|  Cari amici, la mia età, i malanni 
                  cronici e la calura estiva mi costringono a non muovermi di 
                  casa; per questo mi dispiace molto di non poter essere presente 
                  alla vostra conferenza sul municipalismo libertario. Vorrei, 
                  però, grazie a Janet Biehl, che ha accondisceso di leggervi 
                  queste mie parole, darvi il benvenuto nel Vermont e farvi i 
                  miei auguri per le discussioni che avranno luogo nei prossimi 
                  tre giorni. Se qualcuno di voi vorrà venirmi a trovare, 
                  alla fine dei lavori, a Burlington, che oggi è bene o 
                  male il mio rifugio sicuro, sarò felicissimo di riceverlo. 
                  Non fatevi scrupoli a chiamarmi e magari sarà possibile 
                  riuscire a vederci durante o dopo questo incontro.Intanto, in questo messaggio, vorrei toccare alcune delle questioni 
                  sollevate in proposito delle precedenti discussioni sul municipalismo 
                  libertario, esponendo le mie opinioni a riguardo. Forse la cosa 
                  più importante è la distinzione che andrebbe fatta 
                  tra comunitarismo e municipalismo libertario, una distinzione 
                  che spesso va smarrita quando si discute della politica del 
                  municipalismo libertario.
 Con il termine comunitarismo io intendo riferirmi a quei movimenti 
                  e a quelle ideologie che aspirano a trasformare la società 
                  creando cosiddette alternative nel campo economico e dell'esistenza 
                  personale, come le cooperative alimentari, le scuole, le tipografie, 
                  i centri comunitari, le aziende agricole di quartiere, gli squats 
                  e così via elencando. Tra gli esponenti del comunitarismo, 
                  che si ispirano alle opere di Proudhon, ci sono state personalità 
                  come Martin Buber, Harry Boyte, Colin Ward, per fare qualche 
                  nome. Che sia o no esplicitamente teorizzato, il comunitarismo 
                  mira a distaccare lentamente lo sviluppo dell'umanità 
                  dalla logica delle imprese private (banche, grandi aziende, 
                  supermercati, fabbriche e sistemi industriali in agricoltura) 
                  e avvicinarlo allo stile di vita che promuovono, con imprese 
                  pubbliche e valori collettivi. La parola "comunitario" 
                  spesso è sostituibile col termine "cooperativo", 
                  una forma di produzione e di scambio che risulta attraente non 
                  solo perché richiama un senso d'amicizia e di collettivo, 
                  ma anche perché è sotto il "controllo operaio" 
                  o la "gestione operaia".
 Il comunitarismo non cerca di creare un centro di potere che 
                  serva ad abbattere un giorno il capitalismo, ma cerca di metterglisi 
                  in concorrenza, di svalutarlo, di sopravvivergli, di fungere 
                  da barriera morale all'avidità e alla malvagità 
                  che agli occhi di tanta gente rende così riprovevole 
                  l'economia borghese. Non si tratta, per dirla in breve, di una 
                  politica, ma di una pratica, spesso limitata a gruppi di piccole 
                  dimensioni che fanno la "scelta" di acquistare o di 
                  lavorare in un'azienda cooperativa. Quando indico in Proudhon 
                  uno dei padri del comunitarismo, anche se non è esattissimo, 
                  faccio risalire la nascita di questa ideologia e di questa pratica 
                  a circa centocinquanta anni fa, a un'epoca in cui la maggior 
                  parte della produzione di oggetti era affidata agli artigiani 
                  e quella agricola e alimentare a piccoli contadini. Da allora 
                  sono nate tante cooperative, animate dalle più ambiziose 
                  speranze e destinate in genere a fallire, a vivacchiare o a 
                  trasformarsi in imprese orientate al profitto. Per riuscire 
                  a sopravvivere sul mercato capitalista, sono state regolarmente 
                  costrette ad adattarvisi o sono state semplicemente annientate 
                  dalla concorrenza di aziende animate da uno spirito di rapina 
                  e, nei fatti, più efficienti, ma tutte orientate al profitto.
