| Spagna 
 La primavera dei centri sociali
 
 testo e foto di Steven Forti 
 
 Ventitré (e più) centri sociali occupati (e ri-occupati) a Madrid.Nell'ultimo biennio, in Spagna, il processo delle okupaciones ha conosciuto una forte accelerazione.
 Nello scorso numero di “A” 
                  (“Spagna. Due 
                  anni dopo”), spiegavo come si sia verificato una specie 
                  di processo di normalizzazione della pratica delle occupazioni, 
                  che nella metropoli catalana sono aumentate di numero negli 
                  ultimi mesi e hanno visto la partecipazione di persone molto 
                  diverse. Occupazioni di edifici per poter creare spazi autogestiti 
                  e luoghi di incontro nei quartieri e per poter dare un alloggio 
                  alle migliaia di famiglie che sono state sfrattate dal 2008 
                  ad oggi a causa del dramma dei mutui ipotecari. Un problema 
                  di dimensioni colossali in Spagna.
 Solo per rendere l'idea: nel 2012 ci sono stati una media di 
                  517 sfratti giornalieri, per un totale di oltre 500mila dallo 
                  scoppio della crisi nell'autunno del 2008. A questo dato se 
                  ne deve aggiungere un altro, quello del numero degli appartamenti 
                  sfitti che secondo recenti stime di El País tocca quota 
                  tre milioni e mezzo. Appartamenti sfitti che in gran parte sono 
                  di proprietà di istituti finanziari e banche, come Bankia 
                  e Catalunya Caixa, che hanno speculato per oltre un decennio, 
                  favorendo la gigantesca bolla immobiliare spagnola, e che nell'ultimo 
                  biennio sono stati “salvati” grazie a forti iniezioni 
                  di denaro pubblico. In maniera autonoma o con l'appoggio della 
                  Plataforma de afectados por la hipoteca (Pah) nell'ultimo anno 
                  e mezzo sono stati occupati parecchi edifici in tutta la Spagna, 
                  come nel caso delle nove corralas di Siviglia – 
                  con in testa la ormai mitica corrala Utopía –, 
                  quelle di Malaga e di Madrid o il grande edificio di Sabadell, 
                  nell'hinterland di Barcellona.
 
                   
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                    | “Non si possono ammazzare le ideea colpi di cannone, 
                  né mettergli le manette ”.
 Biglietto appeso all'interno 
                  del Campo de la Cebada
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 La Rete di centri sociali madrileni  Per quanto riguarda le pratiche delle occupazioni con l'obiettivo 
                  della creazione di spazi autogestiti, la situazione che si sta 
                  vivendo a Madrid non è meno interessante di quella barcellonese. 
                  Tutt'altro.Un fatto lo spiega bene. Il 6 aprile di quest'anno si è 
                  tenuta allo Spazio socioculturale liberato autogestito Eko del 
                  quartiere madrileno di Carabanchel la prima Giornata dei centri 
                  sociali di Madrid. Un incontro storico che ha riunito oltre 
                  cinquanta persone di tredici delle ventitré realtà 
                  presenti nella capitale spagnola. Un incontro dovuto “all'aumento 
                  delle necessità e delle carenze sociali”, il quale 
                  “si scontra frontalmente con una classe politica incapace 
                  di offrire alternative che vadano al di là dell'austerità 
                  e della perdita dei diritti fondamentali”. Di fronte a 
                  tutto ciò, come recita l'invito all'incontro “in 
                  molti abbiamo reagito costruendo alternative orizzontali, partecipative, 
                  democratiche che rompono le catene della rappresentatività”. 
                  Un incontro che ha sancito la creazione di una Rete di centri 
                  sociali basata su quattro punti chiave: l'appoggio tra le differenti 
                  realtà, lo scambio di esperienze, l'apertura di una campagna 
                  che difenda la legittimità di questi spazi e il ruolo 
                  dei centri sociali nell'attuale congiuntura.
 
                   
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                    | Murales 
                        all'interno del Csa La Tabacalera |   I ventitré spazi autogestiti presenti a Madrid – 
                  che nel frattempo, tra la primavera e l'estate, sono aumentati 
                  ancora – sono un vero e proprio record. L'occupazione 
                  delle piazze del maggio del 2011, che iniziò proprio 
                  a Puerta del Sol, favorì notevolmente questo tipo di 
                  pratiche, tanto che si è parlato non a torto di una primavera 
                  madrilena in quanto a spazi autogestiti e centri sociali. Una 
                  primavera che ormai dura da due anni, che ha ritrovato nuovo 
                  vigore nelle giornate del 12-15 maggio 2012 – il primo 
                  anniversario dell'occupazione delle piazze spagnole – 
                  e che sembra proprio non essere sul punto di concludersi, per 
                  quanto da parte del governo e da parte dell'amministrazione 
                  comunale di Madrid si stia agendo con sempre maggiore durezza. 
                  Come a Barcellona, anche a Madrid sono aumentati gli interventi 
                  contro centri sociali e spazi autogestiti, con i consueti tentativi 
                  di sgombero e con la sequela di identificazioni e arresti di 
                  attivisti o di persone presenti.Sintomatico è il caso del centralissimo quartiere di 
                  Lavapiés, dove l'azione della polizia dimostra di avere 
                  il chiaro obiettivo di rompere le reti che si sono andate creando 
                  con frequenti arresti di immigrati (vedasi l'arresto in pieno 
                  giorno di 19 persone nella Plaza de Lavapiés nel mese 
                  di maggio). Nel dicembre del 2012 il governo ha infatti approvato 
                  il Piano di miglioramento della sicurezza e la convivenza del 
                  quartiere, che permette alle forze dell'ordine pratiche repressive 
                  diverse dal passato. Alla repressione più violenta si 
                  è sostituita nella maggior parte dei casi un tipo di 
                  repressione di bassa intensità, più silenziosa 
                  e che attira meno l'attenzione dei mass media. Una burorrepresión 
                  che, come si spiega in Burorrepresión: sanción 
                  administrativa y control social, volume curato da Pedro 
                  Oliver Olmo e pubblicato da Bomarzo nel marzo di quest'anno, 
                  “individualizza la repressione per rompere le reti di 
                  appoggio create dal basso”.
 
