Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 7 nr. 59
estate 1977


Rivista Anarchica Online

Viva la confusione!
di L. L.

Contro la lottizzazione continua.
Fra i molti elementi emersi al convegno anti-repressione di Bologna, un posto di rilievo merita la grande confusione che ha caratterizzato le tre giornate di dibattiti e di manifestazioni - Dopo anni di "certezze", di verità marxianamente rivelate, di "strategie vincenti" che non hanno mai portato alla vittoria, la confusione assume il significato della diversità e dello scambio d'opinioni, della discussione generalizzata, della libertà di pensiero - Rompere la falsa unità della classe operaia sul terreno riformista per ricreare l'unità di tutti coloro che vogliono rovesciare il sistema.

Gli spalti del Palasport cominciano ad ondeggiare, in su in giù, da destra a sinistra, autonomi e lottatori continui si stanno menando vigorosamente; "contro i militanti dei comitati comunisti rivoluzionari che continueranno gli scontri verranno prese sanzioni disciplinari" grida istericamente Oreste Scalzone dell'autonomia organizzata di Milano. "Ammazzalo... che autonomia" esclama divertito qualcuno, ma il bello è che gli scontri si esauriscono rapidamente. Il leader ha richiamato all'ordine i suoi seguaci. Un fatto marginale, certo, ma emblematico di una delle numerose realtà presenti a convegno di Bologna. E di realtà a Bologna ce n'erano veramente tante, diversificate, spesso contraddittorie, ma la più parte unite nel rifiuto dell'autorità, dello stato, del modo tradizionale di fare politica, dei canoni di vita attuali, del neo-riformismo sinistrese. Il tutto aleggiante in una grande confusione. Finalmente. Viva la confusione, quando per anni idee chiare hanno significato soltanto la ripetizione dottrinale della liturgia marx-leninista, quando ogni nuova realtà doveva essere ingabbiata dentro schemi analitici vecchi e ammuffiti, quando veniva continuamente riproposta la separazione tra chi pensa e chi esegue.

Molti hanno incominciato a capire che è meglio pensare con la propria testa, anche se più faticoso. Non basta riappropriarsi del proprio corpo, se poi si lascia il proprio cervello in uso ai vecchi o ai nuovi dirigenti. Ci sono idee che a prima vista paiono strampalate? C'è confusione? Bene! La confusione (che vuole anche dire tante, tante idee diverse) fa paura solo a chi vuole dirigere, inquadrare, definire, perché è molto più facile imporre "strategie unificanti" sulle greggi che controllare tanti "diversi".

Se da un lato il convegno di Bologna ha espresso questi lati positivi, dall'altro ha presentato lo show dei leaders che riproponevano i temi di sempre: avanguardie, partito rivoluzionario, ricomposizione della classe, potere operaio, ecc. Che noia! Ma lasciarsi prendere dagli sbadigli non sarebbe produttivo, soprattutto se la vuota retorica dei leaders non nascondesse il solito intento di prendere le redini del nuovo dissenso, del sempre vivo progetto leninista di guidare le masse in nome della rivoluzione e delle masse stesse. A Bologna c'è stato anche questo. Al Palasport si è tenuto un grande psicodramma collettivo recitato di volta in volta dal capetto di turno applaudito e osannato dai suoi gregari e fischiato dai gregari delle fazioni opposte.

In quell'enorme arena la psicologia di massa ha ricreato quel rapporto gregaristico-autoritario che nelle strade, nelle piazze, nelle piccole assemblee, veniva criticato, demistificato, indicato come uno degli ostacoli della nostra liberazione. Fortunatamente le contrapposizioni tra le organizzazioni che hanno la pretesa di egemonizzare il movimento (Autonomia organizzata, Lotta continua, ecc.) hanno impedito che il convegno ratificasse linee politiche e strategie comuni. Così ognuno di questi gruppi si è dovuto accontentare di porre la propria candidatura a fantino del movimento senza che nessuno riuscisse a montare in sella.

È stato uno spettacolo veramente penoso vedere gli autoritari vecchi e nuovi inneggiare al nuovo dissenso antiautoritario per farsi accettare e quindi per fare accettare la loro funzione dirigente. Divisi ideologicamente, ma tutti uniti sotto le insegne della Lottizzazione Continua, hanno mostrato ancora una volta, al di là degli slogans, la loro volontà prevaricatrice. Molti l'hanno capito. Quello che invece non vogliono capire i desiderosi di potere è questo nuovo movimento fatto in gran parte di ex, nella sua maggioranza non ne vuole sapere più di strateghi della "linea vincente" e che la ribellione oggi non si nutre più di dogmi e che vuole essere soggetto autonomo, svincolato dagli schemi precostituiti da altri.

Purtroppo anche alcuni gruppi anarchici si sono lasciati prendere dalla prurigine dirigenziale ricalcando modalità di intervento e analisi che hanno del patetico, soprattutto nel movimento anarchico. Questi gruppi si sono posti come organizzazione staccata nei confronti del movimento in genere e nei confronti dei libertari convenuti a Bologna, convinti che la loro "dirigenza libertaria" fosse l'unica garanzia per la qualificazione della presenza anarchica a Bologna.

Per una sorta di processo imitativo questi compagni, vista la lottizzazione tentata dalle altre organizzazioni, hanno pensato di intraprendere un processo di lottizzazione anche loro, accettando una logica che, in quanto anarchici, non ci appartiene e che può portare a scelte che, oltre ad insterilire il nuovo movimento di ribellione, ci porta alla nostra autonegazione come propugnatori di una rivoluzione autenticamente libertaria.

Sarà bene intendersi. Non auspichiamo lo scioglimento del movimento anarchico nel movement, anzi, proprio perché rivendichiamo la nostra specificità di anarchici crediamo che determinate scelte siano sbagliate e fuorvianti.

La ventata libertaria del '68 fu in larga misura affossata dalla lottizzazione dei neo-dirigenti marxisti, i pochissimi anarchici allora esistenti non poterono impedire la svolta autoritaria, oggi che le carte si stanno rimescolando e che gli anarchici non sono più uno sparuto drappello, alcuni compagni pensano che la cosa migliore sia quella di prendere posto al banchetto delle spoglie del movimento piuttosto che combattere il ricrearsi di nuove dirigenze. Visto che ne abbiamo la forza prendiamoci la nostra fetta. Il ridicolo è che questi compagni mentre spartiscono, inneggiano all'unità della classe operaia o della classe tout-court. Ma basta con questi miti. Dobbiamo spaccare la falsa unità della classe operaia, funzionale solo al potere dei vertici sindacali, per ricreare l'unità di tutti coloro che vogliono buttare a mare questo sistema. Perché nelle attuali condizioni sociali, determinate dall'assetto delle istituzioni tardo-capitalistiche, l'unità della classe operaia viene gestita solo dalle potenti centrali sindacali socialdemocratiche e cogestrici del potere che nessuno spazio lasciano alle istanze rivoluzionarie.

Credere oggi in illusorie unità può farci commettere errori tragici, la non comprensione della realtà in cui ci muoviamo è un lusso che i rivoluzionari non possono permettersi.