Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 27 nr. 239
ottobre 1997


Rivista Anarchica Online

Sentieri libertari
di Dino Taddei

Dal 10 al 13 luglio si è svolto a Milano il secondo Luglio Libertario presso la cascina autogestita Torchiera. Quattro giorni veramente intensi, segnati da un'ottima presenza di partecipanti non solo ai momenti conviviali ma anche alle iniziative di maggior spessore politico, come ad esempio i dibattiti o le presentazioni dei libri, trasformatesi in spunti vivi di riflessione collettiva ed occasione per successivi appuntamenti.
Per giungere a questa seconda edizione, il percorso è stato molto arduo, più di quanto preventivato, anche perché si è deciso di compiere un passo in avanti rispetto all'impostazione dell'anno scorso: non più una miriade di micro eventi sparsi in una quindicina di sedi all'insegna del "andiamo a trovare il parentado", ma concentrare tutte le forze disponibili in un unico spazio, in modo da favorire attraverso il lavoro preparatorio e gestionale, la reale conoscenza tra i compagni, lasciare un fattivo miglioramento tecnico alla struttura che ha ospitato l'iniziativa, lanciare un segnale forte al territorio di una agguerrita presenza libertaria.
Per toccare questi obbiettivi la strada è stata lenta, lento è stato il capirsi/aprirsi vicendevole, lento l'aggregarsi costellato da situazioni di aperta rottura, lento l'avvio operativo di cui siete stati testimoni anche voi visto che l'annuncio su questa rivista parlava della seconda metà di giugno...ma poi la svolta; come una slavina le persone si sono coinvolte ed hanno coinvolto, in un ritmo crescente d'entusiasmo e con una concordia di intenti rara da trovare. Del resto, basta dirvi che una settimana prima dell'apertura è stato allestito un campeggio con decine di tende e la persona che proveniva dal luogo più lontano era Matteo: cinque fermate di tram dal Torchiera, fatta naturalmente eccezione per i marziani provenienti addirittura da Monza e una manciata di irriducibili veronesi.
Nel volgere di un attimo, le mute serate organizzative in cinque o sei si sono trasformate in 40 amici protesi al buon esito della quattro giorni, il tutto senza tensioni apprezzabili, riuscendo là dove l'organizzazione non era riuscita. Questo clima è stato percepito dalle numerose persone che sono ruotate attorno all'iniziativa, un clima sereno, basato sull'autodisciplina, sulla fiducia e che ha contagiato un po' tutti. Questa considerazione sarebbe stata scontata se il pubblico fosse stato formato da soli libertari, ma al contrario, la maggioranza dei partecipanti era gente del quartiere o transfughi dai vari festival comunisti.
Senza dubbio la migliore cartina tornasole dei grandi discorsi è stata la pratica diretta che ognuno riesce a mettere in campo, devo dire che senza il ricorso a servizi d'ordine o a direttivi decisionali notturni, nessuno ha dovuto servire/controllare nessun altro. Una bella prova di stile libertario, la migliore propaganda che si possa intentare.
Fin qui la cronaca - vi evito il conteggio dei pasti consumati o cose simili - ma che cosa resta di questo incontro?
Sicuramente una forte coesione tra chi vi ha partecipato che cerca di trasformarsi in proposta politica con un nutrito calendario di appuntamenti autunnali centrati sulle tematiche che hanno riscosso maggior interesse, ovvero l'universo autogestionario e la conseguente necessità di approfondimento teorico e coordinamento tra le realtà milanesi; le nuove sfide a cui l'antimilitarismo è chiamato a rispondere; la volontà di far germogliare, attraverso una pubblicazione, i tentativi di elaborazione che sono partiti dal Luglio Libertario; l'ulteriore constatazione (se mai ve ne fosse stato bisogno) che esiste una grande disponibilità alla proposta libertaria e che al contrario si fatica alquanto a riunire la famiglia.
Probabilmente - a parer mio - prima di arrischiarci su fantomatiche reti è il caso di costruire i nodi delle stesse, partendo da una dimensione locale e conseguentemente aprendo il confronto a tutte quelle realtà che, pur non avendo i sacri crismi del metodo anarchico (intendendo l'anarchismo non come un fine ma come un metodo di libertà), racchiudono ugualmente nella loro esperienza semi di democrazia diretta, di autogestione, di mutuo appoggio, cercando di costruire, in base alla convenienza reale e non ad una adesione aprioristica ideologica, collegamenti tra esperienze sindacali libertarie, cooperative, artigiani, autoproduzioni dei centri sociali e queste in relazione al più vasto vissuto di ognuno: dalle case collettive ai gruppi politici sino agli ambulatori popolari.
D'accordo, messa così è un delirio di onnipotenza, ma non si capisce come mai queste situazioni che ho citato a Milano esistono addirittura in taluni casi a livello di quartiere e spesso si prediligono generiche affinità piuttosto che il territorio, con il risultato di avere scarsa penetrazione laddove vi sarebbero orecchie pronte ad ascoltare.