché, come lui ci ha insegnato, il vino 
                  ci parla.  
                  Come tutti i prodotti della terra, anzi meglio, grazie al rapporto 
                  dialettico che con esso si può instaurare, dovuto al 
                  potere dell’ebbrezza, che già gli antichi conoscevano. 
                   
                  Veronelli (recentemente scomparso, vedi il bell’articolo 
                  che Gianni Mura gli ha dedicato su A 305) partendo dalle sue 
                  conoscenze specifiche ha avuto grandi intuizioni, una di queste 
                  era di aver individuato l’estrema diversificazione della 
                  terra che “dà vini e prodotti diversi metro via 
                  metro anche partendo dalla stessa varietà di seme”. 
                   
                  I prodotti della terra, ossia l’interrelazione tra peculiarità 
                  territoriali e varietali, dobbiamo valorizzarli esigendo di 
                  sapere origine e trasformazione. In questa maniera difenderemo 
                  la biodiversità e metteremo un bastone tra le ruote di 
                  multinazionali e grande distribuzione, che altro non vogliono 
                  che l’attuazione del principio dell’“ultima 
                  trasformazione sostanziale” (il luogo dell’impacchettamento), 
                  ossia la standardizzazione dei frutti della terra. Proprio per 
                  questo se può essere criticabile ogni industria, quella 
                  agroalimentare è una vera e propria aberrazione da abolire, 
                  sosteneva Veronelli.  
                  Negli anni passati sono nate esperienze significative, ma settoriali 
                  (a volte deboli): dai gruppi di boicottaggio dei marchi multinazionali, 
                  a quelli di acquisto solidale (che danno importanza al potere 
                  e alla coscienza dei consumatori, che hanno allargato l’attenzione 
                  verso un modo non consumista di avvicinarsi al cibo), dal commercio 
                  equo e solidale (quale pratica responsabile di rifiuto dello 
                  sfruttamento dei paesi del Sud del mondo), al movimento ecologista 
                  (che, nelle posizioni più radicali, ha contribuito ad 
                  allargare il “sentire” la T/terra).  
                  Negli anni passati è nato anche un movimento internazionale 
                  (e organizzato) dei contadini, raccolto essenzialmente attorno 
                  al coordinamento di Via Campesina, che comprende i Sem Terra 
                  brasiliani, la Conféderation Paysanne francese e molte 
                  altre organizzazioni. Terra e libertà/Critical wine aggiunge 
                  idee e pratiche a queste esperienze.  
                  Con la sua radicalità e dimensione più politica, 
                  nata da esperienze di autogestione nelle città come nelle 
                  campagne, vuole mettere in relazione produzione e comunicazione 
                  sollecitando anche un circuito virtuoso anche con le esperienze 
                  apparentemente lontane come quella mediattivista, per sperimentare 
                  connessioni creative.  
                  
                  Il libro. Pratiche e 
                  teorie  
                A giugno del 2004 è uscito il libro Terra e libertà/Critical 
                  wine (edizioni DeriveApprodi). Raccoglie interventi di 
                  Gianni Emilio Simonetti, Mariarosa Dalla Costa, Giordano Sivini, 
                  John Zerzan, interviste ai poeti della t/Terra (contadini e 
                  vignaioli) e molto altro. Sempre in bilico tra elaborazioni 
                  teoriche e proposte paratiche.  
                  L’introduzione (scritta da Simonetta Lorigliola, Maurizio 
                  Murari, Marc Tibaldi, Pino Tripodi, Luigi Veronelli) è 
                  scandita dagli “atti della sensibilità planetaria”, 
                  nel primo atto interroghiamo il rapporto tra saperi e sapori, 
                  cercando di denunciare l’anestetizzazione della percezione 
                  e quindi del pensiero.  
                  Il rapporto tra saperi e sapori rischia, come tante altre cose 
                  della nostra esistenza, di scivolare nel laboratorio di marketing 
                  dell’industria agroalimentare contemporanea la quale cerca 
                  di surrogare la distruzione metodica, progressiva, scientifica 
                  dei sapori della vita presentando i suoi prodotti incommestibili. 
                  Più che un legame, l’insistenza su saperi e sapori 
                  della propaganda dell’industria agroalimentare contemporanea, 
                  denuncia una discrasia, un antagonismo profondo, il definitivo 
                  compiersi di un divorzio sospettato da tempo tra produzione 
                  e cultura.  
                  Segnala il definitivo dominio della produzione industriale di 
                  massa non solo sui produttori ma anche sui saperi. I saperi 
                  di cui cianciano i rotocalchi di tutto il mondo non hanno alcun 
                  legame coi sapori. Sono semplicemente saperi addomesticati per 
                  sapori insensati, falsi, ingabbiati nella produzione seriale. 
                  Ciò che al sapore risulterebbe offesa viene addomesticato 
                  con saperi consolatori e carezzevoli intorno al buon tempo antico. 
                  Siamo così costretti a digerire un insulso sapere come 
                  surrogato del sapore. Man mano che si distruggono i sapori ci 
                  abituiamo a consolarci con il sapere fino a quando avvertiamo 
                  la percezione, terribile e tremenda, che quel sapere che aveva 
                  surrogato, tollerato, argomentato la distruzione dei sapori, 
                  conduceva alla medesima insensatezza del sapere, della conoscenza, 
                  della scienza. La sensibilità planetaria è atto 
                  di resistenza contro la distruzione dei sapori, contro l’annichilimento 
                  dei saperi ma anche contro la deprivazione sensoriale che porta 
                  all’ottundimento della nostra facoltà di udire, 
                  di vedere, di tastare, di gustare e di annusare... e quindi 
                  pensare.  
                   
