Rivista Anarchica Online
Chi si nasconde dietro l'ecologia
di Nucleo Anarchico "Utopia" - Napoli
Proseguendo il discorso iniziato sullo scorso numero, i compagni del nucleo anarchico "Utopia"
di Napoli sottolineano i rischi di un approccio moralistico e superficiale al problema dell'energia -
Tecnologie "leggere": la nuova alternativa - L'importanza del movimento anti-nucleare
Il sistema di sfruttamento ha sempre dimostrato una certa vitalità ed una certa capacità a sopravvivere
riuscendo ad anticipare ed a risolvere le proprie contraddizioni interne che, altrimenti, decreterebbero
la sua fine.
Storicamente tale capacità si è espressa nel passaggio da una determinata forma del suo sviluppo, ormai
esaurita, ad un'altra più funzionale alle sue esigenze contingenti. Una trasformazione simile sta
avvenendo anche in questo periodo. Esaurita una forma di coesistenza tra i vari capitalismi nazionali,
rottosi l'equilibrio instabile che li sorreggeva pur nella reciproca competizione, il capitalismo mondiale
si sta evolvendo verso nuove strutture che, pur modificando i rapporti di produzione, assicurino il
perpetuarsi di una società basata sulla disuguaglianza. In questo senso la crisi economica attuale è una
crisi strutturale del sistema e in quanto tale non è suscettibile di una soluzione a breve termine.
Il settore dell'energia è particolarmente significativo di tale crisi: non solo perché profondamente
connesso con tutta la struttura produttiva, ma anche perché ad esso sembra affidata la soluzione della
crisi attuale.
La scelta nucleare, oltre a motivi interni ed esterni ad ogni singolo paese, offre alle classi dominanti un
piano di investimenti in diversi settori industriali ad alti profitti. A questa vengono opposte le fonti
energetiche "alternative", per la utilizzazione delle quali si chiedono maggiori ricerche e volontà politica,
e che risolverebbero il fabbisogno energetico, lasciando poco o nulla alla speculazione.
Premesso che non è credibile che una fonte energetica, anziché un'altra, di per sé possa determinare un
modello sociale, tuttavia le modalità di impiego di una qualsiasi fonte possono realmente contribuire a
creare una nuova organizzazione del lavoro e dei nuovi rapporti di produzione.
Allo stato delle attuali conoscenze, la tecnologia connessa alla scelta nucleare, altamente centralizzata
e sofisticata, non consente un'utilizzazione della fonte nucleare finalizzata al mutamento
dell'organizzazione sociale vigente. Tale impossibilità è in notevole misura dovuta ai pesanti
condizionamenti che lo sviluppo dell'energia nucleare ha subito fin dalla sua nascita, per gli scopi bellici-distruttivi per cui fu promosso.
Questo stato di cose non è però da ritenersi perpetuo, anzi la progressiva capacità di esprimere una
tecnologia popolare e funzionale agli interessi collettivi per qualsiasi fonte energetica (e in particolare
per quella nucleare) è una misura dello svincolamento dai retaggi oppressivi e autoritari e un indice del
raggiunto grado di realizzazione di una società socialista.
Esistono condizioni di impiego delle fonti energetiche che possono portare a dei mutamenti socio-organizzativi, a patto che non siano isolati, ma inseriti in un progetto concreto di alternativa sociale.
Il fisico americano Lovins (v. SAPERE, giugno '77 n.801) chiama tecnologie energetiche "leggere" tali
modalità di impiego, innovative socialmente, caratterizzate dal fatto di basarsi su fonti energetiche
rinnovabili (il vento, il sole ecc.) e di essere di facile comprensione, cioè accessibili, per il loro
funzionamento, anche a coloro che non posseggono specifiche conoscenze.
Inoltre, mentre attualmente trasformiamo buona parte delle risorse energetiche in energia elettrica che
poi riconvertiamo secondo l'utilizzo che ci necessita, con un evidente spreco di energia, l'adozione delle
tecnologie leggere permetterebbe l'impiego più idoneo di ciascuna fonte energetica, cioè un uso diretto
di essa, senza conversioni, per un razionale soddisfacimento dei bisogni collettivi.
Le tecnologie leggere permettono risparmi nella distribuzione e sono particolarmente adatte ai bisogni
di comunità medio-piccole. Su tale scala esistono tecniche che permettono l'immagazzinamento
energetico e di ovviare alla loro intermittenza. Gli strumenti pratici sono costituiti dai collettori solari
ad alta e bassa temperatura, dai convertitori organici (per la trasformazione dei rifiuti) e dalle macchine
eoliche. L'efficacia di tali strumenti è aumentata da sistemi basati sulla loro combinazione. Si noti che
esistono tecnologie "dure", cioè sofisticate tecnologicamente e con un altro grado di centralizzazione,
per la stessa fonte energetica come nel caso di centrali elioelettriche o nella generazione di elettricità,
sempre tramite energia solare, sfruttando giganteschi collettori nel deserto o satelliti spaziali. La
realizzazione completa di una strategia politica energetica che miri alla eliminazione degli sprechi
congiuntamente all'adozione su vasta scala di tecnologia leggera, ridurrebbe il fabbisogno di petrolio e
gas naturale ma richiederebbe un tempo dell'ordine di alcune decine di anni durante i quali la
compressione del consumo petrolifero sarebbe affidata ad una cosiddetta "tecnologia di transizione".
