| Colombia 
 Quel negoziato infinito 
 testo di Orsetta Bellani / foto Orsetta Bellani e Bruno Federico 
 
 La lunga storia delle trattative, ancora in corso, tra il governo e i guerriglieri delle Farc.L'obiettivo è la fine degli scontri armati, dei sequestri, di una lunga serie di violenza generalizzata.
 Ma dietro ci sono i gravi problemi sociali, dalla persistenza del latifondo al ruolo delle milizie paramilitari, dalla povertà endemica alla questione indigena.
 
 Il 17 novembre 2012 all'Avana 
                  (Cuba) sono iniziati i negoziati di pace tra il governo colombiano 
                  di Juan Manuel Santos e i guerriglieri marxisti delle Farc-Ep 
                  (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia - Ejército 
                  popular). Un accordo tra le parti metterebbe fine a una guerra 
                  che dura da mezzo secolo e che ha causato circa 220.000 morti 
                  e 5 milioni di sfollati. Secondo l'Internal displacement monitoring 
                  center, la Colombia è il paese con il maggior numero 
                  di profughi al mondo.
 Nel 1948, a seguito dell'omicidio del candidato del Partito 
                  liberale Jorge Eliécer Gaitán, iniziò un 
                  periodo chiamato “la Violencia” che si concluse 
                  con un accordo per la spartizione del potere tra il Partito 
                  Conservatore e quello Liberale. Questo non mise realmente fine 
                  alla violenza nel paese: i due partiti non furono capaci di 
                  migliorare le condizioni di vita della popolazione rurale, che 
                  negli anni '60 formò gruppi guerriglieri comunisti come 
                  le Farc, l'Eln e l'Epl.
 “I problemi nell'accesso alla terra e la mancata rappresentazione 
                  dei contadini nella vita politica del paese spiegano l'origine 
                  delle guerriglie negli anni '60” spiega ad Arivista Sergio 
                  Coronado del Cinep (Centro de Investigación y Educación 
                  Popular, con sede a Bogotá). I gruppi guerriglieri sono 
                  nati per difendere i diritti dei contadini, calpestati da un'oligarchia 
                  terriera che ancora oggi spadroneggia nelle campagne colombiane, 
                  ma sono criticati per le morti causate tra i civili e per la 
                  decisione di autofinanziarsi con la trasformazione della foglia 
                  di coca in cocaina, che viene poi esportata – il 70 per 
                  cento negli Stati Uniti – dai cartelli criminali.
 Per combattere le guerriglie e difendere i propri interessi, 
                  i latifondisti crearono le milizie paramilitari con la complicità 
                  dello stato e l'appoggio dei cartelli del narcotraffico. Negli 
                  anni '90 nacquero le Autodefensas Unidas de Colombia (Auc), 
                  il cui scopo era fare “il lavoro sporco”: ai paramilitari 
                  venivano affidate le azioni che erano sottratte all'esercito 
                  regolare, in modo da non macchiare l'immagine del governo. In 
                  questo senso, come rileva José Antonio Gutiérrez 
                  nelle pagine del quotidiano online spagnolo rebelion.org, non 
                  bisogna equiparare in modo semplicista la violenza paramilitare 
                  all'assenza dello stato, ma considerare il paramilitarismo come 
                  l'espressione più perversa del controllo statale.
 Per decenni i paramilitari delle Auc hanno seminato il terrore 
                  nelle campagne colombiane, uccidendo, torturando e violentando 
                  la popolazione rurale accusata di appoggiare la guerriglia: 
                  secondo dati della Fiscalía General de la República 
                  (Procura della Repubblica), i paramilitari hanno confessato 
                  25.000 omicidi, più di mille massacri e di aver creato 
                  3.599 desaparecidos.
 Nel 2005 in Colombia è entrata in vigore la Ley de Justicia 
                  y Paz (Legge di Giustizia e Pace), finalizzata a smantellare 
                  i gruppi paramilitari: questi avevano accumulato tanto potere 
                  da creare problemi agli stessi gruppi oligarchici che li avevano 
                  creati. Dal processo di smantellamento dei paramilitari hanno 
                  preso forma le cosiddette Bacrim (Bande Criminali) che, a differenza 
                  delle Auc, non hanno una struttura di comando centralizzata 
                  pur essendo sufficientemente coordinate a livello nazionale. 
                  Sotto questa nuova identità, i paramilitari delle Auc 
                  continuano a operare nelle campagne colombiane in difesa dei 
                  latifondisti e dei grandi allevatori. Nella capitale Bogotá 
                  e in altre zone del paese dove fioriscono gli interessi imprenditoriali 
                  e il turismo, la guerra sembra invece un problema lontano.
 
