|  
                  Talebano? 
                  Ma mi faccia il piacere... 
                Groucho: Ascolta, Ravelli, di cosa sei imputato. Questa 
                  è bella.  
                  Uno: schiamazzi notturni in Christopher Street.  
                  Due: molestie ad una donna sulla Ventinovesima Strada.  
                  Tre: rissa allincrocio tra Pine Street e Maple Street. 
                   
                  Quattro: proposte oscene ad una donna in Madison Avenue.  
                  Cinque: resistenza a pubblico ufficiale in Lexington Avenue. 
                   
                  Sei: apprezzamenti offensivi su alcune donne in Palmer Street. 
                   
                  Sette: ubriachezza molesta a Brodway e Main Street.  
                  Ravelli, hai qualcosa da dire a tua discolpa?  
                  Chico: Altro che! I nomi delle strade sono tutti sbagliati! 
                   
                 
                Marx Brothers.  
                Sono grato a Francesco Berti per aver pubblicamente svelato 
                  (in Talebani anarchici? No grazie, A 280) 
                  i lati oscuri del mio essere anarco-fondamentalista. 
                   
                  Confesso di essermi alquanto stupito (leggendo il n. 279 della 
                  rivista) del fatto che le uniche critiche che mi erano state 
                  mosse erano riferite al titolo errato e ringrazio 
                  Paolo Finzi per aver risposto in vece mia.  
                  Francesco parte riconoscendo che cè solo 
                  una cosa su cui concorda con me: il pluralismo anarchico. 
                  È un buon inizio. Ma lì lo dice e lì lo 
                  nega: Se, per esempio, un giorno esco di casa e stupro 
                  una bambina, rivendicando questa azione come anarchica, è 
                  chiaro che questo mio comportamento e questa mia rivendicazione 
                  dappartenenza non fanno di me un anarchico. 
                   
                  A Genova, durante il G8, nessuno (anarchico o meno) ha stuprato 
                  bambine. Anzi, a memoria duomo non è mai successo 
                  che lautore di un atto tanto ignobile labbia mai 
                  rivendicato come anarchico. Vi sono numerosissime azioni esecrabili, 
                  oltre questa citata, come torturare esseri umani o animali, 
                  avvelenare lacqua potabile, bastonare le vecchiette, ecc
 
                  che ripugnano non solo alla morale anarchica ma anche a quella 
                  di tutti coloro che siano dotati di un minimo di coscienza civile. 
                   
                  Nel caso nostro il discrimine dovrebbe essere posto solo 
                  da vetrine rotte, cassonetti rovesciati, automobili date 
                  alle fiamme. Questo è successo a Genova, ed è 
                  solo su questo che si deve dissertare.  
                  Che cavolo centra Emile Henry, autore di un gesto discutibile 
                  commesso più di centanni fa, in unepoca in 
                  cui la borghesia era colpevole di tali e tante ignominie, come 
                  il bagno di sangue con cui circa ventanni prima era stata 
                  repressa la Comune di Parigi, al cui confronto la bomba al caffè 
                  Terminus scompare come una goccia nel mare?  
                  Francesco rivendica il diritto di rifiutare certe posizioni 
                  e metodi in cui non si riconosce e di invitare gli altri anarchici 
                  a fare altrettanto. E chi glielo nega? Se questo è il 
                  senso esatto dellaffermazione fare piazza pulita, 
                  non ho difficoltà alcuna ad ammettere che nella foga 
                  polemica ho provocatoriamente forzato il significato 
                  di tale enunciazione. Come nessun anarchico ha il potere 
                  di decretare chi sono i veri anarchici, allo stesso modo altri 
                  anarchici non possono, né con prese di posizioni politiche 
                  né con azioni, rappresentare tutti gli altri, compresi 
                  quelli che non le condividono.  
                  A questo punto, io e Francesco, potremmo anche essere daccordo 
                   sebbene su posizioni distanti  e separarci da buoni 
                  amici, ognuno per la propria strada, ma Francesco nel, come 
                  si suole dire, farmi le pulci mi mette in bocca 
                  affermazioni che io non mi sono mai sognato di fare e sono quindi 
                  costretto ad intervenire nuovamente.  
                  Non ho mai detto che tirare i sassi agli sbirri sia un semplice 
                  gesto di autodifesa, frase, questa, che era riferita 
                  unicamente al volto coperto e non ai sassi. Le 
                  parole hanno un senso solo se le si legge con la dovuta 
                  attenzione. Sebbene io sia convinto, come Malatesta, che Lo 
                  schiavo è sempre in istato di legittima difesa, 
                  non è assolutamente mia intenzione coprire la 
                  verità, tanto che oltre a citare Errico (lattacco 
                  è il più valido mezzo di difesa) ho 
                  parlato chiaramente di scelte di attacco e di scontro. 
                   
