| Lutopia possibile Tra ordine e caos
 Scriveva Nico Berti nel numero 2/1996 di Volontà (Spagna 
                  1936, lutopia è storia) che Lanarchismo in Spagna ha 
                  messo in luce, contro se stesso, lautonomia ambigua della politica, 
                  nel senso che una parte di questa prescinde dalla valenza ideologica 
                  della sua dimensione di dominio, con ciò sottolineando ancora 
                  una volta come uno degli irrisolti nodi teorici, e pratici, 
                  dellanarchismo sia, appunto, quello della politica, intendendo 
                  con tale parola/concetto non solo lambito dello statuale, ma 
                  soprattutto quellambito, imprescindibile per qualsiasi convivenza 
                  umana, che eccede lo stato ed in cui, dal confronto fra le diverse 
                  idee circa la società, si giunge alle decisioni che, regolamentando 
                  il suo vivere quotidiano, orientano la società stessa. La problematicità 
                  di tale nodo si è poi ulteriormente mostrata dirompente quando 
                  la riflessione libertaria ha, soprattutto negli ultimi lustri, 
                  dovuto affrontare le questioni, fra loro collegate, dellinsurrezionalismo, 
                  della rivoluzione, della libertà e della democrazia. Nel corso 
                  delle discussioni su tali problemi, infatti, si è visto chiaramente 
                  come la questione della politica sia il punto cruciale da risolvere 
                  per un anarchismo che voglia uscire dalle concezioni classiche, 
                  ormai rivelatesi semplicistiche e, soprattutto, ossificate, 
                  quindi non più in grado di guidare un agire che possa significativamente 
                  incidere sul mutamento sociale. È forse per la portata e la 
                  complessità di questi scogli teorici che la letteratura anarchica 
                  più significativa degli ultimi anni ha visto pubblicati soprattutto 
                  saggi di taglio storico o che si proponevano una illustrazione 
                  introduttiva al pensiero anarchico e libertario, mentre la saggistica 
                  più specificamente dedicata alla teoria e alla filosofia politica 
                  dellanarchismo è rimasta decisamente minoritaria. Ultimamente 
                  sembra però che la tendenza stia mutando e cominciano ad essere 
                  pubblicati testi che, pur diversissimi per intenzione, approccio 
                  teoretico, profondità analitica e sbocco propositivo, hanno 
                  al loro centro (anche se, a volte, in modo sottaciuto) proprio 
                  una riflessione su quale possa essere uno spazio politico compatibile 
                  col senso dellanarchismo, quale debba esserne la filosofia 
                  fondante e quali le modalità operative. La strada da percorrere 
                  per arrivare ad una formulazione sufficientemente chiara di 
                  tali questioni è, ovviamente, assai lunga e proprio testi quali, 
                  per citare solo i più importanti e stimolanti, Unidea esagerata 
                  di libertà di Nico Berti, edito da Elèuthera, Dallassalto 
                  al cielo allalternativa di Alain Bihr, edito dalla Biblioteca 
                  Franco Serantini di Pistoia, TAZ e Millenium di 
                  Hakim Bey, editi da Shake, Anarchismo e post-strutturalismo 
                  di Todd May, recentemente uscito presso Elèuthera, senza dimenticare 
                  non pochi numeri della succitata Volontà (che, purtroppo, 
                  ha ora sospeso le pubblicazioni), mostrano come lo sforzo critico 
                  e di tematizzazione debba essere ulteriormente approfondito, 
                  cosicché non cè che da augurarsi che siano sempre più numerosi 
                  i libri come Tra ordine e caos di Andrea Papi (edizioni 
                  Matzneller, Bolzano 1998, pag. 196, L. 25.000 richiedibile a: 
                  Matzneller editions, via Montello 23, 39100 Bolzano, telefono 
                  e fax 0471281677), che in questa strada si pongono.Papi, che è stato a lungo collaboratore di A, già con La 
                  nuova sovversione, ovvero la rivoluzione delegittimante, 
                  edito dalle edizione dellArchivio Famiglia Berneri nel 1985, 
                  si era volto a questo tipo di riflessione ed ora vi torna con 
                  un testo animato dalla esigenza di delineare presupposti e modalità 
                  di una politica anarchica consapevole di sé. Non è quindi 
                  a caso che, nel tentativo di chiarire il campo in cui questa 
                  intenzione vuole situarsi, il saggio (la cui lettura, almeno 
                  in alcune parti, non è aiutata da alcune pesantezze stilistico-linguistiche) 
                  si apra con alcuni capitoli specificamente dedicati ad una riflessione 
                  di taglio filosofico ed epistemologico il cui filo conduttore, 
                  fra psicologismo e razionalismo, approda ad una sorta di relativismo 
                  conoscitivo, che per Papi ha come conseguenza limpossibilità 
                  di una fondazione oggettiva delle proposte teorico-politiche. 
