Rivista Anarchica Online
Ricordando Otello Menchi
di Paolo Finzi, Antonella e Ivan
Il 15 luglio, a Milano, è morto Otello Menchi. Aveva 75 anni,
essendo nato a Rosignano Solvay
(Livorno) nel 1922.
Nella stagione di intenso impegno collettivo e di generosi sogni individuali
passata alla storia come "il
Sessantotto", tanti giovani si avvicinarono alle grandi idee libertarie ed ai piccoli nuclei di compagni
che da anni, a volte da decenni, "tenevano accesa la fiaccola". Non sempre fu facile quell'incontro tra
il filone storico del movimento anarchico militante e le nuove generazioni sinceramente - ma perlopiù
confusamente - libertarie. E la facilità o meno di quell'incontro e della successiva integrazione tra
"vecchi" e "giovani" dipese in buona parte - come spesso avviene - dalla disponibilità individuale alla
comprensione ed al dialogo. L'ambiente anarchico con cui venni in contatto all'inizio del '68 - quello del
Circolo "Ponte della
Ghisolfa" - era vivace, ricco di iniziative e progetti, fortemente segnato da quella connotazione
tipicamente milanese dell'efficienza che a volte diventa efficientismo. L'intensità< dell'impegno
militante andava a volte a scapito delle esigenze più propriamente "umane", relazionali: io, almeno, la
vivevo un po' così. Conoscere Otello, in quel contesto, costituì per molti di noi un evento
destinato a lasciare un segno
profondo. Certo, le idee - anarchiche - erano quelle, i libri che si leggevano e si diffondevano erano
gli stessi, l'impegno libertario era comune. Ma Otello portava nel suo relazionarsi con gli altri, nel suo
agire, quella prorompente carica umana che, sposata alla sua genetica "toscanità", segnalava subito la
sua estraneità antropologica alla mentalità di noi "milanesi". Passando nella sua piccola
latteria (piccola come locale, ma tra le principali a Milano per la quantità
di latte distribuito) in quella vietta tranquilla del quartiere Vigentino, a ridosso del centro storico, si
respirava un'aria diversa. Se Otello era fuori in bici a consegnare il latte, ti accoglieva Ivana - la sua
compagna - che si divideva tra l'impegno con Angela e Marco (i loro due figli) e la latteria. Otello
prima o poi l trovavi sempre impegnato in una discussione, con quella sua parlantina toscana per niente
imbastardita dalla lunga permanenza a Milano. Si sentiva che era livornese, come tradiva la sua naturale
inclinazione alla burla, alla satira. Ma era soprattutto - e orgogliosamente - di Rosignano, la patria
adottiva del Gori: quel Pietro Gori, figura quasi mitica - nelle sue terre - di anarchico con la "a"
maiuscola, poeta e cantore dell'Anarchia. Otello amava declamare le poesie di Gori (che proprio in quegli anni
una bella antologia voluta dal
muratore cesenate Pio Turroni riproponeva a noi giovani) ed anche le sue numerose canzoni (che
proprio in quegli anni conoscevano una seconda primavera grazie all'eccezionale impegno etnomusicale
di Ernesto De Martino, di Cesare Bermani e degli altri delle edizioni "Bella ciao" e dei Dischi del Sole).
E una lettera autografa di Pietro Gori, quasi come una reliquia, saltava fuori ogni tanto dalla sua tasca. Quella
sua inconfondibile parlata era ben nota in città ben al di là degli ambienti anarchici. Otello infatti
non perdeva occasione, in quegli anni, per intervenire nei dibattiti e nelle iniziative promosse da altre
forze politiche, per portarvi - spesso da solo - la parola degli anarchici. "Sono Otello Menchi, un
anarchico. Vorrei dire la mia...". Alzava la mano, si levava in piedi, inconfondibile con la sua crapa
pelata e giù a criticare quanto aveva detto l'oratore ufficiale, a precisare, a introdurre elementi scomodi
in discussioni paludate. Tanti - dal sindaco socialista Aniasi ai repubblicani, dagli studenti della Statale
agli ex-partigiani - conoscevano Otello, il lattaio anarchico. E quando lo vedevano, sapevano che
avrebbe detto la sua. Spesso, sopra le righe, a volte un po' invadente: l'uomo era così. Per questi ed
altri tratti del suo carattere non mancò di entrare in rotta di collisione con persone che
anche gli volevano bene, ma non sempre riuscivano ad accettarlo per come era. Capitò anche a me e
più di una volta ci siamo mandati reciprocamente - e calorosamente - a quel paese. Ma l'animo era
buono, la disponibilità verso gli altri costante, il senso di appartenenza alla grande comunità
anarchica
profondamente radicato. E a Otello abbiamo voluto davvero bene in tanti. Era un compagno semplice,
nutritosi delle letture classiche degli anarchici della sua generazione e soprattutto di un'intensa vita di
relazioni interna al nostro movimento. Dai compagni anarchici a Cecina negli anni '50 alla Festa
libertaria nella cascina occupata Torkiera (dove in molti l'abbiamo visto per l'ultima volta, meno di due
giorni prima della sua improvvisa scomparsa), Otello è stato presente a tanti appuntamenti del
movimento, sempre gioviale e disponibile, soprattutto quando poteva far valere le sue apprezzate doti
di cuoco. Per questa sua carica umana, anche adesso che aveva più di settant'anni, riusciva ad
abbattere le barriere
generazionali (cosa che a molti di noi quaranta/cinquantenni riesce molto meno). Difficilmente lo
vedevi in un angolo a parlare con i "vecchi", quasi sempre era al centro di crocchi di giovani e di
giovanissimi. Questo (ormai) vecchietto, proprio quello che avevo conosciuto quasi trent'anni fa con
la lettera di Gori in tasca, ti raccontava della sua permanenza in una comune libertaria dell'Andalusia:
non trent'anni fa, quand'era giovane, ma nelle scorse settimane. Perché a 70 anni si può essere
giovani,
quando si è così. Ai suoi funerali eravamo in tanti, stretti attorno ai suoi cari. Erano venuti
anche parenti ed amici da
Rosignano. Alcuni di noi hanno ricordato Otello, il nostro Otello. E la Banda degli Ottoni, con la sua
musica toccante, ha accentuato quella paradossale commistione di tristezza e di serena allegria che in
molti abbiamo sentito.
Paolo Finzi L'umanità trarrà beneficio,
quando tutto ciò che è politico e religioso, diventerà semplicemente umano. Questa
è una frase che di recente ho ritrovato registrata su di un nastro con la sua voce, mentre gli
mostravo il funzionamento di un walkman per incidere. E' strano ma in questa frase molto mi fa
ricordare Otello. "Semplicemente umano", come intendeva lui i rapporti con tutto quello che lo
circondava. Con i compagni, le compagne, semplici amici e conoscenti. Otello per noi era la memoria, la
storia, oltre che un grande amico e compagno. Quella memoria che
ci aiutava a non dimenticare il passato per rendere più forte il nostro presente. Quella memoria e quella
storia che noi per l'età non abbiamo vissuto e che comunque ci sembrava presente per l'intensità
e
l'emozione con cui la raccontava. Era bellissimo poi vederlo recitare, tutte a memoria, le poesie di
Pietro Gori, uno dei suoi più grandi ispiratori, e quando a settant'anni suonati ci mostrava come si
faceva la spaccata. Stringo fortissimo gli occhi per trattenerlo, per conservarlo dentro di me, un ricordo forte
forte. Poi li
spalanco bene per presentarmi di nuovo al mondo. Ciao Otellino.
Nicoletta e Ivan
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