                  Scintille creative  
                Analisi economica, sociologica, inchiesta di rottura, poesia 
                  e altri accostamenti curiosi... l’idea di comporre gli 
                  interventi di t/Terra e libertà/critical Wine nasce dalla 
                  volontà dei contrasti, per creare frizioni che producano 
                  scintille creative, per il desiderio di riruralizzare il mondo 
                  partendo da una nuova sensibilità che ci fa percepire 
                  la T/terra come casa propria, contro l’attaccamento conservatore 
                  e l’invenzione localista delle radici, contro il rapporto 
                  razzista sangue-suolo di infausta memoria, oseremmo dire con 
                  un ossimoro concettuale – per un’agricoltura nomade, 
                  per un rapporto nomade con la Terra: sentirsi a casa propria 
                  in ogni luogo della Terra, su ogni zolla di terra.  
                  Un’idea che viene da lontano. Forse qualcuno ricorda ancora 
                  quel canto proletario dell’Ottocento: “nostra patria 
                  è il mondo intero, nostra idea la libertà”. 
                  Per un futuro di gioia, creatività, intelligenza.  
                  Ci piacerebbe incontrare nello stesso luogo le sensibilità 
                  di un musicista come John Cage che raccoglie i funghi, di un 
                  artista come Joseph Beuys che pianta mille querce, di un vignaiolo 
                  come Josko Gravner che come un angelo di Benjamin guarda alla 
                  storia millenaria della civiltà del vino per proporre 
                  prodotti e riflessioni per il futuro, l’urlo di Per 
                  finire con il giudizio di Dio di Artaud che già 
                  ci indicava l’artificialità dei frutti della scienza 
                  asservita, il senno antico di una scienziata come Vandana Shiva, 
                  la rabbia degli Assalti Frontali.  
                  Ed infine i propositi molto concreti come il prezzo sorgente 
                  e l’autocertificazione, per creare quel rapporto di fiducia 
                  tra produttori e consumatori che ci permetta di disegnare il 
                  circuito virtuoso tra qualità e tracciabilità 
                  della produzione, del prodotto, del prezzo e delle relazioni 
                  sociali.  
                   
                  Verso 
                  l’EuroMayDay  
                Una delle lotte più interessanti degli ultimi anni è 
                  quella che riguarda la proprietà dell’informazione 
                  genetica contenuta nei semi. Qui i termini “proprietà” 
                  e “informazione” ci segnalano immediato 
                  il nesso tra le tematiche della t/Terra e l’insorgenza 
                  della comunicazione, così come le tematiche del consumo 
                  (o della coproduzione, come noi sosteniamo) sono legate ai temi 
                  del precariato, del reddito, del caro-vita.  
                  Sottolineiamo ancora che sia il processo di trasformazione dell’agricoltura 
                  e del sistema alimentare, sia le lotte sui diritti dipendono 
                  sempre più dalla produzione e dal controllo dell’informazione, 
                  soprattutto per quanto riguarda l’informazione genetica. 
                   
