Rivista Anarchica Online

rivista anarchica
anno 7 nr. 59
estate 1977


Rivista Anarchica Online

Chi si nasconde dietro l'ecologia
di Nucleo Anarchico "Utopia" - Napoli

Proseguendo il discorso iniziato sullo scorso numero, i compagni del nucleo anarchico "Utopia" di Napoli sottolineano i rischi di un approccio moralistico e superficiale al problema dell'energia - Tecnologie "leggere": la nuova alternativa - L'importanza del movimento anti-nucleare

Il sistema di sfruttamento ha sempre dimostrato una certa vitalità ed una certa capacità a sopravvivere riuscendo ad anticipare ed a risolvere le proprie contraddizioni interne che, altrimenti, decreterebbero la sua fine.

Storicamente tale capacità si è espressa nel passaggio da una determinata forma del suo sviluppo, ormai esaurita, ad un'altra più funzionale alle sue esigenze contingenti. Una trasformazione simile sta avvenendo anche in questo periodo. Esaurita una forma di coesistenza tra i vari capitalismi nazionali, rottosi l'equilibrio instabile che li sorreggeva pur nella reciproca competizione, il capitalismo mondiale si sta evolvendo verso nuove strutture che, pur modificando i rapporti di produzione, assicurino il perpetuarsi di una società basata sulla disuguaglianza. In questo senso la crisi economica attuale è una crisi strutturale del sistema e in quanto tale non è suscettibile di una soluzione a breve termine.

Il settore dell'energia è particolarmente significativo di tale crisi: non solo perché profondamente connesso con tutta la struttura produttiva, ma anche perché ad esso sembra affidata la soluzione della crisi attuale.

La scelta nucleare, oltre a motivi interni ed esterni ad ogni singolo paese, offre alle classi dominanti un piano di investimenti in diversi settori industriali ad alti profitti. A questa vengono opposte le fonti energetiche "alternative", per la utilizzazione delle quali si chiedono maggiori ricerche e volontà politica, e che risolverebbero il fabbisogno energetico, lasciando poco o nulla alla speculazione.

Premesso che non è credibile che una fonte energetica, anziché un'altra, di per sé possa determinare un modello sociale, tuttavia le modalità di impiego di una qualsiasi fonte possono realmente contribuire a creare una nuova organizzazione del lavoro e dei nuovi rapporti di produzione.

Allo stato delle attuali conoscenze, la tecnologia connessa alla scelta nucleare, altamente centralizzata e sofisticata, non consente un'utilizzazione della fonte nucleare finalizzata al mutamento dell'organizzazione sociale vigente. Tale impossibilità è in notevole misura dovuta ai pesanti condizionamenti che lo sviluppo dell'energia nucleare ha subito fin dalla sua nascita, per gli scopi bellici-distruttivi per cui fu promosso.

Questo stato di cose non è però da ritenersi perpetuo, anzi la progressiva capacità di esprimere una tecnologia popolare e funzionale agli interessi collettivi per qualsiasi fonte energetica (e in particolare per quella nucleare) è una misura dello svincolamento dai retaggi oppressivi e autoritari e un indice del raggiunto grado di realizzazione di una società socialista.

Esistono condizioni di impiego delle fonti energetiche che possono portare a dei mutamenti socio-organizzativi, a patto che non siano isolati, ma inseriti in un progetto concreto di alternativa sociale.

Il fisico americano Lovins (v. SAPERE, giugno '77 n.801) chiama tecnologie energetiche "leggere" tali modalità di impiego, innovative socialmente, caratterizzate dal fatto di basarsi su fonti energetiche rinnovabili (il vento, il sole ecc.) e di essere di facile comprensione, cioè accessibili, per il loro funzionamento, anche a coloro che non posseggono specifiche conoscenze.

Inoltre, mentre attualmente trasformiamo buona parte delle risorse energetiche in energia elettrica che poi riconvertiamo secondo l'utilizzo che ci necessita, con un evidente spreco di energia, l'adozione delle tecnologie leggere permetterebbe l'impiego più idoneo di ciascuna fonte energetica, cioè un uso diretto di essa, senza conversioni, per un razionale soddisfacimento dei bisogni collettivi.

Le tecnologie leggere permettono risparmi nella distribuzione e sono particolarmente adatte ai bisogni di comunità medio-piccole. Su tale scala esistono tecniche che permettono l'immagazzinamento energetico e di ovviare alla loro intermittenza. Gli strumenti pratici sono costituiti dai collettori solari ad alta e bassa temperatura, dai convertitori organici (per la trasformazione dei rifiuti) e dalle macchine eoliche. L'efficacia di tali strumenti è aumentata da sistemi basati sulla loro combinazione. Si noti che esistono tecnologie "dure", cioè sofisticate tecnologicamente e con un altro grado di centralizzazione, per la stessa fonte energetica come nel caso di centrali elioelettriche o nella generazione di elettricità, sempre tramite energia solare, sfruttando giganteschi collettori nel deserto o satelliti spaziali. La realizzazione completa di una strategia politica energetica che miri alla eliminazione degli sprechi congiuntamente all'adozione su vasta scala di tecnologia leggera, ridurrebbe il fabbisogno di petrolio e gas naturale ma richiederebbe un tempo dell'ordine di alcune decine di anni durante i quali la compressione del consumo petrolifero sarebbe affidata ad una cosiddetta "tecnologia di transizione". Secondo Lovins, negli U.S.A., queste sono costituite dalle tecniche più innovative dello sfruttamento del carbone (gassificazione del carbone, sistemi a letti fluidi) che sarebbero facilmente sostituibili in futuro da quelle precedenti.