                   
                    |  |   
                    | Donne di Afasan (Asociación femenina agropecuaria de San Cayetano), associazione femminile di contadine
 sfollate 
                  di Montes de María, nel nord della Colombia.
 In questa zona quasi il 50 per cento della popolazione ha
 dovuto abbandonare le proprie case a causa del conflitto.
 Con l'aiuto di alcune ong, le donne di Afasan
 sono riuscite 
                  a creare dei progetti produttivi
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 Strategia repressiva  Anche i presidenti Belisario Betancourt e Andrés Pastrana 
                  cercarono un accordo di pace con la guerriglia. Dalle negoziazioni 
                  tra Betancourt e le Farc del 1984 nacque il partito Unión 
                  Patriotica (Up), per riunire i guerriglieri che avevano deposto 
                  le armi. La Unión Patriotica ebbe però vita breve: 
                  in pochi mesi vennero assassinati migliaia di militanti e decine 
                  di sindaci e parlamentari, oltre ai due candidati presidenziali 
                  Jaime Pardo Leal y Bernardo Jaramillo. Il partito venne quindi 
                  sciolto, e i guerriglieri ripresero in mano le armi.I falliti negoziati del presidente Pastrana portarono invece 
                  alla firma, nel 1999, del Plan Colombia: un programma di cooperazione 
                  militare con gli Stati Uniti che ha avuto come conseguenza la 
                  militarizzazione delle zone più strategiche – quelle, 
                  ad esempio, più ricche di risorse naturali e in cui i 
                  movimenti sociali lottano per il territorio – e che permette 
                  loro una presenza militare diretta nel paese sudamericano. Con 
                  la firma del Plan Colombia, Pastrana scelse di combattere la 
                  guerriglia utilizzando una strategia repressiva, invece di approvare 
                  una riforma agraria capace di redistribuire la ricchezza nel 
                  paese, incidendo in questo modo sulla principale causa della 
                  guerra.
 
                   
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                    | Il colonnello Javier Reyes durante l'evento “Convivencia, Reconciliación y Paz”, che si è svolto il 
                  7 dicembre 2012
 nel corregimiento de Conejos (Dipartimento della 
                  Guajira).
 Attraverso questo tipo di eventi, durante i quali
 cantano 
                  e ballano i bambini, l'esercito colombiano
 si pubblicizza come 
                  pacifista.
 In questa occasione l'esercito ha donato alla cittadinanza
 di 
                  Conejos strumenti musicali e macchine da cucire,
 doni che, secondo 
                  gli organizzatori, dovrebbero dissuadere
 i giovani dall'entrare 
                  a far parte della guerriglia
 |   Juan Manuel Santos, che è stato eletto presidente nel 
                  2010, a differenza del suo predecessore Álvaro Uribe 
                  ha subito riconosciuto la presenza di un conflitto e si è 
                  impegnato a risolverlo con metodi pacifici. Ad ogni modo, mentre 
                  prendeva contatti con le Farc per instaurare un processo di 
                  pace, Santos assegnava al Ministero della Difesa uno dei budget 
                  più alti nella storia del paese. All'Avana si cerca un 
                  accordo per la pace, ma in Colombia continua la guerra: il governo 
                  non ha accettato la proposta di cessate il fuoco delle Farc 
                  e il 21 luglio scorso, dopo l'uccisione di 19 militari, il presidente 
                  ha ordinato alla forze armate di incrementare l'offensiva contro 
                  la guerriglia finché non si arrivi alla firma di un accordo.Perché, incoerenze a parte, Santos si è impegnato, 
                  a differenza di Uribe, nella ricerca di un dialogo con le Farc? 
                  Secondo un articolo di Ignacio Ramonet dal titolo “¿Paz 
                  en Colombia?” - pubblicato nell'edizione spagnola del 
                  dicembre 2012 di Le Monde Diplomatique -, la differenza fondamentale 
                  è che Uribe rappresenta l'oligarchia terriera colombiana, 
                  mentre Santos protegge gli interessi di quella urbana (i cosiddetti 
                  “cacaos”). E i gruppi di potere cittadini sono favorevoli 
                  al processo di pace per varie ragioni: innanzitutto, l'oligarchia 
                  urbana non dovrebbe sostenere, al contrario di quella rurale, 
                  il costo di una seppur timida riforma agraria, che è 
                  tra le principali richieste delle Farc all'interno dei negoziati. 
                  Al contrario, una redistribuzione della terra causerebbe una 
                  crescita delle possibilità economiche della popolazione 
                  e un conseguente aumento del bacino dei consumatori. Inoltre, 
                  un abbandono delle armi da parte delle Farc permetterebbe ai 
                  grandi imprenditori di occuparsi dello sfruttamento delle immense 
                  risorse presenti nel sottosuolo del paese, senza trovarsi la 
                  guerriglia tra i piedi.
 Da parte loro, le Farc hanno interesse a impegnarsi nei negoziati 
                  per varie ragioni. La guerriglia sta riscontrando problemi del 
                  punto di vista militare: seppur ancora in grado di tener testa 
                  all'esercito colombiano (che non può sperare in una vittoria 
                  militare contro un gruppo che, con i suoi circa 20mila miliziani, 
                  rappresenta la guerriglia numericamente più importante 
                  dell'America Latina), le Farc hanno perso alcuni dei suoi più 
                  importanti leaders, come Raúl Reyes, Alfonso Cano, Tirofijo, 
                  Iván Ríos e Simón Trinidad, che si trova 
                  in carcere negli Stati Uniti. Inoltre, i leader delle Farc sopravvissuti 
                  all'imponente offensiva militare dell'ultimo decennio possono 
                  aver preso in considerazione – rileva Ignacio Ramonet 
                  nell'articolo già citato – l'esperienza dei governi 
                  socialisti latinoamericani come Venezuela, Bolivia o Ecuador, 
                  che dimostrano come la conquista pacifica del potere sia un 
                  traguardo possibile da raggiungere.
 
