Rivista Anarchica Online
Dal carcere di San Vittore
Tramite il "presidio permanente degli occupanti del Laboratorio Anarchico" di via De
Amicis a
Milano, abbiamo ricevuto un lungo documento di Patrizia Cadeddu (Carcere di San Vittore, piazza
Filangeri 2, 20123 Milano). Ne riproduciamo un ampio stralcio.
Ed ecco pronti due avvoltoi che devono finire di pagare il mutuo della casa, due cretini che
lavoravano con me in ufficio. Avete presente quelli che, quando bisogna tirar fuori i soldi per fare
un regalino a qualcuno, a chi si sposa, a chi ha partorito o per qualche cazzo di compleanno, girano
la faccia dall'altra parte solo per un millino? Ecco, questi avvoltoi avranno preso i famosi dieci
milioni messi in palio per chi avrebbe "riconosciuto" la "postina" di Radio Popolare? Gente che non
mi vede da più di un anno. E visto che i magistrati non devono accertare la "verità", ma solo
giungere alla condanna di un essere umano che sanno essere anarchico, i mezzi per ottenere questo
risultato sono obbligati: occorre truccare il procedimento e formulare una condanna senza andare
troppo per il sottile e senza preoccuparsi della coerenza. Inoltre la storia insegna che in questi casi è
opportuno che l'anarchico processato nel corso del processo venga anche infamato. Sarà bene poi
costringerlo con le "torture" a confessare le "colpe" che non ha commesso e spingerlo a rinnegare le
proprie posizioni ed i compagni/e anarchici, non tutti, ma solo quelli considerati da loro i più
"cattivi". Ma con gli anarchici questo gioco non funziona. Ho accettato l'interrogatorio perché
questo pool di Milano, oltre ad aver incriminato me senza prove, ha avuto il coraggio di accusare
mia sorella Lia e il mio compagno: un ricatto infame, schifoso. Mi ha così irritata che ho voluto
guardare in faccia quelli che mi accusano, in un interrogatorio durato certamente non sei ore, ma
molto, molto meno, nel quale ho dovuto chiarire e specificare la differenza che esiste tra me e mia
sorella e la diversità e l'estraneità delle mie scelte politiche rispetto al mio rapporto con un uomo
che non ha mai condiviso né le mie amicizie né le mie idee. Sono stata costretta da sempre a
lasciare
i miei "fidanzati" perché, ogni volta che accadeva qualcosa, oltre a me coinvolgevano anche loro,
sebbene non fossero anarchici. Per molto tempo non ho voluto nessuno al mio fianco per paura che
in qualche modo venisse coinvolto nelle mie scelte di vita, neanche poi così terribili. La stessa cosa
valeva per mia sorella, che tutti sanno bene avere delle idee e un carattere completamente opposti ai
miei. Non ho paura di nessuno e trovarmi di fronte al pool che pretende, in maniera presuntuosa e
arrogante, di conoscere la storia del movimento anarchico, mi ha fatto capire che i giudici, pur non
avendo prove contro di me, hanno strumentalizzato l'archivio del Laboratorio Anarchico creando un
ingranaggio perverso e contorto per dimostrare la mia colpevolezza. Al resto hanno pensato i media.
Voi dovreste poter vedere il materiale sequestrato, un lavoro di raccolta di anni e anni di lotte,
materiale anarchico ormai introvabile che, sgombero dopo sgombero, mi sono trascinata dietro in
questi anni; materiale che ho distribuito a tanti giovani compagni che volevano conoscere il lavoro
precedentemente fatto su atti di repressione accaduti 10-20 anni fa. Questo materiale era già stato
visionato dagli inquirenti nelle centinaia di perquisizioni che mi hanno fatto. Ma ormai i vecchi
sbirri non ci sono più e questi nuovi credono di aver trovato chissà che cosa; in realtà
nella mia casa
c'era materiale proveniente da tutte le parti del mondo, manifesti e volantini da me custoditi e che
loro hanno trasformato e travisato. Ho dovuto chiarire che non ho mai avuto nomi di battaglia e che
già nell'81 dissero che Patrizia era il mio nome di battaglia, mentre invece è quello di battesimo.