Se invece ci si vuol limitare ad opporsi alle centrali nucleari per motivi ecologici trascurando le conseguenze sull'organizzazione socio-economica allora lo spettro delle fonti energetiche disponibili aumenta. Chiaramente si dispone, in questo caso, di energia solare anche attraverso grosse centrali o celle fotovoltaiche e dell'energia geotermica che pur non essendo totalmente esenti da pericoli ecologici, sono di gran lunga meno pericolose rispetto a quelle nucleari. Oltre a questi e a quelli, già considerati del vento e del riciclaggio dei rifiuti, altre possibili e future fonti sarebbero costituite dalla fusione nucleare e dall'idrogeno, i cui fattori negativi in contrapposizione a innumerevoli vantaggi (versatilità, pulito ecologicamente, facilità di distribuzione, etc.) sono costituite da una estrema infiammabilità e dal costo di produzione. Tali fonti (idrogeno, fusione nucleare, geotermica) per le tecniche di cui oggi necessitano, pur non presentando i rischi ecologici della fissione nucleare, sono parte integrante di una strategia energetica dura. Le due strategie, quella dura è quella leggera, secondo Lovins, sono fra loro incompatibili ma le tendenze attuali espresse dalla presidenza Carter possono insinuare il dubbio di un loro sviluppo parallelo funzionale alle contraddittorie esigenze dei diversi settori dell'economia americana. Inoltre se è vero che i sistemi energetici basati sulla tecnologia leggera sono particolarmente adatti su piccola scala, il decentramento della produzione energetica non determina di per sé un controllo politico popolare. Per impedire uno sviluppo dualistico integrato con gli interessi delle classi dominanti, occorre che la nuova politica energetica sia parte integrante di una strategia politica mirante alla realizzazione di una struttura politico-amministrativa decentrata ed autogestita. Tale progetto politico conterrebbe, per la propria realizzazione sul peggioramento delle condizioni di vita di masse sempre più numerose di lavoratori sulla pelle dei quali deve passare il "nuovo corso" che in Italia viene chiamato "Riconversione Industriale".

Per gli sfruttati il passaggio dalla posizione di difesa pura e semplice del proprio posto di lavoro a quella di attacco per imporre un'organizzazione sociale, comunista e libertaria, è condizione indispensabile per garantirsi condizioni di vita umane. Ritornando alla questione della tecnologia leggera, la mancanza di carbone impedirebbe in Italia la realizzazione della "tecnologia di transizione" mentre lo sfruttamento delle risorse energetiche nazionali (geotermia e idroelettrica la cui potenzialità non è sviluppata appieno) non riuscirebbe, presumibilmente, a far fronte ai fabbisogni energetici, anche ammesso che sussista una volontà politica a ridurne gli sprechi connaturati all'attuale assetto della produzione e i cui effetti, comunque, non sarebbero visibili a breve scadenza. Questo stato di cose viene avanzato come giustificazione per la realizzazione di un numero limitato, ma non troppo, di centrali nucleari ispirate ad una tecnologia nucleare dipendente il minimo possibile dall'estero. Sono queste proposte che fanno parte integrante della strategia politica del PCI. Noi non crediamo che questo possa essere la soluzione più conveniente (o, più esattamente la meno peggiore) possibile; lo è certamente se ci si pone all'interno dell'ottica del sistema, nell'ambito di provvedimenti governativi social-riformisti di chi ha rinunciato da tempo a credere nella possibilità di un cambiamento radicale della società. Noi riscontriamo in tale strategia lo scopo di risolvere negli angusti limiti dei propri confini nazionali un problema energetico scaturito invece dal conflitto capitalistico internazionale. Questa corsa nazionale ad una illusoria autonomia energetica e all'affermazione della propria economia a discapito di quella altrui, non solo da parte dei Paesi occidentali ma anche di quelli arabi e, in misura minore, di quelli in via di sviluppo, ci sembra perfettamente funzionale alle esigenze delle "borghesie nazionali", e ai fini di un rafforzamento del potere dei governi locali. Non lo è però per gli interessi popolari delle varie nazioni e comporta uno spreco delle risorse energetiche dei singoli paesi. L'abbandono di una mentalità basata sulla competizione e della supremazia nazionalistica per una politica di solidarietà, di sfruttamento comune delle risorse mondiali non può essere compiuto o desiderato da chi è parte integrante del sistema, di chi è impregnato della logica del potere.

