Rivista Anarchica Online
Segnali di fumo a cura di Carlo E. Menga
In bianco...e nero
Bianco e nero. Il giovane, vestito più o meno come Rupert Everett nel film Dellamorte
Dellamore ma, purtroppo,
con faccia da Spinaceto o da Tor Bellamonaca (non se ne offendano i relativi abitanti: è l'archetipo che
è dolente,
e i rappresentanti nonché i responsabili della mimesi sembra non possano esimersi dal parteciparne con
dovizie
di efferatezza), si aggira scioltamente fra i tavoli di un bar di un porticciolo turistico d'alto bordo, innominato ma
facilmente integrabile nei sogni proibiti di ciascuno di noi relativamente ai porticcioli. Come il lutto s'addice
ad Elettra, pare che ultimamente il bianco e nero s'addica a vermouth, superalcolici e affini,
nella mitologia dello spot pubblicitario. E, infatti, il nostro eroe che, nonostante la faccia protesti ragioni contrarie,
deve aver letto Proudhon, applica la teoria della proprietà come furto, appropriandosi al volo di una
bottiglia di
MARTINI, probabilmente DRY, o meglio: la espropria proletariamente, con l'evidente intenzione non di servire
il popolo, ma di servire la bionda, ibrido infecondo (speriamo) tra Elia (non il profeta, bensì la valletta)
e Marilyn
Monroe, fino a quel momento impegnata in intima conversazione con un vecchiaccio in accappatoio bianco e
occhiali di tartaruga che porta scritto in fronte ARMATORE GRECO, dato che somiglia ad Anthony Quinn che
interpreta Aristotile Onassis. Poiché si era inoltre premunito anche del plusvalore di due bicchieri,
il giovane li riempie e ne offre uno alla
bionda. Il volto contrariato dell'armatore si rilassa per un attimo, credendo, dall'alto della finora incontrastata
presunzione del suo potere, che il secondo bicchiere sia per lui. Indi ritorna al primitivo stato corrugato,
nell'avvedersi che l'altro glielo strappa di mano e ne beve, assieme alla ragazza che ne ricambia lo sguardo fisso
negli occhi. Poscia il bellimbusto s'allontana, come fanno gli uomini che non devono chiedere, mai, che siamo
già abituati
a vedere testimoniare per altri prodotti, con implicito invito alla bionda a seguirlo. Dove, non si sa, ma lo si
immagina. Lei non esita un attimo, improvvisamente immemore e indifferente al portafogli dell'armatore. Si sa
che per certa gente al cuore non si comanda. Si sa che "ogni contrada è patria del ribelle, ogni donna a
lui dona
il suo cuor". Dunque si alza, lasciando di sasso lo sporco capitalista che insidiava la sua virtù. Accidente
o
incidente? La sua microgonna s'impiglia in una irregolarità sporgente del tavolo e comincia a smagliarsi
con
scientifica e progressiva determinazione, mano a mano che lei s'allontana. Il sol dell'avvenir, che già
era sorto da un pezzo, è ora oscurato dal primo piano dell'archetipo del Sommo Bene
secondo Tinto Brass, previdentemente e pudicamente nascosto con tempestiva copertura dalla sovrimpressione
del marchio MARTINI, che lo censura come gli occhi delle CASALINGHE CON AUTOSCATTO, delineandone
perfettamente i contorni. Per associazione del bianco e nero col muto, per tutto lo spot non viene pronunciata
una sola parola. Un vero
attore di cinema muto, e soprattutto un vero regista, non ha certo bisogno del sonoro. Certo, se ci fossero stati
davvero Marilyn, Anthony Quinn e Rupert Everett, le nostre associazioni sarebbero state ben altre. Ma voi ce lo
vedete quel tipo lì a fingersi capitano di lungo corso impotente, come Tony Curtis in A qualcuno
piace caldo, per
suscitare la compassione e la dedizione dell'ingenua Marilyn? Oppure a pronunciare, come Everett nel film tratto
dal romanzo di Tiziano Sclavi, una delle battute più esilaranti e smitizzanti il ruolo maschile di tutto il
cinema
moderno, se non di tutto il cinema? Everett, custode di cimitero ossessionato dal volto dell'amante morta, si lascia
irretire da una donna che le somiglia come una goccia d'acqua e che lo costringe, quasi, a giacersi con lei. Lui
che a sua volta amava lasciarsi passare per impotente, e che a un certo punto giunge alla determinazione di farsi
definitivamente castrare da un chirurgo "compiacente" che all'ultimo minuto riesce a fargli scegliere la proposta
alternativa di un'iniezione da cavalli piena di anestetico, essendo cessato l'effetto del "medicamento", reiterando
le avances durante la notte d'amore con la sconosciuta, a colei, che lo apostrofa pressappoco dicendo: "Ma non
ne hai ancora abbastanza? Hai già avuto tre orgasmi ...", risponde: "Due. Il terzo era simulato." Ma
ve lo immaginate? A meno che il MARTINI non abbia degli effetti collaterali afrodisiaci, mi piace pensare
alla performance del borgataro dello spot come a una effimera e solitaria bolla di sapone, se la si paragona al volto
e alla recitazione. Al contrappasso dell'andare in bianco per aver scelto il MARTINI bianco. Con attori veri,
quella specie di video-clip sarebbe potuto essere tutta un'altra cosa. Bocciato per carenza di
testimonials.
|