                  Sul volto coperto mi sono già spiegato abbondantemente. 
                  Non so se Francesco è al corrente che da qualche anno 
                  a questa parte la tecnologia ha fatto passi da gigante e siamo 
                  tutti costantemente ripresi da videocamere, 24 ore su 24: in 
                  strada, in banca, negli uffici, al supermercato, in tribunale, 
                  alle manifestazioni
 e allora cosa dovrebbe fare chi vuole 
                  compiere un gesto illegale? Andare a viso scoperto e farsi arrestare 
                  subito dopo? Solo perché Gaetano Bresci così fece? 
                  Ognuno fa le proprie scelte.  
                  Visto che lo citi, caro Francesco, sarei proprio curioso di 
                  leggere cosa scriveresti nel caso che, oggi, un anarchico, a 
                  viso aperto, alla Bresci, sopprimesse un capo di Stato. Senzaltro 
                  diresti che non ti riconosci in questa azione e che queste cose 
                  andavano bene  forse  centanni fa e oggi non 
                  hanno più senso, ma allora spiegami perché la 
                  tradizione (il volto scoperto) ti va bene solo quando ti serve 
                  come artifizio dialettico?  
                  Andare in giro incappucciati e armati di spranghe fa 
                  pensare ad una formazione paramilitare piuttosto che a un gruppo 
                  di persone che, se anarchiche, dovrebbero riconoscersi in valori 
                  antimilitaristi. Ma lo sai come, almeno fino allavvento 
                  del fascismo, andavano alle manifestazioni gli anarchici? Con 
                  in tasca la rivoltella e le bombe a mano. E le usavano anche. 
                  Leggiti i rapporti di polizia e le cronache sui quotidiani dellepoca 
                  e scoprirai che al confronto i terribili Black Bloc ti sembreranno 
                  degli allegri boy-scouts in gita domenicale.  
                  Quando parlo di Agnoletti e Casarini, furenti per non 
                  essere stati in grado di controllare un movimento che non gli 
                  appartiene, se le parole hanno un senso, 
                  voglio dire che essi non sono i detentori del movimento nella 
                  sua totalità, non che loro non sono parte del movimento. 
                  So benissimo, e non intendo certo negarlo, che il GSF (beccando 
                  cospicui finanziamenti da quello stesso governo che intendeva 
                  contestare) è riuscito a mobilitare una gran massa di 
                  persone, ma so anche che Agnoletto e Casarini non solo non sono 
                  stati in grado di tenere sotto controllo gli incontrolados 
                  del blocco nero ma nemmeno i loro adepti. Te lo dico per esperienza 
                  diretta.  
                  Il giorno della morte di Giuliani mi sono trovato nei pressi 
                  del sottopassaggio della stazione Brignole proprio quando dallo 
                  stadio Carlini giungevano le tute bianche che (contrariamente 
                  agli accordi precedentemente presi per cui avrebbero dovuto 
                  rappresentare, insieme alla sbirraglia, solo una performance 
                  della rivolta) sono state duramente attaccate dalla polizia. 
                  In quel momento il Black Bloc si era frantumato in mille rivoli 
                  per praticare le proprie azioni di distruzione dei simboli del 
                  potere, e allora chi credi che abbia  mentre il grosso 
                  del corteo rinculava verso il Carlini  reagito alle cariche, 
                  eretto le barricate, dato fuoco al blindato dei carabinieri 
                  e continuato gli scontri nelle vie adiacenti dove è stato 
                  assassinato Carlo? Proprio i partecipanti al corteo del GSF 
                  che non avevano nessuna intenzione di farsi massacrare senza 
                  opporre alcuna difesa per permettere che i dirigenti del Social 
                  Forum continuassero i loro teneri tête-a-tête 
                  con le autorità! Poi, nei loro comunicati, Casarini e 
                  Agnoletto hanno addossato ogni responsabilità agli anarchici 
                  del BB, quando le stesse riprese e fotografie degli scontri 
                  in piazza Alimonda dimostrano che nessuno dei manifestanti era 
                  vestito di nero e che sia Carlo che gli stessi che poi si sono 
                  costituiti ai magistrati non solo non erano anarchici, ma frequentavano 
                  centri sociali vicini al GSF. Per questo, lho detto e 
                  lo ripeto, la rivolta non era opera di una piccola minoranza 
                  e la responsabilità del blocco nero sulla generalità 
                  degli scontri delle giornate di Genova  pur essendo senza 
                  dubbio questultimo presente e attivo  è stata 
                  uninvenzione mediatica che ha fatto comodo a tutti i politicanti. 
                   