 
   Un progetto antistatale Anche dove le cooperative riescono a difendersi dalla concorrenza 
                  capitalista, tendono a chiudersi in se stesse, a concentrarsi 
                  sui propri problemi e interessi e, nella misura in cui sono 
                  in rapporto tra loro, a puntare tutto sulla propria sopravvivenza 
                  o la propria espansione. Soprattutto, capita molto raramente, 
                  se mai succede, che diventino centri di potere popolare. Questo 
                  in parte perché le questioni attinenti ai pubblici poteri 
                  in quanto tali non le toccano e in parte perché non hanno 
                  gli strumenti per mobilitare la gente su temi che le coinvolgano, 
                  a proposito del chi dovrebbe governare la società e del 
                  come dovrebbe governarla. Sostenendosi con le idee che esprimono 
                  in campo sociale (e, con l'andar del tempo, anche come idee 
                  socialmente valide queste sono defunte) sperano di riuscire 
                  a superare a poco a poco il capitalismo senza doversi confrontare 
                  con le imprese capitaliste e con lo Stato capitalista. Così, 
                  col tempo, tendono a chiudersi in se stesse, a essere settarie 
                  e limitate, a riunire in sé non collettivisti ma capitalisti 
                  collettivi e, in ultima analisi, a essere più capitaliste 
                  che socialiste nella pratica e negli interessi.Il municipalismo libertario, invece, è decisamente un'espressione 
                  politica antistatale che vuole la democrazia, il rapporto diretto, 
                  faccia a faccia, il dialogo, il confronto. è soprattutto 
                  attento alle questioni fondamentali del potere. Pone questi 
                  interrogativi: dove dovrà sussistere il potere? Quale 
                  parte della società dovrà esercitarlo? Quali istituzioni 
                  sono necessarie per rendere possibile ed efficace un esercizio 
                  del potere non statale? Se è vero che vivere/lavorare 
                  in una cooperativa può essere una cosa buona per instillare 
                  nelle persone valori, interessi, relazioni di stampo collettivista, 
                  le cooperative non offrono i mezzi istituzionali per l'acquisizione 
                  del potere. Consentitemi di sottolineare questo termine, "istituzioni", 
                  perché mi viene in mente uno slogan degli anarchici spagnoli 
                  che diceva: "Guerra alle istituzioni, non al popolo." 
                  Io ritengo che uno slogan del genere crei confusione e disorientamento, 
                  perché lascia intendere che le persone politically correct 
                  siano individui "autonomi", liberi da ogni obbligo 
                  istituzionale, mentre le istituzioni in quanto tali sarebbero 
                  una sorta di gabbie che impediscono all'individuo di scoprire 
                  il proprio "io autentico" e di realizzarsi.
 No: è un grosso errore. Gli animali, senza dubbio, possono 
                  vivere senza istituzioni (spesso perché il loro comportamento 
                  è geneticamente condizionato), ma gli esseri umani ne 
                  hanno bisogno per modellare in modo creativo le strutture sociali, 
                  basate non tanto su una supposta genetica o su certe usanze, 
                  ma soprattutto su "forme di libertà" (come 
                  le definivo già negli anni sessanta) razionalmente costituite 
                  che servono a organizzare ed esprimere il potere in forma tanto 
                  collettiva quanto personale. Perciò, se oggi dovessi 
                  riscrivere in forma più estesa il mio articolo The 
                  Forms of Freedom, vi aggiungerei che sono necessarie costituzioni 
                  e leggi formulate per mezzo di assemblee di democrazia diretta 
                  e aperte al dialogo. In effetti, per molto tempo sono stati 
                  gli oppressi a richiedere e a pretendere costituzioni e leggi, 
                  quali strumenti di controllo, anzi di eliminazione del potere 
                  arbitrario esercitato da re, tiranni, nobili e dittatori. Ignorare 
                  questo fatto storico e regredire a un "istinto di solidarietà", 
                  a un "istinto rivoluzionario", a un "istinto 
                  di condivisione", significa abbandonare un auspicabilissimo 
                  mondo civile per ritirarsi nel mondo della bestialità, 
                  optare per una zoologia sociale che non ha senso applicare all'umanità 
                  intesa come specie dalle capacità d'innovazione che crea 
                  e ricrea se stessa come crea e ricrea il mondo.
