Che cos'è il Salone?
                  Gli addetti ai lavori fanno una distinzione un po' speciosa: 
                    le fiere del libro sono eventi destinati agli editori 
                    e agli operatori: come nelle antiche fiere medioevali, ci 
                    si incontra da tutto il mondo per vendere e comprare i propri 
                    prodotti più preziosi che, nel settore librario, non 
                    sono gli oggetti fisici, i libri, ma qualcosa che oggi, nel 
                    gran caos del dibattito sulla "proprietà intellettuale", 
                    risulta piuttosto evanescente e difficilmente definibile, 
                    e che possiamo chiamare copyright, progetti editoriali, coedizioni, 
                    book packaging. I saloni sono, in pratica, enormi librerie 
                    che mettono in vendita al vasto pubblico testi, opuscoli e 
                    volumi stampati in genere in una sola lingua, che a Torino 
                    è l'italiano. Per questo lo scopo dei saloni è 
                    di attirare più gente possibile disposta a comprare. 
                    
                    Già qui si scopre una prima contraddizione. Che senso 
                    ha far pagare un biglietto d'ingresso (e nemmeno tanto economico) 
                    per dare la possibilità a qualcuno di spendere dei 
                    soldi? Si dirà: ma gli editori, liberi nell'occasione 
                    dai vincoli della distribuzione, che oramai grava per il 60 
                    per cento sul prezzo di copertina, possono vendere con forti 
                    sconti. Già, ma i librai, specie quelli di Torino, 
                    hanno protestato già da anni con veemenza e hanno fatto 
                    imporre un divieto o quanto meno un limite agli sconti pari 
                    a quello che possono permettersi loro. 
                    Anche l'attrattiva dei dibattiti, delle presentazioni, degli 
                    "incontri con gli autori" si è oramai ridotta: 
                    queste iniziative sono una sorta di cerimonia ritualizzata 
                    e sempre più evidente è lo scopo di tipo promozionale 
                    di questo o di quel nuovo titolo. 
                    Ecco, quindi, la prima sorprendente scoperta. Il salone non 
                    serve a niente! 
                    È scontento il pubblico dei visitatori, che si perde 
                    nell'immensa babele dei titoli vecchi e nuovi, non ha strumenti 
                    e mezzi per fare scelte autentiche, paga per entrare e alla 
                    fine esce con un pacco di cataloghi e qualche libro che avrebbe 
                    potuto trovare nella libreria sotto casa. Non sono contenti 
                    gli editori, che versano fior di quattrini all'organizzazione 
                    per affittare gli stand e, a conti fatti, si ritrovano quasi 
                    sempre ad avere speso più di quello che hanno incassato. 
                    Per questo, dopo i primi anni di entusiasmo per la novità, 
                    si parla sempre più spesso del senso di ripetere questa 
                    iniziativa, se non sia il caso di trovare altre formule, di 
                    spostare il salone a Milano, di trasformarlo in una fiera 
                    internazionale
                  
                    Il Lingotto
                  Dopo una modesta partenza al parco del Valentino, il salone 
                    si svolge da anni al Lingotto, l'ex stabilimento della FIAT 
                    dove c'erano le catene di montaggio della Cinquecento. Il 
                    salone si tiene alla fine di maggio, e spesso il sole batte 
                    sulle vetrate e, grazie a un bell'effetto-serra, trasforma 
                    gli spazi interni in una vera e propria sauna. Viene da pensare 
                    a come doveva essere duro il lavoro per chi stava alla catena, 
                    fra il calore, il frastuono dei macchinari e le urla dei capi. 
                  
