Rivista Anarchica Online
Tra neoriformismo e lotta armata
di Luciano Lanza
L'alternativa libertaria. I gruppi neoparlamentari "coprono" a sinistra la strategia riformista del P.C.I., alcune
organizzazioni rivoluzionarie si illudono invece di trovarsi in una fase pre-insurrezionale:
l'importante funzione dei militanti anarchici.
I fatti accaduti nel mese di maggio sono sicuramente destinati a lasciare un segno profondo sulla politica
italiana. Il susseguirsi incalzante di avvenimenti, di prese di posizione, di scomuniche ha determinato una
situazione estremamente difficile che rischia di sviluppare processi degenerativi molto pericolosi. Le
iniziative del ministro Cossiga sono qualitativamente rilevanti e denotano un'evoluzione totalitaria dello
Stato italiano avvenuta anche senza modifiche istituzionali. La trasformazione del regime, oggi in fase
accelerata, non è determinata da fenomeni contingenti ma segue una logica molto più profonda.
Questa trasformazione prende come pretesto l'accentuarsi degli scontri tra nuova sinistra e polizia, ma
le origini, le motivazioni vanno ricercate nel nuovo assetto delle strutture socio-economiche
caratterizzate dall'accentuata presenza dello Stato nella vita sociale.
Lo Stato tardocapitalista è essenzialmente uno Stato totalitario, in alcuni casi questo totalitarismo non
si manifesta sotto forma violenta, cionondimeno l'intervento dello Stato diviene onnipresente, cioè totale.
L'Italia sta vivendo questo processo di "statalizzazione" e la crisi economica svolge un ruolo
contraddittorio perché se da un lato accelera questa trasformazione, dall'altro crea un accentuarsi della
dissidenza extraistituzionale formata soprattutto da coloro che sono sospinti ai margini del processo
produttivo.
La criminalizzazione della dissidenza non è quindi un fenomeno accidentale, ma un elemento
"fisiologico" dello Stato totalitario.
Il ruolo repressivo del P.C.I.
Nell'ambito di questo cambio di regime, il Partito Comunista svolge un ruolo di primaria importanza
essendo contemporaneamente il detentore sia dell'ideologia della nuova dirigenza sociale sia il gestore
della conflittualità istituzionale.
Nel momento in cui viene ad essere privilegiato il primo aspetto, i dirigenti comunisti devono eliminare
dal contesto politico tutte quelle forme di dissenso che non rientrano nella strategia del loro partito, pena
la perdita di credibilità nella base. In quest'ottica vanno viste le prese di posizione e l'azione del P.C.I.
che si è assunto in prima persona il compito di reprimere (non solo a livello ideologico, ma anche fisico)
tutti coloro che possono realmente mettere in discussione la sua linea politica. Così mentre nei confronti
dei partitini neo-parlamentari il dissidio si mantiene in un ambito formalmente corretto - proprio perché
queste organizzazioni non svolgono un'azione di reale alternativa al P.C.I., ma esprimono una linea
politica funzionalmente complementare anche se apparentemente antagonista - rispetto alla nuova sinistra
l'attacco è estremamente duro e violento.
Questo duplice atteggiamento ha prodotto l'effetto desiderato. Quasi tutti i gruppi neo-parlamentari si
sono, di fatto, accodati alla linea del Partito Comunista emarginando e attaccando le frange estreme della
sinistra, garantendo, in questo modo, un appoggio a sinistra al P.C.I., che gli apre maggiori spazi di
manovra nelle trattative con la D.C.. non a caso, infatti, il Corriere della Sera, il 18 maggio in prima
pagina, scriveva: "Resta da chiedersi, a questo punto, quali riflessi potrà avere sul piano politico
l'atteggiamento di maggior cautela assunto dalla sinistra estrema nei confronti dei fautori della
violenza. La svolta facilita l'intesa fra i partiti impegnati nel negoziato per concordare un programma
comune, o alimenta nuove divergenze?"
Il disegno è chiaro, spingere verso la distruzione tutte quelle forze che possono in qualche misura
"disturbare" il perfezionamento del compromesso storico.
La politica della chiave inglese
La repressione attuata dalle organizzazioni sedicenti rivoluzionarie nei confronti degli autonomi sta
raggiungendo punte di estrema gravità. Milano, la sera del 14 maggio dopo l'uccisione dell'agente
Custra, ha assistito ad una vera e propria caccia all'autonomo culminata in sanguinosi pestaggi. La polizia
(quella di Stato) ha completato l'opera denunciando per rissa coloro che sono finiti all'ospedale. Il
confronto politico si risolve a colpi di chiave inglese. Non è una pratica nuova, sappiamo tutti molto bene
che coloro che si autoproclamano "avanguardie del proletariato" ritengono opera rivoluzionaria
l'eliminazione, anche fisica, dei dissidenti. Questo stato di cose rischia di far degenerare ulteriormente
una situazione già di per sé difficile. Bisogna ostacolare con la massima energia l'opera di quelli che
credono di poter risolvere le divergenze politiche con le spranghe e le scomuniche.