                  Quando nel mio articolo accuso i redattori di A 
                  di non comprendere le dinamiche sociali della rivolta 
                  (magistralmente espresse da Bakunin), di quel momento magico 
                  in cui anche quelli che sino al giorno prima non si interessavano 
                  alle idee rivoluzionarie prendono improvvisamente coscienza 
                  e si mettono in gioco, sino a lasciarci la pelle è 
                  chiaro che sono parole mie e non scritte da Bakunin poiché 
                  quando cito qualcuno lo dico chiaramente. Con questa espressione 
                  (le dinamiche sociali della rivolta, magistralmente espresse 
                  da Bakunin) intendo dire che tali mie convinzioni derivano 
                  soprattutto dai profondi e ormai radicati sedimenti delle letture 
                  giovanili di uno dei padri fondatori (lo uso in 
                  senso ironico non ci fare sopra un romanzo) dellanarchismo. 
                   
                  La guerra civile, così erosiva del potere dello 
                  Stato, è al contrario, e proprio per questa ragione, 
                  sempre favorevole al risveglio delliniziativa popolare 
                  e degli interessi intellettuali, morali e anche materiali del 
                  popolino.  questo lo dice Michele in persona  
                  E ciò per questa semplicissima ragione: la guerra civile 
                  scuote le masse dallo stato di pecore, condizione cara a tutti 
                  i governi, condizione che trasforma i popoli in greggi da utilizzare 
                  secondo piacimento dei loro pastori. La guerra civile rompe 
                  la brutalizzante monotonia dellesistenza quotidiana e 
                  ferma quella meccanica routine che priva gli uomini del pensiero 
                  creativo.  
                  Senza dubbio non ho le capacità espressive del grande 
                  vecchio (anche questo è ironico) ma erano questi 
                  i concetti che volevo esprimere. Probabilmente anche Bakunin 
                  sembra identificare, nel brano citato, il 
                  ribellismo con lanarchismo ma io sono daccordo 
                  con lui, perché penso che negli ultimi tempi è 
                  capitato spesso che moltitudini incoscienti e ribelli si siano 
                  dimostrate più anarchiche di molti anarchici 
                  con tanto di curriculum e pedigree.  
                  Ma quello cha turba fa paura e disgusto insieme, 
                  fa ribrezzo perché contiene un disprezzo, che 
                  giudic[a] vergognoso, per la vita umana a Francesco 
                  è la frase che conclude il periodo: si mettono 
                  in gioco sino a lasciarci la pelle, la quale  
                  a suo dire  sembra il pensiero di un talebano, 
                  manifestazione di puro fanatismo, di necrofilia 
                  mistica ed estetizzante.  
                  Non ci trovo niente di magico  scrive  
                  nel fatto che un individuo si immoli per la causa sino a 
                  lasciarci la pelle. Mi pare una cosa tragica, molto tragica. 
                   
