Rivista Anarchica Online


dibattito

Ma che cosa è questa Soria?
di Guido Barroero

 

Nel dibattito suscitato dall'articolo di Pino Cacucci (“A” 313) sul presidente iraniano Ahmadinejad e dalla critica di Francesco Berti sul numero successivo, si inserisce ora Guido Barroero, altro nostro collaboratore e redattore della rivista “Collegamenti”.

 

Salieri e Mozart, chi è il calunniato?

Decisamente avverso alle teorie complottiste – nel senso dell'esistenza di un disegno lucido e razionale, volto alla manipolazione dei macro-eventi di questo nostro mondo – scorgendo il titolo dell'articolo di F. Berti (La storia non è una cospirazione), comparso sul numero 314 di “A”, sono rimasto piacevolmente sorpreso e ho iniziato a leggerlo.
L'incipit è promettente: Mozart, Salieri, Puskin per arrivare a Forman e al suo film Amadeus, l'avvelenamento del grande musicista, le calunnie contro Salieri e via discorrendo. La vicenda è nota. Tuttavia nella ricostruzione di Berti c'è qualcosa che non funziona e non si tratta di piccola cosa. Ad una lettura non superficiale del film risultano almeno tre cose che smentiscono Berti: la prima è che Mozart muore di cause naturali; la seconda è che Salieri non complotta per ucciderlo; la terza è che se c'è qualcuno “calunniato”, questi è Mozart, ridotto a un vero e proprio idiot savant, non certo Salieri la cui figura complessa e tormentata assume una vera grandezza nella sua indicibile passione per la creazione artistica musicale. Dunque qual è il problema? Dov'è l'orribile misfatto di Forman? Mistero. Comunque nulla di grave, una svista, quando si fanno colte citazioni, può capitare a tutti, specialmente quando non si controllano le fonti.

Cacucci e Ahmadinejad

Il problema vero si evidenzia nel seguito. Berti accusa Cacucci, autore dell'articolo Mahamoud Ahmadinejad chi è costui? (n.313 di “A” rivista) di aver sposato e propagato una tesi complottista in merito all'ascesa politica del leader integralista iraniano (testualmente: “Nell'articolo di Cacucci ... mi pare di poter intravedere una tesi cospirazionista: quella, tristemente famosa, del complotto “giudo-pluto-massonico”). Bene, anche qui, dopo una doverosa ed attenta lettura dell'articolo citato, debbo confessare di non aver trovato traccia di questo ulteriore misfatto. Pino Cacucci è un grande scrittore e non un fine analista geopolitico (come non lo sono io, né tantomeno Berti), ma ciò che espone nel suo articolo sono semplici dati di fatto, collegati tra loro con assoluto buon senso. Nulla a che vedere né con la fantapolitica, né con “tristemente famose” manipolazioni della storia. È vero che l'applicazione sistematica della logica del cui prodest può essere, a volte, fuorviante, ma è anche vero che precise convergenze di interessi dicono molto.
E allora non è difficile pensare che l'oggettivo interesse delle lobby americane delle armi e del petrolio – simbolicamente e materialmente interpretato dal clan Bush – nel mantenere un clima di belligeranza perpetuo in alcune precise aree del mondo si manifesti, oltre che con l'intervento militare aperto, anche con un attivo protagonismo nelle vicende politiche di molti paesi.
Come non è difficile supporre che l'avvento di governi integralisti e verbalmente minacciosi possa convalidare le tesi della legittimità di intervento di un'America salvifica della pace nel mondo. Ahmadinejad vale per gli USA (tanto per fare un esempio di più stretta attualità) almeno quanto vale Hamas e la sua vittoria elettorale per gli ambienti di estrema destra israeliana, da sempre contrari ad ogni forma di pacificazione nei territori. O dire questo è sintomo di una logica complottarda?
Ma, al di là di questo, non ritengo di dover difendere più a lungo l'articolo di Cacucci, che mi pare non ne abbia bisogno, quanto mettere l'accento sulla strategia interpretativa di Berti, il quale suppone, arguisce, legge tra e sotto le righe, si abbandona, insomma, ad una vera orgia interpretativa e costruisce, lui sì, un disegno occulto... metodologicamente scorretto e anche un po' grossolano.
Ma andiamo alla sostanza di quello che scrive Berti. Prima di arrivare al nodo che mi pare cruciale, mi vorrei soffermare su alcune questioni di contorno che gettano luce sull'impostazione del suo scritto.