                  A partire da queste considerazioni lautore passa poi ad analizzare 
                  quelli che definisce, per usare gli esplicativi titoli dei capitoli, 
                  il problema politico e i suoi sensi, le sue categorie concettuali 
                  (potere, governo, autorità, gerarchie, dominio) e quelle teleologiche 
                  (libertà, giustizia, uguaglianza), interrogandosi quindi sullo 
                  stato, sulla democrazia e sullanarchia, per giungere infine 
                  al tentativo di identificare in una democrazia anarchica lorizzonte 
                  di unutopia possibile. Seguendo questo percorso -nel quale 
                  Papi mette in luce come i modi di intendere tali questioni possano 
                  avere un senso ben diverso da quello loro normalmente attribuito- 
                  viene sottolineato come nessuna società possa fare a meno dello 
                  spazio politico, inteso come spazio delle decisioni dotato di 
                  una sua autonomia e specificità, e, conseguentemente, come non 
                  sia possibile evitare che vi sia un potere che prenda tali 
                  decisioni. Contrariamente a quanto è avvenuto nella teoria e 
                  nella pratica politica occidentale, però, Papi vuole mostrare 
                  come tale spazio e tale potere non necessariamente debbano 
                  essere luoghi attraverso cui passa e si solidifica il dominio 
                  di una minoranza sulla maggioranza, mentre possono essere agiti 
                  da tutti i componenti la società, oggi in gran parte eterodiretti, 
                  come luoghi di autodirezione. È appunto da questo percorso che 
                  scaturisce la proposta della democrazia anarchica, vista come 
                  la creazione di uno spazio politico che, facendo a meno dello 
                  stato, cioè del luogo che storicamente è servito ad accentrare 
                  le decisioni nelle mani di una minoranza (un luogo che in tal 
                  modo è diventato ambito del dominio, come ha sempre messo in 
                  luce la critica anarchica classica), si riveli invece luogo 
                  di confronto/ricerca/decisione a tutti aperto e da tutti agito. 
                  In questo sforzo di riflessione, che dichiaratamente vede nel 
                  senso dellanarchismo il suo punto di riferimento, Papi si 
                  pone al di là di alcune problematiche (come lidea di rivoluzione/insurrezione 
                  o la questione del movimento militante) che, già affrontate 
                  nel libro precedente, considera ormai superate o decisamente 
                  antitetiche al senso della sua riflessione e della sua proposta, 
                  sottolineando invece come consideri necessario il ripensamento 
                  complessivo dellimmaginario che in vario modo anima tutti i 
                  componenti la società.
 Lenormità dei temi affrontati in questo testo, testimoniata 
                  anche dalla sterminata letteratura depositata da secoli di riflessione 
                  filosofico-politica, è di quelle che spaventerebbero chiunque, 
                  ed è un indubbio merito di Papi quello di affrontarli cercando 
                  di darne una visione/interpretazione panoramica, ma è proprio 
                  questo il campo in cui il suo testo, che certo stimola a pensare 
                  in profondità, rivela alcuni aspetti discutibili. Se sul piano 
                  dellapproccio filosofico, infatti, si sente la mancanza di 
                  una tematizzazione delle numerose riflessioni che, come quelle 
                  di impronta fenomenologica e heideggeriana o quelle post-strutturaliste, 
                  negli ultimi anni hanno contribuito a mettere alquanto in discussione 
                  gli approcci di taglio razionalistico-relativistico e psicologistico, 
                  è però sul piano della teoria e della filosofia politiche che 
                  più pesa la mancanza di un confronto diretto con alcuni temi 
                  che, indubitabilmente, sono centrali per il pensiero politico 
                  stesso. È questo il caso sia di questioni che Papi sfiora solamente, 
                  quali la sovranità e la comunità -recentemente 
                  affrontate da testi fondamentali come Homo sacer di Giorgio 
                  Agamben e Communitas di Roberto Esposito (ambedue editi 
                  da Einaudi)-, sia delle riflessioni e delle ricerche, inerenti 
                  uno spazio politico che vada oltre alle teorizzazioni liberali 
                  senza cadere nel rischio del totalitarismo, che hanno occupato 
                  la vita e lopera di una pensatrice quale Hannah Arendt.