 A differenza del comunitarismo, il municipalismo libertario 
                  si preoccupa del potere: non semplicemente del potere di autocontrollo 
                  che si può acquisire partecipando a una riunione ispiratrice, 
                  ma il potere concreto che si esprime in forme organizzate di 
                  libertà, concepite in modo razionale e costituite con 
                  modalità democratiche. Se da un lato posso ben comprendere 
                  il rifiuto di Proudhon, nella sua qualità di deputato 
                  alla Camera francese, di votare una bozza di costituzione (che 
                  era orientata verso la tutela della proprietà e la costruzione 
                  di uno Stato), respingo completamente le ragioni che adduceva 
                  per questa scelta. "No!", aveva dichiarato, "Io 
                  non voto contro la Costituzione perché è una costituzione 
                  più o meno cattiva, ma perché è una costituzione." 
                  Un comportamento così fatuo lo faceva regredire, intellettualmente 
                  come politicamente, nel mondo del potere arbitrario contro il 
                  quale, nell'ottavo secolo avanti Cristo si schieravano i contadini 
                  greci oppressi; come faceva Esiodo, che denunciava i "baroni", 
                  come li definiva, che non facevano che asservire e sfruttare 
                  gli agricoltori ellenici, e rivendicava una società basata 
                  sulla legge, non sull'arbitrio degli uomini. Il municipalismo 
                  libertario vuole raggiungere il potere, non vuole semplicemente 
                  sfruttare la rivendicazione del potere a scopi di propaganda 
                  e di spettacolo, e non respinge l'uso del potere, ma vuole darlo 
                  in mano alla gente nelle assemblee popolari.
 E non ci serve molto che ci vengano a dire che per arrivare 
                  a una comunità basata sui principi del municipalismo 
                  libertario bisogna prima prepararle il terreno, cementandola 
                  con uno stile di vita basato sulla reciprocità come quello 
                  offerto dalle attività cooperative. Fin troppo spesso 
                  le cooperative sono diventate fini a se stesse e, quando ce 
                  l'hanno fatta, hanno privilegiato gli scopi che rispondevano 
                  alle proprie logiche interne, opposte alle comunità per 
                  le quali volevano rappresentare un riferimento. Ne ho viste 
                  tante, di cooperative alimentari che non solo chiudevano gli 
                  occhi davanti alle altre dello stesso tipo, entrando addirittura 
                  in concorrenza con loro, ma che abdicavano a tutte le loro supposte 
                  attività "educative", togliendo a tutti i propri 
                  associati ogni potere e trasformandoli in semplici clienti. 
                  Costrette dal capitalismo ad adottare i metodi dell'organizzazione 
                  capitalistica, assumono manager e specialisti del business di 
                  un genere o di un altro, col risultato che, invece di educare 
                  i propri associati, esse rivestono il capitalismo con i panni 
                  eleganti delle istituzioni virtuose.
     Educazione e formazione
  Il municipalismo libertario si impegna in ogni modo per non 
                  affondare nella palude comunitaria, perdendo la propria identità 
                  per dedicarsi alla costruzione, al mantenimento e all'espansione 
                  di cooperative, indipendentemente dal fatto che questa sia o 
                  no una cosa buona. Il municipalismo libertario è il tentativo 
                  di recuperare e superare la definizione aristotelica dell'uomo 
                  quale zoon politikòn, animale politico. "L'uomo" 
                  o quanto meno, l'uomo greco, nella Politica di Aristotele, 
                  è chi vive nella polis, cioè in un municipio 
                  e non, come spesso si ritiene erroneamente, una città-stato. 