Secondo Lovins, negli U.S.A., queste sono costituite dalle tecniche più innovative dello sfruttamento
del carbone (gassificazione del carbone, sistemi a letti fluidi) che sarebbero facilmente sostituibili in
futuro da quelle precedenti.
Se invece ci si vuol limitare ad opporsi alle centrali nucleari per motivi ecologici trascurando le
conseguenze sull'organizzazione socio-economica allora lo spettro delle fonti energetiche disponibili
aumenta. Chiaramente si dispone, in questo caso, di energia solare anche attraverso grosse centrali o
celle fotovoltaiche e dell'energia geotermica che pur non essendo totalmente esenti da pericoli ecologici,
sono di gran lunga meno pericolose rispetto a quelle nucleari. Oltre a questi e a quelli, già considerati
del vento e del riciclaggio dei rifiuti, altre possibili e future fonti sarebbero costituite dalla fusione
nucleare e dall'idrogeno, i cui fattori negativi in contrapposizione a innumerevoli vantaggi (versatilità,
pulito ecologicamente, facilità di distribuzione, etc.) sono costituite da una estrema infiammabilità e dal
costo di produzione. Tali fonti (idrogeno, fusione nucleare, geotermica) per le tecniche di cui oggi
necessitano, pur non presentando i rischi ecologici della fissione nucleare, sono parte integrante di una
strategia energetica dura. Le due strategie, quella dura è quella leggera, secondo Lovins, sono fra loro
incompatibili ma le tendenze attuali espresse dalla presidenza Carter possono insinuare il dubbio di un
loro sviluppo parallelo funzionale alle contraddittorie esigenze dei diversi settori dell'economia
americana. Inoltre se è vero che i sistemi energetici basati sulla tecnologia leggera sono particolarmente
adatti su piccola scala, il decentramento della produzione energetica non determina di per sé un controllo
politico popolare. Per impedire uno sviluppo dualistico integrato con gli interessi delle classi dominanti,
occorre che la nuova politica energetica sia parte integrante di una strategia politica mirante alla
realizzazione di una struttura politico-amministrativa decentrata ed autogestita. Tale progetto politico
conterrebbe, per la propria realizzazione sul peggioramento delle condizioni di vita di masse sempre più
numerose di lavoratori sulla pelle dei quali deve passare il "nuovo corso" che in Italia viene chiamato
"Riconversione Industriale".
Per gli sfruttati il passaggio dalla posizione di difesa pura e semplice del proprio posto di lavoro a quella
di attacco per imporre un'organizzazione sociale, comunista e libertaria, è condizione indispensabile per
garantirsi condizioni di vita umane. Ritornando alla questione della tecnologia leggera, la mancanza di
carbone impedirebbe in Italia la realizzazione della "tecnologia di transizione" mentre lo sfruttamento
delle risorse energetiche nazionali (geotermia e idroelettrica la cui potenzialità non è sviluppata appieno)
non riuscirebbe, presumibilmente, a far fronte ai fabbisogni energetici, anche ammesso che sussista una
volontà politica a ridurne gli sprechi connaturati all'attuale assetto della produzione e i cui effetti,
comunque, non sarebbero visibili a breve scadenza. Questo stato di cose viene avanzato come
giustificazione per la realizzazione di un numero limitato, ma non troppo, di centrali nucleari ispirate ad
una tecnologia nucleare dipendente il minimo possibile dall'estero. Sono queste proposte che fanno parte
integrante della strategia politica del PCI. Noi non crediamo che questo possa essere la soluzione più
conveniente (o, più esattamente la meno peggiore) possibile; lo è certamente se ci si pone all'interno
dell'ottica del sistema, nell'ambito di provvedimenti governativi social-riformisti di chi ha rinunciato da
tempo a credere nella possibilità di un cambiamento radicale della società. Noi riscontriamo in tale
strategia lo scopo di risolvere negli angusti limiti dei propri confini nazionali un problema energetico
scaturito invece dal conflitto capitalistico internazionale. Questa corsa nazionale ad una illusoria
autonomia energetica e all'affermazione della propria economia a discapito di quella altrui, non solo da
parte dei Paesi occidentali ma anche di quelli arabi e, in misura minore, di quelli in via di sviluppo, ci
sembra perfettamente funzionale alle esigenze delle "borghesie nazionali", e ai fini di un rafforzamento
del potere dei governi locali. Non lo è però per gli interessi popolari delle varie nazioni e comporta uno
spreco delle risorse energetiche dei singoli paesi. L'abbandono di una mentalità basata sulla competizione
e della supremazia nazionalistica per una politica di solidarietà, di sfruttamento comune delle risorse
mondiali non può essere compiuto o desiderato da chi è parte integrante del sistema, di chi è impregnato
della logica del potere.