 Pur con queste carenze, tuttavia, non si può non riconoscere 
                  a Tra ordine e caos il merito di tentare un approccio 
                  non conformista alla vastità del problema politico cercando, 
                  nel contempo, di delineare delle proposte non scontate per un 
                  mutamento dellesistente in senso libertario. Non è certo poco.
  Franco Melandri
 
    Troppo breveQuellestate
 Le squallide polemiche di questi mesi tra ex fascisti ed 
                  ex stalinisti sulla guerra civile spagnola (a proposito, caro 
                  Signor Romano: non le è mai sorto il dubbio che a permettere 
                  al partito comunista spagnolo -fino al luglio del 1936 risibile 
                  per numero e incidenza politica- di accrescere la propria nefasta 
                  influenza sia stata proprio linsurrezione militare capitanata 
                  da quel galantuomo liberaldemocratico quale era secondo Lei 
                  Francisco Franco?) hanno restituito attualità alla storia controversa 
                  e drammatica di quegli anni spagnoli. Sotto questo profilo, 
                  torna utile la lettura di un libro come quello di Enzesberger 
                  (La breve estate dellanarchia. Vita e morte di Buenaventura 
                  Durruti, Milano 1997, pp. 298, £ 15.000), da poco ristampato 
                  dai tipi della Feltrinelli. 
     Si tratta della terza edizione in lingua italiana (a distanza 
                  di 20 anni dallultima), di questa interessante ricostruzione 
                  storica della vita di Buenaventura Durruti (1896-1936), leggendaria 
                  figura dellanarchismo spagnolo, operaio metallurgico, leader 
                  della CNT e della FAI, espropriatore di banche, organizzatore 
                  sindacale, protagonista della insurrezione popolare del 19 luglio 
                  a Barcellona, comandante dellomonima colonna di miliziani che 
                  tentò invano di liberare Saragozza, morto infine nella difesa 
                  di Madrid il 21 novembre 1936.Il testo ripercorre tutte le più significative tappe della vita 
                  di Durruti, rendendo chiara la comprensione del contesto politico, 
                  culturale, economico e sociale in cui essa ebbe a compiersi.
 La scelta dellautore di far parlare direttamente i protagonisti 
                  (i compagni, gli amici, gli avversari) e i documenti di quella 
                  stagione politica rende la lettura avvincente e piacevole, e 
                  ci restituisce la figura di Durruti in tutta la sua umanità: 
                  esilarante lepisodio di Durruti casalingo preso in giro da 
                  alcuni compagni per quel ruolo così apparentemente lontano dallimmaginario 
                  guerriero e machista per il quale era conosciuto allora ed è 
                  poi passato ai posteri.
 Al di là di questi ed altri curiosi aneddoti, il libro di Enzesberger 
                  è decisamente affascinante soprattutto per un altro aspetto: 
                  rispetto a molte questioni su cui si sono scontrate (e continuano 
                  a scontrarsi) scuole storiografiche e ideologiche diverse (il 
                  ruolo dei comunisti nella guerra civile; le conquiste rivoluzionarie; 
                  la scelta della militarizzazione delle milizie; i combattimenti 
                  di Barcellona del luglio del 1937, ecc.), Enzensberger propone 
                  punti di vista diversi, non solo libertari, alcune volte in 
                  palese contraddizione gli uni con gli altri: la verità storica 
                  esce faticosamente dal confronto-scontro di varie tesi, spesso 
                  opposte, ma alla fine risulta più credibile e meno ideologica. 
                  La storia è infatti per lautore uninvenzione cui la realtà 
                  arreca i propri materiali. Non uninvenzione arbitraria, però 
                  (p. 12). E il punto di vista dellautore risulta infatti sufficientemente 
                  chiaro dal modo in cui questi documenti (interviste soprattutto) 
                  sono assemblati tra di loro.
 Alcuni capitoli sono preceduti da una glossa storica dellautore, 
                  nella quale vengono proposte interpretazioni delle vicende storiche 
                  nelle quali si svolge la vita di Durruti (le radici dellanarchismo 
                  spagnolo, la storia spagnola dal 1917 al 1936): in tal modo 
                  questo affresco storico tocca tutti i più importanti temi in 
                  cui si è dibattuta la rivoluzione spagnola: il rapporto dellanarchismo 
                  col potere, il problema della violenza rivoluzionaria, il ruolo 
                  controrivoluzionario degli stalinisti (denunciato da Enzesberger).