                  è questo uno dei teloi, dei fini dell'uomo, una 
                  forma che si attualizza in quanto essere umano. Per esprimersi 
                  in termini religiosi, egli è destinato a essere l'abitante 
                  della polis, della città, nella misura in cui 
                  realizza la propria umanità. I suoi teloi, che 
                  comprendono un sistema di leggi (di diritti come di doveri) 
                  razionalmente e democraticamente costituito, includono anche 
                  la sua facoltà di essere cittadino, vale a dire un essere 
                  umano preparato, con una formazione o paideia che dura 
                  tutta la vita, in modo da possedere tutte le competenze che 
                  servono per assumersi tutti gli impegni di autogoverno. Deve 
                  essere capace, intellettualmente come fisicamente, di surrogare 
                  tutte le funzioni socio-politiche assunte dallo Stato, in particolare 
                  quelle dell'apparato fatto di militari, polizia, burocrati, 
                  rappresentanti legislativi e così via. Lo Stato non è 
                  liquidato solo istituzionalmente, ma anche soggettivamente, 
                  rendendo la gestione della società una faccenda rigorosamente 
                  umana. Lo Stato, in sostanza, è sostituito da cittadini 
                  liberi e istruiti che, all'interno di assemblee popolari, ne 
                  eliminano la pretesa di avere la competenza esclusiva su di 
                  sé, che giustifica la propria esistenza col fatto che 
                  i suoi costituenti sono bambini ignoranti che hanno bisogno 
                  di un "padre" capace di gestire le loro faccende.Vorrei aggiungere che la paideia richiede un'educazione 
                  e una formazione rigorose, anzi la costruzione di un carattere 
                  e di un integrità etica, se si deve giustificare la competenza 
                  del cittadino (la sua capacità di sostituire lo Stato). 
                  È così non solo eliminando lo Stato, ma anche 
                  eliminando la gerarchia. Un'educazione e una formazione rigorose 
                  implicano a loro volta non fatui tentativi di "espressione 
                  dell'io", spesso di un io appena sbozzato e non ancora 
                  formato, ma un processo di apprendimento sistematico, programmato 
                  con cura, bene organizzato. L'umanità non può 
                  produrre cittadini se l'educazione e la formazione che essa 
                  assicura ai giovani avviene attraverso gruppi d'incontro che 
                  si presumono "spontanei", in cui lo studente è 
                  chiamato ad accettare qualsiasi cosa gli venga somministrata. 
                  Proprio questa attenzione alla paideia rende la Repubblica 
                  di Platone un'opera così grande nonostante i suoi tanti 
                  difetti: in realtà, molti dei testi migliori dalla filosofia 
                  greca racchiudono idee su come educare i giovani per farne dei 
                  cittadini capaci non solo di riflettere in modo sistematico, 
                  ma anche di usare le armi per difendersi e per difendere la 
                  democrazia. La democrazia ateniese, vorrei aggiungere, fu raggiunta 
                  quando la cavalleria aristocratica fu sostituita dagli opliti, 
                  i soldati di fanteria, la guardia civile del quinto secolo avanti 
                  Cristo, che assicurò la supremazia del popolo al posto 
                  di quella della nobiltà.
    La questione del potere
  Così, il municipalismo libertario non esclude il potere, 
                  un potere concreto, non semplicemente quella forma alla moda 
                  di "potere di autocontrollo", che sovente altro non 
                  è che uno stato di esaltazione emotiva più o meno 
                  simile a quello che danno certe droghe. Si tratta di una ripresa 
                  e un'estensione della tesi aristotelica secondo la quale gli 
                  essere umani sono costituiti per vivere come "animali politici". 