Sono stata regolarmente sfrattata da via Candiani 10, ma loro hanno perquisito ugualmente
quell'appartamento, abitato da nuovi inquilini a me sconosciuti; a Macomer hanno perquisito le case
dei miei parenti, che non vedo da anni, cioè da quando mio padre fu investito dal figlio del
maresciallo dei carabinieri, per non parlare poi delle centinaia di perquisizioni in tutta Italia a
compagni/e meravigliosi che propagandano da sempre l'idea anarchica con grande coerenza e
serietà. I giornali mi hanno privata della mia vita personale, distruggendo l'intimità dei miei
rapporti. I magistrati si chiedevano perché non fossi scappata, sapendo che la polizia era fissa fuori
dal Laboratorio Anarchico. Voi controllavate me e io controllavo voi! E facevo bene a controllarvi,
perché avete fatto di tutto per creare delle condizioni tali da spaventare chiunque: microfoni nelle
macchine, pedinamenti così scoperti che solo un deficiente non se ne sarebbe accorto. Perché
scappare? Da chi? Io non avevo nulla da nascondere. E voi, cari magistrati, siete incazzati con me
perché non ho avuto paura nonostante ne abbiate fatte di tutti i colori. Voi, con il vostro
atteggiamento, avreste fatto abiurare la fede in Dio anche a una suora! Invece io ho continuato a
organizzare concerti, ho continuato a produrre volantini, ho continuato ad organizzare le attività del
Laboratorio, ho continuato a fare tutto quello che ho sempre fatto. Voi mi state accusando e voi
dovrete trovare le prove; cosa volete sapere da me? Se mi avete fatto pedinare giorno e notte a cosa
mirate? Sono colpevole di essere un'anarchica! Perché, senza armi e senza bombe, vi faccio paura
ugualmente! Le mie quattro ossa bastano ed avanzano per portare avanti le lotte di cui vado fiera; so
bene quanto il mio atteggiamento possa far credere che io sia una persona particolarmente violenta,
ma chi mi conosce sa quanto il mio spirito di sopportazione sia grande. Se ho saputo portare avanti
le mie occupazioni senza ricorrere alla violenza, anche nei confronti di chi qualche mazzata
l'avrebbe meritata, è proprio perché ho sempre ritenuto valido il dialogo, anche violento, ma pur
sempre un dialogo. Così da sempre, anche nelle assemblee affollate, quando mi alzavo per parlare,
magari sopra una sedia perché sono un tappino, vedevo negli occhi dei compagni la paura per le mie
parole, per la mia sicurezza nell'esporre le mie convinzioni di anarchica, decisa, pungente, mai
ambigua con nessuno, neanche con i giudici! Per questo sono stata arrestata e per questo verrò
condannata, perché uso la mia voce come una mitragliatrice, capace di farmi sentire anche da sola,
in mezzo ai cani svenduti che in tanti anni hanno cercato di farmi stare zitta. A Milano ormai ero
l'unica a portare aventi il discorso dell'autogestione reale, senza concedere nulla, dimostrando a tutti
che non è necessario creare un'associazione né mediare con qualcuno, perché
l'autogestione fosse
possibile solo con le nostre forze, stabilendo con il quartiere dei rapporti umani e sinceri e
rispettando, come ho sempre fatto, gli spazi esterni. Ma non c'è bisogno che queste cose le dica io,
tutti le possono confermare. L'interrogatorio, o meglio quelle sei ore di passeggiate e di attesa, durante le quali
ti fanno sentire "a
tuo agio" e, quando ti lasciano sola, ti osservano, scrutano ogni movimento e ogni respiro che fai,
serve loro per capire se hai paura. Ma io ero tranquilla e non ho versato una lacrima: sono stata
arrestata per il solo fatto di non aver rinnegato le mie idee. Il carcere è la conferma di quello che ho
sempre sostenuto, il luogo più disumano e atroce che l'uomo abbia mai concepito, strutturato in
modo tale da annientare la mente e il corpo. Mi ritengo fortunata, perché il carcere che vivo io non
è
come quello che hanno vissuto i compagni negli anni '70; oggi è apparentemente più leggero, ma
al
posto delle torture fisiche c'è un'altra forma più sottile di annientamento, che qui per ora non
affronterò. Vi ho dovuto spiegare, ed è giusto che sia così, i motivi che mi hanno spinto
ad accettare
la farsa dell'interrogatorio. Avrei voluto essere sola al mondo in quel momento. Non ho fatto nessun
tipo di scelta particolarmente strana , non vivevo in clandestinità; anzi tutt'altro, più conosciuta
e più
esposta di me non so chi cazzo possa esserci! La mia vita era dentro il Laboratorio Anarchico, non
ho mai amato la vita mondana dei locali, né altre stronzate del genere, e questo pool dice che mi
sono chiusa in casa. E' più di un anno che il mio fisico vive grazie al mio spirito, ci sono tante cose
da fare e da organizzare, la situazione di molte persone che conosco è gravissima: molti sono senza
lavoro, chi finisce in galera rimane isolato, tagliato fuori dal mondo, i compagni fuori non sono in
grado di dar vita a una reale contrapposizione. Le cose vengono fatte sempre dagli stessi gruppi e
dalle stesse persone, che di volta in volta vengono criminalizzate o arrestate solo perché danno
solidarietà a quelli che finiscono dentro! (...)
Patrizia Cadeddu carcere di San Vittore (Milano)
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