                   
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                    | CS(r)OA La Quimera de Lavapiés |  
 Trent'anni di occupazioni  Le okupaciones non sono comunque un fenomeno nuovo 
                  a Madrid e in tutta la Spagna. Già a metà degli 
                  anni ottanta, sull'esempio degli altri paesi europei, si verificarono 
                  le prime occupazioni, come quella di calle Amparo nell'ottobre 
                  del 1985. Esperienze che durarono però solo pochi giorni. 
                  Fu solo nel 1989, grazie all'influenza italiana e dopo una lotta 
                  dei lavoratori della fabbrica Hijos de E. Minuesa S.L. che si 
                  era protratta per vari mesi, che si creò il primo Centro 
                  sociale autogestito vero e proprio, il Csa Minuesa a Lavapiés. 
                  Un'esperienza pionieristica per Madrid, che durò fino 
                  al maggio del 1994, quando il Csa Minuesa venne sgomberato.Negli anni novanta vi fu il consolidamento di tali pratiche 
                  con casi sintomatici come quello del Centro social Seco a Vallecas 
                  – occupato nel novembre del 1990 –, quello dell'Eskalera 
                  Karakola a Lavapiés – occupato nel 1996 – 
                  e quello de La Casika a Móstoles – occupato nel 
                  1997 –. Tre realtà che continuano a esistere ancora 
                  oggi. Chiave è stata poi l'esperienza del centro sociale 
                  el Laboratorio a Lavapiés, iniziata nel 1997 e portata 
                  avanti, nonostante gli sgomberi, in tre differenti spazi per 
                  quasi un decennio. Un quartiere, quello di Lavapiés, 
                  che anche in un momento di riflusso e di difficoltà per 
                  il movimento delle occupazioni, come lo sono stati gli anni 
                  duemila, ha saputo offrire punti di resistenza di indubbia importanza 
                  come il centro sociale Casablanca (2006-2012). Un discorso che 
                  può farsi anche per Malasaña, il quartiere che 
                  sta subendo il processo di maggiore gentrificazione favorito 
                  dall'amministrazione comunale controllata da oltre un decennio 
                  dal Partido popular, con il progetto del Patio Maravillas, occupato 
                  nel 2008.
 
                   
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                    | Murales 
                        all'interno del Campo de la Cebada |  È però un dato di fatto che l'occupazione delle 
                  piazze del maggio del 2011 e la creazione – o la fortificazione 
                  dove ancora non esistevano – delle assemblee di quartiere 
                  ha portato ad una vera e propria esplosione della pratica delle 
                  occupazioni che ha toccato praticamente tutti i quartieri della 
                  capitale spagnola. Sia sufficiente un elenco delle nuove realtà 
                  sorte nell'ultimo biennio: Eko a Carabanchel, Osera a Usera, 
                  Cantera a Vicálvaro, Dieciseis Punto Zero a Malasaña, 
                  Salamanquesa a Moratalaz, La Morada a Chamberí, La Boa 
                  a Rivas e Kairós all'Università Autonoma di Madrid. 
                  E ancora Lavapiés con l'esperienza de La Tabacalera, 
                  iniziata nel 2010, nell'antica fabbrica dei tabacchi di Madrid: 
                  uno spazio aperto al teatro, alla musica, alla danza, alla pittura, 
                  alle conferenze, alle proiezioni di film e documentari, ai laboratori 
                  (come la magnifica Nave Trapecio) e a molti altri eventi, fondato 
                  su principi quali l'orizzontalità, la gratuità, 
                  la cooperazione, l'autonomia, la sostenibilità economica 
                  e la cultura libera. O il Centro sociale (ri)occupato autogestito 
                  La Quimera, che ha “aperto le sue porte” nel maggio 
                  di quest'anno occupando un edificio mai abitato fin dalla sua 
                  costruzione nel 1977 nella plaza de Cabestreros, proponendo 
                  fin da subito attività interessanti come un incontro 
                  dedicato alla storia dei centri sociali nel quartiere di Lavapiés. 
                  Una menzione speciale va poi al Campo de la Cebada, il terreno 
                  su cui fino al 2009 vi era il centro polisportivo de La Latina, 
                  che gli stessi abitanti del quartiere hanno deciso di occupare 
                  ed utilizzare per attività culturali gratuite e come 
                  punto di incontro. Insomma, a Madrid qualcosa si muove. Ed è 
                  qualcosa di molto interessante che vale la pena seguire da vicino.
  Steven Forti
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