|    a cura 
                  della redazione
  Occupazioni di case a Milano, 
                  la situazione in Cina dopo Mao, le lotte dei lavoratori ospedalieri, 
                  i disoccupati organizzati a Napoli, la situazione sindacale 
                  in Spagna, la questione dell'aborto in Italia, critica dei sindacati 
                  Cgil, Cisl e Uil, il Cile tre anni dopo il golpe, l'organizzazione 
                  del lavoro nella Germania Orientale, la questione ecologica 
                  dopo Seveso, la condizione femminile a Cuba, e poi lettere, 
                  l'annuncio di un nuovo foglio libertario, la rubrica di cinema, 
                  gli sviluppi giudiziari del caso Pinelli. Infine la convocazione 
                  per il 18 dicembre di quell'anno (1976) della 14a 
                  assemblea di “A” presso il circolo Nestor Machno 
                  di Venezia-Marghera.
 
  Il 
                  solo elenco degli argomenti trattati nelle 36 pagine (copertine 
                  comprese) del n. 51 (novembre 1976) di “A” fornisce 
                  un'idea della volontà della redazione di mordere l'attualità. 
                  Nemmeno un articolo di carattere storico o teorico/ideologico 
                  (che pure in genere non mancano). Tutta attualità, interna 
                  e internazionale. Il tema che occupa il maggior numero di pagine (sette) è 
                  una vivace tavola-rotonda, promossa dall redazione, cui partecipano 
                  otto compagni impegnati nelle lotte di settore. Tutti attivi 
                  negli ospedali milanesi, in particolare al Policlinico, a Niguarda, 
                  al San Carlo e al San Raffaele.
 Trentasette anni fa come oggi, la presenza libertaria organizzata 
                  tra i lavoratori ospedalieri, a Milano, è una costante. 
                  Si pensi, tanto per fare un esempio, alle recenti lotte, clamorose 
                  e prolungate nel tempo, al San Raffaele, in cui l'Usi-Sanità 
                  (sindacato di settore dell'Unione sindacale italiana aderente 
                  all'Ait) ha giocato un ruolo propulsivo.
 “Gli interessi negli ospedali – si legge nella presentazione 
                  dell'intervista – coinvolgono forze di potere composite, 
                  accentuate da interessi poco confessabili. In questo settore 
                  i sindacati sono ancora più rinunciatari del solito e 
                  hanno sempre cercato di far accettare ai lavoratori i ritmi 
                  e le condizioni decise da un'amministrazione preoccupata innanzitutto 
                  di salvaguardare le posizioni di privilegio di baroni, medici, 
                  eccetera. Il mettere in discussione questo mondo ha sollevato 
                  un vespaio che in parte spiega la campagna di calunnie sfociata 
                  pochi giorni fa nell'apertura ufficiale di un'inchiesta nata 
                  dalle denunce dell'amministrazione della Ca' Granda (l'ospedale 
                  di Niguarda). Ma quello che ha maggiormente impensierito politici 
                  e dirigenti è che queste lotte sono state portate avanti 
                  in modo autonomo, fuori dalla logica e dagli schemi dei sindacati 
                  confederali che tra i “teppisti” e “provocatori” 
                  numerosi erano i lavoratori anarchici e libertari.”
 Interessante lo scritto sull'aborto di Andrea Papi, che proprio 
                  con questo scritto – trentasette anni fa, appunto – 
                  inizia la sua collaborazione con la nostra rivista, che tuttora 
                  prosegue. Il sottotitolo dell'articolo (intitolato “Aborto 
                  libero per non morire”) è indicativo del contenuto 
                  ma anche del tipo di approccio: “In netta contrapposizione 
                  alla posizione tradizionalista – imperniata sul dogma 
                  divino e sostenuta dalla Chiesa – e a quella istituzionale 
                  – laica ma non per questo meno autoritaria – gli 
                  anarchici ritengono che l'individuo sia la cellula prima della 
                  composizione sociale e che per logica conseguenza nessun vincolo 
                  di alcun tipo debba impedire alla donna la libertà di 
                  abortire.”
  
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