Tale strategia può essere imposta solo da una mobilitazione popolare che esca dalla difesa delle
conseguenze puramente ecologiche della strategia nucleare o petrolifera, per imporre un ordine nuovo
e una diversa politica energetica. Un primo compito delle organizzazioni rivoluzionarie è costituito dalla
partecipazione attiva alle lotte antinucleari che stanno avvenendo in diversi paesi del mondo.
Manifestazioni, fino ad ora, sfuggite alla gestione e al controllo dei partiti e che hanno un ruolo di rottura
all'interno degli stessi partiti di sinistra riuscendo a mettere spesso la base contro i vertici.
Al fine di non perdere il valore intrinsecamente positivo di tali lotte, per evitare un loro recupero, è
necessario sviluppare una presa di coscienza sul problema energetico totale, sul suo inquadramento
internazionale e sui suoi legami politico-economici. Inoltre è indispensabile che si esca da una certa
superficialità deleteria e si chiariscano i contenuti e le modalità connesse con una vaga ma giusta richiesta
di un nuovo modello di sviluppo.
Un secondo compito delle organizzazioni rivoluzionarie è il coordinamento sociale tra le azioni popolari
nelle diverse nazioni, la messa a punto di una strategia rivoluzionaria internazionale che conduca alla
instaurazione di una società libertaria nelle diverse nazioni e alla loro stessa integrazione. Tali sforzi
vanno concentrati tra paesi che si compensano economicamente (cioè tra possessori di tecnologie e
possessori di materie prime e risorse energetiche) dove sono palesi i vantaggi sociali dell'integrazione,
anziché tra quelli ad economia affine per i quali si stabiliscono facilmente competizioni e interessi
contrastanti. È anche questa indubbiamente una politica dai tempi non brevi, ma il cui processo viene
accelerato proprio dalle condizioni di crisi socio-economiche simili in numerosi paesi e che si
ripercuotono sul tenore di vita di milioni di lavoratori. In tutto questo contesto politico-economico-scientifico, assume particolare rilievo la figura dell'operatore scientifico. Il contrasto tra ciò che egli
rappresenta di fatto in questa società e ciò che dovrebbe rappresentare per gli interessi popolari, tra il
desiderio di esprimere le proprie capacità e soddisfare i propri interessi con il ruolo di sacerdote del
potere che deve (e spesso vuole) subire, rappresenta emblematicamente lo scontro tra il reale e l'utopico
che oggi, in questa società tecnologica, passa attraverso la scienza. Se da un lato dovrebbe ricercare le
modalità di utilizzo popolari delle risorse energetiche, ciò può avvenire solo nei limiti angusti delle attuali
conoscenze scientifiche funzionali ai fini del potere costituito, in base ai quali sono valutati i
finanziamenti scientifici. Tale ricerca potrà compiersi totalmente solo in una società diversa da quella
attuale, mentre nel presente il suo compito si riduce alla individuazione di quegli strumenti tecnici che
possono costituire un contributo al superamento della stessa.
I nucleodollari
I Nucleodollari, di AA.VV., C.P. Editrice, Firenze 1977, pagg. 186, lire 3.200.
A cura dei compagni dell'editrice Crescita Politica è stato pubblicato da pochi mesi il libro "I
Nucleodollari". Il libro viene a coprire, all'interno del Movimento, una lacuna di informazioni
riguardante lo scottante tema della "questione energetica", che favoriva l'assunzione di posizioni
superficiali e spontaneiste. Esso presenta una completa documentazione sui significati politici,
economici, ed ecologici dell'attuale scelta nucleare ed un panorama di tutte le possibili fonti
energetiche. Ma al di là del pregevole livello di informazione tecnico-scientifico, il merito principale
degli autori è di aver messo l'accento, in maniera lucida e priva di facili mitizzazioni, sulle questioni
politico-organizzative che una lotta non meramente ecologica deve affrontare. In particolare: la
denuncia delle connessioni esistenti tra tecnologie energetiche e rapporti di produzione, tra
decentramento energetico ed autogestione popolare, tra l'utilizzazione di diverse fonti energetiche e
organizzazione territoriale. Anche il problema ambientale è impostato correttamente rilevando la
necessità di un rapporto armonioso tra uomo e natura che non si riduca alla difesa ad oltranza di
"madre-natura" ma riconosce la necessità di intervento graduale e regolato su di essa finalizzato alla
soddisfazione dei bisogni collettivi. Il tutto presentato in maniera da sfuggire ad una contrapposizione
manichea atomo-sole che condanni l'energia nucleare di per sé, pur ribadendo l'incompatibilità del suo
attuale sfruttamento con l'esistenza di una società socialista.
Il libro costituisce, insomma, un fondamentale contributo alla crescita di qualità della lotta antinucleare
e aiuta ad evitare il suo scivolamento da un piano politico-economico-culturale ad uno spontaneistico
ecologico già rappresentato da organizzazioni del tipo W.W.F., Italia Nostra, o Partito Radicale. Uno
strumento indispensabile che fornisce una base per un ulteriore approfondimento nell'ottica anarchica. |
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