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 Una corsa verso il mare 
 di Bruno Bigoni 
  Considero il cinema l'arte più 
                  realistica che esista, e in questo senso i suoi principi poggiano 
                  sull'identità con il reale, sulla capacità di 
                  fissare la realtà in ogni singola inquadratura. Per ciò 
                  che concerne i due principi base del significato del cinema, 
                  del realismo dell'immagine da una parte e del montaggio dall'altra, 
                  mi sembra che sia necessario operare delle distinzioni.
 La specificità del cinema consiste nel fissare il tempo, 
                  e il cinema opera con dei tempi selezionati come unità 
                  di misura estetica (le sequenze) che possono essere ripetute 
                  all'infinito. Nessuna altra arte dispone di questo mezzo. E 
                  più l'immagine è realistica, più essa è 
                  vicina alla vita, più il tempo diviene autentico, cioè 
                  non fabbricato, non ricreato. Per spiegarmi meglio: il tempo 
                  filmico è evidentemente fabbricato e ricreato, ma si 
                  avvicina a tal punto alla realtà da confondersi con essa.
 
                   
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                    | Jean-Pierre 
                        Léaud in I quattrocento colpi diFrançois Truffaut (Francia, 1959)
 |  Per il montaggio come per la messa in scena, il giusto principio 
                  è il seguente: il film è come un fiume. La natura 
                  lo fornisce di una tecnica, di un'intelligenza che gli consentono 
                  di andare sicuro, verso il mare. La sua azione è quella 
                  di andare verso il mare. La terra, con le sue alture, le sue 
                  pietre, le sue pianure, lo devia, lo rallenta, lo fa correre 
                  veloce. E il fiume fa mulinelli, crea onde, rapide, cascate, 
                  si placa, ma sempre verso il mare va. Il fiume esprime la sua 
                  fretta attraverso la natura del terreno che percorre. Esprime 
                  se stesso come acqua e la terra come terra. L'ipotesi più 
                  avvincente è che creare immagini sia parte di un tutto 
                  che si trasforma e si crea via via che il film prende forma 
                  nel suo divenire. Ovviamente, ciò che rende possibile 
                  la creazione del film nella sua forma finita non è solo 
                  la personale tecnica dell'autore, ma la sua sensibilità, 
                  la sua intelligenza, il suo coraggio, la sua curiosità, 
                  il suo immaginario. In questo modo il cinema diventa una sorta 
                  di specchio della realtà che racconta. Noi guardiamo 
                  le immagini di un film, ma ciò che vediamo siamo noi 
                  stessi.
  Bruno Bigoni
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