 Nonostante alcune lacune (molto spazio viene dedicato alle ricostruzioni 
                  belliche, molto poco alla trasformazione rivoluzionaria della 
                  Catalogna e dellAragona; molto discutibile la tesi secondo 
                  cui lerrore fondamentale degli anarchici spagnoli sarebbe stato 
                  quello di non essere scesi a compromessi col potere dello stato 
                  repubblicano), il libro, a distanza di 20 anni si legge ancora 
                  con piacere, e si conclude con un commovente omaggio agli anarchici 
                  spagnoli in esilio in Francia (allepoca regnava ancora il democratico 
                  garrotatore Franco).
  Francesco Berti
 Un altro Welfare.Dal basso
 Un libro di grande attualità (Colin Ward, La città dei ricchi 
                  e la città dei poveri, ed. e/o, Roma 1998, pp. 119, £ 10.000) 
                  quello proposto dalla collana politica delle edizioni e/o, soprattutto 
                  alla luce di alcuni avvenimenti sociali che hanno caratterizzato 
                  il solleone italiano 98. 
    A mesi dalla tragedia di Sarno i finanziamenti e i lavori di 
                  ricostruzione devono ancora partire per problemi burocratici 
                  dipendenti dal governo centrale? Un paese intero si rivolta 
                  e i comitati cittadini occupano il palazzo comunale accusando 
                  le autorità: se le cose stanno così, allora ci arrangiamo.A Napoli il dramma della disoccupazione assume toni esasperati. 
                  Disoccupati organizzati e lavoratori socialmente utili danno 
                  battaglia rifiutandosi di farsi rappresentare da cgl-cils-uil 
                  e si parla già di liste di collocamento autogestite.
 Il dramma di Simeone, il bimbo ammazzato dal pescatore di Ostia 
                  per pedofilia, attira lattenzione sul posto dove abitava: un 
                  quartiere difficile, fatto di palazzoni fatiscenti occupati 
                  da diversi anni da famiglie che così hanno risolto il problema 
                  della casa.
 Queste realtà vengono criminalizzate come violente, camorristiche, 
                  degradate, e i reportages dei media sono a dir poco superficiali 
                  o scandalistici.
 Su questi fatti il libro di Colin Ward vale più di tutti gli 
                  articoli di fondo dei nostri quotidiani. La città dei ricchi 
                  e la città dei poveri è una raccolta di lezioni tenute alla 
                  London School of Economics, in cui lautore ripercorre il percorso 
                  dei movimenti di abusivismo edilizio, di occupazioni urbane, 
                  di autogestione scolastica e sanitaria in Inghilterra a partire 
                  dal medioevo fino ai giorni nostri, con un intrigante capitolo 
                  finale sul XXI° secolo. Veniamo così a sapere che anche nel 
                  1300 i poveri nella città occupavano le case per risolvere i 
                  loro problemi. E solo da quando è nata lidea di Welfare State 
                  centralizzato che lo stato ha cancellato le esperienze di mutuo 
                  soccorso che andavano dallassistenza sanitaria alla costruzione 
                  delle scuole popolari, dalla creazione di posti di lavoro collettivi 
                  allorganizzazione del tempo libero. Secondo Ward un modello 
                  dimenticato di Welfare dal basso, in cui la gente decideva come 
                  doveva essere gestita una casa di cura partendo dalle esigenze 
                  della comunità e non dalle industrie farmaceutiche in base ai 
                  tickets da pagare.
 Tra gli esempi di Ward, cè quello delle società idriche inglesi 
                  che fino agli anni 70 erano gestite a livello locale. Poi sono 
                  state nazionalizzate e centralizzate, con la chiusura di moltissimi 
                  piccoli pozzi; infine sotto la Tatcher la società idrica è stata 
                  privatizzata. Le conseguenze? Comparando due grandi periodi 
                  di siccità, uno a metà degli anni settanta, laltro allinizio 
                  dei novanta, si vede come nella prima gli utenti si sentissero 
                  coinvolti nel superamento della crisi, con un risparmio del 
                  consumo domestico pari al 40 %. Nella crisi degli anni 90 invece, 
                  lacqua non è più un bene comune ma un bene di consumo, e alla 
                  scarsità dacqua la gente ha reagito con rabbia: se è una merce 
                  che paghiamo cara, con quale diritto ci vengono a dire di non 
                  consumare?
 Se il welfare sta morendo non cè da intristirsi insomma, ma 
                  solo da rimboccarsi le maniche per riportare tutto a una dimensione 
                  comunitaria in cui siano gli individui a gestire e non i managers 
                  pubblici.
  Alessandro Bresolin
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