Ricordando Michail Bakunin
Il popolo reale e vivente
intervista (immaginaria) a Michail Bakunin di Leonardo Caffo
“Anche la rivoluzione deve essere globalizzata ma, comunque, in uno spirito anarchico a partire dal basso e da organizzazioni autonome ed interne al sistema che contrastiamo”.
Anche sul trono più alto del mondo,
si sta seduti sul proprio culo
Michel de Montaigne
Nel minuscolo villaggio di Prjamuchino, non lontano da Tver, in Russia, nacque nel 1814 un figlio di nobili proprietari terrieri che frequentò, in seguito, la scuola di artiglieria di Pietroburgo. Michail Aleksandrovi Bakunin, il papà della visione maggioritaria entro il pensiero anarchico, è oggi - mentre lo incontro non lontano dalla fortezza di Pietro e Paolo, dove fu imprigionato - un omone barbuto e serio: il suo profilo, talvolta, sembra riecheggiare le forme di filosofi del passato come Schelling e Hegel (che tanto lo hanno influenzato). Bakunin, che conosce abbastanza bene l'italiano, anche se in modo molto partenopeo dato che soggiornò a Napoli intorno al 1865 per fondare il giornale Libertà e giustizia organizzando anche la sezione del movimento Lega Internazionale dei Lavoratori, si ferma abbastanza volentieri a chiacchierare con me. Morto nel 1876, solo tre anni dopo la pubblicazione di Stato e anarchia, sembra davvero curioso di conoscere da me - come se poi ne fossi davvero in grado - cosa ne è stato del suo pensiero e del destino di quel “popolo reale e vivente” su cui tanto ha scritto, sperato e lottato...
Se oggi gli anarchici hanno tanto a cuore la differenza
tra Stato e Società, e una propensione per la seconda
ai danni del primo, è grazie a te o, perlomeno, soprattutto
grazie a te. Stato e anarchia mostra, limpidamente,
le differenze insuperabili tra marxismo e anarchia: la tua idea
che una borghesia rossa potrebbe sostituirsi (come, di fatto,
è avvenuto nella Russia stalinista), d'emblée,
a una precedente borghesia contestata in fase rivoluzionaria,
ha influenzato i movimenti di critica sociale contemporanei
in modo netto e preciso. Oggi i centri sociali, al di là
delle infinite sottodivisioni, sono soprattutto segati in due
entro uno spazio geometrico delle rivoluzioni possibili: anarchici
e marxisti. Immagino ti aspettassi un risultato del genere -
ma l'incomunicabilità tra chi, del resto, ha un obiettivo
parzialmente comune spesso rattrista...
Più si pensa, più ci si divide. Questa è la cifra di ogni filosofia politica. La coesione è chimera per l'incoscienza... poco da disperarsi. Obiettivi comuni sono spesso false apparenze: cosa c'è di comune tra chi vuole libertà senza padroni e tra chi vuole altri padroni, solo meno borghesi, dimenticandosi che la dialettica servo/padrone di Hegel si ripresenta, di continuo, anche tra chi crede di conoscerla come si deve? Tutto il mio pensiero è ruotato intorno a due polarità - libertà e natura. Il marxismo ha problematizzato la prima, dimenticandosi della seconda. Si può pensare la libertà senza pensare la natura umana? No - questa negazione è la positività dell'anarchia. Nessun paradosso, ma mi spiego meglio. La natura è la sintesi dell'esistenza: unisce inorganico e organico fino al vivente più socialmente complesso quale noi umani siamo. Non è antropocentrismo, ma constatazione di una complessità sociale assai elevata che può essere compresa solo se guardiamo al materiale (o naturale, nella mia analisi c'è specularità). Come ho spiegato nelle mie Considerazioni filosofiche, infatti, il sociale emerge dal naturale: lo Stato si impone su questo flusso emergente interrompendolo, con violenza, creando una sovrastruttura che è intrinsecamente votata alla formazione di classi: governanti e governati, datori di lavoro e lavoratori... come possiamo concepire la libertà, realmente, entro questa cornice?