                  
                    Sinite pargulos...
                  Il calo continuo di presenze di visitatori ha spinto gli 
                    organizzatori ad attuare una politica di promozione nelle 
                    scuole. Giusto, giustissimo! Solo che: le classi, dalla prima 
                    elementare all'ultima delle medie superiori, rappresentano 
                    oramai una parte prevalente del pubblico. Gli/le adolescenti, 
                    per niente preparati/e alla visita, la prendono come una delle 
                    solite gite scolastiche, un'occasione per fare casino in orario 
                    di lezione, un'evasione dalle noiosità dello studio. 
                    I più piccini sono senza dubbio più affascinati 
                    dalla strana atmosfera che si respira al Lingotto, ma lo spazio 
                    non è certo stato studiato per le loro esigenze. Così, 
                    le classi in visita affollano soprattutto i pochi bar e posti 
                    di ristori interni, provocando file interminabili per conquistarsi 
                    un panino o una bibita, e file ancora più imbarazzanti, 
                    con intere classi guidate da solerti maestre, si creano anche 
                    davanti ai pochissimi gabinetti che la grande architetta internazionale 
                    ha previsto nel suo progetto di ristrutturazione.
                  
                    Fuori l'autore
                  Ogni editore, soprattutto se è piccolo e poco conosciuto, 
                    accoglie speranzoso nel proprio stand chiunque mostri un interesse 
                    per i suoi libri. Da un lato c'è l'orgoglio di mostrare 
                    le proprie scelte "culturali", dall'altro l'urgenza 
                    di recuperare con qualche vendita almeno una parte dei soldi 
                    investiti per partecipare alla fiera. Ma ecco che il giovanotto 
                    dall'aria intelligente, la signora elegante, il vecchio proletario, 
                    dopo avere intessuto le lodi per il "bellissimo catalogo", 
                    rivelano la loro vera natura: non di potenziali lettori si 
                    tratta, ma di pericolosi aspiranti autori. E così compare 
                    il temutissimo manoscritto: un fascicolo di fogli A4 con la 
                    legatura ad anelli che contiene una storia di vita vissuta, 
                    la raccolta di poesie liriche, il grande romanzo del Ventunesimo 
                    secolo. Dopo essere stato sommerso da tonnellate di questi 
                    fascicoli, il piccolo editore è folgorato dal dubbio. 
                    Se l'offerta è così pletorica e la domanda è 
                    praticamente inesistente, perché affannarsi tanto a 
                    fare libri che si vendano? Basta far pagare all'autore la 
                    sua bella tiratura di seicento o mille copie, e con due o 
                    tre operazioni del genere si risana il bilancio e si pagano 
                    le rese alla distribuzione. 
                  
                    Consorzi, trust e cartelli
                  Che la tendenza alla concentrazione nell'editoria sia addirittura 
                    più forte che in altri settori, oramai lo si sa: ne 
                    abbiamo già parlato anche in queste pagine. Questo 
                    si vede fisicamente anche negli stand del Salone. I grandi 
                    gruppi (tranne Mondadori che snobba un po' l'iniziativa e, 
                    si sa, vorrebbe trasferirla a Milano sotto la sua egida) si 
                    presentano in forze, con costosi stand prefabbricati. Molti 
                    editori di piccole dimensioni si consorziano in associazioni 
                    regionali. L'ultima nata è l'Edica, la Editori Campani 
                    Associati, ma altre già operanti ci sono per l'Umbria, 
                    il Veneto, la Sardegna e ne esiste addirittura una solo di 
                    editori triestini. 
                    Oltre a questi sodalizi a livello territoriale se ne creano 
                    anche altri di natura, per dire così, ideologica. Sappiate 
                    allora che al Salone del 2001 lo stand più grande, 
                    più lussuoso, più organizzato era quello collettivo 
                    degli editori cattolici. 
                    Anche questo è un indizio di una delle principali tendenze 
                    dell'editoria del nuovo millennio (e forse di un clima culturale 
                    e politico di un certo tipo): la metafisica e la religione, 
                    in tutte le loro varianti, guadagnano spazio rispetto ai testi 
                    che fanno appello alla ragione e a un sano materialismo. 
                    Ma avremo occasione di riparlarne. 
                  
 
                    Guido Lagomarsino