                  Ti sembrerà strano, Francesco, ma sono perfettamente 
                  e al cento per cento daccordo con te. Lungi da me qualsiasi 
                  apologia del martirio. Non sono andato a Genova a cercar 
                  la bella morte come i volontari di Salò, né 
                  sulla mia bandiera ho ricamato Viva la Muerte 
                  come i falangisti. Io considero magico il tempo 
                  della rivolta non le sue tragiche seppur inevitabili conseguenze. 
                   
                  Per chiarirti ulteriormente il mio pensiero voglio citarti il 
                  brano di unintervista ad un altro talebano, Maurizio Garino, 
                  anarchico e organizzatore sindacale, riferito ai moti torinesi 
                  contro la guerra del 1917.  
                  E naturalmente lesercito è intervenuto, 
                  abbiamo fatto le barricate, conflitti su conflitti, morti e 
                  feriti e tutto quello che avviene in queste circostanze. [
] 
                  Eravamo centinaia di giovani, tanti giovani, apolitici, o almeno 
                  apparentemente apolitici, e allimprovviso me li sono trovati 
                  tutti intorno, a centinaia! E sono stati loro i primi. [
] 
                  e ti stupivano, o almeno una parte di loro, che nel momento 
                  decisivo hanno affrontato il pericolo, e che hanno spinto addirittura 
                  avanti gli altri. Un certo Bonaglia, per esempio  noi 
                  lo chiamavamo Censin, Vincenzo Bonaglia  viveva con una 
                  donna da marciapiede, una povera ragazza che a me faceva più 
                  pietà che altro
 era un po sbandato. Uno che 
                  non ci avresti fatto nessun affidamento. Eppure a un certo punto 
                  me lo trovo di fianco, nel pieno della lotta, e mi dico:  
                  Come mai? Questa gente dovrebbe essere fuori da queste cose
 
                  Eppure nei momenti decisivi te li ritrovi al fianco. Un altro, 
                  noi lo chiamavamo Toni l Munch [il Monco, ndr], che aveva 
                  perso un braccio lavorando. È stato ucciso in un conflitto 
                  con i carabinieri. Mai interessato di politica... 
                   