Tale strategia può essere imposta solo da una mobilitazione popolare che esca dalla difesa delle conseguenze puramente ecologiche della strategia nucleare o petrolifera, per imporre un ordine nuovo e una diversa politica energetica. Un primo compito delle organizzazioni rivoluzionarie è costituito dalla partecipazione attiva alle lotte antinucleari che stanno avvenendo in diversi paesi del mondo. Manifestazioni, fino ad ora, sfuggite alla gestione e al controllo dei partiti e che hanno un ruolo di rottura all'interno degli stessi partiti di sinistra riuscendo a mettere spesso la base contro i vertici.

Al fine di non perdere il valore intrinsecamente positivo di tali lotte, per evitare un loro recupero, è necessario sviluppare una presa di coscienza sul problema energetico totale, sul suo inquadramento internazionale e sui suoi legami politico-economici. Inoltre è indispensabile che si esca da una certa superficialità deleteria e si chiariscano i contenuti e le modalità connesse con una vaga ma giusta richiesta di un nuovo modello di sviluppo.

Un secondo compito delle organizzazioni rivoluzionarie è il coordinamento sociale tra le azioni popolari nelle diverse nazioni, la messa a punto di una strategia rivoluzionaria internazionale che conduca alla instaurazione di una società libertaria nelle diverse nazioni e alla loro stessa integrazione. Tali sforzi vanno concentrati tra paesi che si compensano economicamente (cioè tra possessori di tecnologie e possessori di materie prime e risorse energetiche) dove sono palesi i vantaggi sociali dell'integrazione, anziché tra quelli ad economia affine per i quali si stabiliscono facilmente competizioni e interessi contrastanti. È anche questa indubbiamente una politica dai tempi non brevi, ma il cui processo viene accelerato proprio dalle condizioni di crisi socio-economiche simili in numerosi paesi e che si ripercuotono sul tenore di vita di milioni di lavoratori. In tutto questo contesto politico-economico-scientifico, assume particolare rilievo la figura dell'operatore scientifico. Il contrasto tra ciò che egli rappresenta di fatto in questa società e ciò che dovrebbe rappresentare per gli interessi popolari, tra il desiderio di esprimere le proprie capacità e soddisfare i propri interessi con il ruolo di sacerdote del potere che deve (e spesso vuole) subire, rappresenta emblematicamente lo scontro tra il reale e l'utopico che oggi, in questa società tecnologica, passa attraverso la scienza. Se da un lato dovrebbe ricercare le modalità di utilizzo popolari delle risorse energetiche, ciò può avvenire solo nei limiti angusti delle attuali conoscenze scientifiche funzionali ai fini del potere costituito, in base ai quali sono valutati i finanziamenti scientifici. Tale ricerca potrà compiersi totalmente solo in una società diversa da quella attuale, mentre nel presente il suo compito si riduce alla individuazione di quegli strumenti tecnici che possono costituire un contributo al superamento della stessa.

I nucleodollari

I Nucleodollari, di AA.VV., C.P. Editrice, Firenze 1977, pagg. 186, lire 3.200.

A cura dei compagni dell'editrice Crescita Politica è stato pubblicato da pochi mesi il libro "I Nucleodollari". Il libro viene a coprire, all'interno del Movimento, una lacuna di informazioni riguardante lo scottante tema della "questione energetica", che favoriva l'assunzione di posizioni superficiali e spontaneiste. Esso presenta una completa documentazione sui significati politici, economici, ed ecologici dell'attuale scelta nucleare ed un panorama di tutte le possibili fonti energetiche. Ma al di là del pregevole livello di informazione tecnico-scientifico, il merito principale degli autori è di aver messo l'accento, in maniera lucida e priva di facili mitizzazioni, sulle questioni politico-organizzative che una lotta non meramente ecologica deve affrontare. In particolare: la denuncia delle connessioni esistenti tra tecnologie energetiche e rapporti di produzione, tra decentramento energetico ed autogestione popolare, tra l'utilizzazione di diverse fonti energetiche e organizzazione territoriale. Anche il problema ambientale è impostato correttamente rilevando la necessità di un rapporto armonioso tra uomo e natura che non si riduca alla difesa ad oltranza di "madre-natura" ma riconosce la necessità di intervento graduale e regolato su di essa finalizzato alla soddisfazione dei bisogni collettivi. Il tutto presentato in maniera da sfuggire ad una contrapposizione manichea atomo-sole che condanni l'energia nucleare di per sé, pur ribadendo l'incompatibilità del suo attuale sfruttamento con l'esistenza di una società socialista.

Il libro costituisce, insomma, un fondamentale contributo alla crescita di qualità della lotta antinucleare e aiuta ad evitare il suo scivolamento da un piano politico-economico-culturale ad uno spontaneistico ecologico già rappresentato da organizzazioni del tipo W.W.F., Italia Nostra, o Partito Radicale. Uno strumento indispensabile che fornisce una base per un ulteriore approfondimento nell'ottica anarchica.