                  è una comunità strutturata, che possiede una sua 
                  costituzione e una sua legislazione, fondate su basi razionali 
                  e democratiche. è formazione degli individui, membri 
                  a pieno titolo del municipio, foggiati eticamente e intellettualmente 
                  attraverso un processo di costruzione del carattere che definiamo 
                  paideia. Sono il municipio e la confederazione di municipi 
                  che, grazie alle competenze, al potere armato, alle istituzioni 
                  democratiche e al metodo che affronta problemi e questioni con 
                  il dialogo, non solo è in grado di sostituire lo Stato, 
                  ma anche di svolgere le funzioni socialmente necessarie di cui 
                  lo Stato si è appropriato a spese del potere popolare, 
                  con la scusa che i suoi appartenenti sarebbero ragazzini incapaci. 
                  È questo il regno della politica, il suo universo reale, 
                  che rischia di essere completamente cancellato da una società 
                  che sempre più assomiglia a una Disneyland e che ci spinge 
                  a dar vita a un movimento per riappropriarcene e svilupparlo. 
                  Se si lascia che questo regno della politica sia soffocato all'interno 
                  di istituzioni e di attività comunitarie, si perde del 
                  tutto di vista la necessità di ripristinarlo, anzi si 
                  svolge un ruolo bambinesco, se non reazionario, di disgregazione. 
                  Lo Stato si giustifica non solo per l'indifferenza dei suoi 
                  componenti rispetto alle faccende pubbliche, ma anche, e soprattutto, 
                  per la loro incapacità di gestire queste faccende. Chiunque 
                  si faccia complice di questa apologia ideologica dello statalismo, 
                  negando l'esigenza di un regno della politica o confondendolo 
                  superficialmente con la creazione di cooperative, di istituzioni, 
                  di gruppi d'incontro, di feste di strada, di dimostrazioni, 
                  di scontri tra i giovani e "l'autorità", nei 
                  panni di patetici e normali lavoratori con addosso le uniformi 
                  di polizia, si fa anche complice di quelle tesi ideologiche 
                  secondo le quali la formazione di assemblee pubbliche dotate 
                  di pieni poteri sarebbe una forma di statismo e la "libertà" 
                  sarebbe raggiungibile semplicemente tirando un mattone a un 
                  poliziotto o creando una "zona temporaneamente autonoma".Non voglio certo ignorare i giganteschi problemi che comporta 
                  questo insieme di concetti. è importantissimo il tipo 
                  di movimento (anzi di "avanguardia", un termine abusato, 
                  che la Nuova Sinistra ha guastato associandolo ai bolscevichi) 
                  che va creato, che deve svolgere un ruolo educativo e, ebbene 
                  sì, di leadership, indispensabile per generare le trasformazioni 
                  richieste dal municipalismo libertario. Consentitemi, intanto, 
                  di dissociarmi da I.S. Bleihkman, il massimo esponente dei comunisti 
                  anarchici di Pietrogrado che, quando i marinai di Kronstadt, 
                  insieme alla guarnigione di Pietrogrado e agli operai più 
                  coscienti decisero di "uscire allo scoperto" con le 
                  armi in pugno, nel luglio del 1917, per costituire un governo 
                  sovietico, rispondeva all'appello a organizzarsi con la stupida 
                  parola d'ordine: "Saranno le strade a organizzarvi!" 
                  Le strade, manco a dirlo non organizzarono un bel niente e nessuno 
                  e, mancando una vera leadership, l'insurrezione fallì 
                  nel giro di pochi giorni.