Rivoluzione popolare
Si, capisco bene quello che sostieni. Ma in questa tua
visione “naturalista” hai difeso un determinismo,
spesso definito “monistico”, che onestamente contraddice
la tua idea di libertà come emergente dalla natura. Come
in Lutero e in Calvino, anche se per ragioni diverse, se c'è
determinismo robusto non può esserci libero arbitrio:
come può una rivoluzione sociale avvenire senza assumere
la libertà come entità autenticamente umana?
Fraintendi la mia filosofia, permettimi, quando parli di determinismo
robusto: io sono quello che può definirsi, piuttosto,
compatibilista. La natura ha un ordine che tende a rendere determinato
il suo corso ma questo non inficia l'autenticità della
volontà umana: dal bisogno di conoscere dell'umano nasce
un'istanza di libertà. Non è che il mio viaggio
in Italia1, per dirne una, sia
stato scritto nel firmamento: era nell'ordine delle cose, certo,
ma è il mio desiderio di conoscere (unito alle contingenze
dell'esilio) che lo ha reso possibile. Lo stesso vale per le
rivoluzioni: cos'è una rivoluzione se non il desiderio
di conoscere all'ennesima potenza? Gli Stati contemporanei,
come quelli del mio tempo, rendono la conoscenza accessoria
e istituzionale ma è l'educazione libertaria, svincolata
dalle imposizioni, l'unico sentiero possibile verso l'apprendimento.
Per questo sono anche contrario a una sostituzione, come nel
marxismo, delle gerarchie tradizionali con quelle operaie: il
problema non è chi esercita il potere, il problema è
il potere stesso.
Si ma sogno a parte, si può davvero vivere senza
esercitare potere? La natura, del resto, che tanto contempli,
sembra una specie di fenomenologia del dominio in varie forme:
predazione, controllo... dove sta l'assenza di potere?
No! Qui sta l'errore: il potere non è semplice controllo,
il potere è istituzionalizzazione della violenza mascherata
sotto falsi nomi e variopinte forme. Noi anarchici abbiamo una
“missione inderogabile” che risiede nel cambiare
le cose - ma non sostituendo potere di serie B con potere di
serie A. L'anarchia è una bilancia: l'arroganza dei forti
e dei potenti non può riempire ogni spazio sociale. Il
mondo della libertà umana, che rompe il determinismo
della Natura, è un mondo basato sull'eguaglianza. Ho
dato la vita per l'armonia e questa è possibile solo
grazie all'azione di coloro che vivono in un mondo disarmonico
come il nostro percependo correttamente le stonature: per produrre
un canto piacevole e intonato bisogna agire come vorremmo essere!
Credo infatti che «la natura intima o la sostanza di una
cosa non si conosce soltanto dalla somma o dalla combinazione
di tutte le cause che l'hanno prodotta, si conosce ugualmente
dalla somma delle sue diverse manifestazioni o da tutte le azioni
che essa esercita all'esterno. Ogni cosa è ciò
che fa [...] il suo agire e il suo essere sono tutt'uno»2.
Ecco forse sta qui, a mio avviso, il perché di
questa divisione tra rivoluzionari: il valore che diamo alle
azioni dirette, anche individuali non solo organizzate in modo
collettivo. Anarchia è azione, il marxismo ne è
teoria: ma quali spazi abbiamo oggi per agire? Che forma ha
la rivoluzione oggi?
La rivoluzione deve essere essenzialmente popolare: di un popolo
che sia reale e vivente. I comunisti credono, pensando
di agire per la libertà e sono degli ingenui, che una
qualche avanguardia non bene identificata debba guidare le masse
popolari attraverso il cammino rivoluzionario. Il classismo,
lo capirebbe chiunque, è ancora letale: la rivoluzione
deve essere auto-organizzata dal basso. Se non c'è spinta
dal basso, come negli organismi biologici (qui la natura torna
importante), non si risale mai verso l'alto. Chi decide chi
compone l'avanguardia? Chi decide chi è intellettuale
rivoluzionario e chi no? Chi decide cosa è il bene di
un popolo? Ogni risposta a quel “chi decide” è
antirivoluzionaria, non anarchica e, soprattutto, dispotica.