                  Per Francesco invece probabilmente costoro feccia erano e feccia 
                  rimangono, io invece li considero miei compagni. Forse a causa 
                  della mia sensibilità delicata.  
                  E gli esempi potrebbero continuare, poiché il fenomeno 
                  si ripresenta puntuale ogni volta che lorologio della 
                  storia si ferma, per un attimo per qualche ora o giorni o mesi 
                  durante cui la rivolta spezza il tempo mitico dello Stato. Si 
                  pensi agli scugnizzi durante le giornate di Napoli, non credo 
                  che dei laceri vagabondi affamati di dodici, tredici, quattordici 
                  anni al massimo, potessero avere acquisito una coscienza antifascista. 
                  Una coscienza tale da farli divenire critici. 
                  Eppure numerosi di loro sono morti sparando contro gli aggressori 
                  nazisti o gettando una bomba tra i cingoli di un carro armato. 
                  E non si può rischiare la vita per una causa se non si 
                  è intimamente convinti (anche se in modo istintivo, confuso, 
                  irrazionale) della sua validità. Questo, e solo questo, 
                  io considero come momento magico in cui anche quelli 
                  che sino al giorno prima non si interessavano alle idee rivoluzionarie 
                  prendono improvvisamente coscienza e si mettono in gioco, sino 
                  a lasciarci la pelle.  
                  La frase finale del mio articolo Oggi come ieri. A 
                  Genova hanno parlato i fatti. Gli anarchici (non tutti, 
                  purtroppo) sono stati presenti in piazza, col popolo insorto, 
                  con i giovani in azione, da te Francesco, ascritta 
                  a una visione mistica (quella necrofila 
                  ed estetizzante), non è parto della mia fantasia 
                  ma una ripresa dellarticolo di Umberto Marzocchi sui fatti 
                  di Genova del 1960 da me citato qualche riga più sopra, 
                  ennesima riprova  questa  del fatto che ti sei buttato 
                  a rotta di collo ad inveire contro di me senza nemmeno leggere 
                  con attenzione le mie argomentazioni.  
                  Per quel che mi riguarda non uso un linguaggio come quello di 
                  Umberto perché appartengo ad unaltra generazione 
                  e mi trovo ad operare in un diverso contesto storico; oltre 
                  non condividere mistiche necrofile ed estetizzanti di 
                  alcun tipo, non sono fautore né di una visione mistica 
                  del popolo insorto né nutro un disprezzo da superuomo 
                  per le masse asservite; non me ne frego di quello che pensa 
                  la gente comune, anzi mi interessa moltissimo, ma non sono 
                  disposto a seguire le masse fino a gridare Duce! A Noi! 
                  sotto il balcone di piazza Venezia. Sono sempre e comunque dalla 
                  parte di Lucetti, Schirru, Sbardellotto, anche se probabilmente 
                  i loro sfortunati tentativi non sono stati compresi dalla gente 
                  comune.  
                  La conclusione dellarticolo di Berti secondo cui i giovani 
                  turbolenti vestiti di nero sostanzialmente non sarebbero anarchici 
                  bensì gruppuscoli di guerriglieri metropolitani 
                  che Oggi si firmano con la A cerchiata, ieri con la 
                  sigla autonomia operaia, domani con unaltra sigla. È 
                  una moda, come tante è lespressione di 
                  una concezione dellanarchismo libresca e salottiera che 
                  non riesce nemmeno a sbirciare fuori dalla finestra della propria 
                  torre davorio.  
                  Caro Francesco, ho la netta sensazione che, poiché non 
                  sei riuscito a dimostrare (se non ricorrendo a improponibili 
                  paradossi come lo stupro di bambine) la mancanza di coerenza 
                  tra mezzi e fini dei giovani del blocco nero, tu voglia alla 
                  fine cercare di sminuire la loro identità con unanalisi 
                  che si basa più su una tua irrazionale epidermica avversione 
                  nei loro confronti che su elementi di fatto. Lautonomia 
                  operaia a cui ti riferisci ha operato a cavallo degli anni 
                  Settanta/Ottanta da cui ci separano almeno due lustri. A quellepoca 
                  la maggior parte degli odierni Black Bloc andava alle elementari, 
                  come puoi accusarli di trasformismo? E poi come puoi parlare 
                  di moda per definire un fenomeno che, persino secondo i tuoi 
                  riferimenti, si protrae da più di venticinque anni? Se 
                  ribellarsi è di moda, meno male che almeno si tratta 
                  di una moda duratura e non passeggera.  
                  Del resto un approccio simile al tuo, purtroppo, lo si può 
                  trovare anche nella storia passata del nostro movimento:  
                  Alle Causeries Populaires si riunivano tutti coloro 
                  che coprivano la loro vita di espedienti con letichetta 
                  anarchica.  scriveva allinizio del secolo lanarchico 
                  francese Jean Grave riferendosi ad altri anarchici diversi da 
                  lui  [
] Libertad mi mandava dei suoi accoliti 
                  ad acquistare degli opuscoli. A lui, avevo rifiutato di venderne. 