 
  Fasi distinte
  Riesaminando una gran mole di materiali relativi alle rivoluzioni 
                  del passato, il problema principale che ho incontrato è 
                  stato appunto quello del tipo di organizzazione che potrebbe 
                  fare la differenza, tra la sopravvivenza e la morte, in un sollevamento 
                  rivoluzionario. Mi si è fatta sempre più chiara 
                  in testa l'esigenza di creare un'organizzazione capace di operare 
                  positivamente e di prendere iniziative (un'avanguardia), che 
                  sia impegnata nella propria rigorosa paideia, che sappia 
                  formare proprie istituzioni, basate su una costituzione razionale, 
                  che s'impegni a cooptare cittadini istruiti e motivati, che 
                  abbia una propria struttura e propri programmi. Questa organizzazione 
                  potrebbe essere benissimo considerata una sorta di polis in 
                  via di formazione, capace di tutelare i principi di fondo del 
                  municipalismo libertario, evitando che siano assorbiti da qualcuno 
                  (destino abituale delle buone idee oggigiorno), che sappia alimentarli, 
                  farli crescere e applicarli in situazioni complesse e difficili.Se non si hanno principi solidi e chiari, si è semplicemente 
                  senza principi: si svolazza nell'etere delle vaghe opinioni, 
                  senza autentiche idee, con concetti improvvisati e non con concezioni 
                  profonde, si fanno castelli in aria e non teorie solide con 
                  solide fondamenta. è vero che i principi si possono cambiare, 
                  ma la tesi secondo la quale i principi devono restare nel vago 
                  è lo specchio dell'attuale mentalità postmoderna, 
                  priva di spina dorsale, che vede tutto relativo, che ritiene 
                  che non ci sia nulla di fondamentale, che ritiene che idee prive 
                  di forma, come amebe, meritino una seria attenzione, che pensa 
                  che ogni struttura sia autoritaria se non totalitaria e che 
                  i sentimenti siano più importanti di un pensiero profondo 
                  e sistematico. Senza un'organizzazione chiaramente definibile, 
                  si ricade nella tirannia del non strutturato, proprio come, 
                  nel caso del compromesso con il consenso, si maschera il fatto 
                  che una minoranza (sia essa di uno, di dieci o di venticinque 
                  su cento) costituisce un nuovo sistema autoritario al cui interno 
                  uno, dieci o venticinque stabiliscono una vera tirannia che 
                  può negare la scelta dei novantanove, novanta o settantacinque 
                  della maggioranza, con l'assurda affermazione che un quasi consenso 
                  bloccherebbe la "tirannia" della maggioranza.
 Ho proposto che si crei attraverso fasi distinte un movimento 
                  del municipalismo libertario, un movimento che, credo, in ragione 
                  delle idee avanzate, della sua preparazione e della sua esperienza 
                  abbia tutti i diritti di ritenersi di avanguardia. Certo, qualsiasi 
                  altra organizzazione può dichiararsi tale. Io non sostengo 
                  certo che solo un'organizzazione municipalista libertaria abbia 
                  il diritto di negare ad altre la facoltà di ritenersi 
                  avanguardie; saranno i fatti e le masse a decidere. Non voglio 
                  nemmeno negare ad altre organizzazioni che si dicono d'avanguardia 
                  il diritto di farlo, né tento di limitare loro questa 
                  possibilità. Ma è mia opinione che non si verificherà 
                  mai un importante cambiamento della società senza un 
                  movimento di avanguardia bene organizzato, che prenda molto 
                  sul serio la propria struttura e che stabilisca regole precise 
                  di adesione. (...)
    L'ultima occasione
  Oggi il mondo sta cambiando a una velocità davvero 
                  stupefacente. Ho affermato più volte che, se il capitalismo 
                  non distruggerà il pianeta, il mondo forse tra trent'anni, 
                  ma sicuramente entro cinquanta, subirà una trasformazione 
                  che va al di là di ogni nostra fantasia. Il mondo contadino 
                  scomparirà del tutto, non solo: anche quella natura che 
                  noi definiamo "selvaggia" non ci sarà più. 