Nazi-islamismo e massoneria

“Il fatto che Bush facesse o faccia parte della massoneria di rito scozzese non credo abbia alcun significato nel contesto della politica americana e quindi mondiale, perché è falso che i massoni cospirino tra di loro contro i cittadini, organizzando colpi di Stato” scrive Berti, commentando un passo di Cacucci in cui si richiama l'adesione alla massoneria dei Bush. Massone = cospiratore = complottista, sarebbe dunque un'equazione figlia di una “concezione paranoide della storia”. Benissimo, poco da eccepire, se non che la difesa della purezza della massoneria sembra alquanto generosa. Magari questa non sarà complottista, ma sicuramente è stata ed è lobby molto potente e in grado di condizionare molte scelte di molti governi.
Ma andiamo all'Ahmadinejad, definito da Berti nazi-islamico. Che cosa intende? Propensione individuale del capo integralista iraniano ad accettare le concezioni del nazionalsocialismo? Oppure, subliminalmente, l'iterazione della formula è tesa a suggerire un parallelismo tra islamismo (neppure la sua forma integralista, attenzione!) e il nazionalsocialismo (magari utilizzando uno pseudosillogismo che anche il più incapace degli allievi di Aristotele avrebbe riconosciuto come fallace: i governi arabi ce l'hanno con gli israeliani, gli israeliani sono ebrei, i nazisti ce l'hanno con gli ebrei...)? Dove è la necessaria contestualizzazione storica, sociale ed ideale dei due fenomeni, incongruenti tra loro? Non siamo qui di fronte ad una vera concezione paranoide della storia?

Antisionismo e antisemitismo

Scrive ancora Berti: “un abito mentale, manicheo e ideologico, fondato su pregiudizi antiamericani e antisionisti (che spesso celano la forma più subdola di antisemitismo), molto diffusi anche a sinistra, anche in ambito anarchico”.
Qui siamo ad un punto dolente, l'attitudine verso l'ebraismo e i suoi portati. A stretto rigor di termini, la categoria antisionismo oggi è vuota. Per comprenderne il significato va contestualizzata al periodo storico nel quale Theodore Herzl progettava e dava vita al movimento sionista (Congresso di Basilea del 1897) e al relativo progetto di migrazione in Palestina. Stupirà forse, ma non dovrebbe, che antisionisti – nel senso dell'opposizione al progetto di Herzl – furono in primo luogo molti ebrei (rivoluzionari, marxisti, ma non solo) mentre ambienti conservatori e, loro sì, antisemiti delle classi dominanti dei paesi occidentali non vedevano di cattivo occhio le teorie sioniste né soprattutto la loro applicazione pratica.
Bene, sgomberato il campo dall'equivoco (possibile quando le parole vagano in libertà), direi che l'atteggiamento largamente prevalente nella sinistra di classe (e anche nel nostro movimento) è l'antiisraelismo, nel senso dell'opposizione radicale allo Stato israeliano, alle sue politiche imperialiste e allo sfruttamento capitalista degli arabi e dei proletari israeliani.
Nulla di più, se non alcune derive revisioniste in piccole aree di ispirazione bordighista o staliniana, che tuttavia attengono ad un'altra sfera di problemi. Se Berti vede nell'opposizione rivoluzionaria alla politica di Israele (soprattutto per quanto riguarda gli anarchici) una forma subdola di antisemitismo è pregato di citare fatti precisi, altrimenti, anche qui, saremmo autorizzati a ripensare alle già citate concezioni paranoidi della storia.

America, America!

E arriviamo al punto centrale. Scrive Berti: “Perché il nazismo ha preso il potere in Germania, il fascismo in Italia, il bolscevismo in Russia, mentre la stessa cosa non sarebbe mai potuta succedere negli USA o in Inghilterra, dove pure c'erano gruppi fascisti, o nazisti o comunisti? Perché la depressione economica degli anni Trenta in Germania ha prodotto Hitler, mentre negli Stati Uniti ha prodotto il new deal?”.
Glissando sull'inconsistenza dell'assunto centrale (perché non avrebbero potuto? Per motivi razziali? Cosa impedì la presenza di un fascismo vincente in questi paesi? Proprio il fatto che la crisi del '29/'33 non raggiunse i caratteri distruttivi che ebbe in Germania e che entrambi questi paesi avevano vinto la prima guerra mondiale) e usando qualche piccola audacia interpretativa (tuttavia non così spinta come quelle a cui si abbandona lui), direi che emerge un quadro di ammirazione, se non per l'american way of life, quantomeno per i principi della democrazia americana che si suppongono sottostare alle mirabilie di quel sistema sociale. Jefferson, Paine e soci insomma sarebbero i padri ideali di un sistema di libertà, seppur venato storicamente da riprovevoli eccessi (che peraltro Berti sembra trascurare), che ancora oggi non ha uguali.
Bene, a ciascuno il suo... Il mio antiamericanismo, che non ho nessuna difficoltà a rivendicare, è una specificazione esemplare del mio antistatalismo, anticapitalismo, antimperialismo, si nutre delle mie concezioni anarchiche, classiste e comuniste e della convinzione che la famosa democrazia americana altro non sia (e sia sempre stata) che la rappresentazione mistificata di un feroce potere di classe e che fin dalle origini e proprio nella sua “idealità” ha semplicemente stabilito le regole di rappresentanza degli strati economicamente dominanti.

Conclusione

Scrive Berti a chiusura del suo articolo: “Per concludere: le teorie cospirative della società, ..., non spiegano affatto la storia; l'unica cosa significativa che riescono a dirci riguarda la psicologia, la filosofia e la cultura politica di chi le elabora”. E qui mi trovo d'accordo con lui, almeno nello schema valutativo: articoli come il suo ci dicono più sull'attitudine psicologica (o dovremmo dire sulle pulsioni emotive?) e le preferenze politiche di chi scrive, di quanto non ci propongano una lucida visione del mondo e dei processi storici passati e presenti.

Guido Barroero