                   
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                    | Blancanubia Díaz del Movice (Movimientode víctimas 
                  de crímines de estado).
 “Nel 2000 i paramilitari hanno ucciso mio marito per
 rubargli la terra”, racconta Blancanubia. “Dopo
 neanche un anno mia figlia di quindici anni
 fu torturata, violentata, 
                  fatta sparire e poi uccisa per punire
 me, che ero leader della 
                  Asociación de mujeres
 indígenas y negras de Colombia 
                  (Associazione delle Donne
 Indigene e Nere della Colombia), un'organizzazione 
                  per i
 diritti delle donne contadine”. La spilla che indossa
 ritrae la figlia uccisa dai paramilitari
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                    | Luís Alfredo Torres della comunità El Salado 
                  (Dipartimento di Sucre), dove nel febbraio 2000 un'incursione 
                  di 450
 paramilitari causò 66 morti e lo sfollamento di 
                  600 famiglie.
 Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, durante
 il massacro 
                  durato quattro giorni i paramilitari bevevano
 liquore, torturavano 
                  i feriti, violentavano le donne e
 giocavano a pallone con le 
                  teste dei decapitati, mentre
 ascoltavano musica ad alto volume
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                    | Primitivo Peréz della comunità La Bonga (Dipartimento 
                  di Bolívar).
 Il 5 aprile 2001, i paramilitari delle Auc entrarono nella 
                  Bonga
 avvisando che avrebbero cacciato gli abitanti dalle loro
 case se nel giro di 48 ore non avessero lasciato la comunità.
 Le famiglie della Bonga vivono oggi nel paese di
 San Basilio 
                  de Palenque e lamentano di non aver ricevuto
 nessun aiuto da 
                  parte del governo
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 Riforma agraria integrale  Il tema agrario è stato scelto come primo tema nell'agenda 
                  dei negoziati perché gli squilibri nell'agro colombiano 
                  sono considerati come causa principale del conflitto armato. 
                  La guerra favorisce la concentrazione della terra in poche mani, 
                  aumentando la forbice tra i (tanti) poveri e i (pochi) ricchi. 
                  Questo soprattutto a seguito dell'azione violenta dei gruppi 
                  paramilitari, che ha portato milioni di contadini ad abbandonare 
                  la propria terra per rifugiarsi in altri paesi, in città 
                  o all'estero. Spesso la terra “liberata” dall'azione 
                  delle milizie irregolari viene comprata dai latifondisti o dalle 
                  transnazionali, interessate alla ricchezza del suolo o del sottosuolo 
                  colombiano. Di fatto, nel paese sudamericano l'indice di distribuzione 
                  della terra (Indice di Gini) misura 0,8, in una scala in cui 
                  1 corrisponde alla sua concentrazione totale, situazione che 
                  ha contribuito a fare della Colombia il terzo paese più 
                  disuguale del mondo. “Il 52,2 per cento del totale della 
                  terra appartiene all'1,1 per cento della popolazione. Con questi 
                  dati, di che pace stiamo parlando? Per frenare il conflitto 
                  bisogna incidere sulle cause”, denuncia Nelly Velandia 
                  della Mesa de incidencia política de las mujeres rurales 
                  de Colombia.La società civile colombiana, riunita tra il 17 e il 
                  19 a Bogotá nel Forum su Politica di Sviluppo Agrario 
                  Integrale – evento convocato dal governo e dalle Farc 
                  perché questa potesse presentare le proprie proposte 
                  ai negoziati di pace –, ha chiesto l'approvazione di una 
                  riforma agraria integrale. “Non chiediamo solo la redistribuzione 
                  della terra, ma la redistribuzione di tutta la ricchezza che 
                  noi, lavoratrici e lavoratori colombiani, costruiamo giorno 
                  per giorno”, ha annunciato Olga Lucía Quintero 
                  della Asociación Nacional Zonas de Reserva Campesina 
                  (Anzorc). “Chiediamo anche la redistribuzione del potere. 
                  Non il potere al quale siamo sottomessi, il potere che opprime, 
                  discrimina, esclude e teme la diversità. Abbiamo diritto 
                  a esercitare il potere, il potere che dalla base arricchisce 
                  tutta la società”.
 
