Rivista Anarchica Online


9999 fine pena: mai

di Carmelo Musumeci


Per un mondo senza carceri

Inizia da questo numero una nuova rubrica, intitolata 9999. Questo numero è quello che, nei documenti degli ergastolani, sostituisce la parola “mai” dopo la specifica: fine pena. “Fine pena: 9999” è dunque la “nuova” formula burocratica.
E 9999 è il titolo che abbiamo scelto insieme con chi cura questa rubrica, Carmelo Musumeci, nato nel 1955 ad Aci S. Antonio (Ct), attualmente residente a Padova, in via dei Due Palazzi 35. In genere, anche ai sensi della legge sulla privacy, non pubblichiamo l'indirizzo di casa dei nostri collaboratori. In questo caso facciamo un'eccezione, visto che questo è l'indirizzo del carcere di Padova, dove appunto Carmelo attualmente risiede. Chi voglia saperne di più su di lui, faccia riferimento al sito www.carmelomusumeci.com. In sintesi, Carmelo ha trascorso la maggior parte della sua vita in carcere (complessivamente 34 anni) e, dal 1991, sta scontando una condanna all'ergastolo. Ergastolo ostativo, come ha spiegato anche in un suo libro e in alcuni suoi scritti che, nel corso degli ultimi anni abbiamo pubblicato su “A” (perlopiù tra le lettere). “Ostativo” è quel tipo di ergastolo che non prevede sconti né permessi e che, contrariamente a quello “normale”, non ti dà la possibilità (non la certezza), di uscire dopo 26 anni, in libertà condizionale. “Ostativo” vuol dire proprio “fine pena: mai” cioè – per stare al passo con i tempi – 9999.
Personalmente sono in corrispondenza con Carmelo da una quindicina d'anni e recentemente sono stato a trovarlo in carcere a Padova. Si è ricordato di avermi visto, a metà degli anni '80, nella sala-colloqui del penitenziario di Porto Azzurro (sull'isola d'Elba), ove ero a colloquio con un altro ergastolano. E come spesso capita ai colloqui, ti presentano gli altri detenuti, almeno quelli più “amici”.
Dopo aver pubblicato, negli ultimi tempi, con una qualche frequenza, dei suoi interventi, abbiamo proposto a Carmelo di tenere una sua rubrica su “A”, per dare innanzitutto ulteriore spazio ed eco alla battaglia contro l'ergastolo (e in particolare quello ostativo) e più in generale alla denuncia delle ingiustizie e a volte delle vere e proprie crudeltà che quotidianamente si consumano nelle patrie galere.
Una paginetta su “A”, una rivista che esce nove volte l'anno, è uno spazio piccolo. Piccolo ma, a nostro avviso, molto significativo se a riempirla è e sarà uno degli ultimi, ma proprio ultimi ultimi, nella piramide sociale di questa nostra società.
Non possiamo permetterci le redazioni locali e “il nostro corrispondente da New York”. Ma quello dal fondo dell'ergastolo sì.
Le testate serie hanno il vaticanista, il quirinalista e via andare. Che, in genere, non sono né un cittadino del Vaticano né un abitante del Quirinale. Noi ci possiamo, anzi ci vogliamo permettere il carcerista, che nel nostro caso è anche uno che in carcere ci vive. Anzi, secondo il padrone di casa, è un ospite talmente gradito che potrà uscirne solo orizzontale.
Scusate la crudezza. Ma per gli ergastolani, e soprattutto per quelli ostativi (quasi un terzo dei circa 1.580 ergastolani oggi in Italia), di questo si tratta.
Un'ultima veloce considerazione. Tanti giornali di una sinistra ormai da un ventennio sempre più giustizialista fanno a gara nell'intervistare e ospitare “i nostri amici giudici”, eroi impegnati contro la mafia, la corruzione, Berlusconi, eccetera. Noi no. Insuscettibili di ravvedimento, pur senza fare di tutta l'erba un fascio, manteniamo nei confronti della magistratura, dei giudici, delle carceri, un atteggiamento di istintiva e meditata antipatia e critica. Sentiamo sempre nostre le considerazioni in merito espresse nell'ottocento da un Pietro Gori e nel novecento da un Fabrizio De André.
Noi siamo molto aperti e abbiamo ospitato in “A” anche scritti di magistrati. Ma ci sentiamo molto più a nostro agio nel dare voce a un ergastolano, per di più – non dimenticatelo! – ostativo.
Per un mondo senza galere” o se preferite “Liberarsi dalla necessità del carcere” è ancora parte dei nostri sogni e del nostro programma.