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Michail Bakunin |
Un desiderio esagerato di libertà
Ma oggi ci muoviamo in una prospettiva estremamente globalizzata
- di quale popolo, e di quale “dal basso”, stiamo
parlando? Credo che ci sia almeno la necessità di riferirsi
a una dimensione europea - del resto tu stesso hai affermato
che «lo Stato da una parte e la Rivoluzione Sociale dall'altra,
sono i due poli il cui antagonismo rappresenta l'essenza stessa
della attuale vita pubblica in tutta l'Europa»3.
Come risolviamo questo antagonismo? Di tentativi rivoluzionari
oggi, non tanto in Europa ma penso alla Mezzaluna Fertile, ne
abbiamo avuti: ma gli Stati si impongono, esportano a cannonate
le democrazie, vigilano sull'ordine fittizio del contemporaneo.
In un mondo globalizzato, oggi più che ai tuoi tempi,
che fare?
Anche la rivoluzione deve essere globalizzata ma, comunque,
in uno spirito anarchico a partire dal basso e da organizzazioni
autonome ed interne al sistema che contrastiamo. Gli strumenti
ci sono: internet è una potenza, certo a doppio taglio,
ma su cui noi non potevamo minimamente contare. Marx mi rispose
esplicitamente sostenendo che uno Stato deve comunque esserci4
- e questa sua mancanza di fiducia nell'umano si è diffusa
a macchia d'olio e sento perfino l'eco nelle tue domande. Il
popolo non può resistere in eterno a fare da comparsa
alle sue stesse sorti: un'Europa unita dall'economia su questa,
davvero, mi stai interrogando? Che ogni unione che non parte
dall'etica e dalla libertà è una falsa unione:
globalizzare la rivoluziona significa, innanzitutto, cercare
motivi di unione a partire dalla volontà di conoscere
e non di subire conoscenze imposte dal dominio altrui. Tu mi
dirai, o penserai, che tanto tutto ciò non porta a niente.
Ma la rivoluzione non è un ricettario: e l'anarchia è
un desiderio esagerato di libertà - non può che
essere imprevedibile perché prevedibile è solo
ciò che si sviluppa entro una griglia di soluzioni già
date. Questa griglia è il Capitale5,
ma anche rivoluzioni autoritarie, rosse o finto-borghesi. «Non
abbiamo l'intenzione né la minima velleità di
imporre al nostro popolo oppure a qualunque altro popolo, un
qualsiasi ideale di organizzazione sociale tratto dai libri
o inventato da noi stessi ma, persuasi che le masse popolari
portano in se stesse, negli istinti più o meno sviluppati
della loro storia, nelle loro necessità quotidiane e
nelle loro aspirazioni coscienti o inconsce, tutti gli elementi
della loro futura organizzazione naturale, noi cerchiamo questo
ideale nel popolo stesso»6.
Se si crede davvero di poter guidare una rivoluzione si è
davvero ancora in alto mare: se sapessi cosa fare, caro Leonardo,
significa che non avrei davvero idea del perché è
necessario fare qualcosa. Il popolo non si muoverà, si
sta già muovendo - mettersi in ascolto di questa sinfonia,
e farne parte, è l'unico messaggio propositivo che mi
sento di poter dare. Che sinfonia sia dunque, e che ne si colga
presto l'armonia e la dolcezza.
Leonardo Caffo
Note
1. M. Bakunin, Viaggio in Italia, elèuthera, Milano
2013.
2. M. Bakunin, Considerazioni filosofiche, La Baronata,
Carrara 2000, p. 143.
3. M. Bakunin, Stato e anarchia, Feltrinelli, Milano
1968, p. 32
4. K. Marx, “Appunti sul libro di Bakunin Stato e anarchia”,
in K. Marx, F. Engels, Marxismo e Anarchismo, Editori
Riuniti, Roma 1971
5. Ho articolato questa analisi in L. Caffo, Flatus Vocis:
breve invito all'agire animale, Novalogos, Aprilia 2012.
6. M. Bakunin, Stato e anarchia, cit., p. 167.
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