Rivista Anarchica Online
La pedagogia libertaria di Godwin
di Mirko Roberti
Differenziandosi nettamente dalla concezione bakuniniana, secondo cui la libertà è una conquista
e non un dato originario dell'uomo, Godwin, influenzato dal pensiero illuminista, la considera
indipendente ed a volte opposta al processo storico - Il contributo di un recente volume di
Argenton alla conoscenza di Godwin.
Non c'è uno storico dell'anarchismo che non abbia posto e non ponga William Godwin come il primo
vero teorico di questo movimento. Eppure, pur avendo avuto questo generale riconoscimento da tutti
i maggiori studiosi, egli non ha avuto da parte loro un'altrettanta attenzione specifica verso l'insieme del
suo pensiero o verso aspetti particolari di esso.
Ci sorregge ora un importante lavoro che colma non solo questa lacuna, ma ci illumina soprattutto di
un aspetto poco noto, ma estremamente importante, del pensiero dell'anarchico inglese: A. Argenton,
La concezione pedagogica di un classico dell'anarchismo: William Godwin, prefazione di Tina Tomasi,
Bologna, Patron, 1977.
Qui recensiamo quest'opera perché, considerata da entrambi i lati - pensiero politico generale o pensiero
pedagogico specifico - la riflessione godwiniana, che essa prende in esame, ha tuttora una forte carica
di problematica attualità. Argenton ci dimostra infatti come non vi sia oggi una formulazione
"rivoluzionaria" o "progressista" della pedagogia attuale, nel contesto di un pensiero libertario sui
generis, che non sia stata anticipata o perlomeno intuita dall'autore inglese.
Come è noto il punto centrale del suo pensiero si fonda sull'antitesi, che egli inizialmente formula forse
sotto l'influsso rousseauviano, fra natura e storia. Problema, questo, di straordinaria importanza perché
tutta la posteriore riflessione teorica dell'anarchismo ruoterà attorno ad esso. Non dobbiamo dimenticare
infatti che la matrice illuministica sarà una componente indistruttibile di tutto il pensiero anarchico in
quanto è soprattutto ad essa che va imputato il persistente antistoricismo che ha impregnato ed
impregna, spiegandola, la sua dimensione rivoluzionaria. Se partiamo dalla prospettiva godwiniana
vertente sull'antitesi radicale fra natura e storia dove, con il primo termine (natura), s'intende il campo
originario dell'uomo e con il secondo (storia) quello dell'ingiustizia, del potere e dell'alienazione, è facile
comprendere come sia tipico dell'anarchismo concepire il salto rivoluzionario - al fine di ridare all'uomo
la libertà originariamente perduta - secondo modalità principalmente volontaristiche. La logicità di
questo discorso si fonda, in effetti, sulla semplice considerazione che la natura umana è fonte spontanea
e ricettacolo primitivo della libertà e dell'uguaglianza per cui lo sviluppo della loro costruzione diventa
possibile, in un certo senso, a qualsiasi livello storico dell'umanità. In altri termini la libertà e
l'uguaglianza non scaturiscono necessariamente da precise condizioni attraverso le quali il processo
storico snoda, ma possono essere concepite e poi poste indipendentemente o, se vogliamo, contro di
esso.
Questa concezione - che sta un po' all'opposto della prospettiva bakuniniana secondo la quale la libertà
è una conquista e non un dato originario dell'uomo (pensiamo alla sua feroce polemica con Rousseau) -
si basa sull'assoluto valore assegnato alla ragione umana. Per Godwin, che risente qui in modo
preponderante dell'influsso della cultura illuministica, essa è un dato originario universalmente comune
ad ogni individuo per cui è soprattutto ad essa che bisogna fare appello per la costruzione di una società
nuova. In polemica con il pensiero contrattualistico (Locke, Rousseau, ecc.), egli afferma la possibilità
di una società fondata sulla regione e sulla libertà e quindi sulla più ampia tolleranza.