Parallelamente si riscontra la necessità di un riesame critico delle esperienze di questi ultimi mesi.
La ventata extraistituzionale si sta sempre più isterilendo in una lotta senza prospettive che rischia di
accelerare il processo di emarginazione voluto da Cossiga e alimentato dalle sinistre ufficiali
(neoriformisti compresi). Si tratta di un processo estremamente pericoloso soprattutto per chi vuole
creare una effettiva alternativa e che contribuisce a ritardare lo sviluppo di quell'opposizione operaia che
lentamente sta prendendo piede in numerose fabbriche.
Periodo pre insurrezionale?
Uno dei principali errori commessi da molti autonomi (ci scusiamo per il termine che francamente oggi
è poco significativo viste le differenti linee politiche che si muovono all'interno dell'area dell'autonomia)
è stato quello di credere che il momento attuale, pur con tutte le sue contraddizioni, fosse un periodo
pre-insurrezionale e che quindi era necessario innescare la miccia per fare esplodere un conflitto sociale
di ampie dimensioni. I fatti ci hanno invece insegnato che governo, padroni e sindacati hanno avuto la
capacità di recuperare, anche di fronte a una grave crisi economica e politica, la grande maggioranza
degli sfruttati e che sono riusciti a coinvolgerli in un progetto di cogestione.
Invece di trarre insegnamento da questo elemento, molti si sono lanciati a capofitto verso quella
emarginazione nella quale il potere voleva condurli. Solo in questi termini alcuni autonomi hanno fatto
il gioco di Cossiga, cioè hanno accettato lo scontro sul terreno preparato e imposto dal potere e ne sono
usciti sconfitti soprattutto politicamente.
Questo fatto ha altresì permesso che i neoriformisti potessero iniziare un'opera, contemporaneamente,
di recupero e di emarginazione nei confronti degli autonomi, operando una separazione tra i "buoni" e
i "cattivi". Significative, a questo proposito, sono le parole di Martucci, capo del servizio d'ordine del
M.L.S., in una intervista rilasciata a "Panorama" (dopo aver guidato la caccia all'uomo nei giorni scorsi)
afferma: "Quelli (i "buoni" n.d.r.) sono autonomi da rispettare e non da isolare, con i quali bisogna
discutere e confrontarsi. Semmai spetta a loro per primi isolare le mele marce che nascono e
proliferano nella cosidetta area dell'autonomia". Una sprangata e una strizzatina d'occhio.
L'alternativa libertaria
L'accentuarsi della repressione sia poliziesca sia ideologica rischia di compromettere e di sviare la
volontà di lotta che nonostante tutto si va esprimendo. Un dissenso di natura libertaria è oggi presente
in Italia, spesso assume forme e metodi difficilmente identificabili, ma spetta ai militanti anarchici
galvanizzare questi embrioni di dissenso non egemonizzati dai comunisti autoritari.
Bisogna però saper resistere alla tentazione di creare un "orticello di intervento" così come fanno tutti
i gruppi di estrema sinistra. Non è questo che ci interessa, soprattutto se ciò significa la perdita della
nostra identità specifica. Al contrario il nostro intervento deve essere chiaro, preciso, decisamente
qualificato. Proprio perché ad un'estensione quantitativa non caratterizzata è preferibile una presenza
minoritaria ma carica di contenuti capace, quindi, di funzionare come punto di riferimento sia pratico
sia teorico in grado di condizionare (per quanto possibile) lo sviluppo delle lotte nei vari settori di
intervento.
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Policlinico, 19 maggio
Milano, 19 maggio - In una città traboccante di poliziotti e di carabinieri un consistente numero di
lavoratori degli ospedali milanesi hanno manifestato la loro volontà di lotta contro la politica dei sacrifici
imposta dal governo e sindacati. Il 19 maggio era la prima festività soppressa nel tentativo di ridare fiato
all'economia dei padroni. Il preventivato sciopero indetto dalle forze della nascente "opposizione
operaia" era in pratica saltato. I lavoratori non hanno voluto cadere in uno scontro con il braccio armato
dello Stato che avrebbe snaturato il significato della giornata di lotta e che avrebbe limitato tutto ad una
lotta unicamente militare.
Al Policlinico di Milano i picchetti dei lavoratori ospedalieri sono stati duramente attaccati dalla polizia
coadiuvata dai sindacalisti che hanno svolto un ruolo fiancheggiatore e di delazione indicando quali
lavoratori (i più conosciuti per la loro opera all'interno del luogo di lavoro) dovevano essere colpiti con
più violenza. Nonostante la "provocazione sindacale" i lavoratori si sono riuniti in assemblea all'interno
dell'ospedale. Oltre ai lavoratori degli ospedali, hanno preso la parola delegati di altre fabbriche che in
quella giornata avevano deciso di non lavorare. L'assemblea si è conclusa con una manifestazione che
è sfilata nelle vie del centro. Una risposta limitata, ma qualificata contro la politica della cogestione
imposta con la forza dall'asse governo-padroni-sindacati.
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