                  Sporchi, con gli abiti a brandelli, irsuti, mal pettinati. Non 
                  potendo domandare documenti didentità, consegnavo 
                  loro quel che mi chiedevano. Per pagare tuffavano le mani nelle 
                  tasche e le tiravano fuori piene di soldi, monete dargento 
                  e doro mescolate insieme. Suppongo che fossero i proventi 
                  di operazioni fruttuose.  
                  Questo è un esempio classico di polemica basata più 
                  sul pregiudizio che sulle idee. Eppure Grave è un propagandista 
                  colto e preparato, i suoi scritti, ancora oggi, si leggono con 
                  un certo piacere, mentre Albert Libertad appare rozzo e taglia 
                  le parole con laccetta. Grave, in seguito, sarà 
                  coinvolto nel delirio guerraiuolo e prenderà una posizione 
                  interventista mentre Libertad morirà tragicamente per 
                  le conseguenze di un pestaggio degli sbirri con cui si era scontrato 
                  pur essendo semiparalitico. Una vita estremamente coerente. 
                  Eppure entrambi, sia Grave che Libertad, occupano un loro posto 
                  nella storia dellanarchismo.  
                  Questo per significare che non esistono affatto, come afferma 
                  Francesco, due modi di intendere lanarchismo 
                  che hanno in comune solo il nome. Al contrario 
                  esistono infiniti anarchismi e tutti, nonostante le differenze 
                  abissali, hanno in comune molto più che il nome. Nessun 
                  tipo di anarchismo può avere la presunzione di poter 
                  fare a meno degli altri. Malatesta era organizzatore, Galleani 
                  no. La concezione del primo portava sul tappeto il problema 
                  della necessità e dellurgenza di unorganizzazione 
                  libertaria in vista di una prossima rivoluzione, quella del 
                  secondo era un continuo monito contro i pericoli della burocratizzazione, 
                  sempre presenti anche nellorganizzazione più libertaria. 
                  Entrambe le tendenze, pur avversandosi, erano complementari 
                  una allaltra e hanno impedito deviazioni ed eccessi nelluno 
                  e nellaltro campo. Per questo, caro Francesco,  
                  pur dissentendo in maniera profonda  io ho bisogno anche 
                  di te e di quelli che sono a te affini per temperare il mio 
                  fondamentalismo e credo che in fondo anche tu abbia 
                  bisogno di altri diversi da te per confrontare le tue certezze, 
                  per riuscire veramente ad essere, come tu affermi, critici 
                  di tutto, anche,  anzi, in primo luogo  delle proprie 
                  idee.  
                  Questo io credo che sia veramente il pluralismo  sempre 
                  da tutti proclamato ma mai messo in pratica  non un fare 
                  finta di niente in nome del volemmose bbene, bensì 
                  un confronto continuo, un incessante arricchimento collettivo, 
                  e  anche nel corso di unaccesa polemica  un 
                  rispetto reale e reciproco dellaltrui diversità. 
                  Non si può proclamare il pluralismo e al tempo stesso 
                  porre barriere discriminanti senza poi riuscire (se non per 
                  mezzo di acrobatiche argomentazioni dialettiche che crollano 
                  al primo soffio) a dimostrare che i discriminati non sono veri 
                  anarchici.  
                  Il punto vero, affermi, è 
                  stabilire se quelle azioni siano giuste e utili, non se siano 
                  anarchiche. Ma se il giusto rientra nella sfera 
                  delletica ed è universale (nessun anarchico dovrebbe 
                  mai compiere azioni ritenute ingiuste) lutile riguarda 
                  esclusivamente la politica ed è un concetto soggettivo. 
                  Cè chi ritiene utile fare una propaganda culturale 
                  volta a trasformare la coscienza della gente, chi ritiene utile 
                  organizzare in modo libertario la lotta di classe, chi ritiene 
                  utile riunirsi in comunità e autogestire la propria esistenza, 
                  chi ritiene utile la guerriglia urbana, chi ritiene utile rapinare 
                  le banche
 Come vedi, è un serpente che si morde 
                  la coda. Lo ripeto ancora una volta. Non confondiamo letica 
                  con la politica.  
                Tobia Imperato  
                  (Torino) 
                I testi da me citati si possono trovare in Fratelli Marx, Legali 
                  da legare  Testi inediti dei più celebri show radiofonici, 
                  a cura di Michael Barson, Bompiani, Milano, 1989. Michail Bakunin, 
                  Libertà, uguaglianza, rivoluzione  Scritti scelti 
                  del grande rivoluzionario anarchico, a cura di Sam Dolgoff, 
                  Antistato, Milano, 1976. Marco Revelli, Maurizio Garino; 
                  storia di un anarchico, Mezzosecolo, n. 4, Torino, 
                  Annali 1980-82. Valerio Evangelisti, Sinistre eretiche  
                  Dalla banda Bonnot al Sandinismo 1905-1984, Sugarco Edizioni, 
                  Milano, 1985. Albert Libertad, Il culto della carogna e altri 
                  testi tratti da LAnarchie, Edizioni Anarchismo, 
                  Catania, 1981.  
                  