L'indissolubile binomio godwiniano fra ragione e libertà (la ragione dovrebbe essere l'unica vera
legislatrice di ogni società) è fondato sull'intima convinzione della continua perfettibilità della natura
umana. Abbiamo così che lo statuto antropologico formulato da Godwin, anche se costruito anch'esso
secondo una tipica visione illuministica, può essere concepito, per l'intenzione ideologica libertaria che
lo sottende, come un pozzo senza fondo. La natura umana è cioè un ricettacolo propulsivo di infinite
possibilità progettuali, idea, questa, che anticipa - ma che cosa è che non hanno anticipato o intuito gli
anarchici? - di oltre cent'anni l'antropologismo fenomenologico sia esso di ispirazione husserliana o
meno.
Ma se l'uomo si presenta come un prisma dalle infinite sfaccettature ne discende come logico e naturale
corollario un concetto pluralistico delle strutture sociali con le quali egli deve vivere. Come non
riconoscere, anche in questo caso, l'anticipazione di tutta una tematica libertaria che va
dall'associazionismo libertario di Fourier al federalismo pluralistico di Proudhon, fino al comunismo
armonico della "società aperta" di Kropotkin? Concetto, questo del pluralismo, anch'esso saccheggiato
oggi a piene mani dalla cultura, ufficiale e non, di sinistra.
Ma vi è un altro importante corollario strettamente discendente dal concetto della natura umana intesa
come ricettacolo propulsivo di infinite possibilità progettuali. Ed è quello dell'"ambientalismo". L'uomo,
cioè, risulta "disponibile" a diverse crescite secondo i tempi e i modi di diverse educazioni. Qui
tocchiamo con mano un punto centrale della pedagogia libertaria, perché l'ambientalismo, affermando
come preponderante il fattore del condizionamento esterno, inteso qui nella sua accezione più vasta -
strutture socio-economiche, lingua, cultura, tradizioni ed eredità etniche, natura, clima, ecc. - nega, di
necessità, una presunta originaria diseguaglianza naturale fra uomo ed uomo. Vi è quindi, nel discorso
godwiniano - un intimo e necessario nesso fra la sua lettura pluralistica dello statuto antropologico,
l'ambientalismo e la conseguente affermazione della potenziale equivalenza fra tutti gli individui: ecco
dunque anticipato anche qui il noto rapporto ambientalismo-egualitarismo - un'intelligenza che
costituisce oggi una verità generale di partenza (anche se le sue versioni ed interpretazioni sono tante)
per ogni pedagogia progressista.
Infine, sempre su questa linea di continuità logica ed ideologica, Argenton ci evidenzia un ulteriore
aspetto molto importante per la prospettiva pedagogica dell'anarchismo: la formulazione-anticipazione,
da parte di Godwin, del tema dell'educazione integrale. Per l'autore inglese solo un'educazione tesa a
favorire in ogni persona lo sviluppo armonioso di tutte le sue facoltà fisiche ed intellettuali può creare
la premessa per la formazione di un uomo libero e completo. È inutile sottolineare l'importanza di questa
tematica che verrà portata avanti poi da tutto il pensiero pedagogico dell'anarchismo: da Proudhon a
Ferrer, da Bakunin a Robin, da Kropotkin a Sebastian Faure. A sua volta il problema dell'educazione
integrale è strettamente connesso al superamento dell'organizzazione scolastica fondata sul concetto
della sua specificità che la vede separata ed avulsa dal più generale contesto della vita sociale. L'idea di
abolire le scuole per sostituire ad esse una pluralità di centri d'apprendimento integrati nelle unità sociali
e produttive - idea che oggi ha acquistato fama nella formula della "descolarizzazione" di Ivan Illich (ma
comunque, già prima di lui, essa era stata concepita e propagandata dall'anarchico inglese Paul
Goodman) - può essere benissimo riallacciata alla prima delle tre definizioni dell'educazione date da
Godwin.
Ci riferiamo all'educazione "indiretta" o "casuale", quella cioè formata dalle impressioni che ognuno
riceve vivendo in un certo ambiente. È facile osservare subito che una simile educazione, oltre ad essere
di fatto necessariamente non-direttiva e quindi implicitamente libertaria, si pone come il mezzo più vario
e completo per realizzare un'educazione integrale. Allo stesso tempo, questa libertà di apprendimento,
è la vera condizione per far scattare la molla di un autentico e spontaneo interesse dell'individuo verso
settori del sapere e del lavoro a lui congeniali.