                  Consumo, agricoltura, alimentazione e tutte le tematiche legate 
                  all’ambiente e alla t/Terra non possono essere più 
                  considerate attività produttive e forme di vita qualitativamente 
                  differenti e isolate. Come tutti gli altri settori, diventano 
                  sempre più biopolitiche. Questo divenire comune è 
                  una delle condizioni che rendono possibile l’esistenza 
                  delle lotte in rete.  
                  Le lotte di ogni settore diventano le lotte di tutti gli altri. 
                  Le lotte più innovative non sono lotte chiuse e limitate 
                  a un singolo settore della popolazione, ma al contrario aprono 
                  per chiunque nuove prospettive su questioni fondamentali come 
                  l’ecologia, la povertà, lo sviluppo sostenibile 
                  e su tutti gli aspetti della vita. In termini filosofici si 
                  può dire che ci sono molti modi singolari di dare vita 
                  a una comune sostanza del lavoro: ogni modo ha una propria essenza 
                  singolare, e nondimeno tutti partecipano a una sostanza comune. 
                   
                  Non possono esistere conflitti che non sappiano agire, in forma 
                  parallela, intrecciata e collegata, su due direttrici: la contestazione 
                  e il conflitto relativo all’esistente da un lato, la creazione 
                  nel qui ed ora delle alternative possibili e auspicabili dall’altro. 
                  Non è questo il momento per addentrarci nella possibile 
                  disquisizione se ciò significhi conflitto+esodo o se 
                  invece sia la declinazione corretta e completa dell’idea 
                  di esodo. Proviamo a declinare l’esodo su una possibile 
                  parte di quel ragionamento vasto e complesso che riguarda le 
                  forme di vita, la precarietà di vita. La circolazione 
                  delle merci vede nei grossi centri commerciali oggi uno degli 
                  snodi fondamentali – non solo per la rilevanza economica 
                  che questi luoghi hanno – soprattutto per la rilevanza 
                  “di senso”: è soprattutto grazie ai centri 
                  commerciali (oltre che, ovviamente, con la pubblicità) 
                  che si modifica sempre più la relazione dei soggetti 
                  con le merci, il consumo. È anche in virtù di 
                  questo ragionamento che molto spesso proprio questi luoghi sono 
                  stati, sin dall’inizio del percorso MayDay, investiti 
                  delle iniziative “anti-precarizzazione” che si sono 
                  sviluppate negli anni.  
                  Lo scorso novembre questo percorso è apparentemente andato 
                  a sbattere contro un muro: l’azione di riappropriazione/ 
                   
                  esproprio/shopsurfing ha scatenato un acceso dibattito all’interno 
                  e all’esterno delle esperienze di movimento: per la prima 
                  volta o quasi dall’inizio del percorso MayDay non tutti 
                  erano lì a tessere lodi e sperticati complimenti, anzi 
                  tanti (da dentro e da fuori i movimenti) hanno criticato, condannato 
                  ecc.  
                  “Marketing politico” è un concetto che da 
                  qualche tempo circola all’interno del movimento. Viene 
                  dall’esperienza di Adbusters (network di artisti, agitatori, 
                  attivisti), esperienza molto americana con pregi e difetti. 
                  Il loro scopo è produrre un’ecologia della mente 
                  attraverso il rovesciamento delle immagini più diffuse 
                  e celebrate dell’universo mediatico, utilizzando i loghi 
                  e gli stilemi delle marche più prestigiose a fini politici. 
                   
                  È un cane che si morde la coda e la debolezza di esperienze 
                  come questa è data dal fatto che finiscono per alimentare 
                  la politica spettacolo senza pervenire a una critica radicale 
                  e a una pratica diffusa sui territori di lotte concrete che, 
                  come invece noi sappiamo, sono il sale del sapere. L’insegnamento 
                  di queste esperienze va recepito come consapevolezza dell’importanza 
                  della conoscenza delle armi del nemico per una più efficace 
                  lotta contro di esso.  
                  Non deve interessarci solo la mediatizzazione dell’azione 
                  politica, altrimenti finiamo come il protagonista freakettone-alternativo 
                  di “Vineland” di Thomas Pinchon, che avvertiva i 
                  media prima di buttarsi contro le vetrate dei supermercati in 
                  modo da rendere pubblica la propria follia e recepire la periodica 
                  pensione di malato di mente. Vogliamo sì far parlare 
                  i media delle nostre lotte ma anche sviluppare delle pratiche 
                  di ribellione collettive che si espandono concrete sui territori, 
                  non perchè gli altri le consumino davanti alla televisione. 
                   
