| Ci sono molti modi per sfuggire alle 
                  leggi che vietano la pubblicità comparativa. Ci sono molti modi 
                  per sfuggire a qualunque legge. Ciò dipende dal fatto che le 
                  leggi sono umane, dunque imperfette. Dipende anche dal fatto 
                  che esistono due criteri interpretativi della legge: il criterio 
                  della Lettera e il criterio dello Spirito. Il secondo si basa 
                  sulla volontà del legislatore, che è quella che va ricercata 
                  per farla rispettare, qualunque sciocchezza semantica abbia 
                  scritto sulla carta; il primo prevede che quale che sia l'intenzione 
                  della legge tu comunque non sbagli se ti attieni a quanto in 
                  essa sta scritto. Un po', per farla breve, come il dilemma tra 
                  pregare Dio (lo Spirito) o stringere un patto col Diavolo (la 
                  Lettera). Se chiedi a Dio di proteggerti e aiutarti, se ciò 
                  è previsto dalla sua volontà, prima o poi succederà che mangerai 
                  per pranzo dei peperoni ripieni così indigesti, e starai così 
                  male, che sarai costretto a restare a letto un giorno intero 
                  perdendo così l'unica occasione che ti si presentava di firmare 
                  un contratto che ti avrebbe fatto guadagnare un milione di dollari. 
                  Però l'aereo con cui dovevi partire precipita e non ci sono 
                  superstiti. La tua idea di aiuto contemplava il milione di dollari. 
                  La sua no. Poteva andare peggio. Se chiedi al Diavolo di essere felice per sempre, la mattina 
                  ti svegli e sulla carta d'identità, dove dice "nome", mentre 
                  prima stava scritto "Carlo" ora sta scritto " Felice". Dodici 
                  ore dopo, muori d'infarto. Sulla tua tomba scrivono: "qui giace 
                  in eterno Felice". La partita doppia si chiude. La tua anima 
                  si tormenta all'inferno. Lui non aveva nessun torto. Tu non 
                  avevi specificato che cosa intendevi con "felice".
 La pubblicità conosce i molti modi di restare dentro la lettera 
                  e di lasciare implicito il reato di comparazione. Nessuno è 
                  così stupido da dire in televisione: "il biscotto del signor 
                  X fa vomitare i defunti, mentre il mio, Y, è così buono da farli 
                  resuscitare". Anche perché in pubblicità vige un'altra, tacita, 
                  legge: "se ne parli male, purché se ne parli". Nessuno, che 
                  io sappia, denunciò mai l'artefice di quello spot di alcuni 
                  anni fa, in cui gli astronauti di un ennesimo millennio, in 
                  esplorazione su un pianeta Terra ormai in rovina, bevono Pepsi 
                  e si chiedono, incuriositi di fronte a una lattina schiacciata 
                  di Coca Cola, che tipo di fossile sia mai quello. Non so se 
                  ve ne ricordate.
 Ma certamente avrete visto, di recente, lo spot di PASTA AGNESI, 
                  che a un certo punto conclude: "dove c'è Agnesi, c'è Agnesi". 
                  Sembra una stupidaggine, ma è sottile. Intanto segue la linea 
                  teorica del "Falqui: basta la parola", e dell'immediatamente 
                  precedente: "silenzio: parla Agnesi". Poi, soprattutto, assume 
                  una posizione critica nei confronti della concorrenza e del 
                  suo: "dove c'è Barilla c'è casa". Come dire che la qualità non 
                  ha bisogno di predicati: si dispiega da sola nella sua immutabile 
                  sostanza. Che fior di filosofi, gli scagnozzi di Agnesi. Hanno 
                  anche degli illustri predecessori.
 Soren Kierkegaard, filosofo danese della prima metà del secolo 
                  scorso, criticava la validità costruttiva dell'affermazione 
                  di Cartesio secondo la quale, poiché si può dubitare di tutto 
                  nell'esaminare la veridicità o illusorietà dei propri pensieri 
                  tranne del fatto di stare comunque pensando, se "io penso" di 
                  conseguenza "sono una sostanza pensante". Donde la deduzione 
                  di tutta la realtà, suddivisa dualisticamente in pensiero o 
                  spirito (sostanza pensante), e materia (sostanza estesa), con 
                  i relativi guai, argomento che qui tralasciamo. Kierkegaard 
                  obietta, nel suo Diario, che tale proposizione è una mera tautologia 
                  che identifica l'esistenza col pensiero. Dedurre dal pensiero 
                  l'esistenza di una sostanza, pensante o meno che sia, è scorretto, 
                  e Cartesio, al massimo, avrebbe dovuto limitarsi ad affermare 
                  che "io penso, dunque penso". Col che non si va da nessuna parte. 
                  Qualche più moderno filosofo esistenzialista o neopositivista 
                  afferma che quella di Kierkegaard non è una critica decisiva 
                  del "cogito". Ciò potrebbe anche starmi bene. Ma prosegue, attribuendo 
                  superiore definitività alla critica di Nietzsche, dove dice 
                  che "si pensa, dunque c'è qualcosa che pensa". A me personalmente 
                  quest'ultima sembra più una critica diretta all'identificazione 
                  dell'io con una sostanza, piuttosto che il tentativo di eliminare 
                  per vie logiche il concetto di sostanza surrettiziamente introdotto 
                  da Cartesio con la sua proposizione.
 Nonostante ciò, il fascino della "volontà di potenza" ha tradito 
                  i sicofanti del grano duro, come fece a suo tempo con Hitler. 
                  È evidente che lo spot non significa altro che questo: dove 
                  c'è Agnesi, c'è qualcuno che mangia Agnesi. A Barilla sta benissimo, 
                  e non vede l'ora di sottrarre alla concorrente le sue quote 
                  di mercato. Nessuno mangerà Agnesi, dunque tutti mangeranno 
                  Barilla. Il sillogismo quadra. Come si voleva dimostrare.
   Carlo E. Menga |