Da quanto siamo venuti esponendo si può dire che abbiamo una doppia immagine godwiniana dell'uomo.
Da una parte quella dataci dall'affermazione di una sua libera "disponibilità" che lo porterebbe a crescere
e a formarsi secondo i tempi e i modi di diverse educazioni; dall'altra quella della sua "naturalità" che,
al di là della mutevolezza storica, costituirebbe di per se stessa la struttura potenziale della libertà e
dell'uguaglianza e quindi l'unica vera garanzia di una possibile società nuova. Mentre la prima sarebbe
costruita sul concetto di "mobilità", la seconda poggerebbe su quello della "fissità". Le due immagini,
però, non sono sovrapposte, né contraddittorie, in quanto affermano entrambe una stessa logica. Essa
si può così riassumere. L'uomo è, dal punto di vista della natura, potenzialmente libero ed uguale. In
quanto tale egli ha la possibilità di estrinsecare questo suo "bene" sul piano storico-sociale. Ma, appunto,
ha la possibilità, non la certezza (ha, infatti, anche la possibilità di diventare un Hitler o uno Stalin). Ora
è proprio qui, su questo concetto della possibilità, che possiamo leggere l'anarchismo di Godwin, e fare
perciò un discorso sull'anarchismo tout-court. Possiamo cioè partire da uno spunto fondamentale
offertoci dal suo pensiero, per vedere come, facendo un discorso sull'essenzialità dell'anarchismo, sia
possibile ritornare a lui confermandolo così come suo vero e primo pioniere.
Cominciamo col dire dunque che la possibilità è la categoria operativa della libertà. È il concetto che ci
dice come va interpretato il volontarismo anarchico e la conseguente forte, fortissima spinta etica che
lo sorregge (spinta che in Godwin è palese ed esplicita). Partendo dalla considerazione del duplice
aspetto della vita umana (essa è, da una parte, frutto involontario di circostanze e, dall'altra, continua
possibilità di costruzione volontaria di esse), l'anarchismo si è delineato come teoria complessiva di
scienza sociale tesa a scoprire le "leggi" della storia e della società per rovesciarle secondo una
prospettiva tutta etica e volontaristica. Di qui la divisione con il determinismo marxista che queste
"leggi" dà per certe affidando ad esse la liberazione dell'uomo; di qui il suo irriducibile individualismo
(la responsabilità, la volontà, l'etica sono - che si voglia o no - sentimenti e pratiche essenzialmente
individuali); di qui la sua forte carica problematica - oggi purtroppo un po' in disuso per l'inflazione
sloganistica - che spiega tutto il suo costituzionale antidogmatismo.
Perché la possibilità è la categoria operativa della libertà? Perché il semplicissimo fatto di avere la
possibilità di diventare liberi, senza averne la certezza, è già essere potenzialmente liberi (in questo senso
va capito il valore libertario del volontarismo). Se il concetto della possibilità nega, da un punto di vista
metodologico, la certezza di uno sviluppo determinato della storia umana (sottolineiamo: nega la
certezza, non un determinato sviluppo), se nega cioè a priori qualsiasi oggettività (sottolineiamo ancora:
nega qualsiasi oggettività a priori, non una volta data), esso ci dice come questa stessa possibilità si
ponga di fatto come l'unica realtà. Si dà così che la libertà è la sola condizione eternamente inesauribile,
imprescindibile, indistruttibile, incondizionabile, e non eliminabile della vita umana. Solo il concetto della
possibilità verifica e conferma quello della potenzialità libertaria ed egualitaria della natura umana.
Eccoci così ritornati a Godwin attraverso un discorso sull'essenzialità dell'anarchismo.
Non possiamo non concordare con Argenton: William Godwin pioniere dunque non solo dell'educazione
libertaria, ma anche del pensiero anarchico.
Un libro da leggere e da meditare.
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