                  Cosa centra t/Terra e libertà/critical wine (tl/cw) in 
                  tutto ciò? tl/cw può essere la parte costituente 
                  ed esodante di questo ragionamento. tl/cw costruisce e costruisce 
                  l’alternativa, nel qui ed ora, alla semplice battaglia 
                  di critica alle merci e alle regole che ne determinano la produzione 
                  e circolazione oggi, costruendo i ragionamenti e le possibili 
                  concrete strade altre da percorrere. Prezzo sorgente, autocertificazione, 
                  coproduzione, boicottaggio. Dall’assemblea delle realtà 
                  dell’autogestione (Brescia, Verona, Milano, Bologna, Roma, 
                  Firenze, Trieste, Torino, Bari, Cremona…) che nell’ultimo 
                  anno hanno toccato l’esperienza t/Terra e libertà/Critical 
                  wine è emersa forte l’esigenza di un meticciamento 
                  delle istanze toccate da questo progetto con le altre insorgenze 
                  forti nel movimento, proprio perchè sono evidenti le 
                  connessioni e le possibili sintonie. Per questo si è 
                  pensato a una presenza singolare e comune durante la MayDay 
                  che sottolinei l’apertura di nuove conflittualità 
                  in rete.  
                   
                  Punti programmatici e proposte 
                  concrete 
                
                  - Autocertificazione, prezzo sorgente, denominazioni comunali 
                    (de.co.): provocazioni, idee efficaci, applicabili e universali, 
                    in grado nel futuro presente di trasformare i rapporti di 
                    produzione, e/o di renderne visibili le contraddizioni. L’idea 
                    della massima tracciabilità dei prodotti e dei prezzi, 
                    della qualità dei prodotti e delle relazioni sociali 
                    risponde a queste idee. 
                  
 - L’autocertificazione e la de.co. (proposta veronelliana) 
                    altro non sono che la possibilità di conoscere l’origine 
                    e la tracciabilità dei prodotti. L’autocertificazione 
                    è basata sul principio di responsabilità: il 
                    produttore dichiara qual è il suo prodotto, come viene 
                    coltivato, quanti gli ettari, quanta la produzione, quali 
                    i concimi e prodotti utilizzati, chi e come lavora la terra...e 
                    permetterà al consumatore di verificare tutto ciò. 
                    La de.co. è l’autocertificazione collettiva, 
                    una certificato di nascita dei prodotti. Per chi ci crede, 
                    la dichiarazione verrà dall’amministrazione comunale. 
                    Meglio ancora, per chi soffre anche il municipalismo sperimentale, 
                    sarà la comunità che conferma la dichiarazione 
                    del singolo produttore. Oltre ad essere una garanzia per il 
                    consumatore, autocertificazione e de.co. sono una maniera 
                    per valorizzare la diversità e la diversificazione 
                    dei prodotti, mettendo così in difficoltà multinazionali 
                    e grande distribuzione. Il prezzo sorgente consentirebbe di 
                    mutare completamente filosofia nel rapporto tra consumatori 
                    e produttori, al fine di costituire un percorso di fiducia 
                    in tutta la filiera produttiva, distributiva e commerciale. 
                    Il prezzo sorgente prevede che ogni produttore inserisca in 
                    etichetta il prezzo a cui vende i suoi prodotti prima del 
                    loro ingresso nel circuito di distribuzione e di commercializzazione. 
                    Il prezzo sorgente non prevede alcun margine fisso di ricarico. 
                    Il ricarico, infatti, dipende da tantissime condizioni (costi 
                    di trasporto, manutenzione, affitti, manodopera, servizio) 
                    che non sono omogenee e non si intende predeterminare. Il 
                    prezzo sorgente è uno strumento efficace per mettere 
                    in rilievo i rapporti di appropriazione e di distribuzione 
                    della ricchezza. Un’informazione semplice e visibile 
                    che espliciti ciò che tutti sanno e cioè che 
                    nell’attuale modalità di relazioni sociali i 
                    produttori e i consumatori sono comunemente immiseriti da 
                    uno sfrenato concentrarsi della ricchezza nelle mani della 
                    distribuzione. 
                  