                 Un 
                  anticorpo contro il potere 
                Cari amici,  
                  grazie ad amici romani, anche a dispetto della distanza (scrivo 
                  da Melbourne) ho avuto una copia del CD-numero straordinario 
                  di A dedicato a Fabrizio De André.  
                  Ascoltare quelle parole (alcune delle quali, oltretutto, già 
                  sentite durante qualche concerto romano), risentire quella voce 
                  indimenticabile, è stato davvero emozionante.  
                  Dopo Signora Libertà, Signorina Anarchia, 
                  che era già una cosa molto bella e molto ben fatta, ecco 
                  arrivare questo gioiello, che ricorda il nostro Fabrizio, senza 
                  retorica e con grande passione.  
                  Complimenti davvero.  
                  Non credo che esista al momento nessunaltro in Italia 
                  che sappia parlare di De André come lo fa A, 
                  con autorità, competenza, simpatia e senza furbizia. 
                   
                  Molti scrivono e parlano e fanno vuota retorica e trasformano 
                  in un vuoto mito nazionale, una specie di vate, un cantautore 
                  che non voleva assolutamente essere un mito. Uno che diceva 
                  che lartista deve essere lanticorpo che la società 
                  si crea contro il potere.  
                  Insomma grazie a voi di A, per i vostri gioielli. 
                   
                  Per me, che a otto anni cantavo Bocca di Rosa e la Guerra 
                  di Piero e sono praticamente cresciuto con De André, 
                  che mi sono emozionato con la sua voce, ho riflettuto allombra 
                  delle sue canzoni e ho molto imparato da lui, è moltissimo. 
                   
                  Qui in Australia, grazie al lavoro che faccio, ho avuto occasione 
                  di parlarne molto alla radio e anche alluniversità, 
                  presentando molte canzoni e sottolineando sempre le tematiche 
                  libertarie e antimilitariste e lansia di giustizia per 
                  gli emarginati.  
                  Certamente troverò prima o poi il modo di presentare 
                  anche il vostro CD e mandare in onda qualche pezzo. e fra questi, 
                  certamente, anche il bel pezzo de I carbonari, che 
                  io stesso non avevo mai sentito.  
                  Un caro saluto.  
                Renzo Sabatini  
                  (Melbourne  Australia) 
                  
                 
                  
                     
                      |  
                          I 
                          nostri fondi neri 
                            
                       | 
                     
                     
                       
                         
                           Sottoscrizioni.  
                            Angelo Andreozzi (Roma), 30,00; Franco Santilli (Perugia), 
                            10,00; Matteo Nicolini (Cavi di Lavagna), 10,00; Enzo 
                            Francia (Imola), 20,00; Lorenza Tommasini (Monza), 
                            20,00; a/m Settimio Pretelli, Antonio Tarasconi (Rimini), 
                            10,00; Aurora e Paolo (Milano) ricordando Marina Soldati, 
                            500,00; Mirco Baratto (Bigolino), 20,00; Alessandro 
                            Becchis (La Loggia), 20,00; Claudio Topputi (Milano), 
                            50,00; Alberto Masala (Bologna), 30,00; Roberto Colombo 
                            (Magenta), 2,00; Rocco Tannoia (Settimo Milanese), 
                            4,00; a/m Reinhold Kohl, raccolti durante liniziativa 
                            Signora libertà, signorina anarchia 
                            il 5-6 aprile (Carrara), 250,00; Fernanda Pivano (Milano), 
                            30,00; Associazione culturale Attilio Bortolotti, 
                            3.316,52; Mauro Marino (Marcianise), 20,00; Ivana 
                            Avoni (Bologna), 10,00. 
                            Totale euro 4.352,52. 
                          Abbonamenti sostenitori.  
                            Massimo Bianchi (Codognè), 100,00; Zelinda 
                            Carloni (Roma), 100,00; Fabrizia Golinelli (Modena), 
                            100,00. 
                            Totale euro 300,00. 
                         
                       | 
                     
                   
                 
                 |