                   
                    |  |   
                    | Militare di guardia alla Casa de Nariño (Bogotà), residenza del Presidente della Repubblica
 |  Dunque, come le Farc, le organizzazioni contadine, indigene, 
                  afrodiscendenti e per i diritti umani di tutta la Colombia hanno 
                  chiesto al governo la redistribuzione della terra. Tuttavia, 
                  all'inizio del processo di pace il capo della delegazione governativa 
                  ai negoziati dell'Avana, Humberto De la Calle, ha messo in chiaro 
                  che il governo non è disposto a mettere in discussione 
                  il modello di sviluppo economico.
 
                   
                    |  |   
                    | Due pagliacci si burlano di un militare colombiano |  Alla fine dello scorso maggio, le parti hanno firmato un'intesa 
                  sul tema agrario che entrerà in vigore solo se arriveranno 
                  a un accordo sulla totalità dell'agenda, che prevede 
                  il confronto su altri quattro temi: partecipazione delle Farc 
                  nella vita politica del paese, fine del conflitto, narcotraffico 
                  e riparazione alle vittime. In un comunicato del 26 maggio, 
                  Farc e governo hanno dichiarato che l'accordo raggiunto porterà 
                  a un cambiamento radicale nella situazione agraria del paese, 
                  distribuendo terra ai contadini e colmando l'enorme divario 
                  che separa le campagne dalle città. Secondo l'analisi 
                  di Juanita León del periodico digitale colombiano La 
                  Silla Vacía, l'accordo “cerca cambiamenti sociali 
                  significativi senza compromettere i poteri legali stabiliti”. 
                  Il governo, secondo la León, non farà altro che 
                  creare nuove istituzioni nelle campagne in cui i guerriglieri, 
                  una volta deposte le armi, potranno inserirsi come dirigenti 
                  locali.
 “Non si può pensare che il processo di pace porti 
                  alla fine del latifondo o a una trasformazione strutturale del 
                  paese”, spiega Sergio Coronado del Cinep (Centro de investigación 
                  y educación popular). “Però può generare 
                  una base sulla quale costruire un modello di sviluppo rurale 
                  molto più vicino ai bisogni dei contadini, questo sarebbe 
                  più facile in assenza di un conflitto armato. Tuttavia, 
                  la risoluzione dei conflitti agrari del paese non dipende dalla 
                  firma degli accordi di pace. L'assenza di conflitto armato non 
                  implica l'assenza di conflitto sociale”.
  Orsetta Bellani
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