 - Concepire che l’insensatezza planetaria deriva dai 
                    rapporti di produzione, ovvero dalle modalità con le 
                    quali gli uomini producono e si relazionano tra di loro. Rifiuto 
                    di produrre e di consumare l’infelicità del mondo 
                    è uno degli atti della sensibilità planetaria. 
                  
 - Organizzare il rifiuto del modello neoliberista che vuole 
                    l’agricoltura industriale e monocolturale delle multinazionali 
                    e della UE da una parte e un’elitaria produzione dei 
                    cosiddetti prodotti tipici dall’altra, quali facce della 
                    stessa medaglia. 
                  
 - Pensare a un nuovo rapporto con la terra/Terra che lasci 
                    spazio a produzioni, consumi, piaceri più sobriamente 
                    felici. 
                  
 - Il consumo critico, contro il consumo produttivo. Per "condomini" 
                    della qualità e gruppi d’acquisto autogestiti 
                    e a rete. Fare mercato come incontro di coproduzione. 
                  
 - Catalogo dei produttori, basato su rintracciabilità, 
                    origine, qualità e sul principio della responsabilità 
                    e dell’autocertificazione. 
                  
 - Costruire in maniera cooperativa forme e strumenti di comunanza, 
                    condurre al riconoscimento della cosa comune, dall’aria 
                    all’acqua al cibo fino alla produzione informatizzata 
                    e alle reti. 
                
  
                  
                  Marc Tibaldi  
                Prossimi appuntamenti t/Tl/cw:  
                7-8 maggio, CSA TNT, Jesi; 4-5 giugno, CSA Buridda, Genova; 
                  fine giugno, CSA Intifada, Empoli. 
                Per contatti e informazioni:  
                  sito www.criticalwine.org 
                   
                  email info@criticalwine.org 
                 
                 
                  
                     
                       Manifesto: 
                          sensibilità planetarie #1  
                        sensibilità 
                          planetarie/ribelli/nella t/Terra che soffre c’è 
                          l’umanità che muore/la terra non è 
                          una macchina/chiudere le fabbriche dell’infelicità/l’oggetto 
                          vero della produzione non è mai la merce, ma 
                          è la vita/deindustrializzare l’agricoltura/smacchinare 
                          la vita/abolire il consumo che distrugge//coprodurre/l’identità 
                          è disumana ed è opposta all’uguaglianza/l’originale 
                          non ha origine--//i particolari contro il particolarismo/l’uomo 
                          non ha radici/e se ne avesse avrebbe ben poco da gloriarsene//l’altro 
                          sono Io. io è la terra l’umanità 
                          è io/io non produco l’infelicità 
                          del mondo/ e non la consumo/ chi avvelena la terra avvelena 
                          anche io/digli di smetterla//poesia della terra/massima 
                          tracciabilità dei prodotti e dei prezzi/Ogm crimine 
                          contro la terra, crimine contro l’umanità/obiettivo 
                          minimo distruggere gli Ogm/fai un’opera buona//ridurre 
                          la distanza alimentare idee semplici e concrete: accorciare 
                          la catena commerciale/scheda di autocertificazione/prezzo 
                          sorgente/la sensibilità planetaria è facoltà 
                          di ciascuno, ma non si può imporre a nessuno//una 
                          rivoluzione non fa mai appello al potere, si fonda al 
                          contrario sulle trasformazioni delle modalità 
                          di esistere, degli stili di vita, delle forme dell’agire//cambia 
                          lo sguardo sul mondo, agisce sui comportamenti minuti, 
                          quotidiani, fonda modalità di relazione tra gli 
                          uomini, le donne e ogni forma di vita del pianeta//una 
                          rivoluzione vera distrugge gli ordini consolidati e 
                          rifiuta le gerarchie, anche tra città e campagna. 
                           
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                  Le foto che illustrano questo dossier sono state scattate presso 
                    Il Centro sociale “La Chimica” di Verona. Si ringrazia 
                    per la collaborazione Simonetta Lorigliola, responsabile informazione 
                    del CTM Altromercato di Verona.  
                 
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