Paolo Finzi


Un uomo-ombra albanese e...

Caro Fratello Diavolo,
spero che questa mia lettera ti trovi in salute. E prego il Cosmo che almeno le nostre famiglie stiano bene. Ti fa onore che combatti come un leone quasi da “solo”. Qui è morto tutto! Io sto tenendo duro in un modo o nell'altro, ma ti provocano. Io faccio due ore di sport al giorno e sono un animale. Nervosismo e follia, ogni giorno una novità e ci vogliono per forza mettere in cella in due. Questi mesi sono fondamentali per me, sogno di andare via da qui, sono sincero: da quando sei andato via tu per me non c'è più niente. Non serve niente fare la guerra al carcere, perdi sempre! È molto triste andare in isolamento dopo venti anni di galera per stare in cella da solo. Stato mafioso e di merda. E mi stanno facendo diventare peggiore di prima! La mia speranza continua a essere forte perché di solito dopo i corvi vengono le aquile.
Ho saputo che Carlo è là ed è pure in isolamento. È vero?
Hanno chiuso il carcere di Carinola. Qui in Italia non sono seri. Nulla è serio. È tutta una bugia e un'illusione. I politici sono paurosi e vigliacchi per natura. Senti Carmelo, nostra sorella Nadia sta bene. Ogni volta che viene a Spoleto parliamo di te. Lei è una grande. Quando penso a te e a Nadia il mio cuore batte di vita vera. Gli esami come vanno? Diventerai anche tu filosofo? È importante per te. E ti aiuterà a capire che facciamo le stesse cazzate di duemila anni fa.
Ti saluto, ti abbraccio con rispetto e stima! Ti salutano tutti i compagni, scusami è un momento no. Io ti voglio bene e sono sempre sincero!

Gerti Gjenarali
carcere di Spoleto (Pg)
luglio 2013


...uno italiano si scrivono fra le sbarre

Caro Fratello Diavolo,
una volta il carcere era solo una discarica umana, ora è pure una discarica sociale perché le persone che danno “fastidio” fuori vengano sbattute dentro. Non è cambiata solo la società esterna è cambiato anche il carcere. Sta scomparendo la solidarietà anche fra i detenuti.
L'Assassino dei Sogni è riuscito prima a condizionarci con la promessa di benefici che non prenderemo mai e poi a dividerci fra noi. Ormai in carcere di privato ci sono solo pensieri, ma dopo tanti anni di carcere neppure più quelli, perché l'Assassino dei Sogni ci ha talmente condizionato che sa anche come e cosa pensiamo. Purtroppo con la pena dell'ergastolo il nostro corpo è diventato proprietà dello stato. Mi sono messo a studiare filosofia per cercare di trovare delle risposte che non riesco a trovare. La mia mente spesso mi dice che non potrò essere più felice perché con la pena dell'ergastolo si perde tutto, persino l'essere te stesso. Invece il mio cuore dice di no, che non è così. E che proprio in queste condizioni puoi essere te stesso. Chi ha ragione, la mia mente o quello stupido del mio cuore?
Caro Fratello Diavolo, spesso i cattivi come noi sono più umani dei buoni. Continuiamo a vivere da prigionieri liberi, non possiamo fare che questo. Ti voglio bene e non come un fratello di sangue che ti è vicino, ma come un fratello che mi è cresciuto dentro il cuore. Caro Fratello Diavolo, forza! Il carcere ci ha tolto ogni speranza, ma ci sono rimasti i sogni, quelli non ce li potranno portare via mai, nessuno. Non ci siamo arresi a nessuno e a nulla. E continueremo a farlo. Ci arrenderemo solo all'amore e all'amicizia. Un affettuoso abbraccio fra le sbarre.

Carmelo Musumeci
carcere di Padova
luglio 2013