                  è probabile che l'automazione dell'industria raggiunga 
                  livelli impensabili e che la superficie della terra subisca 
                  enormi trasformazioni. Non so, e non saprò mai, se questi 
                  cambiamenti provocheranno una crisi ecologica o se saranno affrontati, 
                  sia pur in modo insufficiente, dalla scienza e dalla tecnica. 
                  Sono tanti gli interrogativi su come sarà il mondo di 
                  domani, e io non cercherò di ragionarci troppo sopra, 
                  ora la mia vita sta volgendo al termine.Di una cosa, comunque, io sono convinto: se un movimento municipalista 
                  libertario non riuscirà a favorire la nascita di un sistema 
                  a democrazia diretta e confederale, si dovranno rivedere drasticamente 
                  tutti gli ideali libertari. Non raccontiamoci storie, vi chiedo, 
                  nella speranza di riuscire a realizzare una società autenticamente 
                  libertaria senza creare una sfera pubblica, partendo da una 
                  politica elettorale che coinvolga la base e che si fondi sulla 
                  costituzione di assemblee a democrazia diretta. è questa, 
                  io credo, l'ultima occasione offerta al movimento libertario. 
                  Se non siete d'accordo, benissimo, ma in tal caso vi chiedo 
                  di usare un'etichetta diversa per le vostre idee: lasciate stare 
                  il nome di "municipalismo libertario" e seguite la 
                  vostra strada fiancheggiata da imprese comunitarie e cooperative, 
                  se non da monasteri taoisti e da dimore mistiche. Vorrei pregare 
                  i miei critici di non contaminare le idee che non apprezzano 
                  e nello stesso tempo affermano di sostenere.
 Grazie
   Murray Bookchin (traduzione dall'inglese
 di Guido Lagomarsino)
 
 
                   
                    |  
                        Ecologia sociale a convegno La 
                        seconda di una serie di due conferenze sul tema "La 
                        politica dell'ecologia sociale: il municipalismo libertario" 
                        si è svolta a Plainfield, nel Vermont, dal 26 al 
                        29 agosto e faceva seguito a una prima tenutasi l'anno 
                        scorso a Lisbona.Erano presenti circa trentacinque persone provenienti 
                        dall'Australia, Canada, Giappone, Olanda, Norvegia, Spagna, 
                        Svezia, Stati Uniti e Uruguay. Di numero erano meno che 
                        a Lisbona, ma a Plainfield ci si è concentrati 
                        di più sul lavoro organizzativo e i presenti erano 
                        tutti più impegnati nei confronti del municipalismo 
                        libertario.
 Questa serie di due conferenze era stata inizialmente 
                        concordata nel maggio del 1997, con un appello internazionale 
                        che proponeva di assumere il municipalismo libertario 
                        (la filosofia politica e il programma dell'ecologia sociale 
                        elaborati da Murray Bookchin) come complesso di idee utili 
                        a un "rinnovamento dell'anarchismo". Parallelamente 
                        alle due conferenze, usciva, tradotto in diverse lingue, 
                        un libro sull'argomento (Janet Biehl, The Politics of 
                        Social Ecology: Libertarian Municipalism), che ha sollevato 
                        un acceso dibattito su queste idee nella stampa anarchica 
                        di tutto il mondo.
 Così, il municipalismo libertario ha prodotto un 
                        certo interesse negli ambienti anarchici internazionali. 
                        Tuttavia, mentre alcuni si sono sentiti attratti dalle 
                        sue tesi, la maggioranza, a giudicare dalle discussioni 
                        sui periodici libertari e su Internet, ha espresso una 
                        certa perplessità sul fatto che il municipalismo 
                        libertario possa servire a un "rinnovamento dell'anarchismo". 
                        Non si accetta con facilità un coinvolgimento nella 
                        politica (anche nel senso di autogestione politica della 
                        comunità), per non parlare della disponibilità 
                        a sfruttare le elezioni comunali come strumento tattico 
                        per arrivare alle assemblee di cittadini. Anche chi guarda 
                        con maggior favore a queste tesi spesso ha difficoltà 
                        ad accettare una tattica del genere e tende a preferire 
                        una forma di municipalismo che sia più conforme 
                        a un'immagine maggiormente tradizionale dell'anarchia, 
                        con la promozione di assemblee informali sull'onda delle 
                        campagne elettorali locali, senza nessuna intenzione di 
                        essere eletti.
 La partecipazione alle elezioni municipali è stata 
                        tra i principali punti di contrasto tra i partecipanti 
                        alla conferenza di Plainfield. Chi aveva una formazione 
                        anarchica più tradizionale ha manifestato forti 
                        perplessità, mentre chi proveniva da ambienti municipalisti 
                        o del socialismo libertario ha affermato la necessità 
                        di sfruttare le elezioni comunali per formare assemblee 
                        strutturalmente autorizzate e ha illustrato in dettaglio 
                        come sia possibile farlo evitando i rischi dell'opportunismo 
                        e del riformismo, rischi dei quali erano tutti ben consapevoli. 
                        Si sono analizzati approfonditamente tutti i particolari 
                        delle campagne elettorali del municipalismo libertario, 
                        soppesandone i possibili pericoli, ma anche i vantaggi.
 Altri relatori alla conferenza hanno discusso dell'importanza 
                        dell'organizzazione e della teoria per la costruzione 
                        di un movimento municipalista libertario, dei rapporti 
                        dei gruppi del municipalismo libertario con i movimenti 
                        sociali esistenti o con le organizzazioni attive nel sociale, 
                        del concetto di doppio potere, delle caratteristiche odierne 
                        della globalizzazione e del nazionalismo e della risposta 
                        del municipalismo libertario a entrambi i fenomeni, dell'economia 
                        del municipalismo libertario e del ruolo dei lavoratori 
                        in una società del genere, delle tradizioni della 
                        democrazia diretta in molte zone del mondo.
 Molti dei presenti, commentando in chiusura l'andamento 
                        dei lavori della conferenza, hanno espresso la propria 
                        soddisfazione, giudicando positivamente le capacità 
                        di sintesi delle relazioni e soprattutto la civiltà 
                        e il rispetto reciproco con cui si sono affrontati temi 
                        che avrebbero potuto creare qualche frattura (e che avrebbero 
                        anche potuto rendere l'atmosfera carica di tensione). 
                        Questi risultati sono stati raggiunti grazie al lavoro 
                        accurato e condotto con estrema coscienziosità 
                        per un anno intero dagli organizzatori.
 Nella riunione conclusiva i partecipanti hanno esaminato 
                        la possibilità di ripetere l'incontro in futuro. 
                        Alcuni suggerivano di organizzare una conferenza di formazione 
                        nel giro di uno o due anni. Altri ritenevano che la serie 
                        di due conferenze proposta in origine dall'appello internazionale 
                        fosse arrivata a una conclusione e che i fautori del municipalismo 
                        libertario ora dovessero concentrarsi sull'organizzazione 
                        locale, con un impegno di formazione sul posto, per costituire 
                        gruppi basati sui principi del municipalismo libertario, 
                        di modo che le prossime conferenze siano il risultato 
                        organico dell'impegno organizzativo svolto.
 Non sono uscite proposte concrete per una conferenza futura, 
                        ma uno dei presenti si è offerto di preparare per 
                        i partecipanti alla conferenza un elenco per le discussioni 
                        via e-mail, in modo da proseguire il dibattito teorico 
                        e pratico e valutare la possibilità di altri incontri.
 Chi desidera prendervi parte può prendere contatto 
                        con Chuck Fall a: chuckfall@earthlink.net.
 Per informazioni sugli atti della conferenza, è 
                        possibile scrivere a Jessica Buhler, 190 Lafina Place, 
                        Marshfield VT 05685 USA.
  
                         Janet Biehl (traduzione dall'inglese
